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Autore: satakyoya    04/11/2018    1 recensioni
Una ragazza che vive a Tokyo e nei giorni nostri, trascorre le giornate tranquille insieme alla sua famiglia e ai suoi nonni.
Ma suo nonno, prima della sua morte, gli raccontava una storia ambientata in un periodo storico giapponese non ben definito. Tutto quello che conosciamo adesso però in quel periodo non esistevano, le città erano villaggi e le case di legno che componevano i villaggi erano governate da qualcuno al di sopra degli abitanti.
La protagonista è una povera cameriera del castello della città di Wake, in Giappone, ma quella povera cameriera vivrà un'esperienza che nemmeno si aspettava e proverà emozioni che non ha mai provato prima.
Se siete curiosi leggete la storia e lasciatemi una recensione. Spero che vi piaccia!
[In questa storia sono presenti alcuni personaggi della Mitologia Giapponese]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Quella notte cercai in tutti i modi di dormire ma per metà della notte non ci riuscii. Alcune volte andai nel lavandino a lavarmi la faccia, altre volte andai a vedere le condizioni di mio padre che sembrava essere un pochino migliorato, altre volte ancora rimasi coricata sul letto a pensare. Ma la mia mente non si era allontanata da due immagini: una era mio padre appeso alla croce  e l’altra era il bacio di ieri sera.
L’ultima volta che mi svegliai mi trovavo con il corpo appoggiato al lato destro e sentii che un braccio era appoggiato sopra il mio bacino. Il braccio era quello di Aki che il giorno prima si era coricato e dormiva per terra mentre in quel momento era esattamente dietro di me e il suo corpo era appoggiato al mio. Cercai lentamente di alzarmi dal  letto facendomi sentire il meno possibile e  quando mi alzai mi spostai in cucina dove mi preparai una scodella di zuppa. La stessa zuppa che mi era rimasta due giorni fa e in cui avevo soltanto aggiunto delle verdure.
Mi misi a fianco a mio padre con la scodella in mano, la appoggiai a terra e in certi momenti la bevvi mentre mi prendevo cura di mio padre. Lo feci per un bel po’ di tempo, non saprei definire quanto, ma forse era per tutto il tempo che ho impiegato a bere la zuppa, se non di più.
“Ecco dov’eri. Buongiorno.” Disse Aki.
Io non guardai nemmeno dove si trovava, ma dalla voce capii che era alla porta. Io avevo gli occhi fissati su mio padre e le mani che tenevano la scodella.
“Buongiorno.” Dissi io.
“Come sta tuo padre?” chiese lui avvicinandosi a me.
“Fortunatamente meglio di ieri. Mio padre è una persona forte, in poco tempo tornerà in forze.” Dissi io.
Ci fu un minuto di silenzio tra noi due. Mi alzai in piedi e mii spostai in cucina dove lavai la scodella che avevo in mano. Aki mi seguì in cucina e si sedette sulla sedia a fianco alla finestra.
“Sei pronta a partire? Io non vedo l’ora!” disse lui.
“Oh, giusto. In realtà non mi sento molto pronta, però credo che mi faccia bene fare questo viaggio. Potrei scoprire delle cose che non avrei mai immaginato.” Dissi io.
“Benissimo! È proprio questo che volevo sentire! Allora partiamo?” disse lui.
“Va bene.” dissi io.
“Sìììììì! Finalmente si parte!” Disse lui contento ed eccitato.
Entrambi ci mettemmo un mantello addosso, uscimmo di casa e ci dirigemmo verso la piazza principale. Mi guardai intorno e vidi che non c’era nessuno alle finestre delle case che avevo intorno.
“Allora Aki, ce l’hai una mappa?” chiesi io.
“Una che?” chiese lui.
“Una mappa, una cartina. Insomma qualcosa che indichi il posto e i villaggi qui intorno.” dissi io.
“Ah quella! Si, ce l’ho. Eccolo.” Disse lui tirando fuori da una tasca un rotolo di carta arrotolata. La aprì e la guardammo insieme.
“Dove siamo?” dissi io.
“Noi siamo qui.” disse lui indicando un punto al centro della mappa.
“E in che direzione dobbiamo andare?” dissi io.
“Dobbiamo andare verso Nord, poi a un certo punto dovremo cambiare. Ma per ora dobbiamo uscire dal villaggio.” Disse lui. Poi chiuse la mappa e continuammo a camminare.
