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Autore: Kuro Nekomiya    05/11/2018    6 recensioni
«Che diavolo stai cercando di fare?» Tuonò la ragazza dagli occhi di fuoco, tenendolo d’occhio.
Kisshu non disse nulla e, in risposta, si lanciò su di lei come un felino, cogliendola di sorpresa.
La fece arretrare di pochi passi fino a farla scivolare sul letto alle sue spalle, immobilizzandole prontamente i polsi.
Lei grugnì, fissandolo con astio. Ogni scusa era buona per metterle le mani addosso...
«Che faccio? Fraternizzo con te...» Mormorò l'alieno, con voce che a Suguri parve a tratti arrogante. «...ormai siamo complici, no?» Le chiese allusivo, puntando gli occhi nei suoi.
«Che cosa intendi dire?» Soffiò la ragazza, sorpresa.
Lui ridacchiò divertito a quella domanda.
«Che ne dici...ti va di far parte del terribile duo
**Storia soggetta a cambio di rating**
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kisshu Ikisatashi/Ghish, Nuovo Personaggio
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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VII.
Alive.





I can't escape myself
So many times I've lied
But there's still rage inside
Somebody get me through this nightmare
I can't control myself

So what if you can see the darkest side of me?
No one would ever change this animal I have become
And we believe it's not the real me
Somebody help me tame this animal I have become
And we believe it's not the real me
Somebody help me tame this animal

Three Days Grace – Animal I have become








Quando uscì dal dojo del nonno era ormai buio.
Chiuse la porta dietro di sé, si sistemò per bene la borsa sulla spalla e percorse il vialetto che conduceva verso il cancello d’uscita.
Allungò un braccio, fece girare la chiave nella serratura e non appena questa scattò mise un piede fuori, sgranchendo il collo e le spalle con movimenti lenti.
Sospirò.
Era un po’ stanca, ma si sentiva sempre rinvigorita dopo un po’ di buona attività fisica…
La aiutava a riequilibrare le energie.
Infilò le mani nella tasca della giacca e s’avviò, con la testa tra le nuvole.
Le sarebbero bastati poco più di cinque minuti di camminata per tornare a casa.  Ripercorse mentalmente il tragitto che avrebbe fatto di lì a pochi secondi, concentrandosi sullo scorcio di strada che aveva di fronte.
Riusciva a vedere così bene...
Serrò le labbra, apprestandosi a sorpassare velocemente un incrocio, quando le sue orecchie si riempirono di un boato che sembrava essere poco distante.
Si voltò immediatamente verso il rumore, allarmata, mentre uno strano senso d’inquietudine s’apriva nel suo stomaco.
Attraversò rapidamente la strada e s’appiattì contro il muro di un edificio, fermandosi ad ascoltare. Il trambusto sembrava provenire dal parchetto del quartiere, proprio a due passi da lì…
Suguri prese un lungo respiro, poi si sporse e lanciò un’occhiata alla sua destra, in una piccola via che incrociava perpendicolarmente la sua.
Strinse gli occhi, come se con quel semplice gesto potesse acuire i suoi sensi.
In effetti, le parve davvero possibile : i dettagli sembravano più chiari…
Ma avrebbe preferito non vedere.
Nei pressi di una piccola area verde, a lato della carreggiata, sbucava la sagoma minacciosa di un mostro alto più o meno tre metri.
Assomigliava ad una specie di lucertola, aveva una bocca larga piena di denti aguzzi e occhi tondi che scintillavano al buio.
La bestia prese un albero tra le zampe, conficcando gli artigli nel tronco, e con grande facilità lo sradicò dal terreno, lanciandolo in strada.
La pianta impattò sull’asfalto proprio di fronte ad un’auto, che riuscì ad evitarla per pura fortuna grazie ad una tremenda frenata.
Il frastuono dell’attrito delle ruote a terra si mischiò al sibilo acuto del mostro e alle urla di una coppietta dall’altro lato della strada che correva via terrorizzata, più veloce della luce.
La lucertola avanzò con le zampe posteriori, a passi pesanti e rumorosi, e sferrò un altro colpo, questa volta verso le auto in strada.
Lo spostamento d’aria ne fece alzare una da terra, facendola finire contro gli altri veicoli in coda.
I passeggeri si riversarono fuori appena in tempo e corsero verso la zona residenziale, luogo dove pensavano di essere più al sicuro.
Suguri assistette senza credere ai suoi occhi.
Quello scenario era spaventoso...
Strinse le dita nel pugno, nervosa, mordicchiandosi il labbro inferiore.
La paura, l’adrenalina e la curiosità morbosa di capire cosa stesse succedendo fluivano fragorose nelle sue vene, in un cocktail letale di eccitazione.
Era del tutto illogico...eppure percepiva chiaramente una forza sconosciuta che come una calamita l’attirava verso quel luogo.
Verso quel mostro...
Dopo qualche attimo d’esitazione decise di avvicinarvisi, continuando a stare rasente gli edifici per non farsi notare.
Si portò una mano sul petto, agitata.
Il cuore le batteva forte, ma non poteva proprio fermarsi: sapeva bene che se fosse fuggita se ne sarebbe pentita...e tutta quell’ostinazione le metteva un po’ paura.
Riuscì a giungere a pochi passi dal rettile, che fino a quel momento aveva tenuto attentamente d’occhio.
S’accucciò contro il tronco di un albero e inclinò il collo verso il lucertolone, ma ciò che scorse nel cielo notturno la stupì non poco.
