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Autore: Yellow Daffodil    07/11/2018    2 recensioni
Questa raccolta contiene tutte le One-Shot relative a "Io e te è semplicemente complicato", ovvero "Io e te 3", di cui il link: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3696063&i=1
Dalla OS 1:
Alessandro mi bacia di nuovo, appassionatamente e si insinua attorno alle mie forme con bramosia. So perché lo sta facendo: percepisce il mio momento di sconforto e cerca in tutti i modi, con tutti i mezzi che ha, di farmi stare meglio.
È così semplice e ingenuo, ma se non ci fosse lui, sarei persa.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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OS 6 - Il tradimento della Belladonna

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Attenzione: questa One-Shot fa parte di una raccolta di One-Shot relative alla storia "Io e te è semplicemente complicato" (più conosciuta con il nome di "Io e te 3"), di cui trovate il link qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3696063&i=1 o qui https://www.wattpad.com/455486419-io-e-te-%C3%A8-semplicemente-complicato-prologo

In particolare, questa è la sesta della serie di OS e si colloca, temporalmente, durante il capitolo 19 di "Io e te 3", ovvero "Per sempre e mai più". Vi raccomando di leggerlo prima di passare alla OS, onde evitare indesiderati spoiler.

Nel giro di 24 ore dalla pubblicazione di questa OS è prevista anche la pubblicazione della OS 7, a cui è temporalmente collegata.

Buona lettura! 

P.S. perdonatemi per la scarsa qualità dei banner; li ho creati alle 6 di mattina su un treno e con un gran mal di testa XD (non è vero, sono solo incapace)


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Il tradimento della Belladonna

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"Pierpaolo vuole parlare con te."

Ricevo questa comunicazione mentre mi sto versando del Brunello di Montalcino della riserva Benigni dal costo di trentaquattro euro al litro nel bicchiere. Prevedibilmente, mi si allenta la presa, quindi colpisco il calice che cade, si sbecca e macchia di viola la tovaglia bianca. Credo di aver accumulato centocinquanta euro di danni in soli quattro secondi. E mezzo infarto.

"Silvia!" mi volto verso la fonte dell'informazione con la faccia colpevole, accentuandola ancora di più quando vedo le sue condizioni. Ora all'ansia per aver recato danno agli oggetti di villa Magna si aggiunge anche quella di avere davanti la fidanzata del ragazzo che mi piace, nera di rabbia.

Le sue sopracciglia perfettamente ripassate con la matita sono corrucciate verso il basso e le labbra, solitamente piegate in un frivolo sorriso, puntano in giù. Temevo che avrei dovuto trovarmela di fronte, prima o poi.

Non sono mai stata l'amante di nessuno, eppure mi ci sento quando penso alla relazione tra Silvia e Pierpaolo e il mio infelice ruolo nel mezzo. Ruolo che un po' mi sono andata a cercare, ok, ma che per la maggior parte mi è stato attribuito da Pierpaolo stesso, dato che è lui il maghetto delle relazioni capace di far svanire e ricomparire i sentimenti con un tocco di bacchetta. Dopo il casino di poco fa, poi, è inevitabile che tutto sia giunto al punto di non ritorno.

Sicuramente la Trepalme mi odia con tutta se stessa. Se Nelli avesse saputo otto anni fa che ciò sarebbe successo, mi avrebbe ringraziato.

"Mi vuole parlare, dici?" boccheggio, indecisa su quanto amichevole sembrare, mentre il vino si espande sul tessuto.

"Già." conferma, impassibile.

"Spero stia un po' meglio, adesso."

Ma lei non è per niente disposta a fare conversazione e mi lascia con un semplice: "Ti aspetta di sopra nella camera dei ragazzi."

Deglutisco e ringrazio Silvia con un timido cenno. Tanto se n'è già andata via, non mi ha nemmeno guardato.

Al mio tavolo nessuno è più di tanto interessato a me e alle mie diatribe. Stanno seguendo quello che succede sulla pista da ballo, dato che dopo il discorso dei testimoni e il dolce, qualcuno ha fatto partire il karaoke e ora è tutto un gran piano bar.

I vini costosi di Benigni hanno riempito diversi bicchieri, quindi non c'è quasi nessuno di sobrio, meno che meno Diego e Magno, che stanno improvvisando un duetto sulla canzone "Gloria", il primo strisciandosi addosso al secondo e quest'ultimo puntando l'indice ora verso sua moglie ora verso Diego, come dimentico di chi dei due ha appena sposato.

Mi lascio alle spalle il matrimonio certa che nessuno si accorga della mia fuga e mentre raggiungo l'interno della villa a passo spedito, realizzo di avere le gambe molli. Quello che ho spanto sarebbe stato il mio primo bicchiere di vino, quindi non può essere per colpa dell'alcol. Sto così da questa mattina, precisamente da quando ho troncato una frase di Pierpaolo che ha sconvolto l'intera classe. Nonché la sottoscritta.

Senza ombra di dubbio è il motivo per cui ha richiesto di parlare con me.

Busso alla sua porta talmente piano che devo rifarlo una seconda volta, perché non mi sento affatto sicura. Non so a che cosa sto andando in contro e ho paura; per anni mi sono sforzata di ignorare i miei trascorsi con questo ragazzo, negli ultimi giorni è riaffiorato tutto di botto e adesso siamo appesi ad un "ti am-" pronunciato sotto l'effetto di allucinogeni naturali.

Quando lui si accerta che sono io, mi dà il permesso di entrare. Ma sta succedendo tutto così in fretta che quasi mi sembra trovarmi in una realtà parallela.

