Serie TV > The Vampire Diaries
Segui la storia  |       
Autore: Sognatrice_2000    13/11/2018    1 recensioni
AU-Tutti umani- Ispirato al libro dal titolo omonimo di Tabitha Suzuma-
Fuori, nel mondo, Klaus non si è mai sentito a suo agio.
Gli altri sono tutti estranei, alieni… l’unico con cui può essere se stesso è suo fratello Elijah.
Klaus ed Elijah hanno altri tre fratellini da accudire: Kol, Freya e Rebekah sono la loro ragione di vita e la loro maggiore preoccupazione, da quando il padre violento e alcolizzato è morto e la madre si è trovata un nuovo fidanzato e a casa non c’è mai.
Il tempo passa e solo una cosa ha senso: essere vicini, insieme, legati, forti contro tutto e contro tutti.
Per Elijah, Klaus è il migliore amico. Per Klaus, Elijah è l’unico confidente.
Finché la complicità li trascina in un vortice di sentimenti, verso l’irreparabile.
Qualcosa di meraviglioso e terribile allo stesso tempo, inaspettato ma in qualche modo anche così naturale.
Un sentimento che si rivelerà la loro salvezza e contemporaneamente la loro condanna.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Elijah, Esther, Klaus, Kol Mikaelson, Mikael, Rebekah Mikaelson
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Incest, Non-con
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Elijah

 

Mi muovo irrequieto sulla sedia, incapace di concentrarmi sulla voce della professoressa di letteratura.

Sopra la lavagna, le lancette dell’orologio avanzano con lentezza esasperante. 

La seconda ora è quasi finita.

Niklaus avrà già parlato con Caroline? 

Forse ha in mente di farlo durante l’intervallo.

Improvvisamente la proposta che ho fatto a mio fratello mi sembra un’immensa assurdità.

Certo, io voglio che lui sia felice, che abbia una relazione normale, che trovi qualcuno che possa dargli tutto ciò che non potrei mai dargli io.

Ma non so per quanto a lungo riuscirò a fingere che quella notte non sia mai esistita.  

È una follia, è una cosa disgustosa e immorale, è un crimine orribile… ma non riesco a smettere di amarlo.

 

“L’amai semplicemente perché non potevo resisterle. Una volta per tutte: spesso, anche se non sempre, mi resi conto, patendone, che l’amavo contro ogni possibile ragione, promessa, pace, speranza, felicità, contro ogni possibile scoraggiamento.”

 

La voce della professoressa mentre legge il passo di un famoso romanzo di Charles Dickens giunge ovattata alle mie orecchie, ma improvvisamente le sue parole esplodono con incredibile chiarezza nella mia mente.

Istantanee di tanti piccoli momenti si affacciano nella mia mente.

Niklaus e i suoi occhi azzurri e immensi come il cielo,

Niklaus e il modo in cui la sua risata fa girare il mio mondo, 

e le lacrime e le cicatrici e il dolore che vorrei voluto cancellare, e il suo animo sensibile, vibrante e appassionato e stupendo. 

La gioia e la paura di sentire le sue labbra sulle mie per la prima volta, il suo cuore che tocca il mio attraverso i nostri abbracci. 

Piccole mani che si allungano tra le sbarre di una culla, afferrandomi i polsi, avvolgendosi svogliatamente intorno a una sigaretta o creando interi universi con l’ausilio di un solo pennello.

Due metà di un cervello e un cuore pulsante e corpi che si incastrano troppo bene, completando ciascuno l'altro.

Niklaus. Niklaus.

Lo amo, Dio, quanto lo amo, contro ogni possibile ragione, contro ogni possibile scoraggiamento.

Per quanto mi riguarda, non potrà mai esserci nessun altro per me. L’assoluta certezza di questo fatto mi soffoca. 

Devo trovarlo e pregare che non sia troppo tardi. 

Dirgli che sono stato un completo idiota, che avevo troppa paura dei miei sentimenti, paura di non riuscire a gestirli, paura di essere additato come un mostro agli occhi del mondo intero. 

Ma adesso non mi importa più di nulla.

