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Autore: Indaco_    12/11/2018    2 recensioni
Il cuore di Amy saltò un battito capendo bene che quel devastante e incredibile dettaglio non era affatto dovuto ad una semplice coincidenza.
I puri e grandi occhi del piccolo erano di un accecante verde magnetico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dance'
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Ad Amy stava scoppiando la testa, se era difficile badare ad un singolo bambino, controllarne tre era letteralmente impossibile. E Sonic non stava poi tanto meglio.
Appena Blaze era uscita dalla porta, i giochi e la confusione erano ripartiti alla grande e a poco erano serviti tv e cena. Era un continuo bisticcio insaporito da gridolini, risate, scherzi, corse, salti e chi più ne ha, più ne metta.
La rosa doveva dolorosamente ammetterlo, in vivacità ed energia Justin superava tutti e lei sapeva bene che geni incolpare per tutta quella foga. Grazie a Dio, Sonic l’aveva aiutata in tutto e per tutto, nonostante la zoppia si era fatto in 4 per tenerli buoni e aveva ottenuto un discreto successo solo quando, sotto implorante richiesta dei piccoli, aveva letto loro una favola. Il riccio blu, carico d’imbarazzo, aveva iniziato a raccontare con voce calda e rilassante la storia di Rosaspina, catturando l’attenzione del suo pubblico, il quale si era zittito e immobilizzato sul divano. Perfino Amy era stata cullata dal racconto e si era bevuta ogni singola parola di quel racconto chilometrico. Il blu necessitò di un’ora buona per narrare l’intera favola, continuamente interrotto dalle domande infinite e assurde dei piccini, i quali si chiedevano cosa mangiasse la principessa e di che colore fosse il cavallo del principe. Domande che il riccio blu risolveva in modo molto fantasioso e particolare, lasciando ogni volta i piccolini a bocca aperta e con nuove domande.
E dopo quelli che erano sembrati secoli, finalmente Sonic terminò con voce ormai ridotta ad un sussurro
< … e così, la principessa ed il principe vissero felici e contenti. > Mormorò a bassa voce, chiudendo con delicatezza il libro e appoggiandolo di fianco a se. Sospirò stancamente, la gola gli bruciava come un tizzone ardente e sentiva gli occhi secchi. Deglutì sperando di spegnere il fastidio e controllò le condizioni dei bambini: tutti e 3 erano profondamente addormentati, crollati letteralmente su di lui dopo poche pagine. Sorrise intenerito da quelle piccole pesti, erano tanto caotiche quanto adorabili, certo, ora si trovava con il cranio che scoppiava e un formicolio indesiderato alla gamba malata, ma ne era valsa la pena.
Il suo sguardo venne poi completamente attirato dalla figura di Amy, uscita dalla cucina con due tazze di the profumato in mano e gli aculei raccolti in uno sformato chignon.
Nonostante la settimana passata, il blu non si era ancora abituato alla presenza di lei e dubitava anche di potersi abituare tanto velocemente. Vederla spuntare dalla cucina dopo 5 anni, lo destabilizzava, si sentiva bloccato tra passato e presente e non aveva idea di come reagire.
Da una parte era fuori di se dalla gioia, dall’altra era terrorizzato di poter soffrire nuovamente per causa sua. Contemporaneamente però, voleva aiutare lei e il suo piccolo (mantenendo ovviamente le adeguate distanze) e aveva una voglia di abbracciarla e parlarle che metà sarebbe bastata.
Avvicinandosi silenziosa, la rosa gli porse una tazza con un sorriso cordiale, per poi appollaiarsi pigramente al suo fianco ed osservare divertita i piccoli dormienti. Il riccio, stando ben attento a non svegliare i piccini, la ringraziò e iniziò a mescolare la bevanda, puntando quasi involontariamente gli occhi sulla ragazza.
< Sei stato veramente bravo, sei riuscito a tenerli seduti per un’intera ora! >Bisbigliò sfiorando gli aculei di Justin con il dorso della mano.
< Si, ma a che prezzo! Ho perso l’uso di due corde vocali > esagerò lui con un mezzo sorriso, accarezzando dolcemente le piccole testoline immerse in un sonno profondo.
< Almeno ora si sono addormentati! > Sospirò lei sorseggiando il suo the finalmente in pace, il riccio la imitò e poi appoggiò la tazza sul tavolino.
< Come facciamo per stanotte? > Le chiese serio, indicando le pesti con un cenno della testa. La riccia portò le gambe sotto di se e sorrise leggermente, aveva già pensato anche quello e con la sua decisione avrebbe preso due piccioni con una fava.
