Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: fotone    02/11/2018    1 recensioni
Questi gli insicuri e potenti pensieri che assillano la nostra protagonista. Lei che ha bisogno di amici che parlino di Lucrezio e non di Werther, lei che pensa troppo all'opinione degli altri, lei che complica le cose, inutilmente. Lei ha un'amica, Aurora, che è importante in questa sua fase delicata, che le rimane vicino ora che il suo vecchio mondo è stato distrutto da un incidente. Questa ragazza si sente abbandonata da un mondo troppo cattivo; ha bisogno semplicemente della sicurezza di un abbraccio, della sicurezza di un maglione caldo, che la portino lontano dall'orrore di un trauma cranico.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Le "urla bagnate" sono per me quelle urla che hanno un sapore di lacrime, quel genere di urla che vorrei fare in questo momento. Perché lo vorrei? Non lo so, ma so di essere fiera di volerlo. Perché questo desiderio mi rende me, mi rende fantastica, mi rende ammirata dagli altri. Lo so, pensare all’opinione degli altri può sembrare irrazionale o poco ammirevole, ma potrei parlare per ore di quanto è razionale e ammirevole. Di quanto l’apatia è una stupida pretesa. Perché chiunque ha delle emozioni, e chi è intelligente le sa affrontare. Io ammetto, personalmente, di essere stata stupida. Di esserlo stata. Ho avuto un trauma cranico contusivo, che, per definizione, causa danni ai processi cognitivi, che non sono però permanenti. Quanto ho amato sentire le parole “per definizione”: sapere che la teoria mi difende è tutto ciò che mi serve. In teoria, chi pensa che sia ancora stupida è veramente l’unica persona stupida. Lo so, ma è difficile accettarlo. È difficile prenderne coscienza e rendersene conto. Arrivo in quinta, nella mia vecchia classe, dalla quale mi hanno bocciata l’anno scorso. Mi hanno bocciata solo perché ho perso troppi mesi di scuola, perché ero in ospedale. Oltre alla voglia di urlare, mi viene voglia di ridere. Una risata nervosa, isterica. Mi chiedo perché. So che, se analizzassi il perché, complicherei le cose, come al solito. Scenderei troppo in profondità, vedendo tracce geologiche dell’adeano. Entro in quinta e osservo soddisfatta che non ci sono le persone che volevo comunque evitare. Persone che non mi hanno fatto niente, ma che ho spinto al limite troppe volte e mi odiano. Non voglio sentire il loro disprezzo. Credo che due o tre persone, forse quattro, in questa classe, non capiscano la situazione, non l’abbiano mai capita. Non lo so, forse la capiscono e non la capisco io. Sono punti di vista. Ma qual è la situazione? Sono stata investita, un po’ più di un anno fa. Sono stata in coma per circa un mese e non ho potuto camminare per quattro. Vedo Aurora, so di doverle parlare di alcune cose, e mi avvicino a lei, mentre penso al fatto che probabilmente la mia risata sarebbe una risata di rabbia. Le idee migliori mi vengono in mente quando non ci penso. Una risata di rabbia per l’orrore che mi è successo, per i mesi in ospedale, in sedia a rotelle, quando il mio cervello non funzionava. Una risata di rabbia per ciò che non è colpa di nessuno. Una risata di rabbia per chi ancora mi tratta male e per l’incertezza se il trattamento che ricevo sia vero o solo visto da me. Mi siedo e faccio, ad Aurora, il discorso che mi ero preparata. È arrivato tempo di parlare con lei delle persone che non capiscono il fatto che io ora – lo giuro – sto bene, sto bene davvero! Riconosco, umilmente e razionalmente, le difficoltà che ho avuto, ma ora sono diminuite. Non so se tornerò mai come prima. Non lo so e non saperlo mi spaventa. Il ragazzo di Aurora – persona che ormai mi mette un po’ in ansia – sembra dare per scontato che io non tornerò come prima, che la me che conosceva non tornerà mai. Non devo preoccuparmene. Devo smettere di preoccuparmi di ciò che pensano gli altri. Me lo ha detto la psicologa, me lo hanno detto altre amiche e me lo dice ora Aurora. Lo riconosco, è vero. A volte, gli altri dicono il vero, ma non sempre. Le parole non sempre creano la verità; a volte lo fanno, ma non sempre. Io vorrei solo… non lo so… vorrei solo urlare, vorrei solo che un urlo bagnato lasci le mie corde vocali, mentre queste si agitano tremanti. Mente la mia bocca rimane aperta come il traforo del Monte Bianco. È inutile, rimango piena di ansia. Devo mandarla via. Devo pensare ai consigli che io stessa ho dato ad Anna: qualunque cosa non vada, passerà. Fra dieci anni, non ci penserai più. Probabilmente, questa cosa non ti mette davvero in pericolo. È vero: penso se essere trattata da stupida mette in pericolo la mia sopravvivenza o minaccia di arrecarmi dolore fisico. Va tutto bene, sono al sicuro, nel dolce caldo del rassicurante abbraccio di questo confortevole maglione. Sto bene, e le persone che mi disprezzano e si divertono a fingere che io sia più stupida ti loro sono fuori dal mio maglione. Sono fuori dal mio confortevole. Sono fuori dal mio rifugio sicuro. Ringrazio Aurora per le sue rassicurazioni e la abbraccio, creando un altro rifugio sicuro che tenga lontano quelle persone. Devo smettere di far sì che la superficialità degli altri sia affare mio. So che questa scuola è piena di persone profonde come me, scioccamente analitiche. So, per esperienza, che esistono persone che posso lasciar entrare nei miei abbracci, nei miei maglioni caldi, nei miei rifugi, nelle mie urla bagnate. Io ho ancora paura, ho paura delle conseguenze del mio trauma cranico. Il mio incidente è stato ingiusto, lo dicono tutti, ma solo io lo vivo da protagonista. E credo che la cosa più ingiusta sia questo. Alla fine, torno sempre alla stessa paura di sempre, alla stessa rabbia di sempre, come un pendolo.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: fotone