Grazie a:
Soniacristina1989 e a Ro90
Che come me adorano le Rogan e sono
state gentili a lasciare un commento
Grazie mille!!!
^w^
…ed ancora a Ro90 e Rue Meridian per averla inserita nelle “seguite”
Richiuse il quaderno con cura dopo aver dato un ultima letta alle parole che vi aveva scritto dentro.
Scivolò con la punta delle dita sulla copertina rigida color viola scuro di quel diario.
Perché era a questo che serviva, dentro le bianche pagine a righe leggerissime Marie annotava ogni cosa che sognava di lui sforzandosi di essere precisa nei minimi dettagli e non tralasciare nulla, nomi, luoghi e i volti delle persone che riusciva a ricordare.
Questi ultimi specialmente le portavano via tempo e concentrazione, aveva imparato a tracciarne i lineamenti col carboncino che le aveva regalato Peter quando gli aveva chiesto di insegnarle almeno le basi della ritrattistica e anche se all’inizio il colosso russo era rimasto stupito da quella strana richiesta aveva accettato, e alla fine quando aveva imparato le tecniche di raffigurazione, colorazione e le proporzioni, le aveva donato una cartella piena di fogli bianchi, dei carboncini di diverse durezze e la gomma a pane.
E lei ne aveva fatto buon uso, sulla cartella ritraeva volti, corpi e luoghi mettendoci accanto la data e il riferimento che avevano nel diario.
Per esempio, in uno dei primi sogni di lui che aveva fatto e che le risultava facile ricordare si trovava in un’enorme foresta dentro al piazzale di una segheria; ed ecco che sul foglio apparivano macchinari e caterve di tronchi accatastati alla perfezione e sullo sfondo abeti e conifere a non finire.
L’immagine di per sé spiegava ben poco del
sogno ma era una scena che le era impressa dentro a fuoco, e se chiudeva gli
occhi poteva quasi sentire il profumo della segatura impregnata di resina trasportata dal gelido vento canadese
e il rumore delle macchine in azione.
Quel disegno era uno dei suoi primi schizzi
ma lo adorava proprio, le trasmetteva un senso di pace e serenità che non
provava da molto tempo, e anche le personalità che albergavano nella sua mente
lo trovavano rilassante, specialmente quella di Logan.
Sorrise
dolcemente posando l’oggetto nel cassetto della sua scrivania,
appoggiando gli avambracci sul piano e poggiandovi sopra il mento.
Chiuse gli occhi inspirando profondamente,
era felice, in tutti quegli anni aveva scritto e disegnato parecchi frammenti
della vita del suo eroe, molti dei quali era certa nemmeno lui si ricordasse,
per questo aveva deciso che una volta che avesse avuto in mano abbastanza
elementi ed informazioni per risalire al suo passato avrebbe consegnato il
tutto a Logan e lo avrebbe accompagnato in ognuno di quei luoghi.
Sarebbe stato il suo modo di ringraziarlo
per tutto quello che aveva fatto per lei, anche se con più di tre anni di
ritardo.
Sbuffò un sorriso aprendo gli occhi mentre
stiracchiandosi si levava in piedi.
Erano parecchie ore che si era rinchiusa in
camera, subito dopo la fine delle lezioni infatti era salita nel dormitorio e
si era messa subito all’opera riportando i particolari che aveva abbozzato
sugli appunti di biologia per paura di dimenticarli.
Sicuramente era quasi ora di cena ed infatti
un rumore secco alla porta diede conferma ai suoi pensieri.
Come ogni sera infatti sulla spessa porta di
quercia rimbombarono i pugni che Jubilee soleva dare prima di entrare senza
aspettare d’essere invitata, erano una specie di avvertimento.
“Pronta?”
“Si!”
Affiancò quella ragazzina poco più giovane
di lei che però le era entrata subito nel cuore.
Jubilation Lee era stata una delle prime, se
non la prima in assoluto a rivolgerle la parola quando era arrivata alla scuola
dopo il salvataggio di lei e Logan ad opera di Ciclope e Storm e ricordava
ancora con un sorriso il motivo di quel discorso e la punta di eccitazione e
curiosità che luccicava nei dolci occhi a mandorla di quella ragazzina asiatica che adorava il giallo.
“Chica mi ascolti?”
“Scusa Jubes…mi sono distratta…”
Jubilee le lanciò uno sguardo curioso
scrollando le spalle prima di riprendere fiato per continuare il discorso.
“Beh,
ti stavo dicendo che…”
“Hey Rogue! Jubes!!”
“Hey Bobby!”
Il discorso dell’asiatica venne dimenticato
e le due si diressero al tavolo dove stavano seduti i loro amici.
