Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: La_Sakura    31/10/2018    7 recensioni
Genzo Wakabayashi non è solo il portiere più acclamato e titolato del momento: è anche l’erede dell’impero della Wakabayashi Corp., una delle multinazionali più importanti sul mercato.
Non se n’è mai preoccupato troppo: con suo padre fisso al comando, e i fratelli già ampiamente attivi in varie filiali, non ha mai dovuto prendere le redini, riuscendo così a posticipare costantemente il suo completo inserimento in azienda. Forte della collaborazione della Personal Assistant di suo padre, ha continuato a concentrarsi sulla sua carriera di portiere paratutto del FC Bayern München, riuscendo pienamente a raggiungere gli obiettivi che si era prefissato.
O, per lo meno, così è stato fino ad ora.
---
Serie "Im Sturm des Lebens"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Im Sturm des Lebens'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
ET - Capitolo 1

 

«Genzo non andrà alla partita…»

«Mi prendi in giro…» rispose Ryo Watanabe, fissando Julia con gli occhi spalancati, come se quello che gli aveva appena comunicato fosse addirittura inimmaginabile.

«No, sono seria. È stata una sua scelta: la mattina seguente dovrebbe essere qui per l’ultimo meeting prima di rientrare.»

«Vuoi dirmi che non ha nemmeno provato a protestare? – la ragazza abbassò lo sguardo – Che c’è?»

«Ryo… quando Genzo ha provato a chiedere di spostare il meeting… è stato il momento in cui Herr Wakabayashi è stato male…»

Il nipponico la fissò con gli occhi ancora più spalancati e la bocca aperta: ora il cerchio si chiudeva, e finalmente aveva una spiegazione plausibile sul fatto che Genzo fosse così ligio al dovere.

«Non oso immaginare come possa sentirsi…» commentò infine, risiedendosi e facendo aderire il dorso allo schienale della sedia.

«Tu no, ma io sì. Lo vedo ogni giorno: sono convinta che gli piaccia prendersi cura degli affari della Wakabayashi Corp., anche se non lo ammetterebbe mai. Ma sono altresì convinta che avrebbe preferito occuparsene in maniera diversa, e non perché costretto dal malore di suo padre. E rinunciare alla partita, benché per lui sia come tradire i suoi compagni, è l’unico modo che ha trovato per punirsi…»

«Noi non possiamo permetterlo, dico bene?»

Julia non capì cosa intendesse finché non lo vide alzare la cornetta, sorridente: fece due o tre telefonate e alla fine la guardò sorridendo e annuendo.

«Chiama Genzo: temo che dovremo spostare il meeting al pomeriggio.»

 

«Cosa?»

Genzo fissava incredulo Watanabe.

«Non ammetto discussioni: il meeting si farà alle 17:30, non mi interessa se è troppo tardi. Non vorrai farmi ricredere sulla buona opinione che ho nei tuoi confronti.»

Ryo aveva usato la tattica giusta: se avesse detto a Genzo di aver spostato il meeting per permettergli di giocare la partita, quest’ultimo non avrebbe mai e poi mai accettato. Ma mettendolo come un dato di fatto, e sottolineando che non accettava ricorsi (benché sul suo volto fosse stampato un sorrisetto soddisfatto), il portiere si sarebbe sentito meno in colpa verso l’azienda. E così fu, perché dapprima incredulo, il ragazzo tramutò lo sguardo in un sorriso che partiva dal cuore, riconoscente verso quell’uomo che gli permetteva di correre dai suoi compagni di squadra.

«Questo vuol dire che posso giocare l’incontro!»

«Ah, perché, hai una partita?» Ryo gli fece l’occhiolino e Genzo sorrise ancora di più. Si voltò quindi verso Julia.

«Non so cos’abbiate combinato ma grazie!»

«Io? Io che c’entro? – gli sorrise la ragazza – Ora però è meglio che avvisi i tuoi compagni...»

«Hai ragione!»

Fece per correre via ma arrivato a metà del corridoio si voltò e chiamò l’assistente.

«Julia! – la ragazza si voltò – Vuoi venire con me a Nankatsu?»

Rimase sorpresa dalla richiesta, ci pensò qualche secondo poi acconsentì.

 

«Ma questo povero autista ti porta ovunque?» commentò Julia quando arrivarono davanti a villa Wakabayashi a Nankatsu. Il ragazzo sorrise e annuì.

«In fondo è il suo lavoro.»

«Poveretto, si fa un sacco di chilometri.»

Genzo prese il trolley di Julia dal bagagliaio della macchina e si caricò in spalla il suo borsone, quindi congedò lo chauffeur. La cosa sollevò la ragazza che pensò che l’uomo potesse finalmente riposarsi.