Adesso so con assoluta, devastante certezza che non posso lasciarlo andare.

Non posso più scappare da ciò che provo. 

La campanella suona e io balzo in piedi, afferrando di corsa lo zaino e la giacca, ignorando le grida della professoressa sui compiti. 

C’è un grosso ingorgo sulla scala numero cinque. 

Io mi dirigo verso l’altra rampa in fondo al corridoio. 

Anche lì c’è un’insolita ressa. Tutti sono immobili. Sembrano come impietriti, un ammasso di amebe, si voltano l’uno verso l’altro a parlottare, allarmati. 

Io mi faccio largo a fatica in mezzo a quella massa di persone. 

Un nastro rosso e spesso teso di traverso in cima alla scala mi impedisce di avanzare. 

Non appena mi chino per passarci sotto, vengo trattenuto da una mano sulla spalla. “Non si può scendere da qui.” Mi avvisa una voce. “C’è stato un incidente.” 

Faccio subito un passo indietro. Perfetto, ci mancava solo questa. 

“È caduto un ragazzo. L’hanno appena portato via in ambulanza. Era svenuto.” Aggiunge qualcun altro sommessamente. 

Guardo il nastro, sono tentato di chinarmi e passarci sotto lo stesso. Devo raggiungere Niklaus, non posso più aspettare.

Ho sprecato fin troppo tempo negando i miei veri sentimenti.

Sento un’altra voce alle mie spalle e improvvisamente mi blocco. “Lo conosco, frequenta la mia classe. Niklaus Mikaelson. Io ho visto tutto. Non è mica caduto, si è buttato di sotto.” 

Il mondo smette improvvisamente di girare, smetto di pensare, smetto di respirare.

 

 

No no no questo è solo un orribile incubo, non può essere successo davvero…

 

 

 

“Ehi!” Mi tuffo sotto il nastro ignorando qualsiasi avvertimento e mi precipito giù lungo le due rampe di scale, con le suole delle scarpe che stridono sul linoleum. 

Il piano terra brulica di studenti diretti in cortile per l’intervallo, tutti avanzano al rallentatore. 

Mi faccio largo tra la folla a forza di spallate, con la gente che mi spintona, tra grida arrabbiate che mi seguono mentre avanzo di prepotenza.  

“Ehi, ehi, ehi, dove credi di andare?” Qualcuno mi ha preso per il braccio. Mi giro di scatto, pronto a divincolarmi, e mi ritrovo faccia a faccia con Alaric Saltzman, il professore di storia.  

Strappo il braccio dalla sua presa. “Mi lasci passare.” Boccheggio, senza fiato. “Mi lasci passare… mio fratello… mio fratello…” Non riesco nemmeno a mettere insieme una frase sensata. Sento che potrei crollare da un momento all’altro.  

Il viso del professore Saltzman cambia di colpo non appena realizza ciò che è successo. “Oh mio Dio.” Si porta una mano alla bocca, sembra sconvolto. Poi prova ad addolcire la voce per rassicurarmi. “Ascolta, Elijah, devi restare calmo, okay? È stata una brutta caduta, ma tuo fratello non ha subito danni gravi. Era incosciente quando l’hanno portato via, ma ha solo qualche livido. Poteva andare molto peggio.”

Mi premo il pugno contro la bocca, mentre i polmoni implorano per un po’ d’aria. 

“La prego, mi dica in quale ospedale l’hanno portato.”

Il professore sembra esistere per un attimo. “Ti accompagno io con la mia macchina.” Dice infine, afferrandomi per il braccio con decisione.

Mi lascio trascinare in mezzo alla folla, improvvisamente svuotato di qualsiasi energia, di qualsiasi pensiero.

Durante il tragitto in auto resto fermo e silenzioso come un automa.

Immagini continue di Niklaus si fanno strada nella mia mente.

Il suo corpo sbalzato giù dalle scale, che precipita nel vuoto, che si infrange sul marciapiede… vedo sangue dappertutto, i suoi occhi spenti e privi di vita…

Deglutisco per scacciare la nausea, imponendomi di accantonare questi macabri pensieri, ma è tutto inutile.

