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Autore: Sognatrice_2000    11/11/2018    1 recensioni
AU-Tutti umani- Ispirato al libro dal titolo omonimo di Tabitha Suzuma-
Fuori, nel mondo, Klaus non si è mai sentito a suo agio.
Gli altri sono tutti estranei, alieni… l’unico con cui può essere se stesso è suo fratello Elijah.
Klaus ed Elijah hanno altri tre fratellini da accudire: Kol, Freya e Rebekah sono la loro ragione di vita e la loro maggiore preoccupazione, da quando il padre violento e alcolizzato è morto e la madre si è trovata un nuovo fidanzato e a casa non c’è mai.
Il tempo passa e solo una cosa ha senso: essere vicini, insieme, legati, forti contro tutto e contro tutti.
Per Elijah, Klaus è il migliore amico. Per Klaus, Elijah è l’unico confidente.
Finché la complicità li trascina in un vortice di sentimenti, verso l’irreparabile.
Qualcosa di meraviglioso e terribile allo stesso tempo, inaspettato ma in qualche modo anche così naturale.
Un sentimento che si rivelerà la loro salvezza e contemporaneamente la loro condanna.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Elijah, Esther, Klaus, Kol Mikaelson, Mikael, Rebekah Mikaelson
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Incest, Non-con
Capitoli:
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Elijah

 

 

 

 

Ho detto a Niklaus di andare a dormire, ma so che io non ci riuscirò di sicuro. 

Ho troppa paura di mettermi a sedere sul letto e impazzire,   solo con i miei pensieri terrificanti, sbagliati e meravigliosi. Niklaus dice che vuole restare con me, teme che se si allontana, io sparisca. 

Non c’è bisogno di spiegazioni, provo anch’io la stessa paura, la paura che se ci separiamo adesso questa incredibile notte possa dileguarsi, svanire come un sogno, e noi ci risveglieremo nei nostri rispettivi corpi, tornando alle nostre vite ordinarie. 

Eppure, seduto così sul divano, le mie braccia intorno a lui, rannicchiato addosso a me con la testa appoggiata al mio petto, mi sento terrorizzato. 

È stato inaspettato ma in qualche modo anche così naturale, come se dentro di me avessi sempre saputo che prima o poi sarebbe successo, anche se non mi sono mai concesso, nemmeno una volta, di immaginare concretamente la scena. 

Ora che è accaduto, non riesco a pensare ad altro che a Niklaus, seduto qui accanto a me, il suo respiro tiepido contro il mio braccio. 

È come se ci fosse una barriera che mi impedisce di proiettarmi con la mente nel mondo esterno, il mondo che si estende al di fuori di noi due. 

Qualche sistema di sicurezza è già entrato in azione, impedendomi anche solo di pensare alle possibili implicazioni di quanto è appena successo, salvaguardandomi dall’orrore di ciò che ho fatto, almeno per il momento. 

È come se la mia mente sapesse di non potersi ancora spingere fin laggiù, che ora non sono ancora pronto ad affrontare le conseguenze di questi sentimenti traboccanti, di queste azioni dense di significato. 

Ma la paura resta intatta. 

La paura che, nella fredda luce del giorno, saremo costretti a fare i conti con ciò che è stato senza dubbio un errore terribile. 

La paura che non avremo altra scelta se non di cancellare questa notte, come se non fosse mai esistita. 

Un segreto da tenere nascosto per il resto della nostra vita finché, con gli anni, non si sbriciolerà nel vento come un ricordo lontano e sfumato, come la polvere delle ali di una falena sul vetro di una finestra, lo spettro di qualcosa che forse non è mai accaduto realmente, frutto solo della nostra immaginazione. 

Non riesco a sopportare l’idea che  possa finire tutto così.  Questo amore è già condannato all’oblio, ne sono consapevole, ma mi aggrappo con tutte le mie forze all’illusione che, almeno per questa notte, Niklaus sia mio e soltanto mio. 

Non posso permettermi di perderlo perché, per la prima volta in vita mia, il mio amore per lui è davvero completo e tutto quello che c’è stato in precedenza acquista improvvisamente senso, come se fossimo stati destinati l’uno all’altro fin dall’inizio. 

Ma quando chino la testa per osservare il suo volto assonnato, gli zigomi lentigginosi, la pelle bianca, il ricciolo biondo che gli ricade sulla tempia, avverto una fitta incontenibile, un senso acutissimo di nostalgia per qualcosa che non potrò mai avere. 

Sentendo i miei occhi su di sé, Niklaus alza lo sguardo e sorride, ma è un sorriso triste, come se fosse consapevole

anche lui di quanto sia precario questo nostro sentimento, quanto minacciato dal mondo esterno. 

La fitta dentro di me aumenta. 