< Se a te va bene, le piccole dormiranno con me e tu dormirai con Justin, ok? > Snocciolò velocemente, posando poi l’attenzione sull’espressione del riccio per capire il suo stato d’animo. Aveva valutato con attenzione se consegnare Justin al riccio per la notte, sapeva che il bambino non avrebbe fatto storie per la notizia, anzi, ne sarebbe stato molto felice. Ma temeva anche che il cambio di letto potesse portare nuovi incubi e in quel caso lei non ci sarebbe stata.
Aveva perciò quasi deciso di tenerlo lei, quando, notando il sorriso sereno dipinto nel faccino del figlioletto, le si era subito stretto il cuore dalla tenerezza e senza ombra di dubbio aveva scelto di rischiare, al massimo Sonic l’avrebbe chiamata.
Il mezzo sorriso stampato in faccia al riccio in questione scomparve e un’espressione preoccupata prese il suo posto,
< no. Negativo. Non se ne parla. > Le rispose asciutto scuotendo la testa velocemente, Amy, stupita da quella reazione, aggrottò le sopracciglia sorpresa e indagò,
< perché no? Non avrai mica paura? > Mormorò incredula con un pizzico di ironia.
< Certo che si! Ho paura di schiacciarlo! Magari lo soffoco o lo stordisco o gli faccio male! > Esclamò Sonic realmente preoccupato iniziando a sentirsi veramente a disagio. Insomma Justin era un mignon! Bastava un nulla e lo avrebbe ridotto ad una frittatina! Oltretutto, fresco dell’avventura al fiume, era terrorizzato dal fatto di potergli far male.
La rosa, divertita dalla confessione strampalata del blu e soprattutto dall’espressione carica d’ansia, rise, capiva perfettamente il suo terrore, lo aveva provato anche lei nei primi mesi di vita del suo bambino.
Per tranquillizzarlo si avvicinò ancor di più al riccio, appoggiandogli una mano sul braccio
< posso assicurarti che quello che verrà soffocato sarai tu. Domani mattina te lo troverai addosso senza un filo di contegno > esclamò con voce argentina la ragazza, tentando di rasserenarlo con un sorriso furbetto. A quel tocco e a quella vicinanza, il blu si agitò ancor di più e il suo cuore iniziò a battere più velocemente, mamma mia quanto si sentiva idiota.
< Ok, d’accordo, se dici che sa auto-salvarsi mi fido. Spero vivamente che tu abbia ragione però, non voglio averlo sulla coscienza > concluse mesto, accettando la decisione che gli veniva praticamente imposta.
Mezz’ora dopo infatti, si trovò steso a letto con il piccolo blu di fianco, impigiamato e già mezzo addormentato. Sonic lo aveva ben avvolto nelle coperte e l’aveva steso accanto a lui delicatamente, non troppo lontano ma nemmeno troppo vicino, le loro braccia si sfioravano appena. La madre aveva salutato il piccolino con un po’ d’ansia e Sonic non aveva capito se l’agitazione era dovuta a causa sua o per quello che doveva affrontare lei: Amy avrebbe dormito con le due agitate figlie di Blaze.
Sperava solo di non trovarle carbonizzate il giorno dopo a causa di una Rihanna incandescente.
Spenta la luce, il riccio blu si sdraiò con più delicatezza possibile, chiudendo gli occhi in cerca un sonno che non si degnava di presentarsi. Rimase a fissare una coppa luccicante per qualche minuto quando la sua concentrazione venne catturata dal respiro strano di Justin: era leggermente più veloce del suo ma la frequenza di respiri così diversa da quella di un adulto, non lo aiutava a rilassarsi, anzi lo metteva in una condizione di perenne allerta. Con un po’ di pazienza a causa della gamba malata, si girò di fianco e osservò il piccolo corpicino sollevarsi ed abbassarsi regolarmente, sospirò stanco, mentre i soliti vecchi, infiniti pensieri iniziarono a tormentarlo, portandolo tanto vicino a quel vuoto interiore che si era creato col passare del tempo e che non aveva mai accennato a richiudersi.
Il profondo senso di solitudine che aveva iniziato a soffocarlo da dentro, negli ultimi tempi aveva iniziato anche a soffocare le cose esterne a lui: relazioni, lavoro, amicizie, erano sempre coperte da una patina oleosa che non lo lasciava godersele appieno.
E nulla aveva fermato il degrado interiore iniziato anni fa, aveva imparato a coprirlo con un sorriso e qualche battutina, aspettando di rimanere solo per poi lasciarsi sommergere dall’apatia.
Ma no, non in quel momento, la visione di Justin addormentato sempre più vicino a lui, bloccava il malessere, anzi glielo prosciugava, restava solo una sentimento ricco di amore e gioia, come ai bei vecchi tempi. Era così felice di avere la rosa e quel piccolo tesoro nella sua vita, non vedeva l’ora che si facesse mattina per stare con loro.