Spero che quel "ti am-" venga confermato o rinnegato?

Non saprei. Con la fortuna che ho, forse nemmeno si ricorda di averlo detto.

La camera di Pierpaolo è una delle più grandi della villa, perché è in comune con Amerigo, Marco e Francesco. I letti sono comodi, due singoli e uno a castello, ma è anche molto disordinata, essendo abitata da energumeni non civilizzati. Il letto più ordinato è forse quello di Natale, mentre attorno agli altri tre, sui comodini e sui pavimenti, si trovano oggetti di ogni genere.

Io odio il disordine.

Scavalco un pallone da calcio e una fascetta per capelli per raggiungere Pierpaolo, che si è seduto sopra le lenzuola, ma è avvolto da una coperta di pile con le iniziali di villa Magna ricamate ovunque.

Lui e Marco condividono lo stesso comodino; lo indovino notando la piramide di lettere contrassegnate da 'A Rachele' che occupano tre quarti della superficie e su cui Pier ha tranquillamente posato la sua tazzona di tisana depurativa. Così mi faccio coraggio e utilizzo questo argomento come apertura di uno dei dialoghi più imbarazzanti della mia vita.

"Marco ti uccide, se si accorge che usi le sue lettere come sottobicchiere."

"Non gliene importa." ribatte Pier, certo di avere ragione. "Non ha il coraggio di darle a Rachele. Le conserva qui solo perché il cestino è già pieno."

Quindi indica con il gomito l'angolo della stanza dove risiede il povero cesto della spazzatura strabordante di fogli appallottolati. Rabbrividisco per la sciattezza e per quanto tempo abbia sprecato Marco ad autocommiserarsi su inutili fogli di carta.

Poi, torno alla mia situazione tragica: "Non credo che quella roba sia molto buona comunque, vero?"

Lui guarda la bibita con malinconia: "Gloria mi ha detto: 'un litro al giorno toglie Gloria di torno'. Per fortuna che Magno ogni tanto la distrae, perché non si è accorta delle due tazze che ho già buttato nel water."

Sospiro: "Dovresti prendere la situazione più seriamente."

"Se avessi veramente rischiato la morte, ora stareste facendo un funerale invece di un matrimonio." mi ricorda, con un mezzo sorriso.

Grazie a questo gesto, sento la tensione distendersi un po', così lo ricambio, avvicinandomi a lui: "Come stai?"

Se oggi ho davvero un buon motivo per sentirmi agitata, generalmente mi ci sento comunque e non è affatto normale. Con i ragazzi è sempre stato così: non sono a mio agio, non sono rilassata. È come se ci fosse una barriera tra me e loro, contro cui ho il terrore di sbattere. Tutte le altre ragazze non hanno di questi problemi, o almeno non fino a una certa età; io invece sono un'adolescente perenne.

Con lui, poi, è sempre stato ulteriormente difficile. Forse perché è stato la mia prima vera cotta e mi sono traumatizzata anni or sono per uno stupido rifiuto, ma comunque ancora oggi mi traballano le ginocchia e mi sudano le mani quando devo approcciarmi a qualcuno, specie se questo qualcuno mi piace.

Se mi piacessero le donne, sarebbe tutto molto più facile.

O forse no, perché il problema sono io.

"Sto sensibilmente meglio." risponde Pier, facendomi cenno di sedermi sul letto. "Penso di aver espulso tutto."

"Come cavolo hai fatto a confondere quelle bacche?" gli chiedo, accomodandomi con le dovute distanze, sempre per il discorso che ho degli impedimenti di natura sociale.

"Che ne so. Ero sovrappensiero." si giustifica, facendo di spallucce. "Sono troppo simili alle bacche comuni e se non stai attento, rischi di sbagliarti facilmente."

"Ma avevi fame?"

"Ma no." mi guarda strano. "Dovevo testarle perché nella tesina parlo anche del sapore e dell'acidità. Sai che ogni tanto mi capitava di farlo, e solitamente ero sempre molto scrupoloso, ma stamattina, boh... non c'ero con la testa, ecco cosa. E il brutto è che la Belladonna crea dipendenza e assuefazione praticamente da subito."

"Sei troppo dedicato allo studio."

Pierpaolo concorda con un'espressione contemporaneamente orgogliosa e rassegnata: "Grazie a Dio ve ne siete accorti in tempo."

"È stata Silvia a dare l'allarme."

"Ma tu sei corsa più veloce di quanto avrebbe fatto chiunque altro." ci tiene a specificare, senza paura di guardarmi negli occhi. "Infatti, volevo davvero ringraziarti."

Naturalmente io divento bordeaux e sento il collo riscaldarsi per poi portare tutto il calore alle guance.

"Mai sottovalutare i cavalli." è la mia povera uscita.

Pierpaolo mi fissa per qualche secondo e poi scoppia a ridere: "Già. Mai sottovalutare i cavalli..."

Mentre l'imbarazzante riferimento all'illecita attività di scommesse che facevamo da minorenni mi fa sentire ancora peggio, il suo sorriso surriscalda fin troppo la situazione. È evidentemente molto più in sé di qualche ora fa, ma il trasporto con cui ride suggerisce che sia rimasto qualche residuo di esagerazione in lui, che lo fa sembrare ancora più disinibito e carino.

Maledizione.

"Come fai a stare così coperto? Si soffoca, oggi." butto lì casualmente, per giustificare il fatto che mi sia appena servita di una lettera di Marco per farmi da ventaglio. Se continuo così, finirà molto peggio di come avevo previsto....