Riesco solo a pensare a quello che ho provato mentre lo baciavo, a quanto sia stato breve quel momento e alla voglia disperata che ho di rivivere ancora quella sensazione. 

Niklaus continua a fissarmi con quel suo piccolo sorriso malinconico, quasi in attesa, come se sapesse quali pensieri mi attraversano la mente. 

Il sangue mi avvampa il viso, il battito del cuore aumenta, il respiro si fa corto. 

Lui sembra accorgersene. Solleva la testa dal mio petto, i suoi occhi che mi fissano intensamente sembrano voler denudare la mia anima, spogliarmi di ogni logica, di ogni razionalità, riducendomi a puro istinto. 

“Vuoi baciarmi di nuovo?” Domanda, pericolosamente vicino, il suo respiro caldo che mi solletica il mento. 

Annuisco in silenzio, il cuore che torna ad agitarsi.

La mia mano si posa sulla sua guancia, il mio respiro accelera improvvisamente. “Allora fallo.”

 

 

 

Non posso starti vicino, Niklaus, perché se mi tocchi non rispondo più di me stesso, ma non posso neppure starti lontano… cosa c’è di sbagliato in me? 

Perché non posso volerti bene in modo normale, come un fratello normale?

Perché, per quanto io ci provi, non riesco a liberarmi di questo attaccamento viscerale e assoluto, di questo sentimento così profondo e spaventoso?

 

 

 

Chiudo gli occhi, cercando di arginare quel senso crescente di disperazione che si agita nel mio petto. “Non… non credo di poterlo fare.”

“Perché?” Si ritrae di pochi centimetri, l’espressione chiaramente ferita.

 

Non posso farti questo, Niklaus, l’ultima cosa che voglio è farti del male… dovrei prendermi cura di te, dovrei proteggerti dal dolore e dalla crudeltà del mondo, e invece sono io il mostro che ti sta facendo soffrire, sono io che sto sporcando la tua innocenza con i miei desideri malati…  

 

 

 

“Perché è sbagliato…” Faccio un respiro profondo e mi volto dall’altra parte, l’aria intorno a me è incandescente. 

“È sbagliato, Niklaus, e per quanto sia puro questo sentimento che sento per te, per quanto ti ami, sinceramente, incondizionatamente, con tutto me stesso, saremmo sempre sbagliati agli occhi del mondo.”

Non ho la forza di guardarlo negli occhi, l’intensità delle mie parole e dei miei sentimenti minacciano di sopraffarmi.

Ma Niklaus, testardo come sempre, mi afferra prepotentemente il viso e lo gira bruscamente, obbligandomi ad incrociare il suo sguardo.

Le sue mani mi circondano le guance con forza, le sue dita premono sulla pelle e scavano, crudeli, come se volesse strisciarvi sotto.

“Sei un vigliacco, Elijah. Come puoi essere così cieco?” C’è rabbia nella sua voce, ma i suoi occhi sono lucidi, attraversati da un tremito. “Come puoi non capire che anche se siamo sbagliati agli occhi del mondo, tu non lo sarai mai ai miei?”

Ed è in quel momento, proprio lì, proprio allora, che le mie ultime resistenze crollano del tutto, l’ultimo barlume di razionalità e buonsenso abbattuto definitivamente, e prima di rendermene conto lo spingo contro di me, intrappolandolo in un bacio disperato e violento, in una lotta di lingue che si cercano, si respingono, si accarezzano e si intrecciano in una danza sempre più appassionata, in uno scontro di denti e morsi che fanno sanguinare la carne e infiammano i sensi.

Non esiste niente tranne la bocca di Niklaus e le sue mani su di me e il suo profumo e la sua pelle morbida e calda contro la mia.

Tutto il dolore, le preoccupazioni, la solitudine e la paura cominciano a svanire finché non riesco a pensare più a niente se non al sapore delle sue labbra, al profumo della sua pelle, alle sue carezze. 

Mi sforzo di restare calmo, le mie mani vorrebbero toccarlo ovunque ma non posso, non posso, e ci baciamo così forte da sentire male.

Fa male non poter fare di più, il fatto che, per quanto intensamente io lo baci, non posso… non posso…

“Elijah…” Sono a malapena consapevole della voce di Niklaus che sussurra il mio nome, un sussurro appena accennato coperto dai nostri respiri ansimanti.

Non riesco più a ragionare lucidamente, non riesco più a mantenere il controllo di me stesso. 

Gli premo di nuovo le labbra contro la bocca, stringendolo forte tra le braccia per impedirgli di staccarsi da me, e prima che possa rendermene conto sono a cavalcioni sul suo grembo, le gambe a circondare i suoi fianchi in una morsa serrata.

Sto respirando in fretta, troppo in fretta. 

Non mi sono mai sentito così in vita mia e mi fa paura. 

