Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |       
Autore: ChiaFreebatch    30/10/2018    3 recensioni
Due capitoli CONCLUSA Scritta per l'evento "Happy Halloween" del gruppo facebook "Johnlock is the way...And Freebatch of course!"
Ambientata a Cambridge, fanfiction molto semplice a tema Halloween, John convince Sherlock a partecipare alla festa organizzata dal loro college, fluffosa ed incentrata unicamente sulla nascita del rapporto tra i nostri patati
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Rating: Arancione

Tag : #Unilock #TravestimentoAtema #HappyEnding

Trama: Ambientata a Cambridge, fanfiction molto semplice a tema Halloween, John convince Sherlock a partecipare alla festa organizzata dal loro college, fluffosa ed incentrata unicamente sulla nascita del rapporto tra i nostri patati <3

P.s. Chi avesse letto la mia Mystrade “Check” ritroverà le stesse atmosfere, una sorta di spin-off se vogliamo. 

 

“That’s my Joker”

 

Capitolo Uno.

 

Il sole splendeva limpido nel cielo sopra Cambridge.

L’aria frizzantina scivolava leggera tra le dozzine di studenti che affollavano il cortile del college.

Le foglie rosse e gialle volteggiavano leggere accarezzando qualche capo per poi scivolare silenti a terra.

Il clima così mite, tanto insolito per il mese di ottobre, aveva reso allegri studenti e professori.

Ogni regola però si sa, ha la proprie eccezioni e Sherlock Holmes ne è il portabandiera in ogni campo.

L’euforia dei compagni per quei salubri raggi si contrapponeva con forte evidenza all’espressione irritata dello studente di chimica.

La luce fastidiosa filtrava attraverso gli spessi vetri della struttura fondata nel 1448 da Margherita D’Angiò.

Sherlock serrò un poco le palpebre, le iridi limpide sin troppo delicate.

Sbuffò inarcando eccessivamente un sopracciglio, alla vista di un manifesto di proporzioni considerevoli appeso in bacheca nella sala grande.

Restò a fissarlo per un minuto abbondante, chiedendosi per l’ennesima volta cosa diavolo ci trovasse la gente comune in certe idiozie d’importazione americana.

Si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni ed inclinò un poco il capo, trovando un difetto di forma nelle zucche maldestramente stilizzate.

Stava ancora riflettendo sul senso di tanta idiozia, quando una mano posata sulla spalla ed una voce sussurrata all’orecchio lo fecero sobbalzare.

“Tu sai che quest’anno non potrai sfuggire vero?”

Holmes arrossì sulla punta delle orecchie e si scostò malamente voltandosi verso il nuovo arrivato.

“Non succederà nemmeno tra un milione di anni Watson” Sibilò.

“Ahia… Quando mi chiami Watson mi metto in allarme” Incrociò le braccia al petto appoggiandosi alla parete.

“Non fare il cretino” Borbottò.

“Comunque sia non divaghiamo, è il tuo ultimo anno qui, il nostro ultimo anno per la precisione e tu, Holmes” Ghignò “Devi partecipare alla festa di Halloween”

“Non mi travestirò come un perfetto idiota per infilarmi in una festa disgustosa! Non io, non per una cosa così stupida e…Americana!”

“Errore” Si scostò dalla parete e si avvicinò all’amico.

“Cosa?” Inarcò un sopracciglio retrocedendo di un passo.

John levò il naso all’insù e sorrise.

“Halloween è una festa di origine celtica” Gli spinse l’indice contro il torace.

Sherlock si impettì lisciandosi la camicia immacolata.

“Sì ma sono gli americani ad averla riportata in vita e ad avergli dato una valenza cretina” Arricciò le labbra con disappunto.

“Oh andiamo non puoi sempre avere l’ultima parola!” Spalancò le braccia levando gli occhi al cielo.

“Io mi merito di avere l’ultima parola perché sono il detentore della ragione suprema” Sospirò.

“Ma vaffanculo!” John rise spintonandolo.

Sherlock gli regalò un sorriso piccino.

Uno dei rari sorrisi che elargiva solo a pochi eletti.

John Watson era uno di questi.

Anzi, con una probabilità che Sherlock avrebbe stimato intorno al 99%, John Watson era l’unico eletto.

“Allora, che fai oggi pomeriggio?” Si incamminò verso l’uscita.

“E’ già pomeriggio John” Si aggiustò la tracolla con i libri.

“Ok precisino, riformulo: cosa fai adesso?” Soffocò uno sbadiglio varcando la soglia dell’imponente atrio.

Il sole colpì nuovamente e con maggior decisione Holmes che chiuse un istante gli occhi ed inspirò a fondo.

“Dove diavolo sono quelle maledette nuvole grigie che dovrebbero infestare il cielo inglese?” Ringhiò accelerando il passo.

“Ben lontane almeno per oggi, grazie a Dio” Watson lo affiancò.

“Non so quale parte della tua affermazione mi faccia più inorridire…” Sospirò gettando un’occhiata al fiume Cam.

L’acqua scorreva placida.

I canoisti della squadra del Queen’s si allenavano con dedizione.

La canoa superò i due studenti ed il capovoga Mike Stamford salutò con un grido John Watson.

Sherlock levò gli occhi al cielo e scosse il capo.

I ricci corvini ondeggiarono.

John gli dette uno sguardo e si perse un istante nell’osservare l’amico scostarli dalla fronte con eleganza.