“Hai dimenticato l’appuntamento Rogue…”
“Scusa Kitty, è che mi sono incantata…”
“Ma cos’è che fai di tanto importante? ”
Rogue non era sicura di volerlo
spiegare, non subito almeno perciò optò per un furbo cambio di discorso
puntando lo sguardo sull’anello che la ragazzina portava all’anulare.
“Mhm…però!”
“L’hai notato?”
A Kitty s’illuminarono gli occhi e Marie
sorrise sia di contentezza che di vittoria
prima di annuire, aspettando che raccontasse come e quando era successo;
a volte il suo sguardo incontrava quello di Bobby, sereno anche se forse un po’ imbarazzato.
Era da un anno e mezzo che la loro storia
era finita, e anche se l’amicizia era continuata l’uomo ghiaccio aveva ancora
problemi a guardarla negli occhi quando il discorso finiva su lui e la sua
nuova ragazza, Kitty per l’appunto.
Dal canto suo Marie era contenta per loro
due, sapeva che Kitty aveva una cotta seria per Bobby che risaliva a molto
prima il suo arrivo alla mansione, e vederli assieme ora era una cosa bella per
l’anima erano dolci ed equilibrati e sperava davvero che un giorno avrebbe
potuto trovare qualcuno da amare a cui stringere la mano proprio come stava
facendo ora la sua amica.
Le parole che Kitty stava pronunciano con
gioia assoluta sfioravano appena i suoi sensi concentrata com’era a fissare il
prezioso taglio del piccolo diamante che faceva bella mostra al dito di lei.
Era discreto e raffinato e le luci dei
grandi lampadari del soffitto ci
rimbalzavano sopra creano riflessi e piccole schegge arcobaleno.
“Sono felice per voi ragazzi, vi auguro ogni
bene!!!”
Sorrise commossa all’abbraccio che si
guadagnò da Kitty per quelle parole, e ricambiò con sincera amicizia l’affetto
di lei che nonostante tutto era sempre stata una grande amica per lei, anche
quando stava con Bobby infatti non aveva mai parlato male di lei al contrario
l’aveva aiutata assieme a Jubilee ad inserirsi nel loro gruppo, l’aveva inclusa
nelle loro serate fra ragazze, l’aveva invitata ad uscire con loro e cose così,
guadagnandosi un posto prezioso ed eterno nel cuore di Marie.
“Grazie di cuore Ro’”
…………………………..
“Hey Ragazzina!”
Chinò il viso verso il giardino sporgendosi
dal terrazzo della sua stanza per vedere dove diavolo fosse.
“Logan?”
“Di qua…”
Seguendo la voce lo trovò in sella alla moto
che era stata di Scott con un casco appoggiato sulle gambe.
Sorrise pensando che non era da lui mettersi
quegli affari, come diceva sempre, con un fattore di guarigione come il suo
quelle robe erano superflue.
“Hey!”
Lo salutò godendosi ogni istante di
quell’accenno di sorriso che le riservava quando i loro occhi si incrociavano.
Adorava la piega che assumevano le sue
labbra, le fossette che si creavano ai lati della bocca e la luce che irradiava
quei suoi occhi screziati di verde che non si stancava mai di guardare.
Bastava quel gesto, quella piccola
incurvatura delle labbra e la sua espressione mutava completamente.
“Che fai?”
“Nhm, pensavo…”
Si portò una ciocca bianca dietro le
orecchie mentre lo guardava spingere la
moto spenta sotto al suo balcone.
“Esci a rimorchiare?”
La guardò per un attimo cercando di cogliere
un suo eventuale cambio d’espressione, non trovandolo si appoggiò alla moto
distendendo le gambe.
“Nah, ho solo voglia
di una birra, mi fai compagnia?”
“Non hai neanche da chiederlo!”
“Sbrigati dai!”
Neanche dieci minuti dopo stava sorridendo
stretta alla schiena di lui mentre la faceva impazzire di paura impennando a
tutta velocità.
“Sei tutto matto tu! Scommetto che lo fai
apposta così le ragazze che rimorchi ti si avvinghiano addosso come l’edera!”
Scese dal mezzo tutta barcollante
percorrendo al suo fianco la strada che dal parcheggio portava al bar preferito
del canadese.
“Che idea! La terrò a mente per quando
porterò qualcun’altra in sella…”
“Nh?”
“Vieni dentro che è freddo!”
Era sorprendente il numero delle volte che
sorrideva quando stava con lui, e ciò che la rendeva felice era il senso che le
faceva nascere dentro, quel benessere interiore e quella felicità che facevano
vibrare dolcemente l’anima, sensazioni totalmente diverse dalle risate sguaiate
che faceva con Jubes e Kitty quando spettegolavano o chiacchieravano di cose
assurde, con lui era pace totale sicurezza e serenità.
