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Autore: cristal_93    31/10/2018    1 recensioni
[Alcuni di questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di di Cassandra Clare. La storia è ambientata tra il terzo e il quarto libro di The Mortal Instruments. *Spoiler * da Cronache di Magnus Bane e Le Origini. La protagonista e, più avanti, anche altri personaggi, appartengono a me in qualità di Original Characters; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro]
A Brooklyn, dimora di una delle più grandi concentrazioni di Nascosti del mondo, presto farà la sua comparsa una ragazza proveniente dal lontano Oriente. Il suo nome è Yumi, ed è una strega, figlia di un demone e di un umana, ma è diversa da tutti i suoi simili, e nasconde un grande segreto. Ha viaggiato in lungo e in largo per molto tempo prima di raggiungere la Grande Mela, dove vive l'unica persona in grado di aiutarla. Ma la meta, pur essendo così vicina, in realtà è ancora molto lontana. E Yumi si ritroverà a combattere una dura battaglia, sia contro sè stessa, in cui dovrà scegliere se rivelare il proprio segreto o andare contro i propri principi morali e contro il proprio passato.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Catarina Loss, Magnus Bane, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Una lunga e sinuosa coda squamata frantumò la finestra e si abbatté sui tavoli e divani circostanti. I clienti più lontani riuscirono a rifugiarsi presso il bancone, ma Yumi, Catarina e Alec rimasero intrappolati sotto i detriti generati dalla forza devastatrice dell’intrusa. I tre riuscirono a liberarsi da quelle rovine quel tanto che bastava per alzarsi e correre via, ma non riuscirono a fare molta strada che la coda gli frustò le gambe e li fece ricadere a terra, strisciò su di loro e si avviluppò intorno alla vita di Catarina. Yumi si fiondò su di lei, ma la sua mano mancò quella di Catarina per un soffio e la strega venne sollevata e trascinata fuori dalla finestra.

« Senpai! » urlò Yumi lanciandosi al suo inseguimento.

« Yumi, aspetta! » cercò di fermarla Alec, ma Yumi ormai era già fuori.

Alec non ebbe altra scelta che venirle dietro, ma le andò a sbattere contro appena fuori dal locale.

« Che succede, Yumi? ».

Lei non si volse nemmeno: guardava immobile davanti a sé con gli occhi spalancati.

« Jōdan [scherziamo]?... » mormorò incredula.

Alec aggrottò le sopracciglia, ma quando vide la causa di quel disastro assunse la stessa espressione della strega: un gigantesco serpente dalle squame nero-verdastre, lungo almeno dieci metri; al posto del muso, però, aveva un volto da donna dai lunghi capelli neri e dagli occhi gialli a pupilla verticale, con zanne acuminate e una lunga lingua biforcuta ben visibili dalla bocca spalancata. Era completamente bagnato, i lunghi capelli erano appiccicati sul suo volto e gocciolavano per terra formando delle piccole pozze d’acqua su cui però riusciva a muoversi senza scivolare. Alec non aveva mai visto un essere simile, ma Yumi sì: era una Nure-onna, un demone della mitologia giapponese che si diceva vivesse negli stagni.

Yumi guardò alle sue spalle e vide diverse macchine rovesciate e sfondate, un lampione piegato a metà e alcuni bidoni di plastica rovesciati a terra, a formare una specie di percorso che terminava nel locale da cui erano appena usciti. Quel demone era sicuramente arrivato lì da tutt’altra parte a caccia di prede, e un locale pieno di Nascosti doveva essere stata un’occasione troppo ghiotta per farsela sfuggire. Qualcosa però diceva a Yumi che non era stata solo la fame a guidarlo da loro: s’inarcava di continuo e sibilava infastidito, come se avesse un malessere tremendo alla schiena che non riusciva a lenire. La vera domanda però era un’altra: com’era possibile che un demone giapponese si trovasse in pieno territorio americano?!

Gli altri clienti uscirono alla spicciolata a rimasero attoniti quando videro con cosa avevano a che fare, mormorando tra di loro e guardando con apprensione il demone. Alec invece non si perse d’animo, incoccò una freccia, prese la mira e lasciò partire il colpo; il dardo venne deviato da una sferzata della coda del serpente, che sorrise facendo sibilare la lingua biforcuta e aumentò la presa sulla preda tra le sue spire. Catarina gemette.

« Dannazione! » imprecò Yumi.

Il fastidio che il demone sembrava avere giustificava appieno la devastazione seminata al suo passaggio, ma evidentemente non era così intenso da non renderlo incline a giocare con le sue prede e stuzzicarle un po' invece di attaccarle subito. Teneva così stretta Catarina che lei stava diventando viola, anche se non smetteva un istante di dibattersi; più si dibatteva però più le spire le si serravano intorno al corpo, se non la liberavano in fretta per lei sarebbe stata la fine. Yumi si mise in posizione e scese con la mano verso lo stivale destro, ma le sue dita tremarono e non riuscirono a prendere il bastone, che scivolò e cadde per terra. Yumi si chinò a prenderlo, ma di nuovo perse la presa.