"Ah, io non ho per niente caldo... anzi." spiega, raggomitolandosi ancora di più. "Tutto l'andirivieni verso il bagno mi ha fatto salire la febbre, credo."

Gli lancio un'occhiata generale ed effettivamente noto che è pallido e meno pimpante del solito. Pierpaolo mi ha sempre dato l'idea di un ragazzo in perfetta forma fisica e salute, perciò è strano vederlo così fiacco.

E comunque, nonostante ciò, riesce ugualmente a scatenare in me un subbuglio di ormoni per niente appropriato.

Credo che il fatto di non sfogare i miei istinti con nessuno - o meglio, di non averli mai completamente sfogati - mi porti ad essere eternamente frustrata, tanto che ogni qual volta in cui si verifica un evento piacevole, il mio fisico lo registra come anche sessualmente piacevole.

Marinella mi ha convinto ad incanalare il mio disagio davanti a dei porno, ma vi assicuro che non bastano. In più, mi vergogno tremendamente a parlarne, anche con lei, il che mi fa sembrare una frigidona fuori e una ninfomane in astinenza dentro.

Perché ho così tante difficoltà ad essere come tutti gli altri?

"Poi..." aggiunge Pierpaolo, suonando per la prima volta a disagio. "Ho appena concluso una provante discussione con Silvia. Già stamattina in condizioni normali mi è stato impossibile affrontarla, figuriamoci adesso che risorgo da un coma da intossicazione."

"Avete litigato?"

"L'ho lasciata."

Da-da-da-daaan.

Lo sapeva già il mondo intero, ma la conferma pronunciata da lui è come un 'visto, si stampi' che mi autorizza ad essere sollevata. Voglio dire, mi dispiace per Silvia e tutto sommato sono delusa per l'ennesima conferma che in campo amoroso Scilla è un vero disastro, ma d'altra parte stava diventando tutto troppo ambiguo e ingiusto.

E poi va bene, ammetto che c'è quella piccola e immorale parte di me contenta di non avere più una rivale così importante, se ipotizziamo che io abbia qualche possibilità con Pier. Senza contare che, comunque, anche io sono un vero disastro in campo amoroso. Solo, nel senso completamente opposto.

"Mi dispiace." commento con quest'enorme cliché, in mancanza di parole più accorate da proporre.

"Era come se non fossimo già più insieme da un pezzo." osserva, a sua volta per niente turbato. "Anche lei l'aveva sospettato, solo che non era d'accordo nel chiudere tutto quanto."

"Voleva rimanere con te?"

"Sì." mi racconta. "Ha detto che può capitare di perdere il mordente, ogni tanto, ma che almeno si può tentare di risolvere, prima di prendere decisioni definitive."

"Strano. Non la facevo tipo da lottare per una relazione."

"Nemmeno io. Ma l'ha detto pure lei che stava cercando di cambiare."

"Solo che tu non vuoi cambiare?"

Pierpaolo mi guarda a lungo negli occhi e, stavolta, sostengo anche io lo sguardo, perché sono curiosa della sua risposta. Per quanto la stia temendo, è fondamentale.

"No." dice quindi, infine.

E non è quello che avrei voluto sentire.

"Capisco."

"Federica." Pierpaolo prende un profondo respiro, che mi riscuote e mi mette il terrore. Sicuramente è ciò che prelude al cuore dell'attuale faccia a faccia, quindi a momenti saprò per certo che cosa prova per me. Ho sempre pensato di saperlo, ma dopo oggi sono così confusa e ho paura di rimanere delusa per la seconda volta.

Siamo sempre e solo amici o siamo qualcosa di più?

"Al telefono poco fa ti ho detto delle cose poco rispettose." esordisce, serio. "Ti chiedo scusa. Soprattutto perché l'hanno sentito anche tutti gli altri e non è stato carino."

Ridacchio, al massimo della tensione: "Erano complimenti non da poco."

"Penso veramente che tu sia sexy."

Oh, cielo.

"E vorrei... cioè, se mi capitasse di finire a letto con te, non mi dispiacerebbe affatto." in questo momento alza gli occhi e il mio cuore finisce davvero chissà dove. "Però tutto il resto merita un discorso a parte."

Ecco, lo sapevo.

"Che cosa sarebbe tutto il resto?" mi precipito a chiedere, troppo poco lucida per sforzarmi di avere contegno.

"Il resto delle cose che ho ammesso. Quelle più sentimentali."

Non ha nemmeno il coraggio di ripeterlo.

"Fede, mi voglio spiegare bene con te, ok?" si arresta un secondo, mettendosi più comodo sul letto per essere sicuro di mantenere il contatto diretto con me. "So di averti già fatto soffrire una volta. So che per quanto futile, quella cosa di anni fa ti ha fatto perdere fiducia in me e forse anche nell'amore in generale e per quello, te lo giuro sulla mia laurea magistrale in matematica, mi dispiace. Ero un ragazzino deficiente e probabilmente lo sono ancora. Ho questo problema che so fare il serio in tutte le cose della vita, tranne le relazioni."

Mi ritraggo, il calore delle guance che scende verso il collo e abbandona il mio viso.

"L'ultima cosa che voglio è farti del male." afferma, mentre allunga le braccia verso di me e lascia cadere la coperta dalle spalle. "Ed è proprio per questo motivo che ti devo parlare. Ci ho pensato per giorni e giorni e se questa mattina mi sono sbagliato ingerendo delle bacche mortali, anziché quelle commestibili, è perché mi stavo arrovellando per te. Per che cosa dirti e come dirtelo. Non per quello che è successo con Silvia."