Mentre parlammo avevamo già attraversato tutta la piazza principale e dopo qualche minuto eravamo arrivati alla fine di una strada.
Ai miei fianchi c’erano delle case con alcune finestre chiuse e altre finestre aperte con la gente che ci fissava, dietro di me la strada che portava sulla piazza e davanti a me c’erano diversi alberi. Io mi fermai di scatto e iniziai a chiedere ad Aki.
“Bene, siamo fuori dal mio villaggio. E adesso che facciamo?” chiesi io.
“Dobbiamo andare sempre a nord e dovremmo affiancare un fiume. Disse lui.
“Un fiume? Cos’è il nord? Dove si trova?” chiesi io.
“Non sai dov’è il nord?” mi chiese lui.
In quel momento lui iniziò a muoversi in avanti e io decisi di seguirlo curiosa di quello che stava dicendo.
“No. dov’è?”
“È sempre davanti a te.”
“A me? Che significa, non capisco.” Dissi io. Lui camminò sempre dritto ma improvvisamente iniziò a spostarsi verso sinistra. La cosa mi sembrava un po’ strana e volevo saperne di più.
“Non ne ho idea. Mio padre mi ha insegnato che di giorno devo seguire il sole e di notte devo seguire una stella precisa. Questo è quello che mi ha insegnato mio padre quando ero piccolo sul nord.”
“Uao, è davvero interessante. Ma ho un’altra domanda adesso: come mai ci stiamo spostando a sinistra? È per caso successo qualcosa?” chiesi io.
“No. dobbiamo camminare a fianco al fiume, te l’ho detto prima.”
“OH, giusto.” Dissi io.
 Ci fu qualche minuto di silenzio. Nessuno di noi due parlò e camminammo per tutto il tempo. A un certo punto notai lontano qualche centinaio di metri una enorme quantità di acqua. Non riuscivo a capire come mai ci fosse tutta quell’acqua, ma più mi avvicinavo più notavo che l’acqua era sempre di più e andava in una direzione.
“Ehi Aki, che cos’è quello?” chiesi io.
“Quello è il fiume che ti dicevo! Hey, facciamo una gara. Vediamo chi arriva per primo al fiume!” disse lui. Dopo averlo detto si mise a correre verso il fiume.
“Aki aspetta! Aki! Cavoli, ma che gli è preso?” dissi io.
Poco dopo che lui iniziò a correre lo feci anche io ma lo persi di vista molto velocemente. Lui aveva le gambe molto magre e forse per questo corse molto velocemente. Ma così velocemente che per quanto cercavo di andare veloce non riuscivo mai a raggiungerlo. Mentre correvo continuavo a spostarmi a destra e a sinistra evitando gli alberi che incontravo.
Però una ventina metri dopo aver iniziato a correre io rallentai la corsa perché non ce la facevo più a mantenere il ritmo. Non ero abituata a fare una cosa così e non avevo la sua resistenza. Rallentai fino ad arrivare a camminare e quando mi fermai avevo davanti a me il fiume che aveva detto Aki.
“uff… uff… Cavoli Aki… ma che ti è preso? sei stato così veloce… che non riuscivo a starti dietro. Ehi, ma dove sei?” dissi io guardandomi intorno. Subito non vidi nessuno a parte il fiume e tantissimi alberi che mi circondavano, ma poi udii una voce dalla mia destra.
“Sono qui!” disse Aki scuotendo le mani. Lui era lontano da me soltanto qualche metro.
“Ah, eccoti. Stai fermo lì che ti raggiungo” dissi io. Camminai velocemente e in un paio di metri arrivai da lui.
“è stata una bellissima corsa. Domani lo rifaremo, vero?”
“Ma scherzi? Già faccio fatica a starti dietro e poi non sono abituata a queste cose.”
“oh…” disse lui con espressione triste e riprese a camminare a lato del fiume. io lo seguii e notai davanti a me una cosa strana.
“Guarda Aki, là in fondo c’era qualcosa.” Dissi io.
“Dove?” mi chiese lui.
“Proprio là.” Dissi io indicando davanti a me con una mano.
Indicai un punto poco lontano da noi in cui la riva del fiume in cui ci trovavamo era diversa dal solito. Più ci avvicinammo e più notai che il terreno in quel punto andava verso il basso fino a che, quando eravamo lì, notai che l’acqua del fiume in quel punto formava delle piccole onde. io inizia a correre fino a quando l’acqua non mi toccò i piedi e mi sentii così felice che sorrisi diverse volte mentre avevo i piedi nell’acqua.