« Non pensare a me Yumi, uccidilo! » urlò Catarina, lamentandosi poi di nuovo per la stretta del suo rapitore.

Yumi si morse le labbra a sangue e alzò le braccia, ma dalle sue mani non fuoriuscì niente. Provò e riprovò ancora, ma non accade nulla e non sentì nemmeno la familiare corrente calda che scorreva nelle sue membra quando evocava la propria magia. Si guardò mani: tremavano spasmodicamente, e non riusciva a controllarle. Iniziò ad avere freddo, e com’era naturale per lei si voltò a guardare accanto a sé… dove però non trovò nessuno. Il gelo divenne tremendo, e le mancò l’aria. Il demone si inarcò e scrollò il suo lungo corpo serpentiforme, fece sibilare la lingua e si buttò in direzione di Yumi con la bocca spalancata. Yumi era troppo preoccupata del suo problema per accorgersi del pericolo, ma invece di essere colpita si sentì spostare bruscamente e cadere a terra.

« Che cosa ti prende?! » esclamò qualcuno sopra di lei.

Alzò gli occhi e si accorse che era Alec, che si era buttato su di lei lasciando il rettile a mordere il vuoto. Yumi aprì leggermente la bocca per rispondere al giovane, ma non ne uscì altro che il suo respiro irregolare. Era visibilmente terrorizzata, e Alec non sapeva come aiutarla.

Il demone, che al mancato attacco si era ritirato, ondeggiò il capo su e giù, come a prendersi gioco di loro. Alec guardò il mostro con rabbia, lui sorrise facendo saettare la lingua e si lanciò di nuovo verso di loro. Alec cinse Yumi con un braccio mentre con l’altro cercò di posizionare l’arco, ma un mannaro saltò in avanti e si lanciò contro il serpente col volto e gli artigli sfigurati. Questi evitò l’assalto e attaccò il suo assalitore prendendolo tra i denti, lo sollevò e lo schiantò contro l’insegna del locale, che si spezzò in due e cadde sopra il corpo del malcapitato. Nessuno si mosse per aiutare il compagno ferito, ma un altro licantropo pensò bene di fare la cosa più indicata e inveì contro Yumi:

« Perché non l’hai attaccato? Stai forse aspettando che ti dia il permesso?! ».

Ancora tra le braccia di Alec, Yumi non riuscì nemmeno a muoversi; ci pensò il ragazzo però a reagire al suo posto:

« Quella donna è ancora sua prigioniera, più cercheremo di attaccare il demone più lui le farà del male! ».

L’uomo lo guardò con disprezzo.

« E da quando voi Shadowhunters vi fate venire degli scrupoli quando si tratta di eliminare una minaccia? Non possiamo rischiare solo perché quella strega si è fatta catturare. E poi l’avete sentita, no? Ha detto di farlo fuori, non importa se verrà eliminata anche lei ».

Alec corrugò la fronte e assottigliò lo sguardo. Yumi finalmente si smosse e si alzò spingendo bruscamente Alec senza però guardarlo. Osservò invece le spire del demone serrarsi sempre più salde intorno al corpo di Catarina e avanzò furiosa verso il mostro alzando le braccia; di nuovo, le sue dita rimasero spente. Il panico ammontò in Yumi.

Alec la guardò preoccupato: capiva che fosse spaventata all’idea di far del male alla sua amica, ma aveva sperato di poter contare sul suo aiuto. Come poteva chiederglielo però se era ridotta in quelle condizioni? Si chiese dove fosse finito Ryuu e perché non fosse ad aiutare la sua compagna come la prima volta che li aveva incontrati. Il giovane aveva le mani legate: non voleva abbandonare Yumi, ma era altrettanto certo che non avrebbe ucciso la strega blu a discapito delle loro vite, non si sarebbe ridotto come immaginavano quei Nascosti. Non poteva però restarsene con le mani in mano, e anche se da solo temeva di poter fare ben poco con un avversario di quel calibro, non aveva altra scelta se non provarci e sperare per il meglio. Imbracciò l’arco, pregò Raziel di guidare la sua mano, e scagliò una freccia.
Il rettile si piegò ad anello e la freccia ci passò in mezzo lasciandolo illeso, ma la presa intorno a Catarina, che ormai era arrivata al limite, aumentò ancora. Alec digrignò i denti e si preparò per un altro tentativo, ma d’un tratto delle scintille blu colpirono da dietro il serpente alla nuca. Questo sibilò e si girò inviperito, ma venne di nuovo colpito, stavolta in pieno volto. L’essere urlò e si agitò a tal punto che mollò la presa su Catarina sbalzandola via, ma invece di cadere la donna si fermò a mezz’aria e molto lentamente scese fino a toccare terra.

« Sono consapevole che le signore non si dovrebbero toccare nemmeno con un fiore, ma direi che qualche eccezione sia d’obbligo ».

« Magnus! » esclamò Alec.

