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Autore: Yellow Daffodil    08/11/2018    3 recensioni
Questa raccolta contiene tutte le One-Shot relative a "Io e te è semplicemente complicato", ovvero "Io e te 3", di cui il link: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3696063&i=1
Dalla OS 1:
Alessandro mi bacia di nuovo, appassionatamente e si insinua attorno alle mie forme con bramosia. So perché lo sta facendo: percepisce il mio momento di sconforto e cerca in tutti i modi, con tutti i mezzi che ha, di farmi stare meglio.
È così semplice e ingenuo, ma se non ci fosse lui, sarei persa.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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OS 7 - Hallelujah

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Attenzione: questa One-Shot fa parte di una raccolta di One-Shot relative alla storia "Io e te è semplicemente complicato" (più conosciuta con il nome di "Io e te 3"), di cui trovate il link qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3696063&i=1 o qui https://www.wattpad.com/455486419-io-e-te-%C3%A8-semplicemente-complicato-prologo

In particolare, questa è la settima della serie di OS e si colloca, temporalmente, durante il capitolo 19 di "Io e te 3", ovvero "Per sempre e mai più". Vi raccomando di leggerlo prima di passare alla OS, onde evitare indesiderati spoiler.

Questa OS è collegata alla OS 6, pubblicata ieri in questa raccolta. Mi piace pensare che siano OS sorelle, anche per un certo parallelismo che le accomuna.

Buona lettura! 

P.S. i banner fanno sempre più schifo, lo so.


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Hallelujah

Non devo assolutamente piangere.

È il mio unico pensiero mentre comunico a Federica di andare di sopra e lo stesso che mi accompagna poi, quando facendo slalom tra i tavoli, mi vado a cercare il posticino più solitario e isolato possibile.

Finisco quindi in fondo al gazebo, distante dal resto della confusione, dai brindisi e dallo stupido karaoke che Magno e Vallicroce stanno come al solito protagonizzando.

Non ho voglia di sentire e vedere nessuno, ma purtroppo, non posso scomparire.

Sarebbe facile chiudermi in camera e sfogarmi prendendo a calci i cuscini, se solo avessi una stanza privata. O potrei fare come tutti gli altri, che si piazzano in terrazzo a riflettere sulla propria vita, ma nemmeno quello mi va, perché odio stare da sola.

O meglio... mi fa paura non avere nessuno intorno, anche quando lo vorrei un sacco.

"Ehi."

...come in questo momento.

"Ehi." alzo lo sguardo e incontro quello caldo del ragazzo che mi si è avvicinato.

"Ti sei seduta al mio posto." mi fa notare con il suo accento straniero, indicando il segnaposto rovesciato davanti a me.

Così, lo rimetto in piedi e lo controllo per confermare che effettivamente coincida.

E sì, quei caratteri arzigogolati compongono proprio il nome del mio importunatore: "Scusa, Lionel."

"No es nada." fa l'occhiolino, rubando una sedia a caso nei dintorni e trascinandola senza paura accanto alla mia. Ci piomba sopra e il suo braccio si materializza magicamente attorno alle mie spalle, mentre la voglia di piangere, fortunatamente, mi è appena passata.

Io non piango mai, specialmente in pubblico. Ora che Lionel è qui, lo considero come un ulteriore deterrente, anche se avrei preferito essere lasciata in pace. 

"Qué pasa, nena?"

 Le mie pupille scivolano senza nervo su lui: "Perché parli spagnolo?"

"A) Perché vengo da una sessione di balli latino-americani con la zia milf di Magno." adocchia la signora tra la folla e le fa un occhiolino, mentre porta la mano libera al bacino e lo muove da seduto. "B) perché amo lo spagnolo e C) perché piace un sacco anche a te, specialmente quando ti chiamo nena."

"Sì, una volta mi piaceva." specifico. "Quando stavamo insieme."

"Quale delle tre volte?" strizza di nuovo quella stupida palpebra e io vorrei solamente sbattergli la testa contro il tavolo.

Insomma, è possibile che l'unico argomento di cui voglia parlare con me sia questo? Non vede quanto sono triste e depressa? Non gliene frega nulla?

"Ti lascio il posto, Lion..." faccio per alzarmi, ma appena mi ergo in piedi, mi raggiunge anche lui, e mi trattiene per un braccio.

"Ehi, ehi, ehi..." esclama a mezza voce, azzardando un passo verso il mio viso. "Che succede sul serio, nena?"

Scuoto la testa, esaminando con delusione il suo viso perfetto: "Non capiresti."

"Dai, prova." sorride, incoraggiante, fregandomi con quelle sue labbra perfette e quei suoi lineamenti dannatamente sensuali.

"Pierpaolo mi ha lasciato." snocciolo, troppo imbarazzata per dirglielo a viso aperto. "Poco fa, in camera sua. Ha detto che non sono la ragazza giusta per lui."

Lionel allarga gli occhi e per un secondo ho la speranza che lo ricopra di insulti e che mi dica che è un gran fesso, perché non sa proprio che cosa si perde.

Invece, si mette a ridere.

"E allora?" strascica tra una risata e l'altra.

"Beh, mi ha fatto rimanere male."

"Dai, Silvia, ma che sarà mai!" sbotta, spensierato, colpendomi delicatamente la spalla. "Non ti ho vista triste per una rottura nemmeno quando è successo con me." si indica con entrambi i pollici e dal senso di nausea che mi assale, capisco di star avendo degli enormi problemi con gli uomini.

Lionel è così... arrogante. Pieno di sé. Stupido.