Per l’ennesima volta si chiese se fossero così morbidi come in realtà apparivano.

Si schiarì la voce e si impose di portare i propri pensieri altrove.

“Allora, stavamo dicendo, che impegni hai adesso?”

“Devo studiare biochimica lo sai…”

“Oddio Sherlock anche io dovrei studiare Neurologia ma datti pace siamo solo ad ottobre, non possiamo farci un giro?”

“Un giro?” Inarcò un sopracciglio risalendo il Mathematical bridge.

John sfiorò il corrimano ligneo e si morse il labbro inferiore.

“Si, quattro passi in centro, andiamo a bere qualcosa…”

Holmes sbuffò infilandosi le mani nelle tasche e levò gli occhi al cielo.

Una nuvola aveva oscurato il sole.

Sorrise.

“Vuoi trascinarmi in uno di quei pub puzzolenti?”

“Non sono così puzzolenti” Ridacchiò.

Seguitarono a costeggiare il fiume imboccando poi Silver Street.

“Devo ricordarti sabato sera??”Rabbrividì al ricordo.

“Oh andiamo c’era la festa della birra!”

“L’aria era pregna di odore di birra e…Sudore” Storse il naso disgustato.

“Non fare la femminuccia” Lo sgomitò.

Sherlock gli regalò un’occhiata gelida e non rispose.

Stettero in silenzio sino all’arrivo su Trumpington street.

“Sherlock…” Lo richiamò.

“Cosa…” Costeggiò la chiesa di Saint Botolph e sbirciò in direzione di Botolph Lane.

“Senti vuoi ascoltarmi…”

“Mi stai seguendo sino a casa come un cucciolo John…Hai già la mia completa attenzione…”

“Direi di no dato che non stai rispondendo alle mie domande”

Holmes levò gli occhi al cielo fermandosi a pochi passi dalla porta tinteggiata di verde di casa propria.

Sfiorò con un gomito il muro bianco del basso caseggiato in cui viveva.

Un piccolo appartamento su due piani di proprietà degli Holmes, lo stesso di cui il fratello aveva fatto uso ai tempi del college.

“Il fatto che tu non voglia accettare la mia risposta non significa che io non te l’abbia data.”

John arricciò le labbra e corrugò le sopracciglia.

Le mani sui fianchi, il naso all’insù.

“Ah, la tua affermazione sui pub puzzolenti era la risposta?”

Sherlock annuì con espressione ovvia “ Implicita direi”

“Oh cazzo…”Sospirò “ Devi essere enigmatico anche nelle cazzate?”

Il ragazzo gli dette le spalle raggiungendo il civico  6 ed infilò le chiavi nella toppa.

“Se vuoi stare qui a studiare non c’è problema John lo sai, ma non sperare di riuscire a trascinarmi in un pub prima di cena…”

Varcò la soglia.

Il piccolo atrio con la tappezzeria a fiori lo accolse.

“E dopo cena?” Watson lo tallonò senza tregua.

La porta a sinistra li condusse nella cucina.

Sherlock posò la borsa su una delle sedie e raggiunse lesto il frigorifero.

“No John, nemmeno dopo cena” Recuperò una bottiglia di succo al mirtillo.

Il biondino si lasciò scivolare stancamente sul divano un poco datato e sbuffò sonoramente posando la nuca allo schienale confortevole.

“Sei noioso”

“No, tu sei noioso” Lo corresse Holmes passandogli un bicchiere colmo.

L’amico lo afferrò sedendosi con maggior compostezza.

Sherlock prese posto al tavolo posando il bicchiere ed estraendo con lentezza i libri dalla borsa.

John lo guardò di sottecchi sorseggiando il succo violaceo che tanto piaceva all’altro.

Si passò la lingua sulla labbra e sospirò.

Da un anno circa si era riscoperto ad osservare con sin troppa precisione i movimenti dell’altro ed ancora con più malcelata meticolosità i lineamenti perfetti.

Si morse la lingua distogliendo lo sguardo da quel lungo collo bianco che lo attraeva in maniera preoccupante.

La nuca, sfiorata dai ricci scuri, ben visibile in quella posizione china suoi libri.

John sbuffò con forza ma Holmes parve non accorgersene.

Troppo concentrato sul proprio testo bisbigliava tra sé e sé quelle che avevano tutta l’aria di essere formule non meglio identificate.

Watson deglutì e afferrò un libro a caso dalla propria borsa mollemente adagiata ai piedi del divano.

Lo posò sul basso tavolino e si finse interessato ad un foglio povero di appunti che sbucava oltre la copertina.

Indugiò un poco su quelle frasi vergate con la propria pessima calligrafia, prima di riportare le iridi blu verso l’amico.

Colse la lunga mano elegante tamburellare sulla fronte candida.

Il gomito posato al tavolo, le sopracciglia corrugate.

Bello.

Lo trovò maledettamente bello e non era certo la prima volta che quel dannatissimo aggettivo gli attraversava il cervello  come un fulmine alla vista di Holmes.

Si morse nervosamente l’unghia del pollice prima di alzarsi in piedi con uno scatto nervoso.

Sherlock sussultò a quel gesto e si voltò inarcando un sopracciglio perplesso.

Il ciuffo corvino scivolò lesto sull’occhio destro e lui lo soffiò via con un sbuffo.

“John?” La voce profonda vibrò nel cucinino.

“Sì!” Rispose con sin troppa convinzione, i pugni serrati lungo i fianchi.