Il professor Saltzman ha detto che non è nulla di grave, ma come può dirlo con certezza?

Magari Niklaus si è sentito male sull’ambulanza, magari ha una commozione celebrale, magari- non riesco più a respirare correttamente.

Appena la macchina inchioda di fronte all’ospedale apro la portiera e mi precipito fuori ringraziando frettolosamente il professore, correndo all’accettazione con il cuore in gola.

Ci vuole parecchio prima che l’infermiera riesca a capire quello che dico, perché ogni due parole sono costretto ad interrompermi per calmare il mio respiro affannoso e a ricominciare da capo.

Alla fine, fortunatamente, arriva un’altra infermiera che dice che era presente nel momento in cui è arrivato mio fratello.

Sbrigativamente mi fa cenno di seguirla; percorro il corridoio in uno stato di semi-incoscienza, senza realmente vedere l’ambiente intorno a me, le mie gambe si muovono meccanicamente.

Mi sembra di essere tornato indietro nel tempo, a correre lungo il corridoio di un altro ospedale per raggiungere mio fratello, mio fratello che aveva deciso di farla finita, e anche allora era colpa mia, perché se avessi saputo proteggerlo da Mikael, se ci fossi stato per lui-

“Siamo arrivati.” La voce dell’infermiera mi riporta alla realtà. Si ferma davanti ad una porta socchiusa. “Vado a chiamare il dottore, lui saprà dirti le sue condizioni con esattezza. Per adesso è stabile, ma è ancora incosciente.” 

“Posso entrare?” Domando con voce strozzata. 

Dopo un attimo di incertezza, annuisce. “Solo per pochi minuti.” E si allontana con passo svelto lungo il corridoio.

Mi faccio coraggio e spingo la porta.

Niklaus è disteso sull’unico letto della stanza, con una coperta verde acido tirata per metà sulle gambe. 

Gli hanno tolto la cravatta e gli hanno tirato su la manica destra della camicia, rivelando un sottile braccio bianco con alcuni lividi color rosa acceso da cui spunta l’ago di una flebo di fisiologica.

Un grande cerotto gli copre il gomito una garza bianca gli avvolge un ginocchio.

Il suo viso è completamente privo di colore. 

Sangue secco e frastagliato circonda un piccolo taglietto sullo zigomo, la macchia rossa è in netto e doloroso contrasto con il pallore del resto del volto. 

Ombre violacee spiccano sotto le sue palpebre abbassate, dalle labbra appena schiuse esce un respiro sottile ma regolare.

Mi avvicino cautamente, la mia mano scossa dai tremiti si posa sulla sua guancia. 

Mi sorprendo nel sentirla calda sotto le mie dita.

Mi mordo un labbro per impedirmi di scoppiare in lacrime.

Se solo non avessi sprecato tutto questo tempo a negare i miei sentimenti, se solo gli avessi detto fin da subito cosa provavo davvero, adesso non sarebbe in questo maledetto letto d’ospedale.

 

Niklaus, non ho mai voluto farti del male… ma adesso sei qui, davanti a me, coperto di tagli e lividi, ed è come se te li avessi inflitti io con le mie stesse mani.

E ti amo, ti amo così tanto che mi sento morire, eppure non ho fatto altro che respingerti e farti soffrire, perché volevo che il tuo amore si tramutasse in odio, perché dovevi odiarmi, perché non c’era altro modo per allontanarti da me.

Ma sono stato così stupido da pensare di riuscire a soffocare ciò che provo davvero, così stupido da credere che potessimo continuare con le nostre vite e fingere che quella maledetta e bellissima notte non fosse mai esistita…

 

 

 

 

 

Il dolore mi cresce nel petto, il respiro comincia a diventare più affannato e lacrime cocenti si fanno largo nei miei occhi.

Non voglio piangere, non adesso che Niklaus sta ancora respirando. 