Ben al di sopra delle fronde alberate, infatti, distinse chiaramente una figura umanoide che fluttuava a mezz’aria.
A quanto pare, le assurdità della giornata non si fermavano a quell’animale gigante uscito da un videogioco...*
Proprio in quel momento, mentre era distratta, il rettile s’accorse della sua presenza. Spalancò i suoi terribili occhi gialli e si piegò repentinamente in avanti, cercando di assestarle una zampata.
Suguri la evitò con una velocità che aveva dell’incredibile.
Non contento, il grosso animale avanzò e le si avventò addosso più volte, nel tentativo di colpirla.
Lei riuscì a schivare ogni suo colpo, al costo però di un rovinoso dietrofront.
Si ritrovò ben presto al punto di partenza, un muro alle spalle e priva di vie d’uscita.  Il rettile avanzò nella sua direzione, sicuro di avere ormai intrappolato la sua preda.
Suguri digrignò i denti.
Iniziava a pentirsi della sua stupida incoscienza.
Ora doveva pensare a come uscire da quella situazione.
Dannazione, sarebbe dovuta fuggire…
«Merda...» Mugugnò tra i denti.
Cercò di formulare una serie d’idee, ma non appena guardò in quegli occhi gialli e spaventosi il suo corpo s’incurvò, diventando come piombo.
Inghiottì saliva, ma le sembrò ghiaia.
Quello era...terrore?
Ansimò, sentendosi mancare l’aria.
Non riusciva a pensare...era in panico.
Vide quell’arto fuori misura alzarsi in alto.
Perché non riusciva a muoversi?!
Era la fine...
No. Non voglio!
Suguri lanciò un urlo disperato, ma una fitta al polso sinistro la distrasse, facendola ritornare alla realtà. Una smorfia di dolore distorse la sua bocca.  
Con un gesto rapido e nervoso spostò la manica della divisa, scoprendo il lembo di pelle colpito da quella fastidiosa sensazione di bruciore.
La strana voglia che le era apparsa qualche giorno prima luccicava nel buio di una tonalità rossa vivace.
La sentiva pulsare al ritmo del cuore, come se tutto il suo sangue stesse confluendo lì. Come se una bestia stesse per liberarsi dalla sua gabbia...
In risposta al suo grido, la lucertola si fermò e lanciò un orribile verso.
Si preparò nuovamente ad attaccare.
La mora lo fissò, ma la sua mente era altrove, impegnata a scorrere tutti gli eventi strani ed apparentemente casuali del suo passato recente.
Il sogno con la tigre, la voglia sul polso, la sua forza assurda, la vista perfetta anche in quelle condizioni di buio...
E ora, quel mostro e l'istinto che la spingeva a sfidarlo.
Non potevano essere tutte coincidenze.
Il rettile si lanciò su di lei.
La ragazza sentì le membra bruciare, poco prima che le sue gambe spiccassero un salto che non aveva nulla di normale, scavalcando la creatura in altezza.
Si trovò per un momento a mezz'aria, come se stesse volando…
Trattenne il respiro, mentre il suo corpo si muoveva in avanti eseguendo una capriola da fare invidia ai migliori ginnasti.
Non aveva la minima idea di come ci fosse riuscita...ma le era venuta parecchio utile: grazie a quell’acrobazia inaspettata era riuscita non perdere di vista il suo l'avversario, che ora poteva essere colto di sorpresa.
Piegò le ginocchia ed atterrò sul cemento senza particolari problemi, come se il suo corpo fosse nato per farlo.
Si concentrò sulla lucertola.
Devo agire!
Pensò con determinazione, prima di assumere una posizione che bilanciasse il suo baricentro: petto in fuori, braccia piegate in avanti e pugni chiusi.
In quel momento, però, percepì al tatto morbidi guanti scuri sulle sue mani.
Non c’erano prima…
Diede un’occhiata al suo corpo, scoprendo con stupore di stare indossando un vestitino corto dalla gonna ampia e ariosa.
Questo le lasciava scoperte parte della schiena, le spalle e le braccia, ad eccezione di un paio di bracciali stretti poco sotto le ascelle.
Ai piedi, invece, portava un paio di stivaletti con zeppa del tutto simili a quelli che già indossava in precedenza; mentre una giarrettiera le fasciava la coscia sinistra.
«Da dove cavolo è uscito?!» Esclamò, sconvolta.
Il mostro dall’aspetto di rettile non si accorse nemmeno di quel piccolo dettaglio e si limitò ad attaccarla di nuovo, sperando di coglierla di sorpresa.
Suguri, tuttavia, scansò l'ennesimo colpo, ritrovandosi a pensare a quanto fosse facile muoversi a quella velocità strabiliante.
I suoi riflessi erano ad un livello superiore a prima, ma...
Non poteva continuare a sfuggire ai colpi all'infinito.
Come fermare quel mostro?
La ragazza deglutì, guardandosi attorno nervosamente.
Notò alcuni alberi sradicati, macchine ribaltate e visibili segni sull’asfalto, sgretolato dagli artigli del mostro.
Ci doveva pur essere un modo per sbarazzarsi di lui…
Mentre tentava di riflettere, una sensazione di nausea salì tutta d’un colpo dalle sue viscere.
«Cosa...» Balbettò lei, ansimando.
Le parole le si erano bloccate in gola.
Che sensazione sgradevole...quasi le veniva da vomitare.
Strinse gli addominali, ma le sembrò un gesto del tutto inutile.
«Suguri...Handgun!» Proferì stentatamente.