Il mio corpo sembra aver preso il sopravvento. 

Sono così eccitato che quasi non riesco a pensare. 

Devo calmarmi. Devo mantenere il controllo. 

Non posso permettere che succeda.

Ma tutto quello a cui riesco a pensare è Niklaus, caldo e vivo sotto le mie mani, le sue labbra rosse e gonfie di baci, il suo sguardo smarrito e liquido di eccitazione che è solo mio, solo mio

Mi chino a baciarlo di nuovo, le mie mani si posano sul suo petto e sento i suoi muscoli tendersi sotto il mio tocco.

“Elijah…” Sussurra sulle mie labbra, le palpebre abbassate e tremanti, le guance rosse e il respiro accelerato ed è semplicemente troppo, vederlo così vulnerabile e fiducioso, completamente abbandonato e sopraffatto dal peso di sensazioni che non sa come gestire.

Infilo una mano sotto la sua maglietta e lo sento sobbalzare. Improvvisamente cerca di ritrarsi, ma io non glielo permetto, intrappolandolo tra il divano e le mie braccia, continuando a stringerlo, baciarlo, accarezzarlo…

“Elijah…” Continua a chiamare il mio nome, continua a resistermi ma non mi importa, non più importa di più di nulla. Voglio sentire il suo corpo su di me, la sua pelle sulla mia, voglio assaggiarlo, voglio viverlo e sentirlo vibrare tra le mie mani. 

Nella mia foga lacero il tessuto della sua t-shirt con uno strappo secco, e lui si morde un labbro per impedirsi di gridare, lasciando uscire solo un gemito soffocato.

Mi blocco di colpo.

“Elijah…” La voce di Niklaus trema, e quando sollevo lo sguardo vedo chiaramente il terrore nei suoi occhi, una lacrima solitaria che gli solca la guancia.

L’orrore di ciò che ho fatto, di ciò che stavo per fare, mi colpisce all’improvviso.

Indietreggio lentamente, scioccato e disgustato, incredulo e sconvolto.

Come posso aver fatto questo a mio fratello?

Come posso aver fatto questo a quel bambino dolce e gentile che avevo giurato di proteggere per tutta la mia vita?

Quale orribile mostro si cela dentro di me?

Senza dire una parola prendo la coperta piegata in un angolo del divano e la poso delicatamente su di lui, distogliendo in fretta lo sguardo.

Non voglio vedere il disgusto e l’odio nei suoi occhi, non potrei sopportarlo.

“Perdonami, Niklaus.” Sussurro con voce strozzata, continuando a restare voltato di spalle, combattendo tra l’impulso di scappare e quello di stringerlo tra le mie braccia per rassicurarlo che non volevo fargli del male, che non volevo- Sento il respiro spezzarsi. Vorrei piangere. 

Mi detesto per quello è successo. 

E Niklaus dovrebbe odiarmi, dovrebbe insultarmi e prendermi a pugni e dirmi che sono orribile e malato e che si è pentito di ogni singola parola che mi ha detto.

Perché non può volere davvero questo…

Invece si alza e si avvicina silenziosamente, posando una mano sulla mia spalla scossa dai tremiti. “Elijah, va tutto bene.” La sua mano si posa sulla mia guancia, voltandola lentamente verso di sé.

Sto tremando ma mi sforzo ugualmente di guardarlo in faccia.

Non c’è l’ostilità, il disgusto, la rabbia che mi aspettavo.

Il suo sguardo è insolitamente morbido, la coperta che gli avevo posato sulle spalle è abbandonata sul pavimento e lui è qui, davanti a me, con il torace scoperto che non si preoccupa di nascondere, alcuni brandelli di tessuto ancora attaccati alla sua pelle, e non ha paura

Senza dire una parola afferra la mia mano e mi conduce nuovamente verso il divano. 

Non trovo la forza di oppormi, non trovo la forza per resistergli.

Sotto il mio sguardo lucido di terrore e desiderio si distende sul divano, le braccia dietro la nuca che si allungano in un silenzioso invito, inarcando leggermente la schiena, completamente esposto davanti a me. 

Mi fissa intensamente, ferocemente, senza risparmiami nulla, senza mascherare l’incertezza e il desiderio e l’imbarazzo e la curiosità, senza mai staccare gli occhi dai miei, il corpo e le labbra scossi da tremiti appena percettibili. 

“Sono tuo. Puoi fare di me di quello che vuoi." 

Dice quello sguardo, dice il suo corpo proteso verso il mio, e il cuore prende a battere ad un ritmo selvaggio.

Ogni fibra del mio essere vorrebbe piombare su di lui, e baciarlo ancora, con dolcezza e ferocia, e amarlo con passione e gentilezza, adorare il suo corpo come un santuario e farlo mio ancora e ancora, e annegare in un piacere tanto intenso da perdere i sensi.