“Che fai?” Bevve un sorso di succo.

Watson si perse ad osservare il dorso della mano che scivolava sulla labbra piene per asciugare il liquido violaceo.

Inspirò a fondo e distolse lo sguardo raccogliendo maldestramente la propria borsa.

“Vado via…” Gettò il libro all’interno.

“Non ti fermi a studiare?” Domandò perplesso.

“No, no io…Mi sono accorto di avere il libro che mi occorre in stanza e quindi…” Si mise la tracolla infilandosi le mani in tasca.

“Buffo, dato che la tua ultima ora di lezione è stata proprio di Neurologia ed è la materia che devi studiare questo pomeriggio. Non dovresti averlo in borsa?” Storse le labbra in un sorriso divertito.

John si passò nervosamente la lingua sulle labbra e serrò i pugni nelle tasche, avvertì le proprie unghie infierire sui palmi.

“Sì’, sì ma mi servono assolutamente gli appunti di settimana scorsa e non ho qui il quaderno…” Si allontanò in direzione della porta.

“Sul serio stai andando al dormitorio? O la tua è una scusa per infilarti in qualche pub tralasciando lo studio?” Indagò.

“Oh andiamo, non sono così sfigato da chiudermi in un pub da solo in pieno pomeriggio!” Scosse il capo.

“Sarà… “Borbottò facendo spallucce.

“Senti,io alle 21.00 sto al Cross Keys Pub…Se vuoi venire siamo li”

“Dubito, ma grazie” Chinò il capo voltando pagina.

Watson si morse il labbro inferiore ed annuì con un gesto deciso del capo.

“In tal caso, ci vediamo domani…”

Holmes annuì sollevando una mano in segno di saluto.

“Ciao Sherlock” Si allontanò senza attendere replica.

Rimasto solo il ragazzo inspirò a fondo.

Chiuse gli occhi si massaggiò con lentezza le palpebre.

La schiena ossuta poggiata allo schienale ligneo della sedia.

John Watson era una complicazione.

Una complicazione bella e buona nella propria vita fatta di logica e metodo.

John era la variabile che mandava in crisi i suoi sistemi perfetti.

Sospirò pesantemente alzandosi in piedi, raggiunse il basso tavolino ed afferrò il bicchiere mezzo vuoto dell’amico.

Si morse la lingua e fissò con insistenza  il bordo in vetro, alla ricerca del punto in cui le labbra di John si erano posate pochi minuti prima.

Lo studiò, con forte concentrazione, serrando un poco gli occhi.

Lo avvicinò al proprio viso, il liquido residuo al suo interno si mosse.

Inspirò a fondo e lo portò alla bocca.

Posò titubante le labbra nell’esatto punto in cui, a propria analisi,  vi si erano posate quelle dell’amico.

Arrossì bevendo ciò che restava del succo al mirtillo e deglutì a fatica.

Strinse il bicchiere tra le dita.

Le unghie si fecero bianche.

Lo posò nel lavello.

Sbuffò lentamente tenendo il capo chino.

“Sei il mio più grande cruccio John Watson” Sussurrò indirizzando lo sguardo dinnanzi a sé.

La piccola finestra che dava sulla strada vibrò.

Il vento forte fece battere un’anta della persiana.

Sherlock la aprì sporgendosi sopra il lavello, chiuse le imposte con un movimento lesto e richiuse i vetri.

L’ombra avvolse il cucinino.

Accese la luce gettando uno sguardo al lampadario che oscillava, conseguenza logica della folata di vento appena entrata.

Si perse ad osservare quel movimento lento e costante, non lo vide realmente, nella propria mente ancora l’immagine di John che lo fissava speranzoso sulla soglia.

Lo turbava, in maniera che mai prima aveva sperimentato.

Non riusciva a capirne il motivo e molto probabilmente non lo avrebbe mai capito.

Avrebbe passato la vita ad arrovellarsi sul perché una persona comune come John riuscisse a scuoterlo sin nel profondo.

Inizialmente aveva attribuito quelle sciocche sensazioni al fatto che Watson fosse sempre stato gentile e disponibile nei proprie riguardi. La prima ed unica persona ad essersi dimostrata amichevole senza tacciarlo con epiteti dispregiativi, senza categorizzarlo come un pazzo, un freak.

Sbuffò seguitando a riflettere.

Con il passare del tempo si era reso conto che non era semplicemente il modo di porsi di John a farlo sentire in maniera insolita.

Oh no.

Spesso si perdeva ad osservare ogni piccolo dettaglio della sua persona, ogni singolo particolare del viso e del corpo, fosse esso un capello fuori posto o la linea della clavicola che sbucava oltre quelle stupide t-shirt dalle scritte vistose.

Trovava attraenti le sue piccole mani così forti e delicate al tempo stesso.

Le immaginava spesso su di sé ed il solo pensiero lo faceva arrossire sulla punta delle orecchie e gli recava un morso alla stomaco.

Imprecò a denti serrati sedendosi nuovamente dinnanzi ai libri.

In quei tre anni era giunto alla conclusione di essere profondamente attratto da John Watson semplicemente per il fatto che fosse John Watson.

Ne aveva la conferma ogni singola volta in cui incrociava quelle benedette iridi blu, ogni volta in cui lo vedeva ridere o arrabbiarsi, ogni volta in cui lo scopriva addormentato con il viso piegato sui libri o quando correva sul campo da rugby con la palla ovale sottobraccio.