Chiuse gli occhi, concentrandosi per distogliere l’attenzione dal respiro del piccolo, cosa che si rivelò veramente molto difficile. Dopo quelle che parvero ore, riuscì a prendere sonno solo dopo infinite rotazioni, pecore a non finire, film mentali illusionistici, pensieri strampalati e molta stanchezza. Il filo dei pensieri iniziò ad essere incoerente finché non cadde addormentato.



Justin era in casa di Sonic, fuori era buio pesto e lui aveva freddo nonostante fosse piena estate e indossasse il suo nuovo pigiamino a righe blu e azzurre. Una quiete assoluta avvolgeva il salotto e la cucina, ed il silenzio era così pesante da metterlo a disagio.
Il riccetto, nonostante nessuno glielo avesse detto, sapeva che in quel momento l’amico della mamma era al lavoro e perciò in casa c’era solo lui e la mamy. La quale indossava il bellissimo tutù bianco come un osso, pieno di tessuto vaporoso e piume, che la faceva assomigliare tanto ad una nuvoletta.
Stava canticchiando una dolce ninna nanna mentre con un coltello piuttosto lungo sgrassava un’enorme bistecca di un rosso quasi esagerato.
Incuriosito e voglioso di coccole si avvicinò alla riccia rosa, i lunghi capelli ondulati la faceva assomigliare ad una graziosa sirena. Si incollò alla sua gamba incuriosito e si alzò in punte di piedi per guardare il lavoro meticoloso della madre, riusciva quasi a scorgere il tagliere su cui vi era appoggiata l’enorme costata, che vista da vicina sembrava quasi che pulsasse.
Interessato dal singolare fenomeno, il bambino puntò la concentrazione e aguzzò l’occhio sul pezzo di carne che sembrava muoversi e plasmarsi, improvvisamente, da un lato, si aprì una piccola lacerazione da cui si riversarono tantissime grosse larve giallastre, viscide e brulicanti.
Un brivido di paura e timore lo costrinse ad indietreggiare di qualche passo, non gli piacevano gli insetti, soprattutto ragni e vermi.
< M-mamma? Guarda! >Balbettò carico d’ansia, nascondendosi dietro alla riccia incurante che aveva tra le mani una nuova bistecca,
< oh, è normale Justin, non preoccuparti > gli sussurrò con un sorriso, appoggiando il coltello sul tagliere.
Si asciugò velocemente le mani sul body bianco, lasciando tracce rosate ed umide su di esso e poi si chinò baciandogli leggermente la fronte. Il piccolino, avido delle attenzioni della madre, socchiuse gli occhi per godersi al meglio il gesto d’affetto, quando le labbra freddissime della ragazza si bloccarono in quel gesto e le mani congelate che lo avevano accarezzato sulle braccine, iniziarono a stringerlo sempre più, immobilizzandolo. Una goccia di liquido denso e viscoso, cadde sul suo naso colando poi lentamente verso la bocca, lasciando dietro di se una traccia umida che lo fece rabbrividire. Impaurito e dolorante da quella forzatura, aprì gli occhi e quello che vide lo fece urlare a pieni polmoni di puro e intenso dolore: sua madre inginocchiata di fronte a lui sbavava sangue dalle labbra, i suoi occhi privi di vita erano fissi su di lui, immobili, gelatinosi e tristi, il tutù era intriso di sangue scuro e gocciolava ai suoi piedi, tanto da bagnargli perfino i pantaloni.
Dietro alla sua amata mamma inerme, Jason con un sorriso sadico in volto e il lungo coltello da cucina in mano, masticava avidamente la carne cruda ripiena di larve grasse e viscide. L’adulto sembrò accorgersi di lui solamente in quel momento, smise di masticare e sorrise ancora più ampliamente, resti di cibo erano incastrati nella chiostra di denti e gli occhi iniettati di sangue lo facevano sembrare ancor più pazzo.
Justin si sentiva morire, il suo giovanissimo cuore batteva così forte da sembrare una trivella.
Le sue gambe sempre così scattanti e guizzanti, in quel momento avevano perso la loro energia, diventando rigide e tremolanti. Indietreggiò trascinando con se il corpo rigido e freddo della madre che lo stava inzaccherando di rosso sangue. Jason, continuando a fissarlo dritto negli occhi con quel ghigno sadico, piantò il coltello con un colpo forte e preciso nella schiena di Amy.
Justin non si era mai sentito così braccato in vita sua, con il cuore in gola e lacrime agli occhi, tentò di scappare nella camera di Sonic, ma con grande rammarico scoprì che la sua strepitosa velocità era totalmente scomparsa.