Ma nei suoi occhi vedo quel neonato che ho stretto tra le braccia, coperto di sangue e scintillante di vita; vedo il suo minuscolo dito che afferrava il mio oltre le sbarre della culla e mi diceva non lasciarmi.

Vedo il suo sorriso meravigliato e felice mentre impugna il  suo primo pennello, lasciando scorrere il colore sulla tela, creando universi di rara bellezza.

Vedo quel bambino che si rifugiava nel mio letto quando il temporale infuriava fuori dalla finestra e il sibilo minaccioso del vento lo faceva sussultare contro il mio corpo e mi chiedeva di raccontargli una storia per scacciare la paura. 

Vedo il fratello con cui sono cresciuto, colui che ho giurato di proteggere sempre e per sempre da qualsiasi cosa potesse farlo soffrire, colui per il quale ho ucciso, colui per il quale ucciderei ancora, colui per il quale non esiterei a gettarmi tra le fiamme dell’Inferno.

Ed è per questo che non posso amarlo nel modo in cui vorrei. Perché l’animale dentro di me deve continuare a rimanere sopito.

Perché il nostro legame è qualcosa di troppo profondo, qualcosa di assoluto, totalizzante, che scorre sotto la pelle, nelle vene, nelle viscere, e potremmo esserne distrutti entrambi.

Non posso abbandonarmi a quello che provo per lui.

Non è possibile amarci in questo modo, dobbiamo accettarlo.

“Smettila, Niklaus.” Mi passo una mano sul viso, forzandomi a mantenere ferma la mia voce. “Non possiamo. Né ora, né mai.”

“Elijah…” 

“No.” Lo blocco con un gesto imperioso della mano prima che possa dire qualsiasi cosa, la voce mi esce secca e dura, gelida. “Non puoi chiedermi di farti questo. Siamo fratelli, e dobbiamo comportarci come tali.”

“Che cosa stai dicendo?” Niklaus si alza di scatto, la voce che sale di tono mentre parla e gli occhi che bruciano di rabbia. Mi afferra le spalle con entrambe le mani, scuotendole con violenza. 

“Mi stai imponendo di smettere di provare questi sentimenti? Mi stai dicendo che domani ci sveglieremo e continueremo con le nostre vite come se niente fosse, fingendo che tutto questo non sia mai successo?”

Sta quasi gridando adesso, ma ci sono lacrime negli angoli dei suoi occhi. 

Distolgo lo sguardo, incapace di guardarlo in faccia, timoroso di vedere il mio stesso dolore riflesso sul suo volto.

“Sì. È esattamente quello che sto dicendo.”

Alle mie parole segue un lungo silenzio.

Sono preparato ad affrontare una delle solite reazioni violente di mio fratello, alle sue urla, alla sua ira, ai pugni e agli oggetti rotti.

Invece lui rimane semplicemente in silenzio, immobile come una statua di cera.

Dopo minuti che sembrano ore, lentamente le mani di Niklaus allentano la presa sulle mie spalle, fino a lasciarle del tutto.

“Bene.” Sussurra, rabbia e dolore e amarezza nella sua voce, nella piega delle sue labbra, in ogni angolo dei suoi lineamenti. “Come vuoi.”

Le lacrime che gli rigano le guance sono dolorosamente chiare nella penombra che gli rischiara il viso.

Sorride senza la minima traccia di allegria, amaro, sarcastico. Quando parla, la sua voce è rotta come se stesse cercando disperatamente di trattenersi dal piangere.  

“Lo sai qual è la cosa più buffa? Per un momento, ho creduto davvero che mi amassi. Ho creduto davvero che ti importasse di me.” Scrolla le spalle con una falsa risata. “Ma in fondo cosa mi aspettavo? Perché dovresti ricambiare i miei sentimenti? Sono un mostro, Elijah,  un violento e un bastardo. La vergogna  della famiglia. Mikael lo diceva sempre.” La sua voce trema per un attimo. “Sono il peso che hai dovuto sopportare per tutta la vita. L’hai detto tu stesso a Camille, ricordi?”

Ad ogni sua parola mi sento morire un po’ dentro.

Ma è proprio la convinzione nella sua voce che mi spezza il cuore.

 

 

Niklaus, ti scongiuro,  dimmi che non ci credi davvero…

 

  

 

“Spero che tu sia felice senza di me. Ti auguro di trovare qualcuno che ti faccia sentire nel modo in cui mi sento io quando sono con te.” Si avvicina e mi posa un bacio leggero sulla guancia. Le mie braccia fremono nel tentativo di trattenersi dall’abbracciarlo. “Sii felice, Elijah. Ti lascio libero. Sei libero, fratello mio.” Sussurra al mio orecchio, e poi, lentamente, si allontana e si volta per dirigersi verso la porta.