Aprì la mano destra, come se sapesse già cosa fare, e una pistola dal corpo massiccio comparve al suo comando in uno schiocco di luce.
La ragazza la fissò ancora più incredula, afferrandone l’impugnatura ed allungando il dito indice verso il grilletto.
V’indugiò sopra per pochi attimi, accarezzandolo cauta con il polpastrello.
Un sorriso obliquo si dipinse immediatamente sul suo volto.
Strinse tra le dita quella nuova, provvidenziale arma apparsa dal nulla, fantasticando sulle sue incredibili potenzialità nascoste.
Chissà cosa poteva farci, con quella pistola...
La cosa cominciava a piacerle parecchio.
Alzò lo sguardo verso il goffo lucertolone, esaminandolo con aria di sfida.
Il terrore di poco prima sembrava svanito nel nulla…ora sapeva bene che poteva sconfiggerlo.
Tese il braccio destro in sua direzione, prendendosi il solo tempo di un secondo per mirare.
«Ribbon Suguri Explosion!» Esclamò con voce limpida e sicura, sparando un colpo luminoso che impattò sul muso dell’alieno.
Quello indietreggiò, portandosi le zampe sulla parte lesa e ululando di dolore.
MewSuguri si regalò un’espressione di soddisfazione, prima di sfilare alla sua destra ed uscire dal suo campo visivo.
All’improvviso si sentiva scoppiare di energie in ogni cellula del suo corpo.
«Allora, non riesci a starmi dietro, stupido lucertolone?» Domandò lei, provocatoria, burlandosi dell’avversario.
Non voleva lasciargli il tempo di reagire.
La ragazza piegò allora le ginocchia, tese tutto il corpo e spiccò un balzo, saltando sopra la sua testa.
Puntò la pistola verso il basso.
«Ti saluto, amico!» Lo schernì, sparando un secondo proiettile dritto nella bocca della creatura, ancora aperta per via dei gemiti sofferenti.
Al contatto con esso il grosso rettile si dissolse all’improvviso, come aria sotto i suoi piedi. La Mew Mew assistette alla sua scomparsa senza troppo sbigottimento, poi atterrò al suolo con una capriola, attutendo perfettamente l’urto.
I suoi occhi, ormai abituati a quel buio, individuarono quasi subito una piccola, bizzarra medusa che fluttuava in aria, ignorando del tutto la gravità terrestre.
Piegò le labbra in una smorfia, soffermandovicisi per qualche secondo di incredulità.
In quel momento, però, il battito di mani di un applauso ruppe il silenzio, attirando la sua attenzione in un punto preciso sopra la sua testa.
Ruotò gli occhi in quella direzione trovandosi davanti un uomo che se ne stava sospeso in aria.
Strinse gli occhi.
Si trattava dello stesso tipo che aveva visto poco prima...ma nella foga del suo combattimento con il lucertolone se n’era del tutto dimenticata.
«Brava! Complimenti, te la sei cavata in un attimo!» Commentò lui, entusiasta.
A quell’esclamazione fece seguire una risata, cristallina e beffarda.
La ragazza rimase a guardarlo senza dire nulla, in attesa di una sua mossa.
Non passò molto prima che lo strano tipo s’avvicinasse a lei abbassandosi di un paio di metri, restando a fissarla con aria curiosa ed interessata.
«Non mi aspettavo che in giro ci fossero altre ragazze come te. Una vera seccatura...» Mugugnò con un tono a metà tra l’adirato e il divertito, portandosi una mano al mento.
Era un ragazzo alto, dai capelli scuri, legati in strani codini ai lati della testa.
Iridi color oro erano incastonate in occhi dal taglio stretto ed allungato, quasi da felino; mentre ai lati della testa spuntavano elfiche orecchie appuntite.
Indossava pantaloni lunghi e neri stretti alle caviglie, una specie di giacca sbracciata dello stesso colore tirata fino in cima con una cerniera color rosso vivido, e un paio di calzature scure ed indefinite.
Gli avambracci erano coperti da strati di bende color bordeaux…**
Fece una smorfia.
Sembrava uscito da un videogioco di Tekken...*
«Chi diavolo sei?» Sputò, usando il minimo garbo possibile.
Lui la squadrò a sua volta per qualche secondo, ignorando il suo tono.
Incrociò le gambe nel vuoto e le braccia dietro la testa.
«Io mi chiamo Kisshu...» Rispose lui, «E tu, Tigrotta?» Chiese poi, enfatizzando particolarmente quel nomignolo.
Lei grugnì. Notava un certo sarcasmo nel suo modo d’atteggiarsi…
La stava prendendo per i fondelli.  
«Non t’azzardare!» Ringhiò, puntando la sua pistola verso di lui. «Hai creato tu quel mostro, vero?» Domandò.
Doveva scucirgli il più possibile.
Il suo aspetto, le sue presunte abilità...erano molti gli elementi per cui quel tizio sembrava essere estremamente sospetto.
Lui aprì le braccia in segno d’innocenza.
«Calmati tesoro, ho solo chiesto come ti chiami...» Mormorò, storcendo il naso. «In ogni caso lo scoprirò, che tu me lo dica o meno.» Ribatté poi, facendole una linguaccia.
Non sembrò intimorito dal suo tono aggressivo, anzi.
Lui replicava, stava al gioco...
La Mew tigre espirò profondamente e si rilassò, lasciando la posizione di guardia.
Abbozzò un sorriso di sfida.
I giochi le piacevano. Le piacevano davvero un sacco...
«Bene allora, perché non lo scopri?» Rispose, incrociando le braccia.
