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Autore: mar89giss93    05/11/2018    0 recensioni
Richard Smith, economista statunitense, torna a casa dopo aver passato una serata in un locale a luci rosse, "Elusive Seduction". Ossessionato da una donna di cui ha intravisto solo un tatuaggio, chiederà aiuto ad una psicologa che cercherà di distoglierlo da questa "seduzione sfuggente". Scoprirà chi si cela dietro il tatuaggio oppure continuerà a cadere nel peccato?
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Questa mattina ho deciso di riprendere i soliti ritmi che scandivano la mia vita.
Sono seduto alla scrivania e cerco di finire, finalmente, queste pratiche che da giorni chiedono di essere revisionate.
Ho visto, appena arrivato in ufficio, solo per pochi attimi, Finn che si dirigeva a passo spedito verso la sala consigliare.
L’occhiata truce che mi ha rivolto non lascia molto spazio all’immaginazione. Lucidamente non posso dargli torto.
Dopo la sfuriata al telefono non l’ho più visto e sentito.
Spero davvero di recuperare il nostro rapporto e che i problemi sul lavoro non cancellino la nostra amicizia.

Anche per questo ho deciso di essere qui, questa mattina.
Voglio cercare di rimediare e poi… controllare questi documenti, sul pc, mi regala una parvenza di normalità e, probabilmente, ho solo bisogno di questo.
Ho bisogno di staccare la spina e non ho davvero voglia di pensare alle recenti vicende che hanno sconvolto le mie giornate.
Soprattutto, se devo essere sincero, non ho ancora la lucidità necessaria per analizzare, con freddezza, la strana serata che ho condiviso con la misteriosa segretaria della Banks e l’atroce figura di merda che ho fatto all’Elusive.
Ovviamente, pensare di metterci di nuovo piede è fuori discussione.
Il proprietario chiamerebbe la polizia e, forse, non me la caverei solo con un occhio nero.

Intanto la mattina scorre tranquilla: la segretaria mi porta il caffè, mi passa le chiamate e cerco di rimettermi in pari con il lavoro arretrato.
Poco prima della pausa pranzo vedo, dalla porta aperta del mio ufficio, Finn uscire dalla sala consigliare.
La riunione è finita, stringe mani a destra e a manca, e questa è la prima volta che non partecipo a questi piccoli rituali che sono così importanti per la riuscita dei nostri progetti. Forse è vero che sto perdendo la mia vita dietro ad una donna che non mi vuole.