 

Per un folle momento sono tentato di fermarlo, afferrarlo per il polso e stringerlo così forte da sentirmi i polmoni bruciare.

 

Non voglio essere lasciato libero, voglio che questo sentimento meraviglioso e impossibile mi consumi completamente… tu mi possiedi, Niklaus, mi possiederai sempre, il mio cuore sarà sempre prigioniero del tuo…

 

Invece  deglutisco e giro lo sguardo verso la finestra del soggiorno per nascondere le lacrime mentre lui lascia la stanza, ad ascoltare i suoi passi allontanarsi. 

Il cielo è infuocato e la notte è finita.

 

 

 

 

**

Klaus

 

 

 

 

 

Sono stanco. Così terribilmente stanco. 

Vengo investito da un’ondata invisibile che cancella ogni pensiero razionale e ogni altra sensazione. 

Sono stanco di trascinarmi giorno dopo giorno, indossando una maschera, fingendo che vada tutto bene. 

Nel tentativo di cogliere quello che gli altri mi dicono, di concentrarmi a lezione, di comportarmi normalmente davanti a Kol, Freya e Rebekah. 

Sono stanco di passare ogni singolo minuto di ogni singolo giorno a trattenere le lacrime, cercando di deglutire in continuazione per tentare di alleviare il dolore in fondo alla gola. 

Persino di notte, mentre me ne sto lì sdraiato a fissare fuori, oltre le tende aperte, faccio di tutto per non crollare. Altrimenti cadrei a pezzi, mi sbriciolerei in migliaia di schegge, come vetro infranto. 

Mi viene voglia di urlare, di fare a pezzi tutto quello che trovo sulla mia strada.  

Ogni volta che incrocio Hayley nei corridoi della scuola sento l’impulso di spaccarle la faccia. 

Se non fosse stato per te… mi ritrovo a pensare. Se non fosse stato per quell’appuntamento… 

Ma come posso incolpare Hayley di avermi fatto scoprire che sono innamorato di mio fratello? 

Il sentimento era lì che covava da anni, salendo giorno dopo giorno sempre più vicino alla superficie. 

Era solo questione di tempo prima che squarciasse la fragile ragnatela del mio rifiuto mentale, obbligandomi a guardare in faccia la realtà e ad ammettere ciò che sono: una persona innamorata di un amore che nessuno potrà mai capire. 

La verità è che Elijah non è mai stato un vero fratello per me. 

Né un fratello minore fastidioso, né un fratello maggiore prepotente. 

Io e lui ci siamo sempre considerati sullo stesso piano. Siamo migliori amici da quando eravamo piccoli. 

Abbiamo condiviso per tutta la vita un legame più stretto dell’amicizia. Insieme, abbiamo allevato Kol, Freya e Rebekah. Abbiamo pianto e ci siamo consolati a vicenda. Ci siamo visti l’un l’altro nei momenti più vulnerabili. Abbiamo condiviso un peso che non è possibile spiegare al mondo esterno. 

Siamo stati presenti l’uno per l’altro come amici, come compagni.  

Lui è stato una luce abbagliante nell’oscurità della mia vita.

Lui mi ha fatto credere che meritassi di essere amato; mi ha fatto credere nella felicità.

Non so se Elijah provi quello che provo io; sono quasi certo che mi abbia assecondato per pietà, e poi sia rimasto disgustato dai miei sentimenti così sporchi, così sbagliati.

Un fratello così succube dell’altro da assecondare i suoi istinti più bassi, i suoi desideri più malati… chissà quanto avrà odiato ogni istante di quei baci e di quelle carezze.

Ma gli sono così grato per avermi regalato quell’illusione, l’illusione di essere amato nel modo in cui ho sempre desiderato, anche se era tutta una bugia, anche se non proverà mai i miei stessi sentimenti. 

Quell’attimo fugace di gioia assoluta che mi ha fatto provare… c’è chi non lo prova nell’arco di tutta una vita. 

Ma il rovescio della medaglia nell’assaporare la felicità pura è che, come una droga o un angolo di paradiso intravisto di sfuggita, ti lascia addosso una smania ancora più acuta. E dopo quell’attimo, niente sarà mai più come prima. Diventa tutto grigio, in confronto. 

Il mondo appare insulso e vacuo, sembra che niente abbia più un senso. Andare a scuola… per cosa? 

Superare gli esami, ottenere buoni voti, andare all’università, conoscere gente nuova, trovarsi un lavoro, cambiare casa? 

Come potrei vivere una vita intera lontano da Elijah?

Quando lui si troverà una ragazza, come farò a sopportarlo? 

Come farò a restare lì a guardarlo mentre si costruisce una vita lontano da me, sapendo quello che dovrò mettere a tacere per sempre il mio cuore, nascondere eternamente quello che provo davvero nei suoi confronti? 