“Vieni Aki! Guarda, l’acqua è freschissima e molto pulita!” dissi io.
“Eccomi, arrivo!” disse lui. Si allontanò per qualche istante e quando ritornò aveva un bastoncino di legno in entrambe le mani. I bastoncini erano piuttosto sottili ma sembravano resistenti ed erano lunghi una ventina di centimetri.
“Che cosa vuoi fare con quelli? E da dove li hai tirati fuori?” chiesi io.
“Li ho presi da terra vicino ad un albero e voglio usarli per poter prendere da mangiare. Non so te ma io ho un po’ fame. Tieni, questo è per te.” Disse lui allungandomi un bastone che aveva in una delle due mani.
“Cosa devo fare con questo?” chiesi io.
“Prendere i pesci ovviamente.”
“E come si usa?”
“mio padre mi ha insegnato come si fa e adesso te lo faccio vedere. Ai tuoi piedi se guardi ci sono dei pesci e quando i pesci si avvicinano ai tuoi piedi e non appena ti senti pronta infilzi quanti pesci vuoi. Così, vedi?” disse lui facendo vedere le cose nello stesso momento in cui lo diceva.
Io ci provai a farlo ma subito non ci riuscii. Allora riprovai e dopo aver aspettato qualche secondo fui in grado di prendere ben due pesci in una sola volta. Io ero contentissima di avercela fatta ma quando guardai Aki notai che lui stava ridendo.
La sua risata mi piaceva ma allo stesso tempo mi spaventava un po’ perché mi faceva ricordare i volti di alcune persone che abitavano nel mio villaggio e che in certi momenti ridevano di me quando mi vedevano camminare vicino a loro. cercai di pensarci il meno possibile anche se era difficile. Lui notò che c’era qualcosa in me che non andava e si avvicinò subito a me.
“Ehi, va tutto bene?” mi chiese lui mettendomi una mano su una spalla.
“Eh? oh sì, tutto a posto.”
“Ne sei sicura?”
“Sì, certo. Piuttosto guarda, ho preso due pesci!” dissi io sorridendo.
“brava, ma io ne ho presi quattro.” Disse lui facendo un’espressione da ebete e sorridendo nello stesso tempo.
A me non piaceva ciò che aveva detto e fingendo di essermela presa lo spinsi all’indietro e lui cadde nell’acqua. Subito dopo scoppiai a ridere perché era tutto bagnato ma ci fermammo dal mio stomaco che faceva rumore.
“Tu resta qui e tieni questo. Arrivo subito.” Disse lui dandomi il
Aki se ne andò per un paio di minuti e quando tornò aveva le mani con una decina di pezzi di legno di lunghezze diverse ma tutti sottili. Si avvicinò a me, gettò a terra il legno che aveva nelle mani e iniziò a lavorare con quelli.
“Che stai facendo?”
“creando il fuoco così possiamo cuocere i pesci che abbiamo preso.”
“Ti posso aiutare?”
“no grazie. Abbi un po’ di pazienza e poi potremo cuocere quei pesci. Ce l’ho fatta!” disse lui sorridendo.
“grandioso! Non vedo l’ora di mangiare, c’ho una fame.” Dissi io.
“Aspetta! Dobbiamo prima cuocere i pesci.” Disse lui mettendo una mano davanti a sé.
“Oh, giusto…” dissi io.
Misi i due bastoncini con i pesci in obliquo e aspettammo solo un paio di minuti. Giusto il tempo che la pelle dei pesci diventasse più scura e più  guardavo i pesci più la mia fame aumentava.
“Bene, i pesci sono pronti. Buon appetito.” Disse Aki prendendo in mano un bastoncino.
“Buon appetito anche te.” Dissi io.
Prima di mordere uno dei pesci, lo guardai per capire come lo dovevo mangiare. Io ero abituata che nel castello tagliavo in due e lo pulivo dentro, lui invece lo stava mangiando così com’è. A quel punto decisi di mangiare nello stesso modo che faceva lui, ma non avendolo mai fatto andai molto più lenta di lui che in pochissimo aveva quasi finito tutto il primo pesce.
“Che strano modo che hai di mangiare.” dissi io.
“è una cosa che mi ha insegnato mio padre. Mi ha sempre detto che facendo così non va sprecato nulla e si riesce a gustarlo meglio.” Disse lui.