Quando Finn si libera, dopo aver congedato e ringraziato tutti, entra immediatamente nel mio ufficio.
È spavaldo, come al solito, ma ha negli occhi una luce determinata che non riesco a spiegarmi.
Questo non è un buon segno.
A pochi passi dalla mia scrivania prende la parola: “Ah vedo che ti sei ricordato di avere un lavoro? Peccato che non hai la minima idea di cosa ti aspetta!”
Questo tono non mi piace e non riesco ad essere accondiscendente: “Finn, cambia tono perché non è aria!”
A queste mie parole poggia il palmo delle mani alla scrivania, socchiude gli occhi rendendoli quasi due fessure e mi risponde: “Da quando devo sottostare alle tue regole? Qui, io sono il capo e non il tuo amichetto. È chiaro o no il concetto?”
Adesso è tutto estremamente chiaro e non riesco a trattenermi: “Sei venuto con il piede di guerra?”
È ora di giocare a carte scoperte e lui, certamente, non è il tipo da tirarsi indietro.
Infatti mi risponde: “Certo che si, se non raggiungi gli obbiettivi per cui ci siamo fatti il culo per tutti questi mesi! Dove sono le e-mail che dovevi mandarmi? I contratti da leggere e firmare non sono ancora sulla mia scrivania!”
Mentre mi parla fingo di scrivere sulla tastiera, non voglio fargli capire che le sue parole mi feriscono perché so che sono vere e questo rende tutto ancora più difficile. Mi conosce, sa perfettamente che per me accantonare il lavoro non è un comportamento abituale. Ma a lui non importa, è deciso ad umiliarmi e lo fa dannatamente bene. Infatti continua a dirmi: “Quando ti parlo sei pregato di guardarmi in faccia! Non far finta di scrivere al pc. Adesso ti è magicamente tornata la voglia di lavorare? Non ti crede nessuno!”
La situazione può solo peggiorare e decido di essere conciliante, di provarci almeno, per cercare di troncare, quasi sul nascere, questa discussione: “Senti non complichiamo le cose. Hai ragione su tutto, ok? È solo un periodo cupo in cui nessuno riesce a capirmi”
Queste mie parole sembrano innervosirlo ancora di più. Sarcasticamente mi risponde: “Povero cucciolo! I problemi te li crei da solo, idiota! Non serve gironzolare attorno ad una donna che, a quanto pare, è solo nella tua testa!”
Adesso basta!
Mi ha rotto il cazzo!
Si sta accanendo contro di me e se lui non si fa alcuno scrupolo, in nome della nostra amicizia, allora è giusto che anche io agisca di conseguenza!
Mi alzo di scatto dalla sedia e, battendo i pugni sul tavolo, gli rispondo: “Complimenti , ti sei finalmente scoperto! Tu sei come tutti gli altri: avete questa presunzione del cazzo di sapere meglio di me cosa ho dentro. Basta, smettila di trattarmi come un povero coglione Finn!”
Stralunato mi guarda e dopo qualche secondo risponde: “Io dovrei smetterla? E tu, cosa dovresti fare invece? Guardati! Lo vedi come ti sei ridotto? Cos’è? Halloween è arrivato in anticipo? Ti ho assunto in questo ufficio perché diventassi il miglior economista, perché insieme siamo una macchina da guerra. E tu che fai? Ti presenti qui con un occhio nero! Mi dici cosa cazzo dovrei pensare?”
Dopo aver pronunciato queste parole, lo vedo portarsi una mano alla testa, per massaggiarsi le palpebre, con il pollice e l’indice.
È un suo vizio, lo fa sempre quando vuole cercare di calmarsi, di contenere la rabbia.
Una rabbia più che giustificata, lo so!
So che ha ragione! So che vuole aiutarmi… ma cazzo! Io mi sento prigioniero di un vortice che non riesco nemmeno ad identificare,prigioniero di un vortice a cui non so dare un nome.
Sono distrutto, perché queste parole sono le stesse che direi io se la situazione fosse inversa.
Mi accascio alla sedia senza parole.
Ormai non ha senso tentare di discolparmi.
Tutto questo è solo colpa mia e della mia testa che è impazzita, che è in preda ad un sogno che, lentamente, si sta trasformando in un incubo.
Finn senza guardarmi, con un tono di voce triste, quasi malinconico direi, un tono che non ho mai sentito mi dice: “Mi dispiace ma se continui così mi costringi a metterti in aspettativa.”
Dopo aver pronunciato queste parole si avvicina alla porta e riprende a dirmi: “Richard pensa bene a ciò che ti ho detto, per favore. Ti lascio solo un ultima settimana di tempo e poi… sta a te decidere. Spero di essere stato chiaro. Non vorrei ripetermi un’altra volta.”
Ed esce, chiudendosi la porta alle spalle.
Esce da questa stanza, lasciandomi in balia di questo mare di parole con cui mi ha travolto.

Potrei perdere il lavoro, tutta la mia vita, per una donna che nemmeno conosco.
Ne vale la pena?
Una mente assennata direbbe, certamente, di no.
Direbbe che sono un imbecille, che sono completamente impazzito e che la bella vita, l’agio e i soldi mi hanno dato alla testa.
Ma non è così. Non so nemmeno io cosa mi sia accaduto da quella notte.
Non so spiegarlo, non riesco a capire cosa mi spinge a non lasciare andare le emozioni di quella sera.
Maledizione!
Queste stupide sensazioni mi stanno travolgendo e non sono più lucido e razionale ma non lo sono da molto tempo, ormai.
 Anche con le donne che ho conosciuto dopo quella sera all’Elusive ho provato, e provo, cose che hanno contribuito a destabilizzarmi.
Con la dottoressa ho sentito, fin da subito, una forte attrazione.
Un’attrazione che, tuttavia, è svanita nel nulla quando ho scoperto che non era la mia misteriosa streghetta.
Con Juliet invece provo, dalla prima volta che l’ho vista, una strana forma di curiosità: vorrei che si scoprisse, che mi raccontasse di sé e poi il fatto che sia una bellezza quiete, una bellezza composta, che abbia questa innocente sensualità mi intriga.
Ma, anche in questo caso, non ho la certezza che, inconsciamente, non ci sia lo zampino della donna dell’Elusive.
Non posso essere certo che questa curiosità che sento, verso la piccoletta, sia davvero a causa sua e non per la maledetta voglia che provo di ritrovarmi davanti a quella donna.
Forse è proprio a causa di questo mio desiderio che fantastico su ogni donna con cui, dopo quella sera, ho un minimo contatto.
Oppure potrebbe essere un modo inconscio che la mia testa ha trovato, per cancellare la donna dell’Elusive dal mio animo, facendomi provare attrazione verso qualsiasi altra donna? Dio… è un circolo vizioso!
Sono solo dei pensieri contorti che non mi porteranno a nulla.
Tranne verso la strada per la perdita del mio lavoro. Un lavoro per cui ho tanto lottato.
Infatti, ancora una volta, ho accantonato qualcosa di importante per pensare a lei… fregandomene dell’ultimatum che mi ha dato Finn.
Finn, già… Mi ha completamente spiazzato.
La sua mi sembra una reazione eccessiva.
Forse è il suo, strano, modo di farmi reagire. Non lo so!
A questo punto, mi è rimasta solo una persona a cui chiedere consiglio.
Una persona che mi ha sempre ascoltato senza giudicarmi.
Credo che sia arrivato, proprio il momento, di confidarmi con lei.
 