Ma lo è stato anche Pierpaolo nel modo di lasciarmi e, ora che ci penso sul serio - perché Dio sa quanto in questo periodo io stia seriamente riflettendo su me stessa - anche tutti gli altri ragazzi che ho avuto.

"Eddai, beviamoci un po' su." ammicca Lionel, mentre mi tira di nuovo sulla sedia e afferra la caraffa di vino più vicina.

Sono così arresa di fronte alla vita che mi lascio strattonare e accetto senza proteste il bicchiere stracolmo che mi offre.

Non sono un'amante del vino, preferisco di gran lunga i super alcolici, però una bella sbronza adesso la vorrei. Ho davvero bisogno che il mondo cambi o, in alternativa, che il mio cervello si inebri talmente tanto da farmelo vedere diverso.

E me ne rendo conto, è in questo modo che sono riuscita a sopravvivere alla mia adolescenza: spegnendo i neuroni, tenendo ben assopito il buonsenso e soprattutto ignorando il fatto il essere una donna, e non un'idiota.

Ma adesso, oh mio Dio, non riesco più a zittire alcune urla nella testa. Tipo l'attuale: cretina, quel pagliaccio vuole solo farti ubriacare per poi portarti in camera sua e approfittare di te!

Ma ho davanti un bel bicchiere di vino, per fortuna. Quindi bevo.

"Che farai tu, dopo il matrimonio?" mi domanda Lion, prendendo a sua volta un generoso sorso.

"Non so. Forse mi iscrivo a un corso bellissimo che fanno a Roma."

"Ah, figo." annuisce, senza nemmeno chiedermi di che corso si tratti.

Fortunatamente, almeno dal punto di vista lavorativo, ho molte soddisfazioni. Sono uscita dal liceo con appena la sufficienza, ma poi ho iniziato la scuola per estetisti e mi sono appassionata sul serio. Ho migliorato molto la mia scarsa attitudine allo studio e ho aggiunto al mio percorso anche tre anni di scuola per parrucchieri. Solo un anno fa, ho aperto un negozio con una mia amica che fa tatuaggi e sta andando tutto alla grande.

Tutto veramente un sacco alla grande - penso, mentre alzo di nuovo il calice. 

Solo che non sono felice.

"Tu che farai?" chiedo, senza sentimento, mentre finalmente Vallicroce e Magno liberano il palco e danno pace alle nostre orecchie. 

"Ho un contratto con un'agenzia a Buenos Aires. Parto a inizio giugno."

Sanchez fa la guida turistica - e si porta a letto un sacco di turiste.

Ha fatto anche l'animatore nei villaggi e nelle crociere. Non vedo niente di più adatto per lui nella vita.

"Bravissimo." gli sorrido, considerandolo già più sopportabile di prima, grazie all'alcol. "Spero ti facciano fisso."

"Mah, in realtà non mi spiace variare." mi fa l'ennesimo occhiolino e io bevo un paio di sorsi che mi bruciano la gola.

Per non fargli vedere la mia faccia nauseata, guardo in avanti e scopro il prossimo ospite di questo cabaret. Il posto dei due dementi è ora del ragazzo africano di Marinella. O medio-orientale, non lo so nemmeno.

So solo che Sanjay gli ha appena fatto partire una base tristissima e io quasi rimpiango Umberto Tozzi.

"I've heard there was a secret chord, that David played and it pleased the Lord, but you don't really care for music, do you?"

Oh, fantastico.

Beviamo, va.

"Oh cielo, questo Mohammed. Qué pesada." commenta Lionel, mentre anche il resto della sala se ne strafrega un po' e torna a chiacchierare senza dare importanza all'esibizione.

Sbuffo solo perché non sono ancora abbastanza ubriaca da ritenere simpatiche certe uscite.

"Che c'è? È la verità." si discolpa Lionel, captando il mio nervosismo. "È vecchio dentro." 

"Si chiama Sayid." dico semplicemente, stupendomi di ricordare il suo nome, quando già ho iniziato a dimenticare il mio.

Lionel scuote la testa e poi posa una mano sulla mia gamba.

Guardo in basso; che infame di uomo. E che palle, il mio bicchiere è già vuoto!

Appoggio il mento sulle mani e mi concentro oltre questo schifo, oltre le spudorate avances di Lionel e oltre il vino che neanche basta a darmi delle gioie. Quindi osservo Sayid e ascolto la sua voce, che è malinconica quanto me, ma profonda almeno il triplo.

Lui non sta nemmeno rivolgendo gli occhi al pubblico; li lascia indugiare a metà via, come se stesse cantando a se stesso, come se si stesse raccontando la sua stessa storia.

"You're faith was strong but you needed proof, you saw her bathing on the roof, her beauty and the moonlight overthrew you." prende un respiro, ma non è abbastanza controllato e parte con una nota incrinata. "She tied you to her kitchen chair, she broke your throne and she cut your hair, and from your lips she drew the hallelujah."

Mi rizzo con il busto.

"Hallelujah, hallelujah... hallelujah, hallelujah..."  

Mio Dio, la sua voce è davvero espressiva.

E questa canzone, anche se non la capisco perché facevo schifo in inglese, sono sicura che parli di lui. È palese. Ed è altrettanto palese che qualcosa non va. Lo riesco a capire da come sospira tra una parola e l'altra e da quello sguardo spento, che tuttavia cela un ardore interno che non trova pace.

Che cosa si è spezzato, in lui? Si tratta forse di una consapevolezza che non voleva raggiungere? Di una delusione d'amore?