Le gambe, per quanto si muovessero erano sempre troppo lente. Il riccio blu notte lanciando un guaito animalesco, si lanciò alla carica per acciuffarlo, le mani insanguinate si chiusero a pochi centimetri dalla gamba del piccolo blu. Il quale gridando dalla paura si fiondò sulle scale per raggiungere la stanza di Sonic, più vicina rispetto alle altre. Ogni gradino sembrava un muro invalicabile per i suoi corti arti e ogni passo fatto, era un autentico traguardo.
Con il fiato rancido sul collo, Jason lo stava velocemente raggiungendo e il piccolo blu stava letteralmente crollando dalla fifa, se l’avesse preso sarebbe di certo morto e la disperata scintilla di vita che era in lui era decisa a rischiare il tutto e per tutto pur di non spegnersi.
Riuscì per miracolo a catapultarsi all’interno della stanza e con un calcio ben assestato, chiuse la porta in faccia a Jason prima che riuscisse ad entrare. La sua faccia stravolta dalla rabbia, dall’alcool e dal sangue si impresse a fuoco nell’immaginazione di Justin e l’ululato inferocito, accompagnato dal un pugno sulla porta, gli fece accapponare la pelle.
Vari grugniti sempre più deboli e passi pesanti, indicarono che il riccio blu notte si stava allontanando dalla stanza. Il piccino si sentì profondamente miracolato.
Il respiro ansimante ed irregolare, il dolore per la morte della mamy e la paura lo stavano mettendo a dura prova, sfinito, si lasciò cadere in un pianto disperato, le lacrime iniziarono a cadere in grosse gocce, inumidendogli gli occhioni già lucidi. Dov’era Sonic? Quando sarebbe tornato? Era morto anche lui? Se si, chi si sarebbe occupato di lui? A tutte queste domande non riusciva a trovare risposta, scosso da singhiozzi così profondi da bloccargli il respiro.
Qualche secondo dopo, un rumore simile ad un ticchettio lo destò dal suo dolore, spaesato, si guardò attorno preoccupato ma la stanza era immersa dal buio, solo dalla finestra filtrava un po’ di luce. Di nuovo sentì il ticchettio accompagnato stavolta da una risata sadica e stridula. Gli aculei di Justin si rizzarono dalla paura. Si alzò da terra tremolante in cerca della causa di quel rumore, quando la sua vista venne catturata dalla fonte del ticchettio.
Un lunghissimo dito ossuto intriso di sangue, ticchettava ritmicamente il vetro della finestra chiedendo insistentemente di poter entrare. Notando che il bambino non accennava ad aprire, la mano scheletrica coperta da un sottile strato di pelle blu scuro, fece da se. La figura di Jason, sproporzionata con quelle mani e con braccia troppo lunghe, entrò nel campo visivo di Justin, causandogli una scarica di puro e intenso terrore. Il piccolo iniziò a tremare come una foglia e le lacrime iniziarono a scendere ancora più copiosamente, ora sarebbe stato sicuramente ammazzato. Iniziò a recitare a memoria la preghiera che la mamma gli aveva insegnato, sperando, che come una formula magica, potesse aiutarlo in qualche modo. Il mostro strisciò sulle mani e sulle braccia con un movimento goffo, innaturale e straordinariamente veloce, avvicinandosi sempre più al piccolo raggomitolato a terra in attesa della sua fine.
L’alito rancido e pestilenziale era nauseabondo, Justin avrebbe voluto vomitare ma la paura era talmente tanta da bloccargli persino il respiro. Una risata malvagia schiarì la gola a Jason. < Sei mio. Il mio adorato figlio > sillabò con voce cavernosa e sibillina. Un dito affilato e deformato passò sotto il mento e gli alzò il visino irrigato di lacrime e terrore, Il bambino aprì coraggiosamente gli occhi, trovandosi la faccia sfigurata e ferina di Jason a pochi centimetri di distanza che lo fece rabbrividire.
L’adulto sorrise eccitato e con lentezza alzò un pugno posizionandolo di fronte al viso del piccolo riccio, il quale iniziò a singhiozzare disperatamente. Il braccio caricò e al limite massimo di estensione scattò rapidamente sul faccino di Justin. Un grido sovrumano carico di dolore si sprigionò dalla gola del bambino. Ma prima che il pugno potesse concludere il suo viaggio distruttivo, il riccetto si destò e aprì realmente gli occhi velati di lacrime, trovandosi davanti le splendenti, gentili iridi verde magnetico di Sonic, che si stavano lacerando dalla preoccupazione.


Spazio autrice: spero di non risultare troppo ripetitiva con questo capitolo, non era previsto lo spazio dedicato all’incubo. Detto ciò spero che vi sia piaciuto. Oltretutto ho deciso di rinnovare i capitoli più vecchi per adattarli meglio alla trama, il primo è già stato sostituito. Critiche e consigli sono sempre ben accetti.
Baci.
  
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