Anche se le sue mani sulle mie braccia mi fanno sentire più viva che mai, il resto del mio corpo si è irrigidito, quasi immobilizzato: "Onestamente, nemmeno questa mi sembra una cosa molto carina da dire."

"Lo so. Lo so." sospira, arrabbiato con se stesso. "Difatti sarebbe stato tutto meglio organizzato, se nel frattempo la Belladonna non mi avesse tradito."

Mi scappa una risatina amara per tutta la trama di significati che può contenere quest'ultima frase.

"Però, vedi, è questo il punto del discorso." dice, e in seguito snocciola finalmente e in modo fin troppo diretto la verità. "Che attualmente non posso essere ciò che tu vorresti. Non posso stare con te perché sono scostante, perché non riesco ad impegnarmi e se è per questo, non ho neanche idea di come si faccia. Non penso nemmeno di volerlo, ad essere sincero... o comunque, non adesso."

Deglutisco, costretta a far fronte a un bruttissimo ed enormissimo, gigante senso di delusione.

Mi sta rifiutando.

Ancora.

"Io non sento il bisogno di avere una relazione stabile." illustra ulteriormente il concetto, come se già non l'avesse espresso senza pietà, né mezzi termini. "Non che l'abbia mai sentito, ma comunque non è ciò che farebbe per me. Chissà, magari fra un paio di anni assolutamente sì, ma ora voglio essere libero, privo di vincoli. Voglio viaggiare e fare esperienze lavorative di vario tipo. Ci tengo a prendere il master e poi fare carriera. Tutto il resto sarebbe una limitazione troppo grande."

"Lo riassumo in altre parole." mi schiarisco la voce, togliendo le sue mani da me. "Vuoi scopare e basta."

Lui non smentisce, tuttavia si rattrista: "Non voglio litigare con te. Penso che dirti queste cose onestamente sia un segno di rispetto nei tuoi confronti."

"Discutibile."

"Sto cercando di essere più sincero possibile, perché tu sei importante per me."

"Come amica."

"No." mi corregge subito, spontaneamente, e forse anche troppo.

Difatti, sembra essersi un po' pentito di averlo detto, e fa salire una mano alla nuca per grattarsi nervosamente: "Se vuoi la verità, per me sei più di un'amica."

"Più di un'amica, ma meno di una fidanzata."

"Esatto." conferma. "Perché una fidanzata per me non è come una fidanzata per Magno o Diego. Le mie fidanzate rimangono tali per troppo poco tempo, per questo non voglio che anche tu lo diventi."

"Parli come se fossero leggi esterne a decidere tutto ciò, ma in realtà non sei soggetto a nessuna limitazione che non sia imposta da te stesso."

"E questo l'ho ammesso, Federica." mi ripete, calmo. "Ho ammesso che è una scelta mia, o un problema mio, come ti pare. Ma non credere che ti stia friendzonando. Se potessi congelarti qui e poi scioglierti quando sarò pronto per una relazione stabile, lo farei. Ma nemmeno questo mi sembra giusto. Cioè, se tu volessi mantenere quello che abbiamo ora, senza ufficializzazioni, io sarei il ragazzo più felice della Terra, ma so che quello che ti sto dicendo te lo impedirà, esattamente come l'ha impedito un tempo."

"Eh certo, lo impedirebbe a qualsiasi ragazza con un po' di cervello!" sbotto, indignata. "Mi stai praticamente chiedendo di essere una scopamica senza pretese che rimane in standby per quando avrai deciso di rendere il tuo pene privato."

Ops, la rabbia mi rende volgare.

"Infatti non te lo sto chiedendo." rimarca, irritato dal mio attacco. "Come tu non stai chiedendo a me di diventare il tuo ragazzo."

La sua osservazione, estremamente intelligente e lucida, mi colpisce nel vivo e mi lascia senza idee per controbattere, perciò è lui che continua a portare avanti l'opera di esplicitazione di concetti che per anni abbiamo lasciato sottintesi.

"Ti ho solo detto che utopicamente lo vorrei." aggiunge dunque, riferendosi ai desideri espressi poco fa. "Ma so che vali molto di più di questa mia avversione all'impegnarsi sul serio."

Le sue parole mi infastidiscono troppo. Stare qui sta diventando insopportabile, così vicina a lui quasi da sentirmi mancare il respiro, così mi alzo in piedi e cambio letto. Mi siedo su quello di Marco, mentre ho ancora in mano la sua lettera e mi rendo contro di averne distrutto un angolino in preda all'ansia.

"Io penso che impegnarsi sul serio non dipenda solo da se stessi, ma anche dalla persona per cui ci si impegna." contesto, inspirando un po' di sana distanza dal genere umano. "Se trovi qualcuno per cui ne valga veramente la pena, allora devi cogliere l'attimo. E se non vuoi cogliere l'attimo, significa che non ne vale veramente la pena."

Pierpaolo si porta una mano alla fronte per massaggiarla, stanco e dolorante: "Ho sempre avuto un debole per te."

"L'hai avuto per un sacco di gente. L'ultima è uscita mezz'ora fa da quella porta."

"No, è diverso." afferma. "Con te è diverso. Ma non lo so spiegare."

Incrocio le braccia: "Ho visto."

"Ogni volta che parli con un ragazzo o che qualcuno ci prova con te, sono geloso. Tremendamente geloso."

"Beh, sono occasioni più uniche che rare."