Forse sto solamente proiettando i miei sentimenti su ciò che vedo e che ascolto.

Forse se sapessi cantare, la canterei anche io così.

"Hallelujah, hallelujah... hallelujah, hallelujah..."

Però è incredibile come riesca a modulare il suono; prima instabile poi sicuro, poi leggero e di nuovo ancora potente, come nella strofa successiva, che esplode non solo attorno ai tavoli, ma anche dentro di me, pungendomi sul vivo.

"Maybe there's a God above, but all I've ever learned from love was how to shoot somebody who outdrew you." alza gli occhi, finalmente, e sono colmi di lacrime. "It's not a cry that you hear at night, it's not someone who's seen the light, it's a cold and it's a broken hallelujah."

Oddio.

E queste cosa sono?

 "Hallelujah, hallelujah... hallelujah, hallelujah..."  

Mentre l'hallelujah riecheggia nel giardino, nessuno realmente interessato ad ascoltare, sulle mie guance sono scese delle lacrime che non avevano mai solcato il mio viso.

Io non piango in pubblico.

Io non piango mai.

Mi tasto subito le gote, stupita e imbarazzata, ma anche emotivamente coinvolta dalle note che non hanno ancora smesso di suonare. E proprio mentre sto per realizzare che la canzone mi ha fatto piangere, un nuovo impulso mi prende lo stomaco e fa uscire un singhiozzo, accompagnato da nuove lacrime.

La mano di Sayid trema attorno all'asta del microfono, come anche la sua voce, mentre canta gli ultimi due hallelujah e li fa durare più a lungo, rendendoli ancora più sofferti di tutti gli altri versi.

Qualcuno dalle prime file gli batte le mani e lui ringrazia timidamente, mentre è difficile accettare che la musica abbia smesso. Nemmeno quando lascia il palco riesco a credere che sia finita, da quanto era bella. E mi chiedo dove vada lui ora, che cosa ne sarà di quello sguardo inumidito dal pianto e chi ascolterà il seguito della sua storia.

Quale sarà la mia di storia, adesso, che sono più sola che mai.

"Oh, Silvia, mi stai ascoltando o no?"

Mi volto verso Lionel, scossa e intontita, e lui nemmeno si accorge delle mie condizioni.

"Ti ho detto che è meglio se usciamo, ché 'sto karaoke è un mortorio." mi prende per il polso e mi fa alzare in piedi, per poi dirigersi all'esterno del tendone, dove ci sono pochi occhi indiscreti e molti pavoni.

"Ah, finalmente le mie orecchie hanno smesso di sanguinare." commenta, senza lasciare il mio polso, ma anzi, usandolo per tirarmi verso di lui e far aderire il mio corpo al suo. "Ho io in mente un bel modo per farti passare tutta questa depressione."

Sorride a due centimetri dal mio naso, mentre io sono ancora sconvolta e ubriaca e nauseata dalla sua puzza di alcol, che è praticamente uguale alla mia.

Non ho neanche avuto il tempo di realizzare che cosa sia successo negli ultimi tre minuti.

Sento solo, nella mia testa, riecheggiare quell'hallelujah.

"No, Lion, non mi va..." mugolo, senza in realtà porre troppa resistenza.

Sono distrutta, non voglio restare sola, ho bisogno di distrazioni per non sentire le emozioni. Sono troppo forti e io non ci sono abituata.

"Eddai." mi sprona lui, infilando una mano sotto la mia gonna e facendola risalire con estrema scioltezza fino al gluteo.

Non mi oppongo: lo lascio fare.

E quando arriva all'elastico delle mie collant, alzo la testa e incontro le sue labbra nel bacio che mi sta sollecitando a scambiarci. Accetto subito di passare alla lingua, senza lamentele, senza  inutili carinerie, perché tanto i convenevoli li salto sempre a piè pari, in modo particolare con quelli con cui sono già stata altre volte.

Oh, ora mi riconosco. 

Questa sono io, non quella di qualche minuto fa che frigna se ascolta una stupida canzone.

Io sono questa Silvia Trepalme; fredda, ma sensuale. Seriale, indifferente. Superficiale, non profonda. Per niente profonda.

La Silvia Trepalme che si imbosca con il bello di turno, la Silvia Trepalme che si lascia toccare senza storie, la Silvia Trepalme che passa da un ragazzo a un altro in meno di un'ora.

Questa sono io.

"Oh, ma..." Lionel si stacca da me e mi guarda in modo così strano che appare quasi brutto. "Stai piangendo."

"Cosa? No." mi porto subito le mani al viso, tastando e asciugando le guance con i palmi. "Dev'essere il vino che mi ha fatto un effetto strano."

Le sopracciglia di Lionel toccano l'attaccatura dei capelli: "Stai singhiozzando."

"Oh, ma... no, non è proprio così."

Però mi rendo conto di star ingannando anche me stessa, dato che da quell'hallelujah in poi non il mio pianto non si è mai esaurito. Solo che lui se n'è accorto solo ora e io ho sperato che mi sarei calmata usando il solito metodo chiodo scaccia chiodo.

Ahimè, credo di aver sovraccaricato il sistema.

"Porca merda." commento, mentre mi asciugo lacrime a nastro e porto via gran parte del mascara.

"Te stai proprio da schifo."

"Ma dai? Sul serio, Lionel?" gli sbuffo in faccia, irritata per tutto questo surplus che non ho davvero la più vaga idea di come gestire.

"Sarà meglio che rimandiamo." deduce, indicando la mia gonna sgualcita e facendo un passo indietro, chiaramente intendendo che così sfatta sono inavvicinabile, nonché poco soddisfacente per lui.