Ma potrei averlo perso, ho rischiato di perderlo per la seconda volta, e lui avrebbe potuto andarsene senza aver mai saputo quanto lo amo… 

“Dio… non ho mai creduto alla tua esistenza.” La voce mi esce tremante, lenta e disperata. “Non so se sei lassù, non so se puoi sentirmi. Ma se mi stai ascoltando, ti prego, ti prego, fa che si svegli, fa che stia bene. 

Ho paura che lo porterai via solo per insegnarmi una lezione. Per non aver creduto in te.” Le lacrime lottano disperatamente per non uscire. “Ma non lo faresti, vero? Dicono che tu sia buono, misericordioso. Questa è l’unica versione di te a cui sono disposto a credere. Perciò sono qui a chiederti, anzi… ad implorarti di salvare mio fratello. Non sono pronto a perderlo. Non adesso. Non così. Io… ho bisogno di lui.” 

 

 

Io lo amo, lo amo, e non esiste legge o logica o morale che mi impedisca di amarlo, e per tutto questo tempo l’ho negato a me stesso, non volevo, non potevo accettarlo…

 

 

 

“Pensavo non credessi in Dio.”

È una voce dolce, appena più di un sussurro, ma sollevo immediatamente gli occhi e lì c'è Niklaus, le sue guance ancora pallide e bianche, ma l'angolo delle sue labbra è alzato in un debole sorriso. 

Gli occhi di Niklaus sono ancora socchiusi, e non sembra del tutto consapevole di dove si trova, ma la vista di lui sveglio mi fa quasi scoppiare il cuore di sollievo e felicità.

“Niklaus…” Sussurro sporgendomi in avanti, la mia mano posata sulla sua guancia si muove in una lenta carezza.

“Stai bene?”

Annuisce debolmente, socchiudendo nuovamente gli occhi.

“Ti ho sognato, sai?”

“Che tipo di sogno?” Chiedo con dolcezza, trattenendo l’impulso di ridere e piangere contemporaneamente.

“Stavo correndo per raggiungerti, ma ad ogni passo eri sempre più lontano, e allora gridavo, gridavo il tuo nome con tutta la voce che avevo in gola ma tu non riuscivi a sentirmi, ed eri sempre più lontano, sempre più irraggiungibile… finché non sono rimasto solo.” I suoi occhi si spalancano di scatto, febbrili, iniettati di sangue, e balza a sedere di scatto, aggrappandosi disperatamente al tessuto della mia camicia. “Non voglio restare solo, Elijah. Per favore, non lasciarmi.”

“Sono qui, Niklaus. Sempre qui.” Nonostante il nodo che sento in gola, mi sforzo di mantenere ferma la voce.

“Non sarai mai solo.”

Poso una mano sulla sua nuca e lo attiro verso di me, cercando di non fargli male, ma le sue mani si aggrappano con forza alle mie spalle, tirandomi verso il suo corpo, intrappolandomi in una stretta serrata che mi impedisce quasi di respirare.

Voglio il dolore, voglio tutto di te, tutto di noi, dice attraverso quell’abbraccio che non posso fare a meno di ricambiare.

E mentre sprofondiamo nelle fiamme dell’Inferno, riesco a vedere i bagliori del Paradiso.

 

 

 

**

Klaus

 

 

 

Dopo una notte in osservazione, il medico stabilisce che posso tranquillamente tornare a casa.

Dice che sto bene, a parte qualche livido ed escoriazione, e che sono stato fortunato a cavarmela.

Vorrebbe che parlassi con uno specialista- ossia uno strizzacervelli-; sicuramente crede che mi sia buttato di sotto volontariamente, anche se ho ripetuto più volte che è stato solo un incidente.

Eppure, forse a causa della mia totale mancanza di interesse per le mie condizioni di salute, sembra alquanto restio a credermi.

In fondo non si sta sbagliando completamente: anche se non è stato intenzionale, un po’ sono dispiaciuto di non essermi fracassato la testa in quella caduta.

Sarebbe potuto finire tutto in un attimo: il dolore sarebbe scomparso in un istante, Elijah sarebbe stato veramente libero senza di me, sarebbe stato più felice, avrebbe vissuto una vita migliore.