Già, proprio così: il Sommo Stregone di Brooklyn in tutto il suo splendore. Pur se con la faccia di chi avrebbe voluto trovarsi ovunque tranne che in quel luogo, i suoi occhi da gatto brillavano e la sua espressione era furiosa ma risoluta. Alec lo trovò bello come non mai, e il suo cuore si gonfiò di felicità.

« Sei in ritardo » lo rimbeccò Catarina massaggiandosi le braccia.

« Ma puntuale per salvarti la vita, mia cara » disse lui avvicinandosi.

« Bel modo di aiutarmi, il lancio della strega non è esattamente uno sport che ambisco a istituire » borbottò Catarina iniziando a curarsi coi suoi poteri.

« Lascia che ti dia una mano » disse Magnus chinandosi, ma lei respinse la sua mano con uno schiaffo.

« Faccio da sola, grazie ».

Lo stregone sospirò e cedette.

Alec li guardò confuso, ma mai quanto Yumi, che guardò Catarina e Magnus non riuscendo a capacitarsi di ciò che vedeva: quello stregone la perseguitava da sempre, ma che di tutta la popolazione del mondo fosse proprio lui l’amico di cui le aveva parlato Catarina… era folle. Cercò di imporsi di essere grata che Catarina fosse salva e insieme a qualcuno che si sarebbe preso buona cura di lei, ma non ci riusciva : a guardare la collega insieme a Magnus, che parlavano con una faccia rassegnata come se fossero talmente abituati a discutere che ormai non ci facevano più neanche caso, sentiva come se la corda che le aveva unite si fosse spezzata e lei fosse precipitata giù da un burrone, condannata ad assistere impotente mentre Catarina afferrava la mano di qualcun altro non curandosi più di lei. Yumi però sapeva che il risentimento che provava non era rivolto a Magnus: era rivolto a sé stessa.

Non era riuscita a impedire che il demone rapisse Catarina, non era riuscita nemmeno a salvarla; non era stata in grado di fare niente per lei, anche se glielo aveva promesso, anche se avrebbe preso il suo posto pur di riuscirci. Sentiva male al petto, e stavolta non riuscì ad accantonarlo come di suo solito. Le parole del Nascosto di poco prima si fecero largo nel suo animo impiantando un altro seme nocivo: finché Yumi faceva il suo dovere andava bene, ma se si azzardava ad avere incertezze era una vergogna. Se era un’arma priva di volontà che volevano, bene, allora questo avrebbe dato loro, non c’era più ragione per esitare adesso che Catarina era salva.
Doveva rimanere concentrata, annullare sé stessa nella lotta; solo così avrebbe finalmente provato sollievo. Se ne era così convinta perché allora stava ancora esitando?

Si mise in posizione d’attacco, ma non sentì niente, né la sua magia né tantomeno l’adrenalina e l’eccitazione prima della battaglia. Si sentiva come se avesse avuto le orecchie piene di un rumore fastidioso fino a quel momento ma ora il silenzio invece di rassicurarla la disorientava. E si sentì perduta. L’affanno divenne incontrollabile, si prese i vestiti tra le mani e si guardò intorno alla ricerca di qualcuno, chiunque, che venisse in suo aiuto, cosa che però non successe. La disperazione divenne soffocante e il cuore le salì alla gola coprendo le sue orecchie con i suoi battiti frenetici. Così non avvertì lo spostamento d’aria che precedette l’arrivo del pericolo né le urla di avvertimento; se ne accorse solo quando la coda squamata della Nure la colpì violentemente sbattendola contro il muro di un palazzo.

Cadde in mezzo a dei bidoni e venne travolta dalla spazzatura, ma il dolore che aveva al petto oscurò qualsiasi altro dolore fisico che il colpo aveva arrecato al suo corpo. Aveva paura, non riusciva più nemmeno a muoversi, non riusciva a pensare ad altro che a quel dolore intollerabile. Supplicò con tutte le sue forze che qualcuno gli ponesse fine una volta per tutte, anche se ormai non si aspettava più di essere ascoltata. Ad un tratto però sentì una voce, una voce che non era quella che aveva sperato di sentire ma che le aveva fatto compagnia per tutto il giorno, anche se aveva continuato a respingerla. Adesso però non aveva più forze per opporsi ed era stanca di farlo: chiuse gli occhi e l’accolse.
 

 
« Yumi! »

Catarina cercò di precipitarsi da lei, ma venne afferrata per le braccia.

« Lasciami andare, Magnus! » urlò dimenandosi.

« E vederti ripetere da capo il copione? Non ci penso proprio ».

Lei però non lo ascoltò e gli pestò il piede con tutta la forza che aveva.

« Ma che diamine! » esclamò Magnus lasciandola andare.