E già qui vorrei coprirlo di botte, ma poi aggiunge qualcosa che mi spinge ad odiarlo ancora di più: "Ti va di farci un altro bicchierino e riprovare fra poco, magari?"

Lo fisso, inorridita da come io abbia reso possibile che uno si sentisse in diritto di farmi proposte del genere, in condizioni del genere.

Per fortuna il mio istinto decide di rispondergli a modo.

"Ma vaffanculo." lo insulto, infatti, girando i tacchi e facendo per rientrare nel gazebo.

Ma poi mi rendo conto che non voglio essere vista, così indugio qualche istante.

"Eddai, nena, non fare la difficile, ho solo voglia di divertirmi un po' e sono sicuro che è proprio quello che serve anche a te."

Mi fermo. Penso.

Io odio gli uomini. 

Gli faccio il medio e me ne vado.

*

Allontanarsi da tutti è stata la scelta migliore della giornata.

Certo, non sono sparita completamente come avrei voluto, ma su questo lavorerò in futuro. Per ora ho goduto di questa mezza fuga con molto piacere; era da tanto tempo che non me ne stavo a tu per tu con me stessa e devo dire che mi è servito. Mi è servito davvero.

Mi sono accaparrata un posticino tra le rocce, in un angolo distante del laghetto di villa Magna, da cui però si può comunque osservare il matrimonio.

Beh, oramai lo spettacolo è quasi volto al termine. La luce del sole si è abbassata fino a colpire trasversalmente il capannone e colorarlo del rosa carico che solitamente precede il crepuscolo. La sessione di karaoke è stata rimpiazzata con della normalissima musica e gli sposi si sono ritirati nelle loro stanze per festeggiare al cento per cento.

Chi rimane ancora qui fuori sono gli invitati nostalgici, o quelli abbastanza ubriachi da non sentirsi ancora stanchi. 

E, naturalmente, gli sfigati.

Ho appena visto Federica uscire dal gazebo per fare una passeggiata solitaria verso il bosco.

Poverina...

Sapevo che Pierpaolo intendeva distaccarsi ufficialmente anche da lei ed è per questo che non ho saputo dirle nulla di più poco fa. Ero arrabbiata perché ha palesemente rappresentato il mio rimpiazzo di questi giorni, ma allo stesso tempo provavo compassione nel sapere che di lì a poco si sarebbe sentita delusa esattamente come me. O forse di più.

Ma almeno so che lei ha qualcuno su cui contare.

La sofferenza è molto personale, certo, ma avere una persona con cui dividerla è comunque sempre meglio di doverla sopportare da soli. E Federica, per quanto acidella e a volte intrattabile, ha la fortuna di essere circondata di amici.

Lo stesso vale per Marinella, Lorenzo e Marco. O Mattia, Diego, Lionel, lo stesso Pierpaolo. Tutti hanno qualcuno. Che sia un unico migliore amico, un fidanzato, un trio, o quella cavolo di classe del liceo rimasta inalterata nella dimensione spazio-temporale, le persone di cui sono circondata sono a loro volta circondate; solo io mi sento tagliata fuori da tutto.

Non ho mai saputo creare legami solidi. Uscivo con Alessandra, Giorgia e Vacca, ma a differenza loro non ho mai avuto quella connessione speciale che mi tenesse ancorata alla gente. O, comunque, non ho mai avuto l'istinto di coltivarla.

Forse perché sono statisticamente più stupida della media, come sostengono i miei nemici?

Forse ho solo sbagliato a scegliere con chi stare o forse non sono mai rimasta abbastanza a lungo per saperlo davvero.

Ho provato anche a chiamare la mia collega, così, per vedere se magari le andava di ascoltarmi. Lei è una ragazza silenziosa e tranquilla, che non sembra avere troppi pregiudizi. L'ho conosciuta lungo il mio percorso di studi, ma è solo ultimamente, con la scusa del negozio, che stiamo approfondendo il nostro legame.

Legame che, comunque, non sembra andare molto più in là di un accordo lavorativo. Lei è gentile e tutto quanto, ma non è aperta. Ha già le sue amicizie, una famiglia, una routine. Vedo che da lì non si vuole spostare di molto e non mi stupisco nemmeno troppo, quando ignora anche il tentativo di telefonata che faccio in questo esatto momento.

Praticamente, gli unici che si degnano di condividere con me questo momentaccio sono i pavoni. Si aggirano sulla riva, si appollaiano sulle rocce, ogni tanto bevono e mi guardano facendo le loro silenziose considerazioni. Mi domando se dovrei comprare un animale domestico per iniziare una personale pet therapy che conduca all'accettazione di me stessa nel mondo.

"Silvia, cristo santo!"

L'esclamazione giunge da qualche parte alle mie spalle e solo adesso mi rendo conto di quanto tempo sia passato da quando ho sentito una voce umana.

Tra l'altro, proprio la stessa di adesso.

"Lionel. Che ci fai qui?" gli domando, rimettendo il cellulare nella pochette.

"Tu che ci fai qui? Ti ho cercato dovunque!"

Gli lancio un'occhiata sommaria: "Tu hai cercato me?"

"Sì." annuisce vigorosamente e sembra anche innervosito. Infatti, al non vedermi convinta, sbuffa e decide di avvicinarsi.

Facendosi da leva con il braccio, salta agilmente le rocce che ci separano. Scende senza difficoltà l'argine in pendenza del laghetto e si ferma a un metro da me, allargando le braccia: "Eri sparita."

"Magari."