Eppure, chissà perché, sono ancora qui, prigioniero di una vita che per me non ha più alcun significato.

Che senso ha ormai vivere così? 

Che senso ha vivere sapendo che l’unica persona che abbia mai amato non ricambierà mai i miei sentimenti?

Senza Elijah al mio fianco, senza il suo amore, non so come andare avanti, non riesco a combattere i demoni dentro di me.

Quando mi sono risvegliato in ospedale, la mente offuscata dai farmaci e dallo shock, non avevo il controllo delle mie azioni, non sapevo quello che stavo facendo.

Non ricordo molto di ciò è successo.

Ricordo vagamente la sensazione delle braccia di Elijah intorno a me, ricordo di averlo pregato di starmi vicino…forse ho persino pianto.

Mi sento così patetico ad elemosinare le briciole del suo affetto, eppure non posso farne a meno.

Mi illudo ancora che Elijah continui a volermi bene, che oltre il disgusto per ciò che provo ci sia ancora una parte di lui a cui importa di me.

È rimasto qui per tutta la notte a vegliarmi mentre dormivo, ha confessato il dottore mentre mi rivestivo, e prima di firmare il foglio di dimissione ha fatto un mucchio domande sulle mie condizioni di salute (E’ sicuro che starà bene?- Deve prendere qualche medicina?- Non dovrebbe stare a riposo ancora per qualche giorno?-)

“Suo fratello soffre d’ansia? Forse sarebbe più utile a lui una medicina.” Malgrado tutto, alle parole del dottore devo mordermi un labbro per trattenere una risata.

“Credo sia più in ansia perché adesso toccherà a lui accompagnare a scuola le nostre sorelle.” Rispondo scettico, infilandomi la giacca, sentendo l’amarezza crescere dentro di me.

Elijah si è sempre preoccupato per me, da bravo fratello maggiore, non perché ci tenesse particolarmente ma perché si è sempre sentito costretto dal vincolo familiare,  obbligato a badare al fratello scapestrato, quello che combina sempre guai, quello che dev’essere costantemente tenuto d’occhio.

E io, povero ingenuo, ho sempre creduto di essere speciale per lui, ho sempre creduto che quella preoccupazione fosse sincera, genuina.

Che stupido… non ho mai significato niente per nessuno.

Né per Mikael, nè per mia madre… perché Elijah dovrebbe essere diverso? 

L’unico da cui credevo di essere amato, l’unico da cui volevo essere amato era lui, e quell’amore è stato una bugia, forse addirittura non è mai esistito.

“Niklaus, andiamo?” Sussulto nel sentire la voce di Elijah, comparso improvvisamente sulla porta.

Ha due profonde occhiaie, i capelli spettinati e il volto appare stanco e insolitamente pallido, eppure solleva gli angoli delle labbra in un leggero sorriso quando si avvicina.

“Stai bene? Hai bisogno di qualcosa? Ce la fai ad alzarti?”

Allunga la mano ma io mi ritraggo bruscamente, facendo leva sulle braccia per alzarmi da solo anche se mi costa un certo sforzo, mi sento ancora un po’ debole.

“Non dovresti essere a scuola?” La mia voce è aspra, secca. “Vai, sei ancora in tempo, hai perso solo la prima ora.”

“Non dire sciocchezze.” Ribatte senza un attimo di esitazione, autoritario ma gentile. “Andiamo a casa. Su, appoggiati a me.”  

Non appena tenta di prendermi il braccio mi scosto in fretta. “Ce la faccio da solo.”  

Allungo il passo per uscire dalla stanza il più in fretta possibile da quella stanza, per mettere quanta più distanza possibile tra noi.

Sento Elijah ringraziare frettolosamente il dottore, i suoi passi veloci dietro di me che risuonano lungo il corridoio deserto.

“Ehi, aspetta, non correre!” Esclama affannato non appena mi raggiunge. 

Lo ignoro, continuando a camminare senza guardarlo.

Improvvisamente un capogiro mi costringe a rallentare il passo, finché non sono costretto a fermarmi del tutto e ad appoggiare il palmo della mano contro il muro per restare in equilibrio. 