A quelle parole il ragazzo le si avvicinò molto, gli occhi ambrati fissi nei suoi, intensi e sfrontati.
L’atmosfera si fece più tesa, ma MewSuguri non distolse lo sguardo.
«Consideralo già fatto dolcezza, ma ad una sola condizione...» Aggiunse, portandosi le mani ai fianchi.
«Ovvero?» Mormorò incuriosita, alzando un sopracciglio.
Lui schioccò la lingua sul palato.
«Se lo scopro dovrai venire dalla mia parte...Ti-grot-ta!» Sogghignò il ragazzo, parecchio sicuro di sé.
«Perché, tu da che parte staresti?» Replicò perplessa, ignorando il suo tono.
Lui indietreggiò con uno scatto.
«Di certo non dalla vostra, umani!» Rispose caustico, stringendo gli occhi in due fessure, lo sguardo spaventoso e famelico.
D’improvviso l’atmosfera crollò, passando da scherzosa a fredda ed inquietante.  
Un brivido su per la schiena la colse di sorpresa.
Che diavolo era quella sensazione?
Indietreggio in maniera impercettibile, cercando di non perdere la calma.
«Quindi...cosa vuoi esattamente?» Domandò d’istinto, senza pensarci troppo su.
No, non aveva paura...non aveva idea di quali segreti nascondesse, ma non le avrebbe impedito di parlare fuori dai denti.
Kisshu scelse di restare in silenzio a fissarla, prima di scendere a terra.
Che non la ritenesse abbastanza minacciosa da tenersi a distanza da lei?
La Mew Mew strinse meglio la pistola nella mano sinistra, accarezzando con insistenza il grilletto.
Al primo passo falso sarebbe stata pronta a colpirlo…
«Vedi, carina... ora vuoi sapere un po’ troppo, non ti pare?» Le mormorò lui, sprezzante. Con un movimento che la ragazza percepì a malapena, le circondò le spalle con un braccio e l’agguantò, tirandola a sé.
MewSugurì scattò rapidamente e con un guizzò puntò la canna della pistola contro la sua gola, gli occhi iniettati di sangue.
Questa volta fu Kisshu a rimanere senza parole.
Deglutì appena, tentando di non farglielo notare.
Allungò piano il braccio libero, afferrando con decisione il polso della ragazza nel tentativo di bloccarla o di disarmarla.
Lei sentì immediatamente la pressione applicata in quel punto e vi si oppose con ostinazione. Strinse i denti, mentre il suo braccio tremava visibilmente nel tentativo di resistere.
Aveva una forza fisica niente male...riusciva a contrastare la sua.
Peccato che non si fosse curato di bloccarle le dita...o il suo braccio destro.
Gli sferrò repentinamente una gomitata sotto le costole, liberandosi dalla sua presa. Poi afferrò saldamente la pistola con entrambe le mani e gliela puntò contro, facendo fuoco.
Lui venne colto di sorpresa dal suo contropiede, ma riuscì letteralmente a smaterializzarsi di fronte ai suoi occhi prima che il suo proiettile potesse colpirlo.
Lei sussultò, incredula.
Ecco il perché di quel suo fare arrogante...poteva eludere facilmente i suoi attacchi.
Aveva ragione a sospettare che fosse pericoloso.
Kisshu ricomparve a qualche metro d’altezza dal terreno, la mano sinistra premuta contro l’addome, pur tuttavia senza perdere il sorriso obliquo che aveva stampato in faccia.
MewSuguri mugugnò, stizzita.
Forse la gomitata non gli era bastata…
Aveva proprio voglia di dargli una bella lezione.
«Ti trovo divertente, lo sai?» Ridacchiò lui, dondolando sopra la sua testa.
Lei non si fece distrarre e prese di nuovo la mira.
Si coprì la bocca, soffocando una risata di scherno.
«La cosa è reciproca. Devo dire che sei un bersaglio perfetto!» Rispose canzonatoria.
Si preparò a sparare, ma il ragazzo anticipò qualsiasi sua mossa e svanì di nuovo, andando a ripararsi in un punto sicuro, lontano dal suo campo visivo.
La mora si guardò attorno senza riuscire ad individuarlo.
«Tks!» Grugnì semplicemente, abbassando l’arma.
«Time out, Tigrotta...per stasera ho giocato abbastanza con te!» Esclamò lui a voce alta. Il suo udito finissimo le fece capire che s’era riparato in un punto più alto, magari sopra un edificio od un tetto.
A seguito di quelle parole non percepì più nulla, eccezion fatta per un semplice fruscio.
Stette all’erta qualche secondo in più, solo per accertarsi che se ne fosse andato, e quando fu finalmente sola sciolse i muscoli rigidi per l’adrenalina, mandando un sospiro profondo.
Era finita.
Si sentiva così stanca…
Sbatté gli occhi piano, osservandosi attorno in silenzio.
Il parco era ormai deserto...
Non passò che qualche attimo prima che lei decidesse a raggiungere con un paio di balzi uno dei veicoli ammaccati abbandonati sulla carreggiata.
Approfittò della luce dei lampioni per potersi specchiare in uno dei finestrini, dai quali riuscì a mettere a fuoco il suo viso.
Orecchie morbide e striate sbucavano da sotto i suoi capelli e direttamente dalla sua pelle, proprio dove avrebbero dovuto trovarsi le sue orecchie umane.
Voltò il collo, guardandosi da più prospettive, scrutando con morbosa curiosità la sua figura riflessa.
Più prendeva coscienza di quella realtà, più le sembrava incredibile...