"Ma che hai?" mi domanda, alterato. "Sono due ore che non ti vedo più in giro e poi ti avvisto per caso in mezzo a tutti 'sti dannati uccelli come se di colpo ti fossi data al birdwatching."

"Non sai neanche che cosa significa."

"Sì che lo so! Lo uso sempre per fare battute sulle guardone alle feste in piscina. Comunque non è questo il punto; pensavo che almeno rimanessi nei dintorni, invece ti sei accampata al lago per ore, facendomi girare per la villa come una trottola. Ho perlustrato praticamente ogni stanza!"

Lo fisso: "Hai del rossetto sul collo."

"Mierda." sussurra sbattendosi il palmo sul punto da me indicato.

Per quanto mi riguarda, ho perso anche l'ultimo briciolo di speranza nel genere maschile. Così lo lascio fare, ignorandolo come se nemmeno fosse qui.

Ma lui sospira e scaccia qualche pavone con i piedi per potersi sedere accanto a me: "E va bene, prima di trovarti sono stato con la zia di Magno."

"Che schifo."

"Lo dici tu."

Sospiro, voltando la faccia da un'altra parte perché so già che se inizia a parlare di quella donna, potrei vomitargli addosso.

"Ma comunque." rimarca, calcando il suo accento strascicato. "Mi sono preoccupato."

Non posso fare a meno di farmi sfuggire un risolino sardonico.

"Non fare quella faccia e guardami!" sbotta, irritato. "Te ne sei andata in lacrime e poi non ho più avuto tue notizie. Pensavo ti fossi annegata qui dentro."

Cosa stanno sentendo le mie orecchie.

Allargo gli occhi, turbata: "Non sono mica Ofelia."

O- chi? Da quando faccio citazioni letterarie?

"O- chi?" domanda, infatti, lui.

"Niente, lascia stare. Vecchi ricordi delle superiori; stare con 'sta gente mi fa uscire di senno."

"Oh, lo vedo che non sei più in te." commenta, incrociando le braccia.

"Non sono una psicopatica." gli parafraso allora, puntandogli l'indice al petto. "Solo perché mostro le mie emozioni, non significa che non le sappia controllare."

"Non mi pare molto."

"Adesso basta!" mi altero. "Vedi di andartene, Sanchez, o mi spingerai a confermare le tue stupide teorie."

"Senti." sbuffa, continuando a non calcolare la mia rabbia o qualsiasi altra mia emozione. "Non so che cosa diavolo ti succede e soprattutto perché mi ci hai tirato dentro, ma-"

"Io ho fatto che cosa?" mi scandalizzo, squadrando quel suo aspetto arruffato dopo l'ennesima avventura segreta e desiderando più che mai di cancellarlo per sempre dalla mia memoria.

Lionel apre le braccia, credendo di mostrarmi l'ovvio: "Perché sei venuta da me con queste lamentele?"

"Tu sei venuto da me, Sanchez! Per ben due volte!" gli abbaio contro, agitando inutilmente le mani. 

A questo gesto i pavoni scappano e io mi sento ancora più sola. Poco fa ho sfogato tutte le mie lacrime in questo lago, ma i sentimenti negativi e le consapevolezze dolorose, quelli no, non se ne sono andati. E nemmeno Lionel se ne va, perché diavolo devo continuare a subire anche questa tortura?

"Se sei venuto qui per raggirarmi di nuovo fino a farmi venire a letto con te o se pensi anche solo che a questo giro me ne starò zitta e buona mentre limoniamo, ti sbagli di grosso. Lasciami stare, Sanchez, oppure ci annego te dentro questo lago, assieme alla vastità del cazzo che te ne frega di me e dei miei sentimenti!"

Lionel fa una smorfia impercettibile, stizzita.

Scorre qualche secondo di prezioso silenzio prima che lui riesca a parlare di nuovo.

"Wow." dice, riportando i toni a una chiave più pacata. "Sei veramente incazzata."

"Vorrei solamente che mi lasciassi in pace." rimarco, guardandolo negli occhi con esasperazione.

Lui sostiene il mio sguardo, sorpreso, ma anche colpito: "Ok."

A questo punto, finalmente, si alza, facendo qualche passo verso le rocce. Ma prima di scavalcarle, si volta verso di me: "Mi dispiace che Pierpaolo ti abbia fatto stare così male. È stato una merda. E lo sono stato anche io, poco fa."

Guardando nient'altro che l'acqua bagnare i miei piedi, sorrido amaramente: "Non ci credi davvero."

"Non avevo capito." si giustifica, parlando a mezza voce. "Non... non me n'ero accorto."

"Perché non era abbastanza chiaro?"

Lionel sospira: "Lo era, ma non ci ho dato il giusto peso. Non pensavo che..."

"Facessi sul serio?" propongo, il respiro veloce. "Che potessi essermi veramente affezionata a qualcuno? Che potessi davvero soffrire per dei sentimenti?"

"Lo siento."

"Sì, come no, Lionel. Tu non senti proprio nulla. Ed è meglio così, fidati." aggiungo mentre lancio un sasso dentro all'acqua.

Lion mi fissa, atterrito: "Forse è meglio che me ne vada davvero."

"Vattene." ripeto. "Tanto è quello che fanno sempre tutti."

Lionel esala un ultimo sospiro, senza dire niente. Poi fa leva sul braccio, come prima, e si issa sulle rocce per tornare sui suoi passi. 

Ecco, così va molto meglio.

Adesso sono in pace.