"Per fortuna." ribatte. "Perché se ogni volta fosse come con Natale, sarebbe un casino. Quando stavi insieme a lui, mi veniva difficile anche solo starti intorno, perché mi provocava un enorme fastidio. Continuavo a ripetermi che il problema era lui, che era lui che non sopportavo, invece alla fine ho dovuto ammettere a me stesso che non importa chi ti stia accanto, il fatto è che vorrei che non ci fosse nessuno."

"Se vuoi il posto, accaparratelo, perché non resterà per sempre vuoto."

"So che se un giorno volessi la donna giusta, verrei a cercare te." risponde, triste. "Ma non è questo il giorno, Fede. Mi dispiace."

Schiocco la lingua e mi sforzo di non indugiare sulle frasi carine che infila tatticamente nei suoi discorsi: per quanto toccanti e inaspettate esse siano, si tratta sempre e comunque di un magistrale due di picche.

E poi non riesco nemmeno a credergli.

Non può dispiacergli davvero. Se gli dispiacesse davvero, non mi starebbe mandando via. Se fossi la donna giusta, ogni giorno sarebbe il giorno per volermi.

"Allora perché ti sei riavvicinato a me proprio ora, Scilla?" sbotto, iniziando a prendermela con l'altro angolino della lettera.

"Perché tu l'hai fatto." risponde con ovvietà.

E nella mia testa, ahimè, mi trovo costretta a confermare. Sono stata io a voler portare i cavalli nel bosco alla stessa ora in cui lui andava a fare jogging, ho fatto io in modo che ci incontrassimo casualmente, poi io ogni mattina seguivo lo stesso percorso, finché non è diventata un'abitudine di entrambi. Ma se io me ne fossi stata buona, lui avrebbe continuato a trattarmi con la solita indifferenza.

Allora perché io mi sono avvicinata di nuovo a lui?

"Speravo che sarebbe stato come sempre." aggiunge, vedendomi corrucciata e fremente. "Quella situazione di stallo fra noi, avrei voluto durasse di più. E non perché non volessi di nuovo il nostro legame, quello mi è sempre piaciuto da pazzi, fin dal liceo, ma perché so che su di esso non la pensiamo allo stesso modo."

"Non l'abbiamo mai pensata allo stesso modo, purtroppo."

"Già. Ma devi sapere che da quando Natale ti ha fatto quel brutto tiro, anni fa, io ho capito delle cose." continua. "Innanzitutto, mi ha fatto perdere la ragione come nient'altro al mondo ci era mai riuscito. Di mio, non avrei mai preso a pugni qualcuno, men che meno mettendomi in mezzo a dei rapporti che non mi riguardano, ma quella volta ho capito che non potevo sopportare il pensiero che la gente prendesse in giro te o che facesse del male a te. Quindi, costi quel che costi, io non avrò quel ruolo, Federica. Non ti voglio fare del male." ripete, come se non l'avesse già detto un sacco di volte.

Difatti, mi riferisco a questa assurda conversazione provocandolo: "Sei sicuro di aver scelto il metodo giusto?"

"Sì, sono sicuro. E sono anche sicuro che non mi capirai mai. Non capirai quello che ti sto dicendo, né ti sembrerà giusto. Ma io mi conosco, so come sono fatto e so che questo è il modo per evitare di complicarci la vita. Se c'è una cosa che quell'idiota del mio migliore amico mi ha insegnato, è che le relazioni non sono un gioco. Io per il momento mi sento solo di giocare, Fede, e non voglio coinvolgere te in questo."

Scuoto la testa.

Non sono d'accordo.

Non sono per niente d'accordo con lui.

"Tu non solo non vuoi una relazione." dico, alzandomi in piedi e guardandolo con disprezzo. "Tu non vuoi me."

Apre bocca per dire le solite scemenze, ma lo blocco: "E smettila di trovare patetiche scuse della serie che non sei pronto o che stai preservando la felicità di entrambi, o che io sono la donna della tua vita, ma il tempo non è dalla nostra parte. Tu..." stringo forte i pugni per non lasciare che la mia mano gli colpisca la guancia: "Sei solo un coglione."

Pierpaolo gira il volto dalla parte opposta, forse offeso o ferito da quest'accusa, che dal mio punto di vista è più che meritata. E anche incompleta.

"Sei uno stronzo, sei superficiale e sei addirittura così spregevole che hai avuto il coraggio di dirmi tutte queste stronzate direttamente in faccia." di nuovo il calore torna ad irradiare le mie guance, stavolta facendomi letteralmente ribollire il sangue. "Dopo che avevi appena scaricato un'altra ragazza, tra l'altro."

Lui rimane muto e con gli occhi bassi. Ma d'altronde, era prevedibile.

"Hai ragione a dire che non ti capirò mai." decreto. "Perché non hai senso."

Non so se le mie parole lo stiano colpendo o sollevando, e ancor meno lo capisco quando sussurra un sommesso "Mi dispiace".

"Dispiace anche me, un sacco, perché, Dio mio, tu mi piaci ed è dalle superiori che vorrei anche solo baciarti. Esatto, nemmeno finire a letto con te, ma baciarti, come una cretinetta di dodici anni che va in paranoia per la sua nuova cottarella. In questi giorni ritrovo quel sentimento, mi affeziono a te come se fosse tutto passato, tu molli la tua ragazza e oggi mi dici pure che mi ami. Ma poi mi metto di fronte a te, cadendo per l'ennesima volta nello stesso errore, rendendomi vulnerabile e sperando che finalmente tutta la mia paranoia si trasformi in un lieto fine. E a quel punto tu cosa fai? Mi rifili una sfilza di ragionamenti infondati e aridi, semplicemente per rifiutarmi di nuovo, come se il tempo, da quella sera delle superiori, non fosse mai passato."