«Hai bisogno di fare una doccia, di cambiarti o robe simili?» le chiese mentre le faceva strada verso villa Wakabayashi.

«Dipende da cos’hai intenzione di fare.»

«Vorrei raggiungere i ragazzi all’Ozora Stadium, ma non vorrei lasciarti qui da sola. Puoi venire con me.»

«Mi porterò dietro il MacBook, così potrò controllare qualche e-mail.»

«Siamo d’accordo allora, vado a prendere l’auto. Ti aspetto fuori tra dieci minuti!»

Julia entrò nella stanza che Genzo aveva fatto preparare dalla domestica per lei: una classica stanza degli ospiti con un letto matrimoniale posto sulla destra, di fronte alla porta che conduceva al bagno. Davanti a lei si apriva una portafinestra che illuminava tutta la stanza e dava sul balcone. Appoggiò il trolley per terra e ammirò la carta da parati color vinaccia adornata da alcune finiture color oro, mentre dal soffitto pendeva un lampadario in vetro molto elaborato, con la montatura dorata. Entrò in bagno e fu immersa in un mondo verde acqua: piccolo, con le pareti rivestite da un mosaico 2x2, una specchiera illuminata su tutti i lati e un box doccia semitrasparente, il cui plexiglass era picchiettato da gocce d’acqua azzurrine.

Aprì il trolley e ne estrasse la custodia del MacBook, poi prese la borsetta e scese in cortile: Genzo la stava aspettando a bordo di una BMW Z3 nera.

«Ci trattiamo bene!» esclamò allacciandosi la cintura. Per tutta risposta il ragazzo aprì la capotte, nonostante la stagione, e indossò gli occhiali da sole.

Imboccarono la strada per raggiungere l’Ozora Stadium, lo stadio che la città aveva ristrutturato per i mondiali del 2002 e che era stato dedicato proprio al capitano della Nazionale: a Julia piaceva la sensazione che si provava ad avere il vento tra i capelli, così chiuse gli occhi e si lasciò cullare, alzando leggermente la testa e godendo di quel sole che tentava timidamente di fare capolino e riscaldare le fredde giornate invernali.

Quando raggiunsero la destinazione, Genzo chiuse la capotte.

«Non è il caso di esagerare, non vorrei che ti ammalassi che poi mi tocca fare tutto da solo!»

«Saresti perso senza di me!»

Raggiunsero l’ingresso del campo da calcio e mentre il portiere correva a salutare i compagni, Julia rimase un attimo in disparte, sedendosi sulla panchina dell’allenatore, momentaneamente vuota.

Osservò con un sorriso la gioia di quei giovani nel rincontrarsi: sapeva che molti di loro giocavano in paesi diversi, e che una delle poche occasioni che avevano per stare insieme era, appunto, la Nazionale. Decise di accendere il portatile per controllare le e-mail che aveva precedentemente scaricato dalla casella di posta di Herr Wakabayashi, così non si accorse delle ragazze che avevano raggiunto il gruppetto e che la stavano osservando con aria incuriosita.

 

«Genzo! »

Tsubasa fu il primo a correre incontro all’amico, seguito poi dal resto dei compagni; Taro fu invece il primo a chiedergli delle condizioni di salute di suo padre.

«Sarà una cosa lunga, ma mio padre ha la pelle dura, e ce la farà.»

«Sì, lo sappiamo tutti che i Wakabayashi sono difficili da abbattere.» commentò Hyuga, con rispetto.

«Adesso sei tu che ti occupi degli affari dell’azienda?» chiese il Capitano.

«Sì, è così. Non sarà facile far conciliare il calcio con il lavoro ma posso avvalermi dell’aiuto dell’assistente personale di mio padre.»

«Chi è? Quella ragazza là?» domandò Morisaki incuriosito. 

«Sì, è lei.»

«Tuo padre ha proprio gusto nello scegliersi le assistenti.» commentò il solito Ishizaki, ricevendo un buffetto in testa da Yukari che aveva appena raggiunto il gruppetto insieme a Sanae, Yayoi e Yoshiko.

«Ma voi non avete di meglio da fare che seguire la Nazionale?» commentò Genzo, prima di avvicinarsi per abbracciare Sanae.

«Sareste persi senza di noi, Wakabayashi.» commentò Anego, ridacchiando. Adorava Genzo, quello attuale: quello ombroso che aveva conosciuto durante l’infanzia era solo un lontano ricordo.