*

Quando ormai si è fatto buio, decido di tornare nella mia stanza e iniziare a fare le valigie. Domani è l'ultimo giorno in cui staremo a villa Magna, poi si torna ognuno alla propria vita, al proprio lavoro, alla normalità.

Aver avuto l'opportunità di essere presente al matrimonio mi sembra quasi un dono. È stato possibile per una serie di coincidenze e proprio in virtù di ciò, credo che non si ripeterà mai più. Per quanto mi abbia portato a riflettere su di me e sui miei legami in generale, stare qui e condividere il mio tempo con queste persone mi è piaciuto. Rimpiango che sia già finita e soprattutto rimpiango che non avrò mai più un'occasione del genere.

Potrei sempre chiederlo, certo, magari a Marinella, lei mi inviterebbe sicuramente. Anche se dice di odiarmi, so che nel profondo non è così. E poi, è una persona facilmente raggirabile.

Ma le cose si sono messe male anche per lei e io chi ho qui dentro a cui chiedere un favore? A cui comunicare il mio bisogno di essere inclusa? Di essere conosciuta per la Silvia Trepalme che sono adesso?

"Bella canzone."

La mia attenzione viene attirata dal ragazzo che passa davanti alla mia stanza in questo momento e si ferma sullo stipite.

"Come, scusa?" gli domando, guardandomi intorno senza motivo. Le mie compagne di stanza sono da Gloria per aiutarla a togliere il vestito e ripulirsi; io sono l'unica qui nei paraggi.

"Stavi canticchiando una bella canzone." ripete con il suo accento straniero, per poi alzare una mano in saluto e andarsene lungo il corridoio.

Lui era Sayid e io stavo canticchiando la sua Hallelujah.

"Aspetta!" esclamo, lasciando la valigia aperta sul letto e rincorrendolo lungo il corridoio.

Lui si è fermato e ora si è voltato con una faccia leggermente impaurita. Penserà: ma che diavolo vuole questa da me?

"Ciao, Sayid."

"Sai come mi chiamo?" biascica, sicuramente già pentito di avermi rivolto la parola.

"Sì e volevo... ehm... volevo farti i complimenti." snocciolo, un po' sprovveduta e imbarazzante qui in mezzo al corridoio, mentre mi scopro a sistemarmi i capelli con fare maniacale. "Per la canzone che stavo canticchiando. Cioè, per la tua canzone."

Lui sorride, educato: "Non l'ho scritta io."

"Lo so. Però era stupenda." affermo. "L'hai cantata in un modo davvero... emozionante."

Sayid si irrigidisce di fronte questo complimento, mentre io arrossisco di brutto: "Spero che la cosa non ti offenda."

"No." si affretta a precisare. "Solo che non credevo che qualcuno mi avesse effettivamente ascoltato."

Gli faccio l'occhiolino: "Non avrei voluto, ma sei stato abbastanza irresistibile... beh, sonoramente parlando."

Mi vergogno all'istante di ciò che ho appena detto, mentre pure lui si prende male, non capendo in che modo intendere la mia uscita. 

Ed ecco perché solitamente non uso la lingua per parlare, perché, semplicemente, non ci riesco. È molto più allenata a far altro, perciò dovrei cercare qualsiasi pretesto per andarmene da qui, o quanto meno stare zitta.

"Mi piacerebbe sapere di che cosa parla e perché l'hai scelta." butto lì, allora, dando ascolto a una specie di istinto suicida che penso si sviluppi automaticamente quando uno ha subito sufficienti batoste per essersi assuefatto al dolore e volersene solamente procurare dell'altro.

"Vuoi sapere troppe cose." osserva lui, gentilmente, mostrando un paio d'occhi provati quanto i miei. "È tardi; dovremmo fare le valigie."

"Per favore." mi ritrovo a implorare. "Ho avuto una giornata orribile."

Sayid mi guarda inizialmente con l'intenzione di darmi pacco, ma poi qualcosa lo fa desistere e, alla fine, miracolosamente, sorride: "Anche io."

"Quindi ci stai?"

"Sai un posto dove nessuno ci possa disturbare?"

*

"È davvero assurda." è il mio commento alla fine della sua spiegazione.

"Lo so."

"Non pensavo potesse avere tutti questi significati, è incredibile."

"È una delle mie canzoni preferite." afferma Sayid, mettendosi più comodo sulla roccia. "Ma di solito non la porto alle esibizioni, perché è davvero una perla."

"Ah, sì?" faccio, curiosa come non lo sono mai stata, nemmeno quando si studiavano a scuola i grandi poeti. Che io, per l'appunto, snobbavo alla grande.

"Sì. Si deve tenere custodita per non sprecarne la bellezza."

"Quindi perché l'hai cantata oggi?"

Sayid guarda in basso, un po' imbarazzato: "Credo tu possa immaginare il perché."

"Mi dispiace." arriccio le labbra, intuendo che Nelli deve avergli dato il colpo di grazia. "Sai, lei... è innamorata di Mattia Zingaretti. Tipo, da sempre."

Sayid mi fissa con una faccia tiratissima: "Ma davvero?"

Ok, mi rendo conto che forse non aveva bisogno di questa rivelazione.

"Scusa." alzo le mani. "È che sembra così strano, tipo..." mi viene da ridere, mentre spero di strappare un sorriso anche a lui. "Sono anni che si rincorrono ed è così ovvio che debbano stare insieme, solo che qualsiasi cosa continua a mettersi in mezzo a loro due, come se in realtà non fosse ovvio per niente, o semplicemente al mondo piacesse prenderli in giro. Ah, io e te compresi, ovviamente."