"Quello che ho detto... quel ti amo." sussurra, apparentemente senza una connessione logica a ciò che gli ho appena rinfacciato. "Era chiaramente fuori luogo ed esagerato e per nulla filtrato dal cervello." alza gli occhi contornati dalle occhiaie. "Però proprio per quello l'ho detto."

"Non ti voglio neanche più ascoltare, Scilla." asserisco, disinteressata alle sue affermazioni incoerenti e, in generale, alla sua grandissima inconsistenza. "Se mi vuoi, mi prendi." inspiro, lasciando apposta una pausa nel mezzo. "Altrimenti, non parlare di amore."

E decido di concludere qui tutta la questione.

Non dico altro e lui non dice altro, che gran novità, e me ne esco dalla stanza sbattendo la porta e... un grande applauso per non aver fatto in modo che cambiasse qualcosa in tutto questo tempo.

Forse il momento di cambiare è adesso.

Forse quella che deve cambiare sono io.

Basta rimanere ancorata a chi non riesce ad andare avanti.

*

Ok, tutta l'autodeterminazione e il furore con cui ho lasciato la stanza di Pierpaolo se ne sono andati.

Ora mi trovo sul terrazzo di Villa Magna a fissare la gente sotto di me che brinda e canta e festeggia e mi sto obbligando con ardore di non piangere.

Non voglio e non devo piangere per ciò che è appena successo.

Perché? Perché è sbagliato.

Enormemente sbagliato.

Tutto quello che ha avuto luogo dalla smusata delle superiori a oggi rientra nella categoria, perché da quel giorno mi sono arenata in un paradosso, mi sono fossilizzata su una persona come Pierpaolo e non sono più riuscita a passare oltre a nulla.

Uno così non è uno che vorrei al mio fianco.

Voglio dire, pensavo di sì, perché è attraente, simpatico e intelligente. Perché abbiamo un'ottima affinità, perché mi capisce, perché mi appassionano i suoi discorsi.

Finché rimane tutto su quel piano, Pier è la persona perfetta, ma poi quando le cose iniziano a farsi serie, tutto cambia. Non è possibile fidarsi di lui, non è nemmeno più lui quello che parla e dice delle cavolate così grandi. Per quale ragione non me ne sono accorta prima? Pierpaolo è fantastico, ma non è capace di amare. Non ha mai amato nessuno.

Mi ero illusa che potesse amare me?

Certo. Sicuramente si tratta di questo.

Ma che enorme stupidaggine.

Anni della mia vita persi così, traumi autoinflitti senza ragione, praticamente, un ciclo continuo di illusioni a cui mi sono appesa perché avevo paura che cadere facesse male. Invece mi sarebbe servito... avrei dovuto farlo molto prima.

Avremmo dovuto chiarirci, per l'amor del Cielo, o meglio, io avrei dovuto farmi avanti e dirgli che la cotta non mi era affatto passata, perché lui era già stato molto chiaro una volta, ma evidentemente, non ho voluto capire.

Anche Nelli ha fatto il mio stesso errore di chiudersi in se stessa e lasciarsi sopraffare dall'insicurezza, ma lei ne aveva motivo. Il suo amore per Mattia è innanzitutto vero e poi corrisposto; senza quello non sarebbe semplicemente lei. Poi, ok, loro sono due emeriti deficienti, ma comunque una base solida c'è.

Io una base nemmeno ce l'ho per me stessa, figuriamoci per un rapporto con il prossimo; sono da sempre solo una ragazza problematica e antipatica, che ha pochi amici e quelli che ha li tratta pure male. Il perché è a tutti sconosciuto: forse ha ragione Giorgia, forse dovrei solamente fare più sesso e la vita tornerebbe a sorridermi.

Rigiro la lettera tra le mie mani, nervosa.

L'ho stropicciata e pure rotta, ma non l'ho ancora buttata la qualche parte. L'ho tenuta come antistress, perché non potevo strozzare Pierpaolo e allora ho accartocciato le parole di Marco, come alternativa pacifista.

Da qui su vedo Rachele giocare a bordo del laghetto, ma non c'è nessuno dei suoi genitori con lei. Marco dev'essere ancora nelle cucine a sistemare dopo il pranzo, mentre Giorgia chiacchiera con Vacca... e Nelli è sparita dalla circolazione assieme a Mattia. Mi viene da ridere; a questo mondo tutti sono bravi a rimproverare tutti, ma nessuno sa risolvere i propri casini.

Quante ramanzine non ho fatto a Marco per come gestire i suoi problemi, quando non avevo realizzato che solo un quarto dei miei? Quante volte lui e Giorgia non hanno rinfacciato a me di essere solo una repressa del cavolo e ora non riescono neanche a scusarsi con la loro bambina?

Povera Rachele... penso, scuotendo la testa e guardandola mentre insegue Filippo e Vittoria. Le cose sono difficili già adesso per lei; figuriamoci quando passerà per l'adolescenza e poi sarà un'adulta disagiata come noi.

Io odio essere cresciuta così male.

A questo punto, do le spalle al panorama e mi lascio scivolare lungo il muretto per sedermi con un gran sospiro.

Anche se vorrei tanto, non devo piangere.

Non lo accetto da me stessa.

Se sono finita qui è per colpa mia. Non sono mai stata capace di darmi una svegliata, non ho mai avuto l'atteggiamento giusto di fronte alle difficoltà, sono uno stupido riccio del cavolo, che si chiude in se stesso ogni volta che ha paura e non fa altro che pungere il prossimo, mentre tutt'attorno la vita va avanti.