“Oh…” dissi io mordendo due volte il pesce che avevo avviato prima. Poi continuai: “Tuo padre deve sapere davvero tantissimo.”
“Sì, lui sa molte cose. Alcune di quelle me le ha insegnate e con il tempo te le mostrerò.” Disse lui.
“Ad esempio?” dissi io.
“Beh, come prendere i pesci e cuocerli, i riferimenti per il nord che ti ho detto prima. Anche questa mappa apparteneva a lui prima che me la lasciasse. Bene, io ho finito di mangiare ed è finito persino il fuoco.” Disse lui alzandosi in piedi.
Anche se non avevo finito di mangiare il secondo pesce mi alzai in piedi e, visto che lui si era messo a camminare, lo seguii anche io. stavamo camminando in mezzo agli alberi e a una decina di metri di distanza dal fiume in cui ci trovavamo poco prima.
“Cosa vuol dire te la lasciasse? Non capisco. Gli è successo qualcosa?”
“Beh, io… non ho più i genitori.” Disse lui con espressione triste. Solo guardandolo capii che qualcosa in lui non andava e che qualcosa era successo. Ero curiosa di sapere che cosa era successo ai suoi genitori, ma non mi sembrava il momento giusto.
“oh… capisco.” Dissi io.
Camminammo per altre diverse centinaia di metri senza dire una parola. Gli unici rumori che si sentivano erano gli uccellini e gli insetti che ci circondavano. Alcuni di loro si erano appoggiati sulle mie spalle o sulla testa o sui vestiti sporchi che portavo, ma io avevo paura e tutte le volte che succedeva io mi mettevo ad urlare. Fino a quel momento non ho mai visto e non ero mai stata toccata da degli insetti ed era per questo che urlavo e mi nascondevo dietro Aki quando vedevo qualcosa muoversi. Lui molto gentilmente mi toglieva gli insetti di dosso, mi sorrideva, come se non fosse successo nulla, e io ogni volta lo ringraziavo.
Improvvisamente però notai qualcosa di piccolo, grigio, alla mia destra e lontano una decina di metri. Più ci avvicinavamo e più si poteva capire che cos’era: una piccola statuetta di un santo buddista grigio.
“Ehi, guarda! Una piccola statuetta!” dissi io.
“Dove?” disse lui.
“A destra e là in fondo.” Dissi io.
“Oh sì.” Disse lui.
“Senti, va bene se ci fermiamo là? Vorrei fare una cosa.” Dissi io.
In un paio di minuti arrivammo là e fui io la prima a fermarmi. La statuetta era alta da terra fino alle mie ginocchia, aveva le mani una appoggiata all’altra e davanti a sé in segno di preghiera e gli occhi chiusi. Una cosa che a me piaceva tanto di quella statuetta erano le sue orecchie grandi e i lobi delle orecchie molto più grandi del normale.
Io unii le mani, le misi vicino a me, chiusi gli occhi e pregai per diversi minuti. Pregai che mio padre tornasse in salute il prima possibile e che l’avventura che avevo appena iniziato a vivere fosse ricca di scoperte e di emozioni. Pregai anche che a mio padre non succedesse nulla e non gli capitasse di essere di nuovo in fin di vita com’era prima che partissi.
Non appena distaccai le mani aprii gli occhi e guardai alla mia sinistra, dove c’era Aki. Lui aveva gli occhi chiusi e li tenne così ancora per qualche minuto. Mentre aveva  gli occhi chiusi io lo guardai e mi affascinava il modo in cui mi stava vicino e stava fermo nella stessa posizione in cui ero io un attimo prima. Ero davvero molto curiosa di capire e sapere che cosa stesse pensando o che cosa stava chiedendo alla statuetta davanti a noi. Quando aprì gli occhi lui girò la testa verso di me e mi sorrise. Il suo sorriso era molto bello e guardandolo mi rilassava e mi toglieva tutti i problemi e le preoccupazioni che mi passavano per la mente.
“Forza riprendiamo a camminare.” Disse lui.
“Certo.” Dissi io.
Mi passò dietro dirigendosi verso la mia sinistra e continuò a camminare molto tranquillamente. Da quando avevamo ripreso a camminare la strada sembrava composta da piccoli sassolini e lungo il sentiero non c’era neanche un filo d’erba che circondava i sassolini. La strada era larga circa 50 centimetri, circondata da alberi di diverse dimensioni e la percorremmo per qualche centinaio di metri.