"Perché pure tu?" mi chiede, sorpreso.

"Bah, ho limonato con Mattia, tipo... secoli fa, e la cosa ha fatto uscire di testa Marinella." sminuisco con un gesto della mano. 

Sayid rotea gli occhi: "Ma che cos'ha di così speciale quel Mattia?"

"Niente, suppongo." alzo le spalle. "Come tutto il resto del mondo. Sono le persone che vedono qualcosa di speciale nelle persone, perché ne hanno bisogno."

E l'ho capito perché nessuno hai mai visto nulla di speciale in me, nessuno ha mai avuto bisogno di me. Ma il bisogno che Marinella ha di Mattia, o Pierpaolo di Federica, è chiaro come la luce del sole. Sono persone che non brillano per chissà quali qualità, persone che fanno errori madornali e si rovinano la vita a vicenda, eppure... eppure eccoli lì. Secondo un legame illogico che loro hanno creato, che loro hanno voluto e che rimarrà finché entrambi vedranno quel qualcosa di speciale nell'altro. Finché ne avranno bisogno.

Sayid realizza con un suono gutturale e se ne rimane in silenzio perché se la mia teoria è giusta, allora, noi due siamo i veri e indiscutibili perdenti... ed effettivamente, è uno schifo.

Noi abbiamo un sacco di difetti. Ma li hanno anche Marinella e Pierpaolo. Anche Mattia e Federica. Li ha chiunque, a tonnellate. Solo che noi non siamo stati scelti.

Contemporaneamente a tutte queste riflessioni che fanno di me una donna e non più un'idiota, mi arriva un messaggio su Whatsapp. È di Lionel.

Come stai?

Lo ignoro, alzando lo sguardo su Sayid: "Anche a me oggi è andata molto male."

"Lo avevo immaginato dalla faccia."

"Davvero?" mi tocco le guance sorpresa che se ne sia accorto, ma anche inorridita da come debba essere il mio aspetto.

"Tranquilla, ho visto di peggio." si indica in un moto di autoironia. "Di te non si potrebbe mai dire nulla."

"Grazie." arrossisco, pensando invece che questi capelli avranno bisogno come minimo di cinque maschere ricostituenti consecutive.

"Invece Pierpaolo non lo conosco da molto tempo, ma seguendo quello che è successo stamattina, ho capito è uno stronzo." lo dice con una linearità e semplicità tali che mi metto a ridere.

"Gli ci è voluto un allucinogeno naturale per trovare le palle di lasciarmi!"

"Non sa che cosa si è perso."

"Esatto!" esclamo, illuminandomi e distendendo le braccia con soddisfazione. "Cioè, grazie, è quello che dico anche io, e non perché mi voglio vantare, ma perché è così stupido!"

Sayid annuisce tristemente.

"Non ha nemmeno voluto provare a salvare la nostra coppia! Mi ha mollato prima ancora di sapere chi sono davvero e come posso rendere bene in una relazione, se mi ci impegno, perché io so che mi posso impegnare, io mi voglio impegnare! Non l'ho mai fatto nella vita, sono sempre stata una cretina, ma adesso io sono cambiata."

"Mi sento esattamente come te." 

"E allora perché nessuno ci capisce?"

"Perché..." Sayid guarda mestamente il nostro riflesso nell'acqua, ma poi sorride. "Perché è come hai detto tu. Dobbiamo ancora trovare la persona giusta per noi. Quella che abbia bisogno di un cantante medio-orientale un po' maniaco del controllo e quella che abbia bisogno di una ragazza immagine apparentemente superficiale, che però vuole solamente riscattare il suo passato." sospira. "Pensavo che Nelli fosse quella giusta... lo penso ancora, in realtà."

"Forse devi solo essere smentito."

"O forse avrei potuto conquistarla davvero, ma ho sbagliato tutto. Ho molti... come si dice? Quando ti senti in colpa e vorresti aver agito diversamente."

"Rimpianti."

"Ecco, sì."

"Non dirlo a me. Tanto per cominciare, avrei dovuto usare molti meno nomignoli per chiamare le persone. Mi ha sempre fatto sembrare una scema totale."

Sayid ridacchia: "Io adoro i nomignoli."

"Anche io!" ammetto allora, lasciandomi andare a quell'insensata allegrezza post-giornataccia che sembra davvero indispensabile per sopravvivere.

Sayid e io ridiamo un po', così, anche solo per il gusto di farlo, e poi mi viene in mente che lui potrebbe essere la persona di cui io ho bisogno adesso. Insomma, ormai è chiaro che il mio mondo ha preso sfumature diverse, che non cerco più le persone di una volta, ma persone speciali, che mi facciano sentire speciale.

E io lo voglio; lo voglio perché devo avere una conferma, devo sapere che posso essere migliore e che posso trovare di meglio. Non per forza in amore; basterebbe anche solo un'amicizia. Un amico che voglia stare con me non perché sono bella e facile, e prima o poi ci finirò a letto, ma perché sono io.

Voglio vivere le mie emozioni. Non più mascherarle, non più reprimerle. 

Voglio poter cantare un hallelujah, e raccontarci dentro una storia.

"Tutto a posto, Silvia?"

Avvicino il viso a quello di Sayid e osservo i suoi lineamenti rotondi, amichevoli. Il tipo di ragazzo che non avrei mai avvicinato, semmai che si sarebbe avvicinato a me per sperare in una notte fortunata.

Ma comunque un bel ragazzo. 

Che ispira fiducia, che ha delle intenzioni buone. Che ha delle belle storie da raccontare.