Sono triste per essere stata bidonata in questo modo e perché ho ancora e avrò sempre un debole per Scilla, nonostante sia uno stronzo. Ma so che, indipendentemente dal fatto che ormai lui ha deciso e che, no, non mi verrà di certo a prendere, non dovrei piangere.

Pierpaolo non cambierà idea e io non devo sperare nel contrario, né soffrire perché volevo che andasse tutto diversamente fin dalle superiori. Sono io che avrei dovuto fare qualcosa, anziché aspettare che un miracolo piombasse dal cielo.

Per non scoppiare al colmo della sopportazione di me stessa, decido di aprire la lettera per Rachele e leggerla. O quello, o la distruzione del foglio in mille pezzettini intrisi di rabbia.

In questo momento di autoanalisi, mi sto sentendo in colpa pure per la situazione di Marco. È vero che ho sostenuto delle tesi in cui credo, ma non l'ho fatto nel modo giusto. Il mio atteggiamento nei suoi confronti è stato sbagliato e inopportuno; purtroppo non ci ho mai dato il giusto peso perché ero presa da altro, tipo me stessa e le mie stupide convinzioni.

Ma in fondo dall'alto di quale saggezza mi sono permessa di criticarlo?

Cara Rachele,

questa è tipo da ventiseiesima lettera che ti scrivo. Mi sforzo di essere vario, ma mi sono reso conto che sto iniziando a ripetermi; non ho molta fantasia.

Chi sono io per dirgli come fare il papà? Che importanza ho preteso di avere nella sua vita e soprattutto in quella di Rachele? Io che non ho mai nemmeno fatto l'amore con qualcuno.

Però mi piace scrivere queste riflessioni, perché immagino quale faccia potresti fare, un domani, quando le ritroverai in qualche cassetto e io sarò un marinaio solitario con le ancore tatuate sugli avambracci e i capelli bianchi. Ovviamente li tingerò e, no, niente rughe, perché non è previsto dal nostro patrimonio genetico. Noi Ravasi siamo semplicemente perfetti. Immaginami come un vecchio marinaio molto figo, tipo George Clooney. No, vabbè, manco lo conosci. Facciamo che sarò come... com'è che si chiama quel tuo idolo? Ah, ecco, Harry Styles. Sarò come Harry Styles da vecchio, però con i tatuaggi a forma di ancora sugli avambracci.

Mio Dio, Marco.

Ovviamente, sto scherzando.

Non sono perfetto, principessina mia adorata, ma anzi ho molti, molti difetti. E faccio molti, molti sbagli. Però probabilmente diventerò davvero un marinaio tatuato, se tu non mi parlerai mai più. Volevo essere il nuovo Alessandro Borghese, ma come faccio, se non riesco neanche più a sorridere?

Borghese sorride sempre. E lo sai perché noi adoriamo guardare Quattro Ristoranti. Assieme, ci piace fare tutto.

Mugolo, intenerita.

Il fatto è che ho sempre avuto ancora più diffidenza nei confronti di Marco di quanta già ne abbia di mio verso l'intero genere maschile. La nostra rivalità di quand'eravamo piccoli è sempre un po' rimasta e... del tutto immotivato è il risentimento che ancora oggi ne deriva.

Chissà, forse è solo invidia perché lui è stato sempre molto più risoluto di me. Credevo che fosse solo molto più fortunato, ma sono arrivata a realizzare, non da molto tempo, purtroppo, che la fortuna non c'entra davvero nulla, in certi casi.

Siamo noi a decidere chi essere e Marco è molto consapevole di questo, a differenza della sottoscritta.

Ad essere onesto, ho pensato di stare sbagliando sin dal primo momento in cui ho saputo della tua esistenza.

Mamma e io eravamo molto piccoli e, a quell'età, avere la responsabilità di una reginetta urlante come te non è proprio una mossa logica. Quando sei nata, poi, ho pensato per un po' di tempo che avevo sbagliato a metterti al mondo, perché il mondo non era abbastanza accogliente per te e io non avevo la minima idea di come renderlo tale. Mamma era super spaventata, avresti dovuto vederla, e io lo ero ancora di più.

Ma crescendo tu hai fatto crescere noi.

Qualche parola è illeggibile, ormai, per colpa della mia ansia da strappo, però riesco comunque a capire che cosa c'è scritto.

E mi sto quasi sorprendendo di come ciò che Marco scrive sia esattamente ciò che dice e pensa. È così... vero.

Guardandomi indietro, sono riuscito ad apprezzare ogni singolo "sbaglio". Anzi, ora tutto quel che ho fatto per me non è un errore, ma una fortuna. Tu sei la mia fortuna, Rachelina dolcissima, e se dovessi tornare indietro, rifarei tutto quanto.

Ma devi capire che proprio perché mamma e io eravamo piccoli e molto scemi, non possiamo aver fatto sempre i passi giusti al momento giusto. Ti assicuro che io a lei vorrò sempre bene e lei ne vorrà a me, perché anche se non siamo il vero amore l'uno dell'altra, il vero amore lo abbiamo creato, insieme. Ma il vero amore è così difficile da creare quanto da trovare; solo quando l'avrai tra le mani lo capirai, tesorino mio meraviglioso; prima, dovrai solo fidarti di chi l'ha conosciuto davvero.