“Niklaus, lascia che ti aiuti…”

La mano di Elijah si posa sulla mia spalla, calda, confortante, e l’aria comincia a tremarmi nel petto. 

Sento la sua preoccupazione avvolgermi la pelle come una dolce sensazione di calore.

 

“Non ho bisogno di aiuto! Cazzo, lasciami stare!” Esplodo, rabbia e dolore mescolate nella mia voce. “Non ho bisogno della tua pietà!”

Elijah resta in silenzio per lunghi istanti; ha l’espressione di uno che ha appena ricevuto un pugno nello stomaco. 

Forse ho esagerato.  

Vorrei dire qualcosa, ma le parole sono bloccate in gola, soffocate dall’orgoglio, soffocate dalla paura.

Paura di sperare, paura di essere di nuovo illuso, paura di essere di nuovo abbandonato.

Mi sforzo di fronteggiare il suo sguardo con decisione.

“Smettila di preoccuparti per me. Smettila di provare a proteggermi. Non è compito tuo salvarmi da me stesso.”

Faccio un respiro profondo per impedire alla mia voce di tremare. “Lasciami andare.”

Elijah si avvicina senza dire nulla, senza staccare gli occhi dai miei, e inaspettatamente sorride.

Sorride con dolcezza e scuote la testa lentamente.

“Non capisci, Niklaus? Io mi preoccuperò sempre per te.”

Il suo braccio mi circonda i fianchi, tirandomi contro il suo corpo.

“Non ti lascio andare, mi hai capito?” Sussurra tra i miei capelli, bloccandomi saldamente contro il suo petto. “Non ti lascerò mai andare.”

Forse, solo per un attimo, posso lasciar crollare le mie difese.  

Mi abbandono a quella stretta, lascio che siano le braccia di Elijah a sostenermi, il mio unico punto fermo in un mondo che gira troppo velocemente, il mio porto sicuro la mia ancora di salvezza.

“Sono qui. Sarò sempre qui per te.”

Forse, solo per un attimo, posso permettermi di sperare.

Forse, solo per un attimo, posso credere a questa meravigliosa bugia.

 

** 

 

 

Quando rientriamo, la casa è avvolta in un silenzio surreale.

Anticipando la mia domanda, Elijah mi informa che ha chiamato Sandra e le ha chiesto il favore di accompagnare a scuola Freya e Rebekah, mentre lui era con me in ospedale.

“Non era necessario tutto questo trambusto.” Borbotto, confuso dalla sua gentilezza. “Avresti potuto passare la notte a casa e accompagnarle tu, potevo tornare a casa da solo. Ti saresti risparmiato un’inutile fatica.”

“Smettila di dire idiozie, per favore, e vai subito a stenderti sul letto, hai bisogno di riposo.”

Alzo gli occhi al cielo, esasperato. “Elijah, sto bene.”

“Disse quello che ho dovuto caricare a forza su un taxi perché non riusciva nemmeno a reggersi in piedi.”

Sbuffo, alzando le mani in segno di resa. “Posso almeno andare in cucina a prendere qualcosa da bere o devo chiederti il permesso?” 

“Ci penso io, tu fila in camera.”

Malgrado non sopporti questa ridicola scenetta, sorrido e inizio a salire le scale; un fiotto caldo di speranza mi invade il petto.

Forse, dopotutto, un po’ gli importa di me.

Questo è l’ultimo pensiero cosciente che mi attraversa la mente, prima di posare la testa sul cuscino e crollare in un sonno profondo.

 

 

**  

Elijah

 

 

 

 

Quando apro la porta della camera di mio fratello con una leggera spinta del gomito, un bicchiere di succo di frutta in una mano e un vassoio di muffin nell’altra, lo trovo addormentato a pancia in giù sul letto, il piumone scalciato via, le braccia che gli circondano la testa sul cuscino. Sembra così vulnerabile, così fragile. 

L’intensa luce del mattino che filtra dalla finestra  gli illumina un lato del viso addormentato, su cui spicca un sorriso sereno. 