Catarina lo guardò, arrabbiata come assai raramente l’aveva vista in vita sua. Magnus temette che l’avrebbe preso a schiaffi, ma Catarina si girò e incespicando si mise a correre, solo che venne fermata da Alec, che nel frattempo li aveva raggiunti. Magnus per un attimo dimenticò che erano in pericolo, che una serpe neo eletta regina di bellezza con manie di grandezza progettava di far di loro polpette e che Catarina sembrava in preda ad una crisi di nervi: guardò il giovane Shadowhunter e tutto il resto perse importanza. L’unica cosa che avrebbe voluto fare era spingere da parte la sua amica, prendere Alec tra le braccia, stringerlo e baciarlo fino a non avere più fiato, e invece si ritrovava come consueto a dover assolvere ad un barboso dovere prima di potersi dedicare al piacere.

Un giorno all’altro Magnus avrebbe sporto denuncia a chi di dovuto per questa oltraggiosa ingiustizia che gli imponeva di non poter nemmeno vedere il proprio ragazzo senza dover prima essere costretto a mettere in salvo le loro vite se voleva sperare di poter continuare a viverne una insieme. Alec non guardò lui ma Catarina, e Magnus ne rimase deluso; Alec invece rimase colpito da quante energie avesse ancora quella piccola strega, che si dimenava come una furia tra le sue braccia come se fosse stata ancora prigioniera tra le spire del serpente.

« Per favore », cercò di farla ragionare « per favore calmati, lo so che sei preoccupata per Yumi, ma non puoi affrontare quel demone nelle tue condizioni! ».

Catarina lo fulminò ma smise di opporre resistenza. Magnus sospirò sconsolato: quando il dovere chiamava, Catarina rispondeva all’istante, nessun impedimento era mai troppo da esortarla a lasciar perdere l’idea di svolgere il proprio lavoro di infermiera. Lo stregone però era anche impressionato: Catarina, sempre così composta, che riusciva a mantenere la calma anche nelle situazioni più pericolose, ora sembrava in procinto di esplodere. Non era affatto da lei buttarsi così precipitosamente in una situazione, che cose le prendeva? Alec notò lo sguardo di Magnus ma non disse niente. Era felice che Magnus fosse lì, ma era ancora confuso e arrabbiato con lui, per questo per il momento preferiva evitare di accendere ulteriori discussioni. Si chiese, non per la prima volta, come sarebbe stato se entrambi fossero stati qualcosa di diverso da ciò che erano e se avessero avuto molti meno problemi se fossero stati due qualunque ragazzi mondani invece che uno stregone e uno Shadowhunter.
Questo però erano, e che gli piacesse o meno, c’era un lavoro da svolgere che necessitava di tutta la loro concentrazione, e solo loro potevano portarlo a termine.

Guardò il demone squamato e poi verso il punto in cui era stata buttata Yumi, come se non sapesse a quale dei due dare la precedenza o sperasse che, da un momento all’altro, Yumi saltasse fuori, completamente ripresa e sicura di sé, e affrontasse quel pericolo come solo lei sapeva fare. Catarina invece guardava con nervosismo verso una specifica direzione, non c’erano dubbi su quale strada avrebbe voluto intraprendere. Non si era ancora ripresa del tutto però, e anche se gli aveva brontolato, era contenta che Magnus e Alec fossero riusciti a fermarla, avrebbe rischiato seriamente di essere uccisa per davvero, stavolta. Anche se dolorante, il suo corpo fremeva dall’impazienza e dall’ansia; non vedere Yumi ritornare la stava facendo ammattire, doveva assolutamente sapere se stava bene.

Guardò furente il demone: non aveva mai desiderato fare del male a qualcuno  come in quel momento, e se a Yumi era successo qualcosa di grave quella vipera avrebbe rimpianto amaramente di essere nata. Si meravigliò dei propri pensieri e fece una smorfia: ecco cosa succedeva a passare ore in compagnia di quell’energica ragazzina, si finiva a toccare il suo pensiero come se fosse il proprio. Catarina però non voleva perdere anche lei, e se per farlo avrebbe finito per andare fuori dai suoi schemi, allora era disposta a pagarne lo scotto. Magnus guardò sbalordito l’amica: era specializzata in incantesimi di guarigione, e anche non si tirava di certo indietro quando c’era un pericolo, non l’aveva mai vista così combattiva; sembrava quasi che fremesse dalla voglia di eliminare quel demone, anche a mani nude, se fosse stato necessario. Cominciò a temere che ciò che avrebbe voluto evitare si fosse già realizzato e che fosse troppo tardi anche solo per cercare di rimediare. Dopo che le acque si fosse calmate, avrebbe fatto due doverose chiacchiere con Catarina, gli doveva assolutamente delle spiegazioni.

« Temo che si sia arrabbiato » disse facendosi avanti tra Alec e Catarina ma non guardando nessuno in particolare.

« Diciamo piuttosto che la situazione era già precaria prima e ora è solo peggiorata » disse Catarina.

« Cosa vuoi dire? » disse Alec voltandosi verso di lei.

« Non hai visto come si agita? Dev’esserci qualcosa che lo tormenta, forse è ferito ».

« O forse si è solo offeso per la perdita del suo bottino » suggerì Magnus.