Non esiste attenuante per il mio dolore.

Al di là di ogni possibile spiegazione per il sentimento che ci unisce, al di là dei miei tentativi di giustificarlo, so che la realtà delle cose non cambierà: Elijah non potrà mai essere il mio ragazzo. 

Tra i milioni e milioni di persone che abitano questo pianeta, lui è uno di quelli che non potrò mai avere. Ed è una cosa che devo accettare anche se, come un acido sul metallo, mi corrode lentamente dall’interno.

 

**

 

Il semestre scorre veloce: grigio, desolato, implacabile. 

A casa, la routine quotidiana continua il suo corso, sempre uguale. 

L’autunno lascia spazio all’inverno, le giornate si fanno visibilmente più corte. 

Elijah si comporta veramente come se quella notte non fosse mai esistita, come se non avesse significato nulla per lui. Perfetto come al solito, a scuola, a casa, con me, niente sembra scalfire la sua immagine di fratello modello.

È gentile, premuroso, calmo, posato, niente è cambiato nel suo atteggiamento, ma tra noi percepisco una distanza che non c’era mai stata prima.

Io cerco di imitarlo, anche se con risultati ben più scarsi. 

Che alternativa ho? 

Parliamo di cose futili ma i nostri sguardi s’incrociano raramente e, quando succede, dopo un istante li distogliamo subito, nervosi. Eppure mi chiedo cosa pensi.  

Se si sia davvero pentito di quella notte, se anche lui non stia nascondendo quello che prova veramente come mi sforzo di fare io.

Ma poi scuoto la testa, dandomi dello stupido per aver formulato un pensiero tanto assurdo.

È ovvio che per Elijah rimarrò sempre il suo fratellino, quello di cui è costretto a prendersi cura per il suo assurdo senso del dovere verso la famiglia, ma niente di più.

Come può una persona meravigliosa come lui amare qualcuno come me?

Comunque abbiamo già un sacco di cose a cui pensare.  

Il comportamento della mamma peggiora, nel frattempo.

Passa sempre più tempo da David e raramente torna a casa sobria. 

Ogni tanto esce a fare spese folli e rincasa con regali per tutti, nella speranza di mitigare il proprio senso di colpa: giocattoli stupidi che si rompono dopo pochi giorni, nuovi videogiochi per tenere Kol incollato al computer, dolci che fanno venire il mal di pancia a Rebekah.

Osservo il tutto da una certa distanza, incapace ormai di farmi coinvolgere sul serio da qualcosa. 

Elijah, sempre più pallido e teso, tenta faticosamente di mantenere un po’ di ordine in casa, ma sento che anche lui è ormai vicino al punto di rottura e io non sono in grado di aiutarlo. 

Seduto di fronte a lui intorno al tavolo della cucina, lo osservo aiutare Rebekah con i compiti d’inglese e mi sento sopraffatto da una terribile fitta, una profonda sensazione di disorientamento. 

Mescolando il mio tè ormai freddo, osservo i tratti di lui che ben conosco, il modo che ha di sistemare dietro l’orecchio il ciuffo che si ribella alla sua pettinatura sempre ordinata, ricadendogli in continuazione sulla fronte.

Osservo le sue mani appoggiate sul tavolo, le unghie squadrate e ben curate, le dita lunghe ed eleganti, le sue labbra che una volta si sono posate sulle mie, ora distese in un sorriso caldo e affettuoso mentre guarda la nostra sorellina.

Il dolore che provo nel guardarlo è insopportabile ma mi sforzo di non cedere per assorbire il più possibile di lui, tentando di ritrovare, almeno nei ricordi, tutto ciò che ho  perso.

“Il bambino entrò nella c-i-e-s-a…" Scandisce Rebekah. Seduta in ginocchio su una sedia, punta il dito su ogni lettera, sfiorando la pagina del libro, con i sottili capelli biondi che le incorniciano il viso. 

“Il bambino entrò nella… che parola si forma?” La incoraggia pazientemente Elijah. 

Rebekah studia l’illustrazione. “Casa?” Tenta fiduciosa, alzando lo sguardo verso Elijah, gli occhi azzurri spalancati e speranzosi.  

“No. Guarda la parola. Metti insieme i suoni e leggili tutti d’un fiato. Che parola si forma?”

“Ciesa?” È irrequieta e distratta, vorrebbe disperatamente andare a giocare ma è anche contenta delle attenzioni che riceve. 

“Quasi, ma in mezzo c’è un’altra lettera. Come si chiama?” “Maiuscola?” 

Elijah scuote la testa, ma non perde la calma né il sorriso. “Guarda. Questa è una maiuscola.” Sfoglia il libro in cerca di un esempio. “Eccola qui. La acca è una lettera magica e  cosa fa?” 