Forse sta facendo un bel sogno.

Come vorrei vedere questa espressione così serena e felice sul suo volto anche quando è sveglio.

Facendomi largo tra i vestiti sparsi sul pavimento, appoggio piatto e bicchiere accanto a una pila di fogli sulla sua scrivania e mi raddrizzo lentamente. Lo osservo a lungo.

Dopo un po’, le gambe cominciano a farmi male e mi lascio scivolare lungo la parete fino a sedermi a terra, con le braccia appoggiate sulle ginocchia. 

Ho paura che, andandomene, possa tornare la muraglia nera di terrore. Ma qui accanto a lui, la vista del suo viso addormentato mi conferma che tutto il resto non conta, che in tutta questa storia non sono da solo. 

Lo vuole Niklaus e lo voglio anch’io, contrastarlo non ha senso, può solo farci soffrire entrambi. Per sopravvivere, il corpo umano ha bisogno di un flusso continuo di cibo, di ossigeno e di amore. Senza di lui, perderei tutti e tre. Distanti, inizieremmo lentamente a morire.

Mi avvicino il più silenziosamente possibile per non svegliarlo. Il suo braccio destro è scivolato da sotto il cuscino, le dita della mano quasi sfiorano la moquette.

Esito per un attimo, poi le stringo tra le mie, dapprima delicatamente, poi con più forza.

Niklaus è qui con me, è qui e sta bene, e tutto il resto non ha più importanza.

Quando mi addormento, le mia mano è ancora stretta alla sua.

 

 

Non ti lascio, Niklaus, non ti lascerò mai andare…

 

 

 

**

Klaus

 

 

 

 

Quando mi sveglio la luce intensa di mezzogiorno mi colpisce il viso. Devo aver dormito almeno un paio d’ore.

Sento tutto il corpo indolenzito, forse a causa della posizione scomoda o forse a causa delle ferite che non si sono ancora rimarginate.

Mi metto a sedere e tento di stirare le braccia, ma non appena provo a muovermi mi accorgo che qualcosa mi tiene ancorato un braccio. Abbasso lo sguardo sorpreso: seduto sul pavimento, ai piedi del mio letto c’è Elijah, profondamente addormentato, le sue dita strette saldamente alle mie.

Faccio per allontanarmi ma lui tira la mia mano verso di sé, rifiutandosi di mollare la presa. 

“Elijah…” Con la mano libera gli scuoto piano la spalla. “Elijah…” Lo chiamo a bassa voce.

Senza preavviso apre di scatto gli occhi e si raddrizza un poco. 

Si gira verso di me, sbattendo le ciglia assonnato. “Ehi.” Compare un lieve sorriso sul volto ancora annebbiato dal torpore del sonno. “Come ti senti?” 

“Sto bene, smettila di chiedermelo.” Anche se sono seccato, la voce mi esce inaspettatamente morbida. Abbasso lo sguardo, notando che sta continuando a stringermi la mano. “Elijah…” Mi schiarisco la voce, a disagio. “Ho bisogno di alzarmi un attimo…”

Spero che capisca e che si sposti, ma lui rimane immobile, senza fare cenno di avermi sentito.  

Il calore della sua mano penetra nella mia e le sue dita salgono lentamente, accarezzandomi il palmo, fino a posarsi sul polso. 

Scosta la manica della camicia, il suo indice traccia lentamente la cicatrice sul mio polso. 

Rilascio un sospiro tremante. “Quel giorno…” La voce di Elijah è poco più di un sussurro. “Quel giorno ho avuto paura di perderti per la prima volta…” Mormora, gli occhi socchiusi, continuando a passare il dito sulla cicatrice. “Non ricordo di aver mai provato tanta paura in vita mia. E adesso ho rischiato di perderti di nuovo…”  

Le sue parole si incrinano, la sua schiena sussulta e tutto il suo corpo prende improvvisamente a tremare. 

Elijah, sempre così forte, sicuro di sé, sempre così pronto a prendere sulle sue spalle i problemi degli altri, sta piangendo. 

Elijah, il mio amore, il mio sole, il mio miracolo, ridotto in lacrime ai miei piedi.