Chiuse con un gesto secco il tomo di biochimica.

Si morse il labbro inferiore.

L’indice prese a scivolare sulla copertina lucida tracciando linee prive di senso.

Attratto da John.

Attrazione.

E’ poi un termine corretto?

In fisica essa viene definita  la forza che si esercita fra due corpi quando essa sollecita un corpo verso l’altro.

Non era quindi una terminologia adeguata, esisteva forse l’attrazione a senso unico?

O forse la fisica non c’entrava nulla?

Imprecò gettando malamente il libro in disparte.

Che ne poteva sapere lui? Niente.

Assolutamente niente.

Non era avvezzo a situazioni del genere!

Beato John che intratteneva rapporti sociali e sessuali con una frequenza imbarazzante!

Lui sì, che avrebbe saputo dargli le risposte che cercava.

Gliene avrebbe parlato, se solo non fosse stato il diretto interessato!

Imprecò per l’ennesima volta contro se stesso, contro le proprie pulsioni sessuali ed intellettive, contro John Watson e tutto ciò che lo riguardava.

Abbandonò i libri e si diresse al piano superiore, la stretta scala in legno scricchiolò.

La mano sfiorò la carta da parati a fiori che ricopriva il muro.

Raggiunse la propria stanza e si lasciò mollemente cadere sul letto.

Il soffitto mansardato parve improvvisamente interessante.

Il vento sibilò tra le fronde degli alberi della chiesa di fronte.

Le imposte ancora serrate dalla sera prima tremarono un poco.

Sherlock chiuse gli occhi, nella mente gli apparve il sorriso felice di Watson mentre gli indicava il manifesto di Halloween.

Forse, se si fosse deciso a partecipare a quella stupida festa, John ne sarebbe stato felice.

Sì, lo sarebbe stato senz’altro.

Lo vide già limpido nella propria mente: prima un’espressione incredula avrebbe attraversato il suo viso per poi lasciare posto a quel sorriso radioso che lo contraddistingueva così bene.

Era bello il sorriso di John e l’idea di poterne essere l’artefice, seppur per un motivo così frivolo, gli dette la spinta per prendere seriamente in considerazione l’idea di partecipare a quella buffonata americana.

Ah no, celtica.

Arricciò le labbra in un piccolo sorriso e si raggomitolò su un fianco.

Avrebbe dovuto dedicarsi a biochimica, ma si sentiva spossato.

Spossato in maniera ingiustificata.

Rammentò di aver dormito solo due ore quella notte.

Bè, non era poi forse così ingiustificata quella spossatezza.

Chiuse gli occhi.

Morfeo giunse lesto.

……

Sherlock Holmes accavallò le lunghe gambe eleganti ed incrociò le braccia al petto.

La poltrona dozzinale presente in quel grande magazzino era decisamente scomoda.

Arricciò le labbra infastidito e gettò un’occhiata alla tenda un poco sdrucita del camerino.

Stava in quel posto pieno di ragazzini urlanti e mamme isteriche da una mezz’ora abbondante, i nervi a fior di pelle.

Inspirò a fondo e maledisse se stesso per avere avuto la malsana idea di accettare l’invito di John a quella dannatissima festa.

“John! Pensi di uscire da lì prima o poi?” Ringhiò “ Il fatto che io abbia acconsentito a venire alla festa non implica la tortura che mi stai infliggendo per la scelta del tuo stramaledetto abito!”

Watson levò gli occhi al cielo e scosse il capo.

Gettò un’occhiata al proprio riflesso nello specchio prima di spalancare la tenda con sin troppa enfasi.

“Eccolo!!” Urlò spalancando le braccia.

Sherlock inarcò un sopracciglio corvino.

“Sei serio?”

John battè le palpebre ed inclinò un poco il capo in avanti con una muta domanda impressa sul volto.

Holmes si passò i palmi sul viso e sospirò chiamando a sé tutta la calma possibile.

“Vuoi realmente girare tutta sera con una stupida falce di plastica appesa dietro la schiena??E poi guardati! Quello stupido vestito nero è troppo grande! Sfiorerebbe le mie caviglie! Tu lo pesti chiaramente sotto i piedi!” Lo additò interamente.

“Ehi! La falce è fighissima!” Allungò un braccio tastando la finta lama che sbucava oltre le proprie spalle.

“Non è fighissima, è una cretinata!” Si alzò in piedi raggiungendolo.” E ribadisco le mie impressioni sulla taglia palesemente errata di questo…Coso.”

John corrugò le bionde sopracciglia e levò il viso all’insù fissandolo dritto negli occhi.

“E’ taglia unica” Sibilò.

Sherlock trattene una risata mordendosi il labbro inferiore.

“Lo so, non è colpa mia se questi pseudo vestiti vengono fatti utilizzando dei parametri di media nazionale… Tu sei sotto la media per quanto riguarda la statura John. Forse dovremmo provare al reparto bambini” Fece spallucce infilandosi la mani nelle tasche dei pantaloni.

Il biondino spalancò la bocca.

“E cambia espressione te ne prego, ti fa apparire molto meno intelligente di quanto tu non sia in realtà…” Gli dette le spalle fingendosi interessato ad un costume da mummia.

Watson lo raggiunse in un paio di passi ben decisi e lo afferrò per una spalla invitandolo a voltarsi con poca grazia.

“Sei proprio uno stronzetto lo sai?”

Sherlock battè le palpebre e per un’istante John si perse nella limpidezza di quelle iridi acquamarina.