Rebekah aggrotta le ciglia e si piega di nuovo sul libro, incurvando la lingua all’insù per la concentrazione, con i capelli che le coprono in parte la pagina. 

“Trasforma la consonante che c’è prima!” Urla di colpo, innalzando trionfalmente il suo piccolo pugno in aria.   “Brava. E che consonante c’è qui? 

“Ehmm…”Torna sulla pagina con la stessa espressione aggrottata, la stessa lingua incurvata. “Ehmm…”Ripete, prendendo tempo. “Una ci?”

“Bravissima. Quindi la acca magica trasforma il suono della ci in…”

“Chi.” Sillaba lei orgogliosa, e Elijah annuisce.

“Esatto. Perciò ora prova a rileggere la parola tutto d’un fiato.”

 “Chi-e-s… Chiesa! Chiesa! Il bambino entrò nella chiesa. Hai visto, Nik?” Mi guarda con un sorriso enorme che mi sforzo di ricambiare. “L’ho letta!” 

“Bravissima! Vedi? Sapevo che ce l’avresti fatta!” Elijah sorride, ma c’è una strana tristezza nei suoi occhi.

Non mi guarda neppure in faccia, continuando a rivolgere la sua attenzione a Rebekah. “Sei stata bravissima.” Le posa un bacio sulla fronte, accarezzandole delicatamente i capelli. “Per oggi i compiti sono finiti, adesso puoi fare tutto quello che vuoi.”

Il volto di Rebekah si illumina improvvisamente, mentre torna a guardarmi. “Nik, disegniamo insieme?”

Dopo un attimo di sorpresa iniziale, mi affretto ad annuire. Mi alzo e la prendo in braccio facendole fare una piccola giravolta che le strappa un gridolino divertito.

“Certo, tesoro.” Mi sforzo di far suonare dolce la mia voce per non deluderla. “Non vedo l’ora di vedere il tuo prossimo capolavoro.”

Lei mi fa un largo sorriso, evidentemente felice. “Vado a prendere i fogli e i pennarelli!” Cinguetta soddisfatta, mettendosi a correre appena le faccio posare i piedi a terra.

Appena lascia la stanza abbandono la mia espressione forzatamente allegra, sentendo tutto il peso dei miei pensieri crollarmi addosso.

Mi siedo di nuovo al tavolo, di fronte ad Elijah, ma nessuno di noi dice una parola.

Un lungo silenzio si spalanca tra noi, teso come una corda di violino. “Stai bene?” La sua domanda mi coglie di sorpresa. 

Sorrido ironico. “Non proprio.” Rispondo infine, lo sguardo ostinatamente fisso sul tavolo, incapace di incrociare il suo.

Mi manchi, vorrei dirgli. 

Mi manca trovare il tuo sorriso alla fine della giornata, a ricordarmi che finché ci sei tu da cui tornare il mondo è un posto meno ostile, meno crudele. 

Mi manca la nostra complicità, mi manca il modo in cui mi facevi sentire speciale. Amato. Felice.

 

Ma sarebbe inutile. 

Elijah non mi vuole, ha espressione la sua opinione molto chiaramente.

Gli ho aperto il mio cuore e lui mi ha assecondato per pietà, ma non è riuscito a fingere a lungo. 

Il disgusto che provava per i miei sentimenti era evidente.

Non posso costringerlo ad amarmi, e non posso pretendere che tra noi le cose tornino com’erano prima.

Perciò alzo le spalle fingendo indifferenza. 

“Sono solo un po’ stanco.”

“Hai solo bisogno di uscire e di distrarti un po’.” Risponde lui, sforzandosi di mantenere un tono di voce normale. “Magari…” C’è un intoppo nella sua voce, o è solo la mia immaginazione? “Magari potresti riprovare con Caroline. So che non è andata bene l’ultima volta, ma sembra una ragazza in gamba. Potrebbe essere d’aiuto, suppongo.”

Lo fisso in silenzio, sbalordito, mentre elaboro la sua proposta assurda nella mia mente. “Dici sul serio, Elijah?” La voce mi esce inaspettatamente aspra, carica di rabbia repressa. “E in che modo potrebbe aiutare?”

Per un attimo gli trema il labbro inferiore, ma riacquista subito la sua abituale compostezza. “Hai bisogno di uscire con altre persone, farti degli amici… hai bisogno di costruirti una vita, Niklaus. È… è l’unico modo per…”

Sembra incapace di continuare la frase. 

“Per cosa?” Lo incalzo, esasperato, sentendo la rabbia montarmi dentro ad ogni parola.

“Per… andare avanti e dimenticare ciò che è successo.” 

Sbatto le mani sul tavolo con violenza, rovesciandomi del tè sulla mano e sul polsino. 