“Cosa succede? Ti vedo strano”
“Nulla mamma, sono solo stanco dal troppo lavoro.”
Una bugia, me ne rendo conto ma non voglio farla preoccupare inutilmente.
Sono qui per parlarle, per chiederle aiuto ma non voglio che si agiti per i miei problemi.
Le basta mio padre! In questo non lo batte nessuno!

Ma lei mi conosce e non crede a queste mie parole. Infatti assume la sua solita posa battagliera, poggiando le mani sui fianchi, e con sguardo severo comincia a dirmi: “Richard Smith, non prendermi in giro. So che c’è qualcosa altrimenti non saresti venuto qui!”
Mentre mi parla abbasso la testa. Anche se sono seduto mentre lei è in piedi non riesco a guardarla, a reggere il suo sguardo.
La verità è che mi vergogno: parlare con lei di una donna che non mi considera, che per giunta ho conosciuto in un locale discutibile, è umiliante e poi non posso certo rivelarle che sono andato da una psicologa, che l’ho fatta spogliare e… Cazzo! Che cazzo mi è venuto in mente!
Non posso dire certe cose a mia madre!
Con la mano massaggio la nuca, per allentare la tensione, sto pensando a come uscire da questa casa nel modo più indolore possibile.
Ma lei si rende, immediatamente, conto che voglio scappare e sento, ad un tratto, la sua mano accarezzarmi i capelli.
Alzo, finalmente, lo sguardo su di lei e la vedo sorridermi, dolcemente, per poi sedersi accanto a me.
Subito, con voce dolce, mi dice: “Dimmi cos’hai. Sei mio figlio, so sempre quando qualcosa non va”
È mia madre, come ho potuto pensare di fuggire da lei, come se niente fosse?
Mi faccio coraggio e le rispondo: “Diciamo che ho conosciuto una donna!”
A queste mie parole inclina il capo e incrocia le braccia, poggiandole sul tavolo.
Con un sorriso risponde: “Una donna? Deve essere una ragazza interessante se, addirittura, riesce ad entrare nei tuoi pensieri!”
Le rispondo alzando gli occhi al cielo. Dovevo aspettarmi una sua battuta sarcastica.
Tuttavia continuo a parlarle.
Non voglio certo dirle dell’intera faccenda, voglio solo raccontarle gli elementi più importanti, senza entrare nel dettaglio.
Non credo che passerei indenne dalla sua ira se le raccontassi certi particolari!
“Diciamo che questa donna non vuole avere ulteriori contatti con me e, purtroppo, a causa sua ho trattato male un’altra persona, completamente innocente che, tra le altre cose, stava cercando di aiutarmi nella sua ricerca.”
La guardo e la vedo perplessa, non posso darle torto. Infatti mi chiede: “Non potresti spiegarti meglio, tesoro? Parli come un serial killer”
“Mamma, ti prego, preferirei tenere per me i dettagli più intimi!”
A queste mie parole mi guarda sorniona e, alzando un sopracciglio, commenta: “Ho capito… il solito vizio degli Smith!”
Sbuffo e alzando le mani, in segno di resa, le rispondo: “Dai mamma, adesso le tue critiche non sono d’aiuto!”
“D’accordo, d’accordo.” mi dice sorridendo.

Dopo queste parole vedo il suo volto diventare, estremamente, serio. Incrocia le mani sul tavolo e, guardandomi negli occhi, mi regala uno dei suoi preziosi consigli:“Richard, tu sei mio figlio ed io ti perdonerei qualsiasi cosa perché sarai sempre il mio bambino e ti voglio bene. Ma tu non mi stai chiedendo un parere da mamma e sentendo quelle poche cose che hai detto posso solo risponderti come farebbe una donna.”
A queste parole annuisco con il capo, voglio farle capire che ho compreso e che ascolterò, davvero il suo consiglio.
“Se pensi di aver sbagliato nei confronti di questa persona,  l’unica cosa che puoi fare è trovare dentro di te la forza, e l’umiltà, di chiederle scusa. Devi riuscire a fare di tutto per farti perdonare. Un uomo deve prendersi sempre le proprie responsabilità!”
La vedo alzarsi dalla sedia, accarezzarmi una spalla, e uscire dalla stanza.

Questo è da sempre il suo modo di chiudere ogni discorso.
Ha detto ciò che pensa e non c’è altro da aggiungere.
D’altronde sa perfettamente che non le racconterei nulla di più sulle mie vicissitudini quindi non potrebbe aggiungere nulla a queste sue parole.
Ora spetta solo a me fare tesoro di ciò che mi ha detto.

E credo proprio di sapere cosa fare.
   
 
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