“Sono solo realista, il mio era un consiglio basato su un’analisi oggettiva della tua figura e del costume che hai avuto la bislacca idea di sceglierti”

“Me li hai scartati tutti quelli che ho scelto!” Spalancò le braccia.

“Sono tutti chiaramente inadatti alla tua fisicità” Sospirò.

“Ah sì?”

“Sì certo” Annuì serio.

“E cosa cazzo sarebbe adatto alla mia fisicità?!” Storse le labbra con stizza fissandolo a braccia conserte.

Holmes si morse il labbro inferiore ed indicò con un cenno del capo un gruppo di manichini agghindati per l’occasione.

L’amico si volse verso il terzetto e si chiese a quale dei tre Sherlock potesse fare riferimento.

“Quello viola” Lo indicò tendendo braccio ed indice “ Non so cosa diavolo rappresenti ma secondo me ti starebbe bene”

John sorrise e scosse il capo afferrando Holmes per il polso e trascinandolo verso la scenetta allestita al centro della stanza.

“Questo? Tu pensi che mi…Stia bene questo completo?”

“S…sì…” Tentennò sotto le iridi blu che lo fissavano serie “Il trucco credo sia eccessivo ma temo faccia parte del personaggio” Si schiarì la voce “ Il mio è un consiglio puramente estetico riguardo l’abito”

John d’improvviso sorrise. Un sorriso luminoso.

Sherlock avvertì le guance insolitamente accaldate e la cosa lo turbò.

“E’ il costume da Joker ispirato al film il Cavaliere Oscuro in cui Heath Ledger interpreta questo criminale che poi sarebbe la nemesi di Batman…” Spiegò.

“Stai…Parlando arabo John. Anzi peggio, qualche parola di arabo in effetti la conosco…” Si sfiorò il mento meditabondo.

“Immaginavo” Annuì portando la propria attenzione sul costume.

Lo sfiorò con la mano sinistra.

L’indice indugiò sul gilet verde.

“E’ bello…”

“Certo che lo è, te l’ho consigliato io! Dai provalo…”

“Non so quanto possa starmi bene Sherlock” Si grattò la nuca con una sorta di imbarazzo che Holmes raramente gli aveva visto in volto.

Non seppe attribuirne la causa ma decise di sorvolare.

“Senti John falla finita! Hai indossato una decina di obbrobri, fammi il favore di provare almeno un costume decente….” Si allontanò verso lo scaffale apposito e ne estrasse la taglia corretta.

Watson lo seguì docile ed inarcò un sopracciglio “ Niente taglia unica?”

“No,i costumi belli li fanno in tre taglie fortunatamente”

“Il trucco sarà un problema… Non sono capace, il Joker ha un make-up specifico, non posso pasticciarmi la faccia da solo, rovinerei il personaggio…” Protestò sulla soglia del camerino.

“A quello penseremo poi” Lo spinse oltre la tenda “ Ora datti una mossa che non vedo l’ora di uscire da questo inferno” Borbottò appoggiandosi con una spalla alla parete.

Attese gettando occhiate distratte ad una coppia intenta nella scelta di un abito da strega.

Sorrise storto.

Era palese il fatto che lei avesse un amante. Più anziano dedusse e che lui fosse il classico laureando con il portafoglio gonfio.

Scosse il capo all’abbraccio seguito da un urletto estatico di lei .

“Non so fare il nodo alla cravatta” Il borbottio di John lo riscosse dalla propria analisi deduttiva.

“Io si, dai esci” Replicò spiccio.

La tenda scorse con un gesto deciso e Watson fece un passo avanti.

Sherlock retrocedette.

Inclinò un poco il capo.

Il ciuffo corvino scivolò sul suo occhio e lo scostò con uno sbuffo.

Aprì un poco le labbra ed analizzò la figura dell’amico.

Sospirò lentamente.

John si imbarazzò un poco sotto quello sguardo ed arricciò il naso in un gesto tipico di quella condizione.

“Sherlock…La cravatta” Lo richiamò con un mezzo sorriso.

“Sì” Sussultò avvicinandosi.

Le lunghe dita affusolate scivolarono esperte sulla stoffa fantasia.

Watson si accorse di non avere la forza mentale di sollevare il viso in direzione dell’altro.

Troppi pensieri affollavano la sua mente.

Le mani di Sherlock lo sfiorarono sul collo.

Rabbrividì.

Si morse la lingua e deglutì tenendo le iridi blu fisse oltre la spalla dell’amico.

“Ecco fatto” La voce baritonale lo riscosse.

Lo ringraziò retrocedendo lesto alla ricerca dello specchio.

Holmes restò a fissarlo.

Le mani corsero alle tasche dei propri pantaloni.

Le infilò serrando le dita a pugno.

La pelle scottava nel punto in cui era entrata in contatto con quella di John.

Che cosa stupida e fisicamente impossibile!

Si insultò.

Il biondino rise del proprio riflesso voltandosi poi in direzione dell’altro.

“Ehi non sono malaccio”

Sherlock scosse il capo e sorrise.

Il suo sorriso vero.

Reale.

Quello che riserbava a pochi eletti.

“No, non lo sei affatto”

Watson tentennò appena.

Si mosse nervoso.

Oscillò sollevandosi sulle punte un paio di volte.

“Allora vada per il Joker?”