“Pensi che io possa metterci una pietra sopra e basta?” Grido, paonazzo, senza più preoccuparmi di fingere. 

Chinando la testa e irrigidendosi come se stessi per colpirlo, Elijah solleva una mano come per scacciarmi.   “No… non ce la faccio… ti prego, Niklaus, non peggiorare la situazione.”

“Come potrei?” Boccheggio. “Come cavolo potrei peggiorare questa situazione?" 

“So solo che non puoi andare avanti così, okay? Voglio soltanto che tu sia felice.” I suoi occhi sembrano quasi imploranti, la sua voce è spezzata come se stesse trattenendo le lacrime.

È assurdo che continui a sentirsi in colpa.

Non si possono forzare le persone ad amare; non è colpa sua se non prova i miei stessi sentimenti.

E in fondo ha ragione. 

Per quanto doloroso e impossibile, devo provare ad andare avanti, a liberarmi di quest’attaccamento malsano, di questa assurda dipendenza che mi lega a lui.

“Bene, ci sto.” Cancello ogni pensiero. Cancello ogni sensazione. “Domani parlerò a Caroline, mi scuserò con lei e le chiederò un’altra possibilità.” 

In fondo, cosa vuoi che m’importi con chi sto, se non sei tu?

 

 **

 

 

 

Oggi sembra tutto diverso. 

La casa è fredda ed estranea. 

Kol, Freya e Rebekah non sembrano nemmeno loro. 

Io non riesco neanche a guardare Elijah, l’incarnazione di tutto ciò che ho perso. 

Anche le strade lungo il tragitto per andare a scuola sembrano cambiate durante la notte. 

Potrei essere in una città straniera, in un paese dall’altra parte del mondo. I pedoni attorno a me non sembrano vivi. Io stesso non mi sento vivo. Non so più chi sono di preciso. Il ragazzo che esisteva prima di quella notte, prima di quel bacio, è stato cancellato dalla faccia della Terra. 

Non sono più quello di un tempo ma non so ancora cosa diventerò. 

I clacson nervosi delle auto mi fanno sobbalzare, così come il rumore dei passi sul marciapiede, gli autobus che mi sfrecciano accanto, i negozi che aprono le saracinesche, il chiacchiericcio acuto dei bambini diretti a scuola. 

L’edificio è più grande di come me lo ricordavo, una colata di cemento grigio e desolato. 

Studenti che corrono da una parte all’altra, sembrano comparse su un set cinematografico. 

Sono obbligato a muovermi anch’io per calarmi in questa frenesia, come un elettrone che deve obbedire alla corrente. 

Faccio le scale a rilento, un gradino alla volta, con le persone che mi passano accanto e mi spintonano. 

Quando entro in classe, vedo cose che non avevo mai notato prima: le ditate sulle pareti, il linoleum macchiato e pieno di crepe come un guscio delicato che scompare ritmicamente sotto i miei piedi. 

In lontananza, varie voci tentano di raggiungermi ma io le respingo. 

I suoni mi rimbalzano addosso senza che io me ne accorga, le sedie che stridono sul pavimento, le risate e il chiacchiericcio, il tono monocorde del professore di storia. Il sole squarcia la massa compatta di nuvole, penetrando di sbieco dalle grandi finestre, lungo la scrivania e poi dritto nei miei occhi. 

Puntini bianchi compaiono nello spazio davanti a me, bollicine danzanti di colore e luce che m’ipnotizzano fino al suono della campanella. 

Caroline è seduta a due banchi di distanza da me, le labbra truccate di rosso che mordicchiano il cappuccio della biro, un ricciolo biondo le ricade sull'occhio.

Devo parlarle subito, prima che possa cambiare idea, ma la mia voce è sparita e non esce altro che aria vuota. 

Salto la seconda ora per sfuggire da lei. 

Vago per la scuola deserta, questa mia gigantesca prigione, in cerca di risposte che non ci sono. 

Le mie scarpe battono contro i gradini ogni volta che salgo, scendo e giro in tondo a ogni piano, cercando… che cosa? Una qualche assoluzione? 

La rigida luce invernale aumenta, riversandosi giù dalle  finestre e rimbalzando contro le pareti. 

Ne sento il peso a contatto con il corpo, mentre mi penetra la pelle quasi bruciandola. 

Sono perso in un labirinto di corridoi, scale, piani, accatastati l’uno sull’altro come un castello di carte. 

Se continuo così, forse troverò la strada del ritorno, per essere di nuovo la persona che ero. 

Ora procedo più lentamente. Forse galleggio persino. Nuoto nello spazio. 

La Terra ha perso la sua forza di gravità, tutto sembra liquido intorno a me. 

Raggiungo un’altra scala, i gradini si sciolgono. 

La suola della scarpa si distacca dal pianerottolo e io precipito nel nulla.

 

  
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