«La donna tigre...» Esclamò, scoppiando a ridere.
Tuttavia, scacciò in fretta quel pensiero.
Le sue sembianze non avevano nulla di normale, e quello strano tizio sarebbe tornato, ne era sicura.  
Si morse il labbro.
Se non trovava il modo di tornare al suo aspetto originale sarebbero stati guai...
Mentre rifletteva preoccupata sul da farsi, i suoi pensieri vennero bruscamente interrotti dal sibilo di sirene in lontananza.
Ad occhio e croce si trattava della Polizia, e stava giungendo proprio lì.
Sospirò.
Doveva andarsene immediatamente, o l’avrebbero scoperta...avrebbe pensato a come tornare normale non appena tornata a casa.
MewSuguri lanciò un’occhiata ovunque, accertandosi di non essere osservata e, con la complicità della notte, sparì tra gli edifici senza lasciare traccia.





***




MewIchigo si diede un’energica spinta con i polpacci, spiccando l’ennesimo balzo che, dal cornicione di un edificio, le fece raggiungere un tetto poco più avanti.
Si stava ormai abituando all’agilità straordinaria che le veniva conferita dai poteri del Gatto Iriomote.
Un vento fresco le sferzò il viso, facendo svolazzare i suoi capelli color caramella.
Si voltò indietro, lanciando uno sguardo alla sua compagna, MewMinto, la quale non arretrava il passo e la seguiva con la stessa velocità.
Sorrise, quando s’accorse del fatto che stesse usando le sue ali piumate per spostarsi.
Probabilmente, anche lei stava prendendo sempre più coscienza delle sue nuove abilità. Era entusiasmante potere avere un’alleata affidabile come lei, anche se a volte bisticciavano.
«Saremo quasi arrivate?» Le domandò, come a chiederle una mano.
Ryou aveva fornito loro le coordinate esatte del posto in cui dovevano dirigersi, ma doveva ammettere che non aveva un eccellente senso dell’orientamento.
«Dovremmo quasi esserci!» Esclamò la Mew azzurra, indicando un punto davanti a sé. MewIchigo seguì la direzione del suo dito, e scorse luci rossastre ed intermittenti che si riflettevano sulle facciate di alcuni palazzi, in quello che sembrava un piccolo quartiere.
La Mew gatto trattenne il fiato.
Shirogane aveva detto loro di aver percepito la presenza di un Chimero, eppure sentiva che quella sera sarebbe successo qualcosa di diverso.
Non riusciva nemmeno lei a comprendere il perché di quelle sensazioni…ma si fidava del suo intuito.
Non vedeva l’ora di accertarsene in prima persona per scoprirlo.
Accelerò lievemente il passo, e pochi secondi dopo il cicalino emesso dal suo ciondolo s’affievolì fino a spegnersi.
Erano finalmente arrivate.
Le due ragazze decisero di comune accordo di rimanere nascoste proprio lì, sopra quell’edificio, per osservare meglio la situazione prima di scegliere una linea d’azione.
MewIchigo s’aggrappò alle tegole spioventi del tetto e guardò verso il basso, tendendo le orecchie feline: il suo udito sarebbe potuto venire utile.
Si concentrò sull’origine delle luci intermittenti che avevano già scorto in lontananza. Ora erano molto più vicine.
Scorse chiaramente un gruppo di automobili scure in sosta disordinata in mezzo ad una carreggiata vuota.
I fanali sul tettuccio delle auto, di un rosso acceso ed abbagliante, erano ancora in funzione. Un gruppo di uomini in divisa esaminava la zona con circospezione.
Una pattuglia della polizia?
Ruotò gli occhi pochi metri più in là, e scorse un altro paio di veicoli visibilmente ammaccati e rovesciati a terra; l’asfalto distrutto, come se una belva l’avesse preso a zampate con lunghi artigli; e un tronco d’albero completamente sradicato, riverso a terra, che bloccava completamente il passaggio.
Strinse le labbra e scelse di osservare oltre, facendo una radiografia completa dell’area.
Un piccolo parco, con tanto di fontanella e giostre di legno, troneggiava a lato della strada.
Concentrò la sua attenzione su di esso, ma constatò che fosse deserto.
MewMinto, dopo lunghi secondi di silenzio, si voltò verso di lei, confusa.
«C’è stato sicuramente un Chimero qui, ma...» Suppose, incrociando le braccia, «...è già stato sconfitto.» Concluse.
L’altra la guardò di sottecchi.
«Tu dici?» Domandò.
In effetti, le sembrava un’ottima supposizione…
La ragazza con gli chignon annui convinta.
«Forse una nostra compagna se n’è sbarazzata prima di noi...» Ipotizzò.
La Mew gatto sussultò, a quelle parole.
«Una nostra compagna? Sarebbe fantastico!» Esclamò, portandosi una mano alla bocca.
«Già. Penso che dovremmo avvisare Shirogane...» Mormorò, afferrando il ciondolo tra le dita. «Shirogane...» Lo contattò lei, senza perdere tempo. «Siamo arrivate sul posto, ma crediamo che...»
«...che un nuovo membro abbia usato i suoi poteri, dico bene?» Dichiarò la voce dell’americano da oltre il terminale.
Le ragazze si guardarono stupite.
«Come lo sai?» Chiese incredula la Mew gatto.
«Dal computer riesco a percepire i segnali di trasformazione di voi ragazze...» Rispose lui, prontamente, «...ma...»
MewIchigo deglutì, impaziente.
«Ma…?» Borbottò.