E non sapeva che divinità ringraziare per
quel dono burbero e scorbutico ma tanto dolce che le era stato fatto, Logan era
il suo punto fermo un pilastro saldo al quale aggrapparsi nei momenti di
sconforto, era un sorriso rude che le sollevava l’anima una risata ai suoi
scherzi, era la certezza di non essere sola.
“Grazie Logan!”
“Di cosa?”
“Dell’invito, delle risate…di
tutto questo!”
Finì di scolarsi la sua terza birra
guardandola fare altrettanto con il suo thè freddo.
“Quando vuoi piccola!”
“È che mi sembra strano”
“Cosa?”
“Tutto, insomma, non ti annoi a stare con
me? Dopotutto sono solo una ragazzina, sarò noiosa e di certo non…voglio dire, non sei obbligato a…”
“Fare cosa?”
Si bloccò incapace di capire se le parole
che aveva detto interrompendola erano seccate, scherzose o…
“Questo…”
“…l’ho promesso
ricordi?”
“Appunto…”
“Nh?”
La sua voce assunse un tono quasi triste,
non voleva essere un peso, una costrizione per lui.
“Non voglio che tu ti senta obbligato Logan,
è passato tanto tempo, sono cambiate tante cose e ora sono in grado di…”
“Lo so Marie…”
“Nh?”
“Se ti porto con me è perché lo voglio, è
una bella serata, la fine della scuola è vicina e so che sei stressata per il
diploma, quando ti cerco mi dicono che sei sempre in camera tua a studiare,
esci poco e dormi ancora meno…”
Spostò lo sguardo sulla sala del grande bar
incrociando sguardi estranei mentre ascoltava le sue parole arrossendo a quella
premura, la cercava quindi? Perché? E perché era preoccupato?
Chissà cosa avrebbe pensato nel venire a
sapere del suo “diario” e dei suoi schizzi, e se si fosse arrabbiato? Magari a
lui non andava che lei facesse tutto quello, magari voleva essere lasciato in
pace, voleva che nessuno si intromettesse fra lui e il suo passato, che poi,
ora che ci pensava bene aveva lasciato perdere da molto tempo.
Improvvisamente si sentì una sciocca, stava
facendo tutto di sua iniziativa convinta che fosse una buona cosa, e se invece
non lo era?
“…Marie?”
“Ah! Scusa…che
stavi dicendo?”
“…non è che magari
è il contrario e sono io che annoio te?”
Le si spezzò il cuore al sentire quelle
parole, all’udire quel tono scherzoso che altro non era che un tentativo di
mascherare la tristezza di quel pensiero, che non era assolutamente vero poi.
“Pffffffff waah ahh hah!”
“Perché ridi?”
“Mi prendi in giro Logan? Come potrei? Come
puoi anche pensare di…tu poi? Waah
ahh”
“Parla piano!”
“Ok, è che sei buffo”
“Io sono buffo?”
“Si, tu…eh heh!”
Scostò il viso con aria offesa e lei
sorridendo scivolò giù dallo sgabello sul quale era seduta per andare ad
affiancarlo sulla panca e guardarlo negli occhi, quelle gemme intense e
selvagge che si rifiutavano di lasciar intravedere anche il minimo spiraglio
della sua anima.
“Tu sei il mio eroe Logan…”
Sfiorò la mano di lui che stringeva la
bottiglia di birra carezzandola prima di stringergli forte il palmo in un
contatto pelle a pelle che diede i brividi a lui e una gioia immensa a lei.
Erano state rarissime dopo la cura, le volte
in cui il contatto fra di loro era stato così ravvicinato.
“Sei stato il mio primo amico quando ero
spaventata da me stessa e non hai mai avuto timore di starmi vicino…troppo vicino…”
Appoggiò piano la fronte alla sua spalla chiudendo
gli occhi e concentrarsi sul calore della sua grande e ruvida mano.
“Come potrebbe annoiarmi la tua compagnia?
Sei l’angelo che è venuto da me quando tutto era buio, mi dai tanta luce e
nemmeno ti accorgi di farlo…”
“Marie…”
“E poi…mpfh…”
“…”
Chinò il viso guardando quella sua dolce
bellezza sghignazzare con gli occhi ancora chiusi.
“Hai notato come mi guardano le ragazze che
ci sono qui? Sono verdi d’invidia, pagherebbero oro per essere al mio posto…questa sensazione non ha prezzo credimi…”
E per dare un ulteriore motivo per rodersi
il fegato alle altre gli diede un abbraccio stretto per poi schioccargli un
bacio sulla mascella e allontanarsi alla velocità della luce, pronta a schivare
la sua reazione.