“Direi di sì, e adesso ti prego usciamo da questo posto, non lo sopporto più” Fulminò con un’occhiata un ragazzino intento a brandire una spada giocattolo.

“E il tuo costume??” Corrugò le sopracciglia.

“Ci penserò poi, necessito di aria e di un tè. Parecchio tè” Sbuffò con forza.

“Ok, faccio il prima possibile” Annuì sparendo nel camerino.

Holmes annuì e prese posto nuovamente sulla scomoda poltrona.

Posò i gomiti sulle ginocchia.

Il capo fisso a terra.

Si morse nervosamente il labbro inferiore e si chiese per quanto tempo sarebbe riuscito a fingere disinteresse per l’amico.

Chiuse gli occhi imprecando.

John riapparve in un lampo. L’abito sotto braccio, l’espressione turbata.

“Tutto bene Sherlock?”

“Sì” Si alzò con un movimento fluido.

“Hai una faccia strana…”

Si incamminarono verso le casse.

“Io ho sempre la faccia strana”

“Non dire cazzate” Lo sgomitò.

Holmes scrollò le spalle “ Sono solo un po’ stanco di tutti sti ragazzini urlanti…”

“Adesso ce ne andiamo” Annuì accelerando il passo.

“Sì”

“Mi offri un tè? Non ho voglia di tornare in dormitorio” Si mise in coda tastando le proprie tasche alla ricerca del portafoglio.

“Sì certamente”

“Bene…”Serrò le labbra in una linea sottile prima di dare le spalle all’amico.

 Sherlock si perse ad osservare i capelli biondi che sfioravano dispettosi la nuca.

Notò un paio di nei molto piccoli ed un terzo che stranamente gli era sfuggito sino a quel momento. Si chiese da quanto lo avesse e se le proprie capacità osservative fossero peggiorate.

Scosse il capo e distolse lo sguardo.

La cassiera sembrava ben disposta nei confronti di John.

Sorrideva in maniera eccessiva e si era scostata i capelli dietro l’orecchio destro in un gesto di totale inutilità effettiva.

Si morse la lingua e cercò di spiegarsi per l’ennesima volta il magnetismo di John.

Sbuffò spingendolo un poco sulla schiena.

Watson non vi prestò attenzione, seguitò ad essere così maledettamente cortese con quella biondina e la cosa ebbe il potere di irritarlo profondamente.

Si incupì ed anticipò l’amico all’uscita.

L’altro se ne accorse e pagò lesto liquidando quegli occhi nocciola dalle ciglia sfarfallanti.

“Sherlock!” Lo richiamò vicino alle porte scorrevoli.

Holmes lo ignorò e proseguì nel parcheggio esterno.

“Potevi aspettarmi” Borbottò serrando il sacchetto nella mancina.

“Eri impegnato a fare il pavone, la mia utilità in quel momento era pari a zero quindi ho preferito anticipare la mia dipartita da quello stupido magazzino”

John sorrise levando gli occhi al cielo.

“Non stavo facendo il pavone, ero solo cortese.”

“La tua cortesia è commovente” Ironizzò attraversando le strisce pedonali.

“Sei geloso?” Lo sgomitò costeggiando il Cam.

Sherlock avvampò sulla punta delle orecchie “ Non fare il deficiente!” Sibilò.

Watson sghignazzò e prese a rovistare nel sacchetto, sbirciò soddisfatto il proprio acquisto e si mantenne silenzioso sino all’imbocco di Botholp Lane.

“Eccoci a casa…” Sorrise scorgendo il caseggiato bianco.

Sherlock annuì e si sentì uno stupido nell’aver avvertito una fitta al petto. L’ennesima.

John era solito parlare dell’appartamento quasi fosse abitato da entrambi. Il che era così per buona parte della giornata.

Il fatto che Watson avesse una stanza al dormitorio del Queen’s era puramente limitato all’atto del dormire. Le ore libere, fossero esse di studio o di svago le trascorreva con regolarità a casa Holmes.

Sospirò.

Il modo in cui John utilizzava il sostantivo casa aveva il potere di farlo vibrare. Di farlo sentire dannatamente felice.

Si sentiva però anche stupido.

Stupido per dare una valenza sentimentale ad una cosa così apparentemente insignificante.

Lui, che l’aggettivo sentimentale nemmeno sapeva come si pronunciasse.

Scosse il capo e rise di sé.

Infilò la chiave nella toppa e varcò la soglia del numero 6.

….

L’ultima decade di ottobre portò con sé pioggia e vento. L’insolito clima primaverile venne scacciato con decisione per lasciare posto al tipico autunno inglese.

Sherlock Holmes sospirò rassegnato osservando il proprio piatto pressoché intatto.

Un forte temporale rimbombava molesto su Cambridge e le alte vetrate della sala grande al Queen’s College vibrarono a causa dei tuoni.

John inarcò un sopracciglio biondo alternando occhiate dall’amico al piatto ingombro.

“Pensi di mangiarlo prima o poi? Non sparirà dal piatto a meno che non intervenga io e dia due forchettate consistenti a quel povero pasticcio di rognone.”

“Se vuoi favorire è tutto tuo….” Spinse la ceramica con entrambi i palmi.

Watson scosse il capo e rispedì il piatto al legittimo proprietario seduto dinnanzi.

“Non se ne parla Sherlock, mangiane almeno un po’” Bevve un lungo sorso d’acqua.

“John ha ragione Sherlock, come puoi sostenere un intero pomeriggio di studio senza nulla nello stomaco?”