Shirogane fece un sospiro.
«Ho percepito due segnali di trasformazione quasi in contemporanea...il primo l’ho perso, mentre il secondo si trova attualmente nell’Istituto scolastico Okumura.» Affermò, asciutto.
La ragazza dai capelli rosa storse il naso.
Non ne aveva mai sentito parlare.
«Istituto scolastico Okumura…?» Ripeté lei, perplessa.
«Vi mando le coordinate!» Replicò il biondo, chiudendo il collegamento.
Il cicalino riprese.
MewMinto lanciò a MewIchigo uno sguardo d’assenso, guardandola con le sue iridi blu cobalto.
«Andiamo ad aiutare la nostra compagna!» Mormorò la ballerina, con rinnovato entusiasmo: l’idea di conoscere una ragazza nuova sembrava piacerle quanto piaceva a lei.
MewIchigo annuì decisa, stringendo i pugni.
«Si!» Asserì di rimando, tutta impettita.
A quelle parole, dunque, la Mew uccello s’avviò velocemente in direzione sud ovest, intenzionata a non perdere secondi preziosi.
MewIchigo prese un bel respiro e riprese a correre, seguendola senza remore.





***




Retasu incespicò nei suoi stessi piedi nel tentativo impacciato di tenere il passo con le sue amiche, le quali la stavano malamente trascinando per i corridoi della scuola ormai deserti.
Lanciò uno sguardo alle ampie finestre alla sua destra.
Il sole stava già tramontando, ed era certa che tra pochi minuti si sarebbe fatto buio.
Sospirò, mordendosi il labbro.
Era rimasta a scuola per i laboratori pomeridiani e al termine aveva aspettato le amiche. Erano state proprio loro ad insistere di darsi appuntamento.
Non sapeva proprio cosa aspettarsi, ma voleva sforzarsi di pensare in positivo.
È vero, a volte erano ragazze un po’ scorbutiche ed arroganti, ma era certa che…
Le cose sarebbero solo migliorate, da lì in avanti.
Sì, se l’era ripromesso, però…
Deglutì, pensierosa.
Sei sicura di quello che pensi?
Retasu reagì con un sussulto intenso ed improvviso.
Quello che pensava...l’altra sé la metteva in difficoltà, a volte.
Era quasi come una farsi una doccia fredda in pieno inverno…
Le venivano i brividi.
In quel momento, optò per lasciare in sospeso quella spinosa domanda, concentrandosi piuttosto sul suo dolore al polso.
«Manami-san, mi fai male!» Si lamentò la ragazza con gli occhiali, gemendo.
Manami, infatti, la tratteneva per il polso destro mentre scherzava e parlava animatamente con Eiko e Rika**.
Sembrava quasi che a loro importasse poco e niente della sua compagnia…
Sospirò nuovamente, rimanendo in silenzio.
Seguì le ragazze su per un paio di lunghe rampe di scale.
S’aggiustò gli occhiali sul naso, guardandosi attorno.
Non ricordava di essere mai stata in quella zona dell’edificio…
«Ragazze, dove stiamo andando?» Abbozzò alle loro spalle.
Rika, la sua compagna dai morbidi capelli mossi color grano, si voltò a guardarla facendole un sorriso.
«Dobbiamo mostrarti una cosa. Sarà divertente!» Le disse solo, tornando ad ignorarla.
La vide ridacchiare insieme ad Eiko, che camminava a sinistra di Manami.
Oltre le scale, il gruppo si trovò di fronte ad una grande porta dalle ante bianche.
Retasu sbatté gli occhi, fissando la targhetta appesa al muro, sulla quale campeggiava la scritta «Piscina esterna Okumura».
«La...la piscina?» Balbettò, impaurita.
Non sapeva nemmeno che la sua scuola ne possedesse una, e nemmeno che fosse agibile...non ricordava l’esistenza di un club di nuoto.
Manami, l’amica dai corti capelli ramati, estrasse una chiave dalla gonna della divisa e la infilò nella toppa, facendo scattare la serratura.
Eiko si coprì le labbra con una mano, trattenendo una risatina.
«Manami, sei un mito!» Esclamò, lanciandole uno sguardo d’intesa.
Retasu osservò la scena con un filo di sbigottimento.
«Come fate ad avere questa chiave?» Borbottò la giovane dai lunghi capelli color lattuga, scuotendo la testa.
Manami la spinse dentro insieme a loro e richiuse piano la porta alle sue spalle, attenta a non farsi notare da nessuno.
«Oh, questo non è importante. Abbiamo scoperto una cosa.» Disse persuasiva, incrociando le braccia dietro la schiena.
«Devi venire con noi!» Replicò imperativa Rika, agguantando nuovamente Retasu per il polso, fino a condurla vicino al bordo della piscina.
Retasu le seguì con titubanza e strabuzzò gli occhi, quando s’accorse che la vasca era effettivamente piena d’acqua.
Eppure, la struttura sembrava non venisse usata da molto tempo.
Sentiva che c’era qualcosa di profondamente sbagliato in tutto quello che stava succedendo...
Rika la tirò giù con sé, accucciandosi vicino al bordo, poi indicò un punto al centro della piscina.
«Crediamo che sul fondo ci sia qualcosa che brilla, forse un gioiello...Manami lo ha perso proprio qualche giorno fa, e abbiamo il sospetto che qualcuno glielo abbia sottratto e lo abbia lanciato lì dentro per farle un dispetto!» Le spiegò la ragazza bionda. «Tu riesci a vederlo?» Domandò infine a Retasu.
