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Autore: Hiroshi84    13/11/2018    4 recensioni
Il principe Joseph, detto l'Impavido, nel dare la caccia ad Agnès e Iza, due streghe artefici di nefandezze, si addentró all'interno di una selva...
Seconda parte di una trilogia di genere fantasy dalle venature autobiografiche.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli alberi dell'ombroso bosco di Zamoscatania sembrano prendere vita, inoltre di tanto in tanto le foglie secche sul terreno vorticano in turbinosi mulinelli. Ho le traveggole oppure è frutto di una magia oscura?
Dopo diverse ore di ricerche, nei pressi di un fiume melmoso compare un grande e terrificante albero color pece. Improvvisamente un centinaio di rami si allungano dal tronco come dita ossute, impigliandosi tra i miei capelli, il viso, il collo, la schiena e le braccia, impedendomi di tirare fuori la spada per spezzarli. Il dolore è indescrivibile, tra l'altro vengo trascinato in direzione di quel raccapricciante alberone. Al centro della corteccia, si apre un buco piuttosto esteso da cui si affaccia una figura sinistra che riconosco subito. Si tratta di Agnès, una delle due streghe che sto braccando, colei che in passato aveva assoggettato il Regno di Scilix per nove infausti anni. La sua risata è stridula e malvagia, è evidente che vuole risucchiarmi all'interno di quel foro.
Sono spacciato? Non può e non deve finire così.
«Avery, Avery, Avery…» grido, invocando più volte la Fata dell'Amore, e in men che non si dica l'amuleto che porto addosso emana una luce talmente intensa da sortire un effetto controproducente nei confronti dell'Albero Nero, difatti le grinfie lignee si allentano quanto basta per liberarmi. Estraggo la mia fidata arma bianca dal fodero e recido più rami possibili per rendere completamente vulnerabile l'odiato nemico.
«"Tronchiamola" adesso! Muori!» esclamo, dando alla frase un tono tra l'ironico e lo sprezzante, per poi trafiggere violentemente la bastarda in verticale e ricacciandola indietro con un calcio. 
Dalla cavità si odono urla disumane e il continuo ripetere di due parole in bolacco, la lingua di Bolonia una delle lande con il più alto tasso di malefiche maliarde.
«Koghan zhie, Kogham zhie, Koghan Zhie...»
Una moltitudine di fulmini violacei scagliati dal cielo centrano in pieno l'Albero Nero. Nel frattempo, mi metto a debita distanza per osservare compiaciuto l'agonia di quella stregaccia che divampa rapidamente fino a diventare un cumulo di cenere.
Seppur malconcio, riprendo il cammino, la spada reclama ancora vendetta.


Nota dell'autore: a differenza de L'Impavido ho scelto di narrare L'Albero Nero in prima persona e con l'utilizzo del tempo presente. 
   
 
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