Il ragazzo si voltò con fare astioso verso la ragazza  seduta accanto a Watson che aveva avuto l’ardire di infilarsi in quella conversazione.

“Tu fatti gli affari tuoi Molly, non è certo la prima volta in vita mia che passo la giornata sui libri a digiuno! Il cibo rallenta le facoltà mentali dovreste saperlo”

La ragazza arrossì violentemente sulle gote e distolse lo sguardo “ Era solo un consiglio” Balbettò tornando alla propria insalata.

“Che poi se volessimo essere precisi, che tipo di apporto energetico ti darebbe quella verdura che stai mangiando?” Indicò il piatto con un cenno del capo “ Sono quattro foglie striminzite che non sazierebbero nemmeno il canarino di mia madre”

“Che c’entra! Io sono io, tu sei tu, mangia il pasticcio o…O non mangiarlo , fai come vuoi” Scosse il capo torturando una foglia con i rebbi della forchetta.

Sherlock sorrise sornione posando i gomiti sul tavolo e portando le mani intrecciate sotto il mento.

“Ma non mi dire”

“Cosa?” Si allarmò lei.

“Sei a dieta per riuscire ad infilarti in quello stupido vestito alla festa vero?”

Mike Stanford seduto accanto a Sherlock prese a fissare la compagna di corso che gli sedeva dinnanzi.

Ne colse le gote scarlatte e lo sguardo sfuggente.

Le labbra sottili morse a ripetizione con nervosismo.

“Sul serio Molly?” Domandò incredulo aggiustandosi gli occhiali sulla punta del naso.

“Sì bè…Oh insomma non sono affari vostri!” Si innervosì serrando tra le mani il tovagliolo.

John scrollò le spalle decisamente poco interessato all’argomento ed infilzò un paio di carote.

“Ho indovinato…Curioso” Ironizzò addentando un pezzetto di pasticcio.

“Falla finita Sherlock” Stanford lo sgomitò ed Holmes gli riserbò un’occhiataccia gelida.

Hooper sbirciò in direzione dell’amico e gli sorrise debolmente.

“Molly, non che siano affari miei ma sei magra come un fuso, non hai bisogno di perdere peso”

“Cosa invece di cui tu ne avresti un gran bisogno” Borbottò Holmes di sottofondo.

John lo colpì secco con un calcio agli stinchi.

Sherlock gemette spalancando le labbra ed ostentando un’espressione offesissima.

“Smettila” Sibilò il biondino.

“Grazie Mike” La ragazza si morse il labbro inferiore mantenendo lo sguardo fisso sul proprio piatto.

“E’ la verità” Fece spallucce “Che vestito vorresti indossare?”

“Da strega” Replicò tendendo la mano per afferrare il proprio bicchiere.

Lo trovò vuoto e Stanford con galanteria lo riempì senza indugi.

Sherlock levò gli occhi al cielo ed impose a se stesso di tenere a freno la lingua. Non che gli importasse molto di Hooper e Stanford, ma l’ennesimo calcio sulle caviglie da parte di Watson se lo sarebbe risparmiato volentieri.

“Ma parliamo di cose serie” John accantonò il proprio piatto immacolato.

“Siii! Tipo la selezione naturale? Lo trovo un argomento decisamente interessante” Inspirò a fondo “Analizziamo i benefici che trarremmo se si estinguessero gli individui con un QI sotto la media …” Incrociò le braccia al petto.

“Sherlock!!” Lo rimproverarono in simultanea.

“Cielo risparmiatemi il coretto vi prego” Gesticolò con la mano destra quasi a voler scacciare un insetto molesto.

“Prima che il genio mi interrompesse” Riprese parola John “ Volevo parlare dell’affair trucco per la festa di Halloween…”

“A proposito di selezione naturale…” Holmes tese le labbra in un sorrisetto ironico.

Watson lo ignorò e nella propria mente per un solo istante si chiese cosa mai ci trovasse in quel rompicoglioni seriale.

“Stavo dicendo” Riprovò gettando un’occhiata ammonitrice all’amico “ Io avrei bisogno di un trucco complicato e…Molly, mi aiuteresti?” Si volse sulla lunga panca lignea.

“Oh….Sul serio? Vuoi…Che lo faccia io?” Sorrise sfiorando ripetutamente la lunga treccia castana.

“Beh tutti sanno che sei una maga con il trucco…”

Holmes si passò nervosamente i palmi sul viso e si morse la lingua, di nuovo. Avrebbe tanto voluto replicare con un acidissimo – E non è facile intuirne il perché- tuttavia si trattenne, non voleva irritare John più di quanto non avesse già fatto.

“Me la cavo abbastanza in effetti” Sorrise portandosi dietro l’orecchio una ciocca sfuggita alla treccia.

“Sono sicuro che farai un ottimo lavoro, l’idea di dovermi truccare da solo è improponibile, rischierei di sembrare un coglione reduce da un incidente frontale” Ridacchiò.

Mike e Molly fecero eco alla sua risata mentre Sherlock totalmente disinteressato alla questione afferrò la propria borsa e prese a trafficarvi all’interno.

Il vociare di sottofondo della grande sala adibita a refettorio gli giunse come un brusio fastidioso, estrasse un’agenda dalla copertina nera e si mise a sfogliarla alla ricerca di chissà che.

Gli occhi acquamarina fissi sulle pagine a quadretti vergate con la propria scrittura perfetta.