« C’è ben poco da scherzare, Magnus » disse Alec per niente in vena di ridere. « Yumi è ancora laggiù da qualche parte, dobbiamo riuscire a uccidere quel demone prima che riesca a trovarla ».

« Forse è così frustrato perché ha incontrato un simpatico Shadowhunter di ronda che gli ha lasciato un bel ricordino ma ha avuto il buongusto di non finire il lavoro » disse sarcastico Magnus.

« Stai insinuando che sia colpa mia?! Io ero dentro il locale, nemmeno ne ho incontrati, di demoni, venendo qui! ».

« Quando avete finito i vostri battibecchi da fidanzatini, vorrei ricordarvi che Yumi è ancora là da qualche parte e ha bisogno di aiuto, che la nostra amica anaconda si sta innervosendo ancora di più, e che se non la fate finita vi butto personalmente tra le sue fauci così riuscirò a liberarmi da almeno una seccatura! » disse alterata Catarina.

Effettivamente il demone si agitava e urlava girandosi da una parte all’altra come se stesse cercando qualcosa o qualcuno e lo stesse chiamando a gran voce frustando l’aria con violenza. Di Yumi invece non c’era traccia da nessuna parte, ma il meglio che potevano fare per aiutarla era neutralizzare la minaccia incombente.

« Non c’è una maniera per immobilizzarlo? » disse Alec preoccupato.

« Ci sarebbe, ma non sarà facile domare un demone così fuori controllo » osservò Catarina.

« Cominciamo allora con l’allontanarlo dalla gattina, dopo penseremo a come sedarlo » disse Magnus, quindi sfregò le mani e produsse parecchie scintille che crepitarono nell’aria come piccoli fuochi d’artificio.

Il rettile si rizzò di colpo, girò la testa, e ondeggiando il corpo a spirale si buttò su una motocicletta parcheggiata lì vicino, la prese tra i denti, e sollevandola come se fosse fatta di polistirolo la lanciò verso i tre. Magnus alzò le mani e fermò il veicolo a mezz’aria, agitò le braccia e lo rispedì al mittente. Questi lo evitò con una mossa fulminea, ma Magnus avanzò, agitò ancora le mani e colpì il demone con scintille blu. La creatura lanciò uno stridio acuto e s’impennò, ma quando ricadde a terra puntò verso lo stregone e strisciò verso di lui a gran velocità. Alec però corse in avanti e colpì il fianco del demone con una freccia; nell’attimo in cui quello si distrasse per il dolore, Alec si mise l’arco a tracolla e si lanciò verso di lui brandendo due lunghi pugnali. Il serpente però si riprese e fece saettare la coda verso il giovane; Alec frenò bruscamente la sua corsa e si buttò di lato, ma l’altro fu più rapido, e con una virata fulminea riuscì a circondare la caviglia del ragazzo e a sollevarlo per aria a testa in giù.

« Alec, no! » urlò Magnus precipitandosi verso di lui.

« Magnus, stai lontano! » urlò Alec, e dandosi una spinta cercò di abbrancare il corpo del demone, ma le sue mani scivolarono sulle squame bagnate e lui ricadde a penzoloni.

Magnus esitò: era stato lui stesso, quella mattina, a ordinare la medesima cosa ad Alec, ma il fatto che stavolta fosse il giovane a chiederglielo lo innervosì non poco. Il viso della donna si deformò quando lei spalancò la bocca, che divenne più grande del corpo stesso del demone, e si avventò verso Alec. Prima però che lui o Magnus potessero fare qualsiasi cosa, nell’aria risuonò un ruggito; nel medesimo istante, qualcosa di grosso e nero sfrecciò ad una velocità incredibile verso di loro e saltò sul dorso del serpente affondando i denti nelle sue squame. Il mostro s’impennò urlando e mollò la presa su Alec, mentre ciò che lo aveva aggredito balzò a terra.

Il Cacciatore riuscì a rotolare sul cemento e a tirarsi subito in piedi, ma rimase nuovamente sbigottito quando vide il suo salvatore: un enorme gatto nero, alto e grosso quanto una pantera, magro ma muscoloso, con il pelo corto e folto e una lunga coda cespugliosa. Le sue intenzioni belliche erano abbastanza evidenti: aveva il pelo rizzato, la coda dritta, le orecchie appiattite sul muso ed era acquattato, gli artigli sfoderati.  Dava le spalle ad Alec senza considerarlo; Alec non riusciva a vedere il suo muso, ma non gli serviva davvero per supporre che stesse mostrando anche le zanne. L’enorme gatto avanzò lentamente camminando in circolo sempre tenendosi acquattato e ondeggiando a scatti la coda.

La Nure sibilò e lo imitò muovendosi sinuosamente verso di lui, ma senza preavviso fece scattare la mandibola e partì alla carica. Il felino spiccò un balzo e atterrò sulla lunga coda del mostro, dove però non rimase a lungo perché il demone girò su sé stesso e cercò di afferrarlo con le sue zanne, mancandolo miseramente e mordendosi erroneamente la coda quando questi saltò via prima che potesse acciuffarlo. La serpe si tirò su furiosa e tra i due cominciò una sorta di mordi e fuggi, una lotta in cui a parlare era l’istinto omicida dei due contendenti, che si avvicinavano, si affrontavano ma senza però riuscire a colpire davvero il bersaglio.