“Va bene per te se ci fermiamo qui per stanotte?” chiese lui.
“Va bene, ma perché?” chiesi io.
“Beh… ho paura del buio. Ho paura a camminare nel buio.” Disse lui. io mi misi a ridere.
“Che c’è da ridere?” chiese lui.
“oh no, niente. È solo che non mi aspettavo e non ho mai sentito che un ragazzo come te avesse paura del buio.” Dissi io ridendo.
“anche mio padre aveva paura del buio. Si vede che ho preso da lui.” disse lui. poi si alzò in piedi e disse: “adesso vado a prendere dei pesci e poi torno. Ci impiegherò poco tempo.”
“sì, certo.” Dissi io continuando a ridere.
Lui se ne andò mentre io rimasi lì intorno e grazie a dei ramoscelli  e a delle piccole rocce che erano lì vicino riuscii ad accendere un fuoco. Una volta acceso decisi di starci vicino in modo da tenermi al caldo. Misi le mani in avanti, vicino al fuoco, e le lasciai in quella posizione per molto tempo.
‘Che strano… Aki ha paura del buio. Non ne avevo idea. Ma chissà come stai mio padre. Me ne sono andata via senza nemmeno dirgli nulla. E non gli ho lasciato neanche un biglietto. Anche i padroncini Inari, Isao e Jun e padrone Hiroshi. Chissà che cosa stanno facendo e che cosa staranno mangiando…’ pensai io.
Non appena alzai la testa vidi arrivare Aki da lontano. Smisi di pensare e notai che lui nelle mani aveva due bastoncini di legno con due pesci in ogni bastoncino.
“Eccomi, sono tornato. Hai visto che ci ho impiegato poco?” disse lui venendo verso di me.
“Già, ho visto. Però mentre tu non c’eri io ho acceso il fuoco e ho iniziato a riscaldarmi.” Dissi io.
Lui si sedette per terra a fianco a me e appoggiò i bastoncini con i pesci davanti a noi due.
“Hai fatto bene. Però adesso vorrei saperne di più di te.” Disse lui.
“E che cosa vuoi sapere? Sono una ragazza povera e semplice.” Dissi io.
“Sì, però voglio conoscerti meglio. Ad esempio che cosa facevi prima e com’è la tua famiglia.” Disse lui.
“Beh, prima lavoravo nel castello che c’era nel mio villaggio. L’interno del castello era molto bello e lì ci vivono quattro persone: Padrone Hiroshi e i padroncini Inari, Jun e Isao. In realtà fino a qualche anno fa ce n’erano cinque, ma poi tristemente una è venuta a mancare. Sono tutte persone molto gentili e disponibili, soprattutto Inari e Jun.” Dissi io.
“oh… aspetta. Prima di continuare vorrei chiederti una cosa che non mi hai mai detto. Il tuo nome.” Disse lui.
“Giusto. Il mio nome è Iris e ho tredici anni. Tu invece quanti anni hai?” Dissi io.
“Io ne ho quattordici. Bene, adesso però vorrei che tu mi parlassi della tua famiglia.” Disse lui.
“Beh, non so te ma la mia è una famiglia molto semplice. è composta da due persone, io e mio padre. Io lavoro al castello mentre lui lavora in una miniera dall’altra parte del villaggio rispetto a dove vivo io e dove si trova il castello.” Dissi io facendo un’espressione piuttosto triste.
“Che succede? Perché quell’aria triste?” chiese lui.
“Beh, ecco… sono un po’ preoccupata per mio padre. Non ho notizie di lui e della sua salute da quando siamo partiti. Potrebbe stare meglio o stare peggio, o potrebbero anche avergli fatto qualcos’altro.”
“Chi potrebbe fargli del male?”
“Non lo so… però non mi piace molto l’idea che lui resti da solo e che possa succedergli qualcosa. Qualsiasi cosa.” dissi io.
“Tranquilla che non succederà nulla. Tu stessa hai detto che è una persona molto forte. Piuttosto, come mai solo voi due? E tua madre?” chiese lui incuriosito.
“Mio padre mi ha sempre detto che mia madre era morta facendomi nascere. Quindi non ricordo praticamente nulla di lei e mio padre non me ne ha quasi mai parlato.”
“Quasi? Che vuol dire?”