Il ciuffo corvino che dispettoso gli solleticava la punta del naso.

John lo studiò di sottecchi e lo lasciò nel proprio silenzio per un paio di minuti, forse tre.

Si perse nei proprie pensieri.

Un lampo illuminò il cielo cupo ed il suo bagliore scivolò fulmineo oltre la finestra sfiorando il viso spigoloso di Holmes

Il biondino si ritrovò a sospirare.

“Watson…Amico”

John si voltò lesto verso Stanford con un sussulto sin troppo plateale.

“Cosa?”

“Cosa contemplavi così intensamente da dover sospirare?” Sorrise bonario.

“Nulla! Stavo solo riflettendo! E no, non sospiravo” Replicò lesto gettando un’occhiata preoccupata a Sherlock.

Holmes parve non essersi accorto di nulla, troppo concentrato sui propri appunti.

Watson ne fu sollevato.

Estremamente sollevato.

“E su cosa riflettevi con quell’espressione beota stampata in faccia?” Seguitò imperterrito addentando una grossa mela scarlatta.

“Mike, falla finita” Sibilò corrugando le sopracciglia.

“Ehi era pura curiosità” Seguitò a sorridere ironico.

“Al trucco per Halloween di Sherlock” Cantilenò incrociando le braccia al petto “ Volevo sapere se anche lui si farà truccare da Molly”

“Io non…Io… Non so nemmeno da che cosa si maschererà” Sussultò Hooper.

Holmes captò l’ultima parte della conversazione avendo udito il proprio nome.

O almeno finse che così fosse anche se Stanford avrebbe giurato che il compagno stesse seguendo il dialogo sin dal principio.

“Da vampiro e no, non ho bisogno di una pseudo truccatrice”

La voce profonda vibrò tra gli amici mentre il legittimo proprietario inarcò un sopracciglio senza nemmeno levare il viso dall’agenda.

“Da vampiro? Sul serio?” Watson posò i gomiti sul tavolo e si sporse con un sorriso curioso verso Holmes.

Sherlock colse quel movimento e tanto bastò per spostare le proprie iridi acquamarina dalle pagine scritte e portarle verso quelle blu dell’amico.

Le catturò senza tuttavia rispondere al suo sorriso.

“Sì John, lo trovi così strano?”

Il biondino parve riflettere pochi istanti, si passò lesto la lingua sulle labbra in un gesto consumato e scosse il capo.

“No, direi che è perfetto”

Holmes sussultò un poco e ringraziò mentalmente i propri ricci corvini che scivolavano scomposti nascondendogli la punta delle orecchie.

Le avvertiva calde e sicuramente avrebbero vantato un colorito scarlatto.

“Bè, bene” Annuì.

“E non vuoi il trucco di Molly”

“No” Replicò scandalizzato “Senza offesa Hooper ma non intendo farmi mettere le mani addosso da te né da nessun altro” Chiuse l’agenda con un gesto deciso.

John inarcò un sopracciglio e si grattò la nuca distogliendo lo sguardo.

“F...Figurati Sherlock” Lei scosse il capo e bevve un lungo sorso d’acqua concentrandosi sulla fitta pioggia che batteva sui vetri.

“Spero tu stessi parlando del trucco vero?” Mike ridacchiò sgomitandolo.

Sherlock arrossì sugli zigomi e questa volta nulla potè salvarlo dal palesare quell’aspetto di sé.

“Fai schifo Stanford, vedi doppi sensi in ogni granello di polvere!” Infilò maldestramente l’agenda nella borsa.

“Oh cazzo Holmes fatti una risata! Era così per dire…”

“Non fa ridere” Sibilò.

“Ragazzi…”John li richiamò ed entrambi si voltarono a fissare il viso dell’amico. “Stiamo parlando di una cazzata vediamo di non litigare ok?”

“Dillo a Mr Non-rido-manco-se-mi-fanno-il-solletico”

“Infatti io non soffro il solletico” Si impettì riserbandogli un sorrisetto gelido.

Stanford levò gli occhi al cielo e dette l’ultimo morso alla propria mela.

“Quindi niente trucco’” Watson cercò di riportare l’attenzione sull’argomento base di quella conversazione.

“No, non mi impiastriccerò la faccia John, sangue finto ed idiozie simili”

“Quanto a pallore abbondi già a dovere” Intervenne Stanford aggiustandosi meglio gli occhiali sulla punta del naso.

Sherlock si volse verso il ragazzo ed inclinò un poco il capo “E’ un’altra battuta? Ah. Ah. Ah.”

Mike sorrise carico di ironia mal celata “No Sherlock, questa era una considerazione oggettiva”

“Ooook Time-out” John si alzò in piedi ed afferrò la propria borsa “Io devo andare in biblioteca a recuperare un paio di manuali, Sherlock vieni con me?”

Holmes levò gli occhi verso il viso dell’amico ed annuì senza aggiungere altro.

“Mike, Molly….” Watson fece l’occhiolino alla ragazza e sollevò la mano in direzione di Stanford prima di scivolare lesto fuori dalla lunga panca in noce.

Sherlock si limitò a dare loro le spalle non prima di aver fatto un cenno col capo ad Hooper.

Mike si tranne dal fare ulteriori commenti, scosse il capo ed intavolò una discussione con la ragazza puramente accademica.

 

Fine Capitolo Uno.

  Ciao a tutti spero che il primo capitolo vi sia piaciuto <3 una abbraccio Chia

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: ChiaFreebatch