Il giovane Cacciatore si allontanò velocemente fermandosi solo quando fu a distanza di sicurezza e guardando inquieto lo scontro in corso: ora i demoni da affrontare erano due, ma anche chiamando i rinforzi non sarebbero giunti in tempo. Di Yumi continuavano a non avere notizie, e Alec stava iniziando a temere il peggio; cosa ancora più preoccupante, con quel giocare al gatto col topo i due demoni si stavano avvicinando pericolosamente al punto in cui era caduta la strega. Da che erano stati attaccati nel locale la situazione non era migliorata di una virgola; c’era solo da sperare che non fossero in arrivo altri partecipanti indesiderati, quelli presenti erano già sufficientemente problematici.

« Alec! ».

Alec si voltò e si ritrovò tra le braccia di Magnus, che lo strinse in un abbraccio.

« Magnus calmati, sto bene ».

Lo stregone non lo ascoltò, gli prese il viso tra le mani e lo baciò con irruenza. Alec cercò di liberarsi, ma cedette presto e strinse le braccia di Magnus mentre piegava la testa per rispondere a quel bacio. Il grosso peso che aveva avuto per tutto il giorno nel petto si sciolse e gli sembrò di rinascere. Fu un bacio intenso ma breve, e si separarono dopo pochi secondi.

« E questo per cos’era? » mormorò Alec.

« Perché è tutto il giorno che volevo farlo, perché sono felice che tu stia bene… e perché volevo trattenermi dal strozzarti, come ti è saltato in mente di chiedermi di non preoccuparmi se fossi rimasto ucciso?! ».

« Non c’era scelta, Magnus, se fossi intervenuto avresti rischiato anche tu… ».

« E credi forse che me ne importi? Che potrei lasciarti in pericolo come se niente fosse? Vuol dire che non mi conosci proprio, allora ».

C’era solo dolore negli occhi di Magnus, e Alec non sopportava di vederlo così. Gli mise una mano sul volto e Magnus la tenne premuta contro la sua guancia, guardando il ragazzo con gli occhi lucidi e protendendo il volto con l’intenzione di baciarlo di nuovo. Il giovane però obbligò se stesso a separarsi dallo stregone, anche se gli costò molto. Magnus rimase con la mano alzata come se ancora stesse tenendo quella di Alec, poi sospirò e si ricompose, guardando verso i due demoni.

« Se uscirà vivo dal duello con quella serpe, regalerò una fornitura di pesce gratis per un anno a quella palla di pelo sovrappeso; c’è stata una svendita di demoni imbottiti di fertilizzante, ultimamente? ».

« Non sarei così entusiasta al pensiero che quel gatto possa prevalere ».

Alec aveva ragione, purtroppo: il nuovo arrivato sembrava essere ancora più feroce e pericoloso del primo. Era meglio evitare però di chiedersi da dove fosse spuntato e pensare piuttosto a come farlo sparire prima che potesse scoprire la loro, di gatta.

« Vieni con me » disse Magnus. « Approfittiamone fintanto che sono distratti e speriamo che quella delle nove vite dei gatti sia solo una leggenda metropolitana ».

Alec annuì e seguì Magnus.


 
I due demoni sembravano totalmente dimentichi di tutto fuorché l’uno dell’altro, anche se nessuno dei due stava riuscendo a prevalere sulla difesa dell’avversario: il rettile attaccava, il gatto balzava fuori dalla sua portata e poi lo attaccava a sua volta mancando però il bersaglio. Sembrava più come se si stessero studiando a vicenda piuttosto che combattere, ma dopo una sequenza interminabile di attacchi e finte, all’improvviso il demone felide si ritrovò con le spalle contro il muro di un palazzo. Il suo contendente pensò di averlo in pugno e attaccò, ma l’enorme felino balzò in alto e saltò sulla testa del serpente spingendo con le zampe posteriori, mandandolo a scontrarsi contro la parete.

Il rettile ritirò il muso schiacciato e sanguinante e urlando si lanciò verso il rivale. Il gatto gli balzò addosso cercando di azzannargli gli occhi, ma stavolta il suo avversario non si fece sorprendere e con una mossa fulminea riuscì finalmente ad afferrarlo tra le mascelle. Il felino nero soffiò e si agitò, ma il demone non mollò la presa; prima però che riuscisse a vincere sulla resistenza della sua preda, una freccia gli colpì il collo.

Il serpente sbraitò e mollò il gatto, che cadde a terra come un peso morto. L’altro agitò la testa e fece scattare la mascella, ma venne di colpito da diverse fiammelle blu. Magnus avanzò verso il viscido demone costringendolo ad arretrare con la magia, e insieme ad Alec riuscirono ad allontanarlo dal gatto. L’animale si tirò su a fatica mentre le ferite causatogli dallo scontro iniziarono a sanarsi da sole innalzandosi in spirali di fumo dal suo corpo, ma era ancora troppo debole per reggersi in piedi. Ciononostante si acquattò ringhiando in direzione del suo nemico, ma prima di poter lanciarsi al suo inseguimento venne schiacciato a terra da una forza invisibile.