Inclino la testa per potermi avvicinare alle sue labbra e mi sporgo, così da unirle in un bacio.

"Scusa." 

Sayid mi ha allontanato e contemporaneamente ha indietreggiato pure lui.

Ora mi sta guardando con fare smarrito: "Mi dispiace, Silvia, io..."

"Oh, no, ehm... scusami tu." mi ritiro, riportando le mie ciocche dietro l'orecchio.

"È che..." Sayid si alza in piedi, dispiaciuto. "Beh, la situazione è complicata, io... sono appena uscito da una relazione importante. Ti chiedo scusa se ho lasciato intendere qualcosa di sbagliato. Davvero, scusa, ma non posso."

Guardo Sayid con un sorriso commosso che affiora alle mie labbra: "Non c'è problema, Sayid. Davvero."

Lui si gratta la nuca, interdetto e imbarazzato: "Io... mi sa che è meglio se vado a preparare le valigie, ora. È stato bello parlare, spero potremmo farlo di nuovo. Buonanotte."

Desolato e oltremodo a disagio, se ne va quasi a gambe levate, per sparire all'interno della villa appena giunge all'entrata.

Io me ne rimango immobile qui sulla mia roccia di fiducia e, mentre la notte cala su villa Magna, sulla mia faccia è finalmente spuntato un sorriso felice.

L'unica cosa che posso dire in questo momento è hallelujah.


***


ANGOLO AUTRICE

Finalmente, cara Succhia Trepalle XD

Quasi quasi ora mi sento in colpa a chiamarla così, voi no?

Avevo voglia, da un po' di tempo ormai, di far sentire la voce di un personaggio così odiato e stereotipato come Silvia. Se mi conoscete, lo sapete: io sono per il riscatto dei cattivi. Mi piace molto quando un personaggio negativo si mostra nelle sue sfaccettature e debolezze, oppure cambia, perché sì. E' la natura umana ed è bella nel suo essere varia e interpretabile.

MA questa OS non parla solo di Silvia; ci sono anche 2 nostri cari amici che si palesano in varie forme. Abbiamo il nostro libanese preferito (bugia) che sta proprio male male. Io capisco che voi lo detestate e che gli avete messo una taglia sulla testa, ma non vi fa tanta pena?? Io Sayid l'ho sempre un po' amato, perché in fondo non è cattivo. Qui si vede quanto effettivamente ci sia rimasto male per Nelli e dunque quanto effettivamente, nonostante le malefatte, ci tenesse a lei.

Poi, il pezzo forte della OS; Lionel. Quando vi ho messo lo spoiler di inizio OS, quando Silvia viene importunata perché ha preso il posto di qualcun altro, quasi nessuno di voi ha preso in considerazione che l'altro straniero avrebbe potuto essere Lion. Ma vi ricordo che Lionel, appunto, ha dei trascorsi con Silvia e che la stessa ha ammesso, nel capitolo del paintball, di ritenerlo uno dei ragazzi più carini con cui sia mai stata. Peccato che sia una cacchetta, a volte.

Tuttavia, come vi annunciavo ieri, ho voluto lasciare un po' di mistero attorno a tutta la situazione e ai personaggi. Come avete letto, Lionel è moooolto superficiale, ma... è solo superficiale, o potrebbe avere una profondità sotto quel guscio di latin lover dalla mano lesta?

E Silvia ha avuto un motivo per provare a baciare Sayid o è solo enormemente incoerente con tutto ciò che vi ha raccontato nella OS?

Perché, alla fine, Silvia si concede quell'hallelujah?

Quale dei tre personaggi vi è piaciuto di più in questa OS e quale di meno?

Questa OS mi ha fatto letteralmente impazzire. Ero partita con certe idee, poi ho avuto un'ispirazione, poi un'altra ancora, è cambiata mille volte, anche in corso d'opera. Ho scritto la OS 6 in un giorno e non di più, mentre questa è rimasta in corso di scrittura per almeno due settimane, con situazioni di stallo e indecisioni non da poco. Mi sono sbloccata solo l'altro giorno; quando ponendo i miei dubbi a mia sorella (si chiama _Heyale sia su EFP che su Wattpad e scrive storie molto gay e sì, sto facendo pubblicità occulta) lei mi ha illuminato. Quindi la ringrazio tanto tanto tanto, come sempre, e spero che, in fede, apprezzerete anche voi il fatto che tanto di "Io e te" è anche merito suo.

Io vi saluto e vi aspetto con il capitolo 20 di "Io e te 3". Qui nella raccolta, ci vedremo con l'ottava e ultima OS, dopo il prossimo capitolo! Alla prossima,

Daffy

Ah, non dimenticate di ascoltarvi la scontatissima colonna sonora della OS. Ho scelto una delle tante versioni, sono tutte belle, ma vi consiglio vivamente di andarvi a cercare su Google i vari significati che la canzone ha. E' davvero interessante e perfetta per Sayid, solo che purtroppo io ho trovato l'articolo solo in inglese (link: ). La canzone, comunque, mi è stata suggerita da Chatkamon Pim su Facebook, un giorno in cui cercavo che cosa avrebbe potuto cantare Sayid per questa occasione. Ho ricevuto un sacco di suggerimenti, che ora mi hanno fatto creare un playlist depressa per i momenti migliori della mia vita XD Ma l'Hallelujah era effettivamente il top e mi ha permesso di ricamarci sopra tutto questo popo' di roba. Quindi grazie infinite del suggerimento e della vostra sempre presente partecipazione ai miei deliri <3

Hallelujah - interpretazione di Alexandra Burke


***


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