“Hey! Che schifo sai che odio quella
robaccia!”
Schifato Logan si tolse dalla guancia i
residui di lucidalabbra che gliela impiastricciavano mentre le risate della
ragazzina continuavano e le occhiate di tutto il bar erano rivolte a loro due e
si lanciava al suo inseguimento zigzagando fra i tavoli del bar, oltre il
paravento fino a giungere alla sala da biliardo, rincorrerla attorno al tavolo
da gioco per un po’ finché stufo, con un salto le si parò davanti prendendola e
facendole un solletico sfrenato.
“Waah basta…”
“L’hai voluta tu ragazzina!!”
“Ahh hah ahh!! Tregua treguaaaaaaaaaaaaaah!!!”
“No cara mia…chiedi
pietà non la tregua…”
“Okayyyyyyyyyy!!
Ahh ahh waah!”
“Ok cosa?”
“Pietàààààààààààààh
ahh hah!!!”
Tre partite a biliardo dopo il bar era
semivuoto, a parte loro due e le cameriere c’erano un gruppo di ragazzi, alcuni
camionisti e poche altre persone.
Tornarono a sedersi al tavolo di prima
ordinando un altro giro, e stavolta anche Marie prese della birra, e poi un
altro ed un altro ancora.
“Hey…”
“Nhm?”
“È tardi…forse è
meglio tornare…”
“Già…ma non
impennare stavolta, o ti rifaccio la tappezzeria…”
Aveva gli occhi lievemente lucidi e i
riflessi appannati dall’alcool per questo l’aiutò a rimanere in piedi e a
salire sulla moto.
“Vai piano…”
“E tu non addormentarti”
“ ’kay…”
Sbuffando un sorriso le scostò i capelli dal
viso mentre la copriva e spegneva la luce della sua stanza.
Menomale che le aveva detto di non
addormentarsi.
Prese posto sulla sedia accanto al letto guardandola
mentre si rigirava cercando la posizione migliore per dormire, sorrise nel
vedere la posa scomposta che aveva assunto, nemmeno nel sonno stava tranquilla.
Accompagnato dal lieve respiro di lei
cominciò a scrutare la grande stanza avvolta nell’oscurità.
C’erano foto di luoghi lontani alle pareti
incorniciate dentro frame di legno scuro e lucido, e sopra il letto nell’unico
posto libero dal rivestimento in legno c’era una specie di ovale in cui lei
stessa aveva disegnato e poi dipinto un tramonto infuocato che inondava d’amaranto
le foreste che crescevano sui ripidi fianchi di una vallata, al fondo della
quale scorreva un fiume argentato.
Era buio e in quel momento non si vedeva
bene, ma ricordava benissimo ogni particolare di quel lavoro dato che l’aveva
guardata eseguirlo per quasi tutto il tempo.
Riusciva quasi a vederla muovere il braccio
per tracciare le pennellate, storcere in naso se il risultato non le piaceva e
ripassare l’intonaco per cancellare l’errore, sbavare i colori con la punta
delle dita o col palmo della mano, passarseli poi sulla fronte per asciugare il
sudore e sporcarsi di verde o arancio, ridere con lui nel guardarsi allo
specchio e rimettere tutto in ordine alla sera tardi quando le portava in
camera dei sandwich e qualcosa di fresco da bere.
Vedeva loro due seduti a terra sulle
lenzuola macchiate di vernice, parlare di qualsiasi cosa fra un morso e l’altro,
guardare l’opera che stava nascendo colorata solo a metà e amarla di già, perché
la stava facendo lei e ci stava mettendo l’anima.
E quella notte, vederla sorridere di una
soddisfazione infinita nell’osservare il risultato dopo l’ultima pennellata
alla sua firma, vederla girarsi verso di lui e aspettare un giudizio, prendere
la polaroid e trascinarlo vicino a lei, farlo abbassare e scattare.
Abbassò lo sguardo notando in basso a destra
un piccolo quadrato scuro, sicuramente era quella, la foto assurda in cui lei
rideva e lui aveva gli occhi semichiusi e la bocca aperta perché quando aveva
schiacciato il bottone dello scatto lui si stava voltando.
Non c’era stato verso di fargliela
strappare, lei adorava quella foto.
Si trovò a pensare che da quando l’aveva incontrata
i ricordi e le risate non si contavano più.
Da quando l’aveva trovata nel rimorchio del
suo pick-up era cambiata tutta la sua vita.
In verità era lei l’angelo venuto da lui in
un momento buio, e gli aveva portato una luce così calda e pura da illuminare
persino le tenebre dell’ossessione alla sua memoria perduta, continuava a
illuminare le sue giornate, e nemmeno s’accorgeva di farlo.
“Buona notte Marie…”