« Tu non vai proprio da nessuna parte, demone! » disse Catarina, avanzando con le mani illuminate e protese verso di lui.

Il demone ruotò il muso verso la strega e lanciò un ringhio potente che l’assordò e le fece perdere la concentrazione. Il gatto si liberò bruscamente dal suo incantesimo e le saltò addosso. Catarina fece appena in tempo ad alzare un braccio per proteggersi che il bestio le fu addosso e glielo morse. La strega cadde in ginocchio e lottò con l’altro braccio per liberarsi, ma cercando di spingere via il muso del gatto incrociò il suo sguardo… e rimase di sasso.

« Yumi?! ».

Era proprio lei, o meglio, erano proprio i suoi occhi blu quelli che la guardavano, furiosi come Catarina si era ormai abituata a vederli, anche se molto più feroci. Lei non reagì quando Catarina la chiamò, ma alla donna non servì per non avere più dubbi. Concentrandosi con tutte le sue forze mormorò alcune parole e colpì con la mano aperta il petto del gatto; questi mollò la presa e si accasciò al suolo respirando affannosamente.

« Ti ho paralizzato temporaneamente, ti riprenderai presto » borbottò Catarina.

Di nuovo, non ebbe sentore di essere stata capita. Catarina si curò il braccio ferito e si trascinò in avanti guardando attentamente l’animale: non si sarebbe aspettata una trasformazione simile, e ringraziò sinceramente che Yumi fosse riuscita a controllarsi per tutto il giorno, sarebbe stato un bello spettacolo la comparsa di un felino di quelle dimensioni nella hall dell’ospedale. Controllò che stesse bene, ma le ferite sembravano essere completamente guarite. Vide però che i suoi occhi erano vacui, e le pupille erano dilatate. Catarina aveva avuto a che fare con molti mutaforma, conosceva quello sguardo: erano gli occhi di chi si era trasformato contro la propria volontà e non aveva alcuna percezione delle proprie azioni. L’altra la guardò rabbiosa.

« Falla finita, te l’avevo detto che non mi sarei fatta problemi a metterti a cuccia, no? » la provocò Catarina. « Certo che potevi aspettare un momento migliore per dare di matto ».

Cercava di mantenere la calma, ma stava iniziando a incupirsi: Yumi era fuori controllo, e lei non aveva abbastanza energie per tentare anche un incantesimo calmante, quindi doveva trovare un’altra soluzione. Una possibile ovviamente sarebbe stata capire cosa potesse aver scatenato una rabbia così spropositata, era certa che quella serpe malriuscita avesse solo dato il definitivo colpo di coda, ma cosa poteva essere successo? Yumi ringhiò e Catarina decise di far fronte alle cause più tardi: adesso doveva pensare a Yumi, e farlo in fretta, anche. Leggeri tremolii percorrevano il suo corpo felino, segno che l’incantesimo si stava già affievolendo, se Catarina non si sbrigava sarebbe diventata la sua cena ( e qualcosa le diceva che stavolta Yumi non avrebbe mantenuto i suoi principi vegetariani).

« Cos’è che ti blocca, Yumi? » provò a dire, ma non registrò nessun cambiamento in lei salvò un ulteriore seppur lieve cedimento dell’incantesimo.

Catarina si guardò intorno pensando velocemente: Magnus e Alec non stavano avendo molto successo, il loro avversario non era così indebolito come avevano sperato; non potevano trattenerlo a lungo, e più tempo passava, maggiori diventavano anche le possibilità che Yumi si liberasse e tornasse a costituire un pericolo per loro ma anche per sé stessa.

« Ti stai comportando in modo ridicolo, Yumi! » esclamò irritata Catarina tornando a guardare il felide. « L’attacco di quel demone ci ha colti tutti di sorpresa, ma non mi pare una buona ragione per rintanarti nel tuo angolino a leccarti le ferite, è bastato un singolo attacco per renderti una fifona?! ».

Un lampo di comprensione passò negli occhi di Yumi, e lei mugolò debolmente. Catarina impallidì: aveva detto quelle cose solo per provocarla e farla reagire, ma adesso che ci pensava, Yumi aveva iniziato a esitare non quando il serpente li aveva attaccati, bensì quando… quando lei era stata catturata e le aveva chiesto di non risparmiarla; costringendola a scegliere, doveva averla messa con le spalle al muro. Non era stato solo l’ostilità verso il serpente ad aver permesso la trasformazione di Yumi, allora. In preda alla disperazione, all’ansia o semplicemente all’esasperazione, Catarina alzò una mano… e colpì la guancia di Yumi con uno schiaffo sordo.
Lei si immobilizzò, ma Catarina le prese di prepotenza il muso con entrambe le mani senza alcuna paura che potesse morderla ed inspirò ed espirò un paio di volte prima di riuscire a recuperare la calma e parlare:

« Yumi, ti ricordi questa mattina, quando ci siamo incontrate? Hai salvato quella ragazza senza tener conto di nessuno, anche se non eri in regola hai fatto quello che ritenevi giusto, non ti sei lasciata sopraffare nemmeno dalle accuse del direttore. Adesso è lo stesso, non devi lasciarti condizionare da niente e nessuno».