«Non ci presenti la tua amica?» gli chiese Yukari, incuriosita anch’ella dalla figura femminile che, seduta sulla panchina dell’allenatore, muoveva velocemente le dita sulla tastiera. I lunghi capelli castano castano-rossi ondeggiavano, mossi dalla leggera brezza fredda che spirava; l’incarnato pallido risaltava rispetto al cappotto nero che la avvolgeva.

 

Julia alzò lo sguardo quando sentì Genzo chiamarla, e vide che le faceva dei gesti per farla avvicinare. Alzò un sopracciglio e posò con diffidenza il portatile sulla panchina, per poi avviarsi a passo lento verso di lui.

«Julia, vorrei presentarti la mia squadra – le disse in inglese – Ragazzi, questa è Julia Wagner, mia preziosissima collaboratrice alla Wakabayashi Corp. Deutschlands.»

Il gruppetto di nipponici si presentò uno ad uno, e Julia si trovò inondata di nomi assurdi: alla fine decise di fare una scrematura, e gli unici che riusciva a ricordare erano Ryo (come Watanabe) e Taro. Con le ragazze fu più facile, in quanto erano solo quattro.

«Che ne dici di andare a prendere qualcosa da bere mentre i ragazzi fingono di allenarsi?» le propose Sanae.

«Ti ringrazio, ma ho del lavoro da sbrigare…»

«Aah, andiamo! – Genzo si intromise parlandole in tedesco – Puoi leggere le e-mail anche stasera, o domani!»

«E se i sudamericani avessero…»

«Niente da fare! – Genzo la fece voltare e la sospinse verso le ragazze – Vai e divertiti, al lavoro penseremo più tardi.»

Julia sbuffò, ma si ritrovò costretta ad accettare dato che, in fin dei conti, Genzo era il suo capo.

 

«E così lavori per la famiglia Wakabayashi da otto anni?»

Julia annuì e posò la tazza firmata Starbucks sul tavolino.

«Ho iniziato facendo le mansioni più disparate, poi pian piano mi hanno affidato compiti sempre più specifici. Ora mi occupo del controllo e della gestione delle filiali europee, oltre che a gestire personalmente l’agenda di Herr Wakabayashi.»

«E con Genzo come ti trovi?» Sanae pose la domanda che stava a cuore un po’ a tutte, dato che il portiere era rimasto uno dei pochi scapoli del gruppo.

«Diciamo che fino a prima del malore di Herr Wakabayashi non lavoravamo spessissimo insieme, avevamo seguito solo un paio di progetti; Genzo ha sempre messo in chiaro che la sua priorità era il calcio, e suo padre, seppur malvolentieri, l’ha sempre assecondato.»

«Come sta?»

Julia non rispose subito: si ritrovò combattuta, da una parte il suo aplomb da perfetta assistente, dall’altra il fatto di fidarsi di queste ragazze che, in fin dei conti, erano amiche di Genzo da una vita. Optò infine per una via di mezzo.

«Guarirà. Non sarà facile, e non sarà veloce, ma è una persona forte e in gamba. Di sicuro è una batosta che non ci voleva ma… ce la farà.»

«Lui come l’ha presa?»

Il riferimento di Yukari era chiaramente a Genzo; Julia fece spallucce.

«Non posso dirvi nello specifico, io lo conosco in un contesto completamente diverso dal vostro: posso dirvi che si sta assumendo le sue responsabilità lavorative…»

Non le sfuggì un sorrisetto di Sanae, al che alzò un sopracciglio e la osservò con aria scettica.

«Scusa, non volevo offenderti, – si difese subito la moglie del Capitano – è che vedendo come lui si è comportato con te, è strano sentirti dire che noi lo conosciamo meglio. Perché è questo che intendevi, giusto?»

«Se non sbaglio vi conosce da una vita, avete vissuto un sacco di esperienze insieme, direi che sia un po’ diverso da lavorare nella stessa azienda.»

Sanae non rispose, si limitò a sorseggiare il suo tè: forse si sbagliava, eppure Wakabayashi le era sembrato molto diverso rispetto alle volte precedenti. Ma probabilmente c’entrava anche la faccenda di suo padre. Non se lo sapeva spiegare, così decise di non indagare oltre e di attendere di parlarne col marito, quella sera, per verificare cosa ne pensasse lui, dopo aver passato un intero pomeriggio col portiere.


Ed eccoci a Nankatsu, con l'immancabile Ozora Stadium (banale e scontato, ma ci sono così affezionata che non posso staccarmene!). E Julia decide di seguire Genzo nella sua città natale, così conosce i ragazzi della Golden Generation, e soprattutto le manager. Che sono donne. E sono pettegole per natura XD 

Passeremo un paio di giorni, qui, quindi posate le valigie, ci vediamo mercoledì prossimo ;) 

   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: La_Sakura