E so che del tuo papà scemo non ti fidi e non ti fiderai più per anni o, forse, per sempre. Ma io spero comunque, con tutto me stesso, che saprai farmi amare il mio sbaglio ancora una volta. Spero che un domani, voltandomi indietro, mi sentirò ancora incredibilmente fortunato.

Perché io sarò qui sempre. Io ti aspetterò ovunque. Per quante persone allontanerò e da quante persone sarò allontanato, tra le mie braccia ci sarà sempre e solo posto per te. Sei tu il mio unico, vero amore, Rachele.

Non dimenticarlo mai,

Papà

Oh mio Dio.

Sto piangendo.

"Accidenti!" impreco a denti stretti, asciugandomi gli occhi con irruenza.

Non dovevo assolutamente leggere questa roba. Non dovevo piangere!

Guardo in alto, facendomi volontariamente accecare dal sole e sperando che senza sbattere le palpebre i miei occhi si secchino.

Maledetto Marco.

È davvero dura trattenersi dopo tutto questo, ma non posso rovinare gli sforzi, né scendere al matrimonio con il mascara colato e il trucco sfatto. Sarebbe come uscire con un'enorme freccia rossa puntata sulla testa e una scritta che mi passa davanti a mo' di sottotitolo dicendo: Guardate a cosa hanno portato i miei errori.

Ah, gli errori. La paura di sbagliare.

È ciò che paralizza anche il più sicuro di noi e che, alla fine, lo fa sbagliare in modo ancora più deleterio.

Sono così carica di rimpianti che la lettera di Marco mi ha letteralmente preso a calci la coscienza. L'amore non è un gioco per niente. Nessuno ha la più vaga idea di cosa significhi, finché non ci è dentro. E vista così, potrei addirittura arrivare a capire certe affermazioni di Pierpaolo.

In ogni caso - penso, mentre mi alzo in piedi e mi sventolo la faccia con il foglio per far asciugare i residui di pianto mancato - questa lettera non può rimanere a me.

Non posso assolutamente lasciare che parole e sentimenti del genere esauriscano il loro potere in un'anima arida come la mia. Ormai io la speranza me la sono giocata, ma in un cuore ancora tutto da riempire, queste parole sarebbero un'arma incredibile.

Se Marco si è arreso, è perché in questo momento è bloccato da quella stupida paura. Ma non sa che lo sbaglio più grande potrebbe essere ancora da commettere; potrebbe fare come ho fatto io, chiudersi, sparire e diventare un'anonima Federica Di Mario che si è persa il meglio della vita.

E so che probabilmente mi ammazzerebbe, se venisse a sapere ciò che sto macchinando, ma attualmente non mi importa. Ho sempre sbagliato pure io; questa volta so che stare dalla parte dell'amore, quello vero, non sarebbe affatto un errore.

Discutendo con lui in questi giorni, mi sono schierata in tutto e per tutto con Rachele e proprio perché mi immedesimo in lei, nel suo sentirsi rifiutata, nella sua paura di aver perso delle persone importanti, so che questa lettera è quello di cui ha bisogno.

Sono sicura che se lei potesse vedere queste parole, scenderebbe a patti con la delusione e il senso di impotenza. Magari non subito, ok, ma alla lunga, questo potrebbe essere la salvezza del loro bellissimo rapporto.

E non posso lasciare che si interrompa così, perché - mio Dio - è la cosa più bella che esista.

Dunque, mi faccio coraggio e mi decido a ritornare di basso, speranzosa che il matrimonio non ci metta troppo a volgere al termine, per lasciare a tutti il tempo per piangersi addosso.

Scendo le scale un po' a rilento e prima di arrivare al piano terra, faccio una deviazione per la cameretta di Rachele.

La esamino rapidamente e poi vedo ciò che potrebbe fare al caso mio. Non sono convinta di farlo finché non finisco davanti al suo maglioncino giallo, pieno di paillettes, identico a quello che anche Vittoria porta sopra il vestito da paggetta e che Gloria ha fatto cucire appositamente. Rachele l'ha lasciato di sopra, ma ormai è il tramonto e fra poco le servirà.

Qualcuno verrà a prenderlo, o magari manderanno lei, o magari ci verrà da sola.

Non so se faccio bene, però sento che è davvero la cosa giusta.

Alla fine, quando ritorno in giardino, sono distrutta ed estremamente triste, ma soddisfatta della mia decisione.

***


ANGOLO AUTRICE

Sono sicura che questa OS creerà due fazioni nemiche.

Una delle due vorrà uccidermi male, l'altra festeggerà. Giusto per non farci mancare nulla, aggiungo anche che l'idea originale al principio di Io e te 3 era di far mettere insieme Pierpaolo e Federica. Ma poi va sempre tutto a rotoli.

Non vi annoierò oltre con i miei sproloqui; ci tenevo solo a dire che questa sia questa OS che la prossima che leggerete entro 24 ore, sono un po' interpretative. Nel senso che alcuni aspetti, come magari il finale, li ho lasciati nelle vostre mani, di modo che siate voi a fare delle ipotesi o a dare determinate chiavi di lettura piuttosto di altre. Sarà interessante vedere come avete interpretato le due. Poi, comunque, andando avanti con la storia principale avrete modo di confermare o meno le vostre ipotesi.

Lascio a voi l'onere di darmi dei pareri o di comunicarmi quanto mi odiate per avervi fatto struggere su una ship che dopo ben 7 anni è finita nel cesso. Niente domande, sono sicura che ne avrete da dire comunque.

A prestissimo con la OS numero 7, il cui titolo, rivelazione speciale per voi che siete arrivati a leggere fino a qui, è "Hallelujah". Sciao!


Daffy


***


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