Un altro lampo di comprensione attraversò gli occhi del gatto, e Catarina capì di essere sulla strada giusta. Sospirò di sollievo ma non mollò la presa.

« Sono davvero stanca si ripetermi con te, ragazzina. Credi forse di sembrare forte, così? Non lo sei affatto, ti stai solo nascondendo da te stessa! Lo so che è più facile farsi sopraffare dalla rabbia, ma credi che io non ne provi? Ne provo eccome, troppa, anche adesso ne sono piena, come te. Non è questo però il modo giusto per gestirla, e non ti mancano le capacità per imparare a farlo. Yumi, tu sei più in gamba di così, non costringermi a riconsiderare la stima che ho di te ».

Iniziò a tremare, ma non lasciò il muso di Yumi e la guardò negli occhi molto severamente.

« Sono il tuo supervisore, Shin, e non tollero questo atteggiamento da parte tua. Abbiamo fatto un accordo, ma anche tu devi fare la tua parte; a costo di arrivare a usare le maniere forti, non mi arrenderò finché non sarò riuscita a fartelo entrare in testa. E questo è il mio ultimo avvertimento ».

La ragazza sembrava essersi completamente immobilizzata, e guardava Catarina come in trance. In quel momento si sentì un rumore sordo e Catarina si voltò: il serpente aveva avvolto una macchina tra le sue lunghe spire, l’aveva sollevata e lanciata contro Magnus e Alec. Lo stregone protesse entrambi con una barriera contro cui il veicolo si infranse, ma il mostro non si curò più di loro e si lanciò verso le due streghe sibilando tra i denti. Catarina allungò le braccia in avanti, ma sapeva che non sarebbe riuscita a fermare in tempo l’attacco del demone.

La sua distrazione portò alla definitiva cessazione dell’incantesimo che imprigionava Yumi, lei si alzò ringhiando a zanne scoperte e corse verso il nemico. Catarina non riuscì a fermarla ma rifiutò di starsene di nuovo a guardare e cercò di alzarsi per venire dietro a Yumi. Non fece in tempo a muovere un passo però che il serpente si gettò su di loro a bocca spalancata. Yumi soffiò, inarcò la schiena e si buttò in avanti riuscendo a bloccarlo prendendogli le zanne con le zampe anteriori. L’altro spinse con tutte le sue forze agitando l’enorme corpo e piegando Yumi verso il basso, mettendola subito in estrema difficoltà. Proprio quando sembrava che il nemico stesse per avere la meglio, Yumi serrò la presa sulle sue zanne, gli assestò un calcio al viso e balzò all’indietro; invece che a quattro zampe, però, atterrò sui cuscinetti delle zampe posteriori, la sua schiena si drizzò e lei si erse in posizione eretta incurvando le spalle all' indietro con uno colpo secco. Divaricò le gambe e portò entrambe le braccia al suo fianco: tra le sue zampe si formò una sfera di fuoco che lanciò contro il demone, che fu colpito in pieno e arretrò strillando.

« L’ho detto e lo ripeto, » disse poi Yumi « sei davvero insopportabile » e si volse verso di Catarina guardandola da sopra la spalla.

« E tu sei proprio una mocciosa, non trovi di essere un po' cresciuta per fare ancora i capricci? » replicò lei con un sorriso di scherno .

Yumi sorrise mettendo in bella mostra i suoi denti affilati, ancora più bianchi in contrasto col nero del suo pelo. Anche Catarina sorrise: Yumi era di nuovo in sé. E ora che finalmente era tornata, anche lei non aveva più paura e si sentiva pronta a qualsiasi sfida.

 
*Angolo autrice
 
Happy Halloween, ladies and gentleman :-) . Aspettavo da molto tempo di realizzare questo momento, se questo capitolo vi ha suscitato domande sentitevi pure liberi di pormele, ma vi consiglierei di conservarle dopo aver letto il prossimo, che spero di riuscire a pubblicare a breve, perché penso che buona parte delle risposte le troverete lì :-) . Li avevo scritti in un solo capitolo, ma è venuto davvero troppo da poter essere contenuto in uno solo. E dopo questi due, non so quando tornerò a pubblicare: è un periodo molto impegnativo, non so quanto tempo potrò dedicare alla scrittura. Piccola precisazione: Yumi non è diventata propriamente un gatto antropomorfo, è sempre un gatto in tutto ( e dico, tutto XD) e per tutto ma eretta sulle zampe posteriori ( ma questo è un discorso che verrà approfondito nel prossimo capitolo :-) ).
   
 
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