Lei provò a sporgersi, tentando di vederci chiaro, ma ormai il sole era quasi calato ed era davvero difficile capire se ci fosse qualcosa.
«B-beh...non saprei, io non riesco a vedere niente!» Si giustificò la ragazza con le trecce.
«Come? È per questo che ti abbiamo portata fino a qui!» Si spazientì Eiko, incrociando le braccia sul petto. «Credi che ad una di noi salti in mente di entrare in piscina a controllare senza permesso?»
Retasu ruotò il collo, deglutendo della saliva.
Iniziava ad agitarsi, adesso.
«M-ma...perché non chiedete agli inservienti? Forse loro potrebbero aiutarvi più di me…!» Propose lei, timidamente.
A quelle parole seguì qualche secondo di silenzio.
«Beh...perché non provi a guardare più da vicino?» Proruppe Manami, che se ne stava ritta in piedi alle sue spalle.
Retasu s’irrigidì a quell’idea.
«No...non posso proprio farlo! Io non so nuotare!» Esclamò spaventata, portandosi le mani al petto.
Amava stare a mollo e sentire la sensazione dell’acqua sulla sua pelle, ma…
Questo non aveva niente a che vedere con le sue capacità natatorie.
«Retasu-chan, le ennesime scuse!» Intervenne a quel punto Rika, gonfiando le guance. Mentre lo faceva, lasciò la presa dal suo polso.
«M-mi dispiace!» Si scusò nuovamente lei, guardando sia Eiko che Rika.
Manami ridacchiò, alzando una gamba da terra.
«Non hai sentito cosa ho detto? Ti ho detto di andare a vedere più da vicino!» Ringhiò la studentessa dai capelli rossi, spingendola dritta in acqua con un calcio ben assestato alla schiena.
Retasu ruzzolò in avanti, cadendo malamente in piscina.
Un brivido di paura le percorse la colonna vertebrale.
Chiuse gli occhi per lo sgomento, rimanendo al buio.
L’acqua era fredda e vischiosa. Doveva essere sporca…
Avviluppava le sue gambe e le sue braccia come una corda impalpabile, che paralizzava i suoi muscoli.
Il cuore cominciò a batterle forte, e la paura le comandò istintivamente di tentare di restare a galla.
Si dimenò goffamente, con forza, allungando il collo e la testa verso l’alto.
«A...aiuto!» Gemette con voce tremante e disperata, ingoiando acqua dalla bocca.
Una sensazione immediata di rigetto la fece tossire violentemente, provocandole fitte acute al petto.
Lacrime di paura cominciarono a sgorgare dai suoi occhi azzurri.
«Guardatela come si dimena! Davvero pietoso!» Sentì dire da Eiko, tra una risata e l’altra. Si teneva la pancia nel vano tentativo di trattenersi.
«È tutta colpa tua, Retasu-chan!» L’apostrofò malignamente Rika, stando a guardare senza battere ciglio.
Infine, sentì Manami abbozzare una risata di scherno.
«Ragazze, lasciamola qui e chiudiamola dentro!» Esclamò divertita, sventolando la chiave che teneva tra le mani davanti alle amiche.
Loro la guardarono con ammirazione.
«Grande idea Manami! Andiamocene!» Propose a quel punto Eiko, voltandole le spalle.
Le tre s’allontanarono in direzione della porta, ridendo tra loro.
Retasu le scorse con la coda dell’occhio, una terribile sensazione di terrore che s’apriva nel suo stomaco.
Aiuto…
Gridava il suo cuore.
Aiuto!
Riuscì soltanto a pensare, muovendo disordinatamente gambe e braccia.
Nonostante i suoi sforzi non riusciva ad avanzare in nessuna direzione...come se fosse davvero in trappola.
Sentiva bruciare terribilmente i muscoli e il corpo diventare pesante come un macigno.
È colpa mia se succede tutto questo?
Retasu pianse ancora, sentendosi soffocare dai singhiozzi.
Morirò...in questo modo?
Si ritrovò a pensare, angosciata.
Era senza forze…
Chiuse gli occhi.
Si, forse...quella fine le andava bene…
Forse Eiko, Manami e Rika avevano ragione, lei era davvero un’incapace.
In fondo, non sapeva nemmeno nuotare...e neanche farsi dei buoni amici.
Era brava solo a nascondersi dietro le spalle altrui...e a tremare impaurita in qualunque situazione.
Retasu decise di smettere di muoversi e di assecondare l’acqua che le faceva tanta paura, affondandovi completamente il collo e smettendo di respirare.
Si, voglio solo...che questa agonia finisca…
Pensò ancora.
...che questa agonia finisca.
A quel punto, passarono infiniti attimi di silenzio prima che una voce sconosciuta irrompesse nella sua testa, facendola improvvisamente sussultare.
Sei certa di meritartelo?
Quelle parole rimbombarono nella sua testa, insistentemente…
Sputò aria dalla bocca.
Si sentiva calda, come se avesse la febbre…forse era quello che si provava mentre ci si abbandonava alla morte?
Retasu strinse i pugni, debolmente.
Sentiva di avere molti rimpianti, ma ormai era troppo tardi.
Avrebbe voluto essere più forte...
Sei certa di meritartelo?
Come in una formula magica, ripetuta più e più volte, qualcosa si risvegliò nel suo petto proprio in quell’istante.
Ogni cellula del suo corpo si riempì di rinnovata energia, attraversata da una scarica elettrica mai provata prima.
Aprì le mani, facendo scorrere l’acqua tra le dita.