“Mio padre una volta mi ha detto che lei prima di stare con mio padre si era innamorata di un uomo di grande importanza e molto ricco e insieme a lui ha avuto un figlio. Soltanto due o tre anni dopo decise di lasciarlo per iniziare a vivere con mio padre e poi sono nata io.” dissi io.
“E tu cosa ne pensi?” mi chiese lui.
“Questa è soltanto una storia che mio padre mi aveva raccontato e quindi non so se tutto questo sia vero. Ma sicuramente vorrei sapere se questa cosa è vera oppure no.” dissi io. Ci furono una decina di secondi di silenzio e nessuno dei due parlò, ma poi io interruppi quel silenzio.
“Onestamente non cerco di pensare sempre meno a ciò che ti ho detto perché se lo facessi  mi verrebbero in mente un gran numero di domande che vorrei fare a mio padre.” Dissi io un po’ triste.
“oh… capisco. Mi dispiace molto per te.” Disse lui.
“ma adesso voglio sapere di più di te.” Dissi io curiosa.
“Eh? Su cosa?” disse lui.
“Voglio sapere su tuo padre. Prima mi hai detto che tuo padre ti ha lasciato la mappa che mi hai fatto vedere prima. Ma cos’è successo ai tuoi genitori?” chiesi io. In quel momento fu lui ad avere un’espressione molto triste e rimase in silenzio per alcuni secondi.
“Cos’hai?” chiesi io.
“Sono entrambi morti in uno scontro  che c’era stata nel mio villaggio.” Rispose lui.
“che peccato… com’è successo?” chiesi io.
“Beh... era successo due o tre anni fa, ma li ricordo come se fosse stato ieri. Un giorno stavo giocando con dei ragazzi in un parco poco fuori dal villaggio quando all’improvviso vidi alcuni soldati su dei cavalli si avvicinavano nel mio villaggio. Avevano in una mano un’arma mentre nell’altra avevano in mano un oggetto di legno con in alto del fuoco. Entrarono con passo rumoroso e ognuno di loro si avvicinò a delle case che, essendo di legno, iniziarono ad incendiarsi e a rovinarsi. Vedevo tutte le persone uscire e urlare disperatamente dalle loro case e correre da una parte all’altra. Io, spaventato dalla situazione, corsi più veloce che potevo a casa mia attraversando diverse strade e vedendo diverse persone disperarsi e cercando di salvarsi.  Sfortunatamente arrivai troppo tardi. La mia casa era stata bruciato e avendo paura di trovare i miei genitori dentro ci entra per provare a salvarli. Entrai ma non li trovai così corsi dietro casa e lì trovai tre uomini incappucciati. L’uomo di mezzo aveva una mano con una lama affilata appoggiata al collo di mia madre mentre lei aveva gli occhi bendati e mio padre inginocchiato sempre davanti a lui tremolante e con gli occhi coperti. Io ero esterrefatto da ciò che avevo davanti, ma in quel preciso momento a mia madre venne fatto un taglio molto profondo sul collo. Così profondo che la sua testa si staccò da resto del corpo. Subito dopo successe la stessa cosa a mio padre. Mi ci volle quasi un anno per riprendermi e nessuno mi ha mai aiutato.” Disse lui.
Mentre mi raccontava questa cosa in alcuni momenti gli veniva le lacrime agli occhi e io ne rimasi sempre più sconvolta della sua spiegazione.
“Cavolo… che brutta cosa. Mi dispiace molto per ciò che ti è successo, non ne avevo idea che potesse succedere una cosa simile. Ma hai un’idea di chi siano queste tre persone?” chiesi io.
“No, però mio padre prima di morire è stato in grado di dire due parole: Organizzazione Hana.” Dissi io.
“Hana? Mmh… è un nome particolare e mai sentito. Sai qualcosa di questa organizzazione?”
“Quando mi ripresi dallo shock subito con la morte dei miei genitori feci tutto il possibile per potermi informare di questa organizzazione. Ciò che scoprii era che si tratta di un’organizzazione composta tra uno e quattro persone, non si è mai capito quale siano i nomi e i sessi delle persone che ne fanno parte e che il capo è uno solo.” Disse lui.
Sia io che lui improvvisamente ci mettemmo sbadigliare.
“Oh scusami, mi sono messa a sbadigliare davanti a te.” Dissi io.
“anch’io… credo di essere stanchissimo.” Disse lui.
Così entrambi ci salutammo dandoci la buona notte e poi ci addormentammo.
   
 
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