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Autore: fotone    10/11/2018    1 recensioni
Dignitas è il nome dello studio clinico svizzero in cui offrono la possibilità di un'eutanasia. Proprio il suicido assistito è la via di fuga scelta dalla nostra protagonista, e questi sono i suoi ultimi pensieri prima di lasciarci.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Entro nella sala d'attesa di Dignitas. Mi trovo in uno studio clinico svizzero per essere assistita in quell'azione che attendo da tutta la vita, ossia il suicidio – o, per dirla in maniera più delicata,” eutanasia assistita”. Ho già scritto un testamento e parlato della cosa con vari esperti del posto, oltre che con vari psicologi contattati personalmente nel corso degli anni. La mia vita ha uno storia veramente triste: quando ancora stavo imparando a camminare, elaboravo pensieri sulla morte, così normali per me e così malati per il mondo. Già allora avevo capito che la morte non deve essere temuta, in quanto è l'ultimo grande dolore che mette fine a tutti i dolori della vita. Ho poi imparato, crescendo, che la mia filosofia era una versione più spontanea e più depressa dell’interpretazione data dal poeta latino Lucrezio al movimento filosofico dell'Epicureismo. Riconoscevo razionalmente che ci fossero meno svantaggi a morire che a vivere. Lo preferivo, sapevo che sarebbe finita in questo modo. Le cose sono poi ulteriormente peggiorate quando uno sventurato incidente mi ha tolto tutto, mi ha fatta odiare da tutti, mi ha reso "una situazione difficile da affrontare" per gli altri e mi ha lasciato con troppi pochi amici per poter anche solo pensare di continuare a distrarmi. Di continuare a mentire a me stessa come ho fatto per anni, attraverso tutto il male della vita. Non vedo un motivo di vivere in un universo in cui non sono più fredda e razionale, in cui non sono più capace di ignorare le cose brutte. "Signorina Zotti?" mi chiama un'infermiera. Mi alzo e mi dirigo alla stanza dove berrò quelle gocce che saranno le ultime della mia vita e vedrò delle mura che saranno l'ultimo panorama della mia vita. Mi attraversano velocemente dei pensieri: quante cose avrei voluto fare, io che avrei voluto vincere un Nobel, andare su Marte, scrivere libri, innamorarmi... le avrei potute fare davvero, forse. Non importa, niente di tutto questo avrà importanza quando niente esisterà più. Mi mettono il bicchiere davanti, ed io penso "Game over". Da anni sapevo che questo momento sarebbe arrivato. Non posso fare a meno di piangere, sapendo che questa è l'emotività data dall'incidente, odiando me stessa ma soprattutto la vita a cui so di stare per porre termine. Lo bevo tutto d'un sorso, tra le lacrime, pensando alla cosa più brutta che c'è stata nella mia vita: le persone. Così cattive, così ingiuste.
   
 
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