Ora le pareva quasi di percepirla come una sua appendice, come se si sentisse parte di essa.
Ricordava di aver già provato qualcosa di simile.
Era una sensazione talmente piacevole...
Perché opporsi alla paura, quando si poteva...accoglierla?
Sei certa di meritartelo?
Domandò ancora quella stessa voce, limpida e chiara, come se l’avesse sempre conosciuta.
Era...la sua voce.
Spalancò gli occhi.
Non era più panico quello che sentiva scorrere nelle vene.
Erano tutti quei sentimenti e quelle sensazioni che aveva sempre taciuto, che aveva sempre represso solo perché...voleva essere accettata.
Solo perché aveva paura.
Eppure, era proprio lei a non accettarsi per come era realmente...
Provare ira, vendetta o frustrazione...non era sbagliato.
Le provavano tutti, e allora...
«Vai...» Sussurrò senza più esitare, facendo oscillare le dita.
A quel semplice comando l’acqua della piscina si mosse e tre fasci d’acqua s’alzarono in aria, dotati di vita propria.
Questi guizzarono con violenza verso la porta bianca da cui era entrata poco prima, spalancandone le ante con una certa facilità.
In lontananza, proprio nella direzione del corridoio, vide delle sagome sdraiate a terra. Dovevano essere le sue amiche, che colte di sorpresa dall’apertura improvvisa della porta, erano state sbalzate via proprio mentre cercavano di chiuderla dentro la piscina.  
Retasu strinse gli occhi, che ora brillavano di un’intensa luce verdognola, e fece un deciso movimento delle braccia.
«Retasu Tanets...» Mormorò, spalancando le dita.
Un paio di nacchere comparvero nelle sue mani in uno schiocco di luce, e la cosa le parve del tutto naturale.
Le accarezzò teneramente con i polpastrelli e dischiuse le labbra, pronta a proferire delle parole nuove.
Le sentiva ronzare nella sua testa…sembravano esattamente ciò che aveva bisogno di pronunciare in quel momento.
«Ribbon Retasu Rush!» Formulò.
I fasci d’acqua sospesi in aria attaccarono immediatamente i corpi delle ragazze a terra, avvolgendosi attorno ai loro colli sottili.
Strinse le nacchere nel pugno con più rabbia e così fece l’acqua, sua nuova e poderosa amica.
Incurvò le labbra in un ghigno quando le sue orecchie percepirono i dolci, flebili lamenti provenire dalle loro labbra.
No che non me lo merito.








***


* Sappiate che il richiamo al videogioco non è affatto casuale.
Infatti, per partorire 'sto Chimero, l'autrice qui presente ha preso spunto da una delle sue turbe mentali dell'infanzia, vale a dire...
* rullo di tamburi *
Jazz Jackrabbit.
Cosa non è Jazz Jackrabbit?!
Jazz Jackrabbit è un videogioco DA STURBO per pc basato su DOS datato 1994. Si tratta, chiaramente, di una parodia di Super Mario, solo che, al posto di impersonare un idraulico messicano spiaccicatore di funghi, puoi vestire i panni di un fottutissimo CONIGLIO VERDE armato di PISTOLA LASER e BOMBE, la cui personalità è una fusione tra Bugs Bunny, il classico eroe senza macchia e lo scugnizzo napoletano. Lo scopo del gioco è quello di salvare la principessa del pianeta natale di Jazz, tale Carrotus (xD) la quale viene rapita e rinchiusa nelle segrete dell'astronave spaziale di Devan - una tartaruga malvagia che, al posto della forza bruta di Bowser, si serve della geniale mente per sottomettere intere galassie - per il semplice motivo che Carrotus si rifiuta di sottomettersi al suo dominio e rappresenta così un focolaio della resistenza.
Inizia così il lungo viaggio - rigorosamente a bordo di un'astronave spaziale, s'intende - del nostro scugnizzo Jazz, il quale si ritrova improvvisamente ad essere un ricercato in qualsiasi punto della galassia.
Questo, però, non gli (ci) impedisce minimamente di approdare di pianeta in pianeta per liberarlo dal giogo di Devan, fino a giungere alla sua astronave spaziale. Qui, per ironia della sorte, ci scontreremo in una battaglia mortale contro un nostro clone gigante nero edgy ricreato in laboratorio, che comunque non riuscirà a sconfiggerci.
Eliminato l'ultimo ostacolo, Jazz può finalmente liberare la principessa e...bombarsela, cosa che la Nintendo non insinuerà mai in nessuna delle sue creature xD
Comunque, se siete curiosi/e di vedere il Chimero, aprite il video che trovate QUI ed andate al minuto 2.50.
(«Com'è che avverto somiglianze tra me e il coniglio spaziale?» nd Kisshu estremamente perplesso
«CHISSÀ ♥» nd Kuro nei fumi dell'estasi)

** «Esatto ragazze, diciamo BASTA agli alieni stuprati dalla moda! èoé» nd Kuro furiosa 
* «Che cazzarola sarebbe ‘sto Tekken??» nd Kisshu perplesso
* L’autrice lo fissa coprendosi la bocca con le mani, trattenendo a stento le risate *
** Come ho detto nel capitolo precedente, i nomi sono di fantasia.
Tanto per precisare: Manami è la ragazza coi capelli ramati e il caschetto, Eiko quella coi capelli corti e neri, Rika quella coi capelli biondi.  
Se vi sfuggono i visi delle “amiche” di Retasu, potete trovarli QUI



 
  
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