Si aggrappa alle mie gambe, poggiandomi la testa contro le ginocchia. 

“Perdonami, Niklaus. Perdonami per tutto il male che ti ho fatto. Non ci sono mai stato quando avevi più bisogno di me… ti ho deluso in passato e continuo a deluderti. 

Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace… tu sei tutto per me, e se dovesse capitarti qualcosa io… io…”

Piange ancora, mostrandomi tutta quella sua adorabile debolezza che, fino ad allora, si era tanto sforzato di nascondermi. 

Mi siedo anch’io sulle ginocchia e lo abbraccio stretto, cadendo entrambi a terra. “Non è colpa tua, Elijah, non è colpa tua.” Continuo a mormorare senza sosta.

Gli carezzo la testa fin quando non smette di singhiozzare, lasciandogli ogni tanto un bacio fra tra i suoi ciuffi castani.

Gli prendo il volto tra le mani e, con delicatezza, lo sollevo dal mio petto per guardarlo negli occhi, ancora lucidi e arrossati.

Sento il cuore gonfiarsi di una tenerezza infinita. 

Gli bacio dolcemente le guance, raccogliendo il residuo delle sue lacrime. 

Sollevo i capelli dalla sua fronte e bacio anche quella, prima di passare alle palpebre socchiuse e, ancora, agli zigomi bollenti. “Perdonami anche tu, Elijah. Ti prego, perdonami per questo amore che ti lega a uno come me. Desideravo davvero lasciarti libero, avrei voluto che tu vivessi al meglio la tua vita, per te stesso e nessun altro. Ma non posso smettere di amarti.”

Sento le sue braccia scivolare attorno alla mia vita, stringermi ancora di più a sé. “Rimani con me.” Sussurro contro il suo collo, una supplica tremante e disperata.

“Sempre e per sempre, Niklaus. Io ho scelto te, sei tu, sei sempre stato tu la mia scelta.”

Il viso di Elijah si distende in un sorriso, e, prima che possa dire o fare altro, mi sporgo su di lui per baciarlo sulle labbra. 

Fu l’esitazione di un solo istante, l’esitazione di quando s’inserisce l’ultima tessera del puzzle al quadro per completarlo. 

E poi Elijah si spinge contro di me e intensifica ancora di più il bacio con un gemito soffocato di piacere, e ci ritroviamo a ridere e a piangere contemporaneamente l’uno sulle labbra dell’altro. 

Riverso tutto me stesso in quel bacio, sentendo che il mio essere si scioglie, fondendosi con lui e con tutto ciò che rappresenta per me. 

Da quel momento ogni pensiero razionale si dissolve nella mia mente, sostituito da un’esplosione di sensazioni. 

Gli circondo il collo con le braccia e mi rifiuto di separarmi dalle sue labbra, anche quando crolliamo sul materasso.

Ci aggrappiamo l’uno all’altro con una passione dirompente, esplorandoci a vicenda con mani febbrili e tremanti, senza riuscire a smettere di baciarci, accarezzarci. Mi stringo a lui senza rendermene conto, plasmando il mio corpo contro il suo. 

Sento un brivido caldo pervadermi il corpo, mentre le mie dita gli sfiorano le guance e raggiungono la morbidezza dei suoi capelli sulla nuca. 

Elijah mi accarezza la schiena, lasciando una traccia infuocata sulla mia pelle e facendomi rimpiangere quella sottile barriera di tessuto che la separa dalle sue mani. 

Poi mi posa le mani sui fianchi e s’irrigidisce di nuovo, come se volesse allontanarsi da me. “Niklaus…” Ansima, posando la fronte sulla mia. “Non voglio farti del male… dobbiamo fermarci…”

Non voglio fermarmi, ma so benissimo che non possiamo continuare.

Per quanto lo desideriamo, non potremmo mai amarci in modo fisico.

Ma non ha importanza.

Perché adesso, nell’abbraccio di Elijah, mi sento finalmente, completamente felice.

Perché per la prima volta nella mia vita ho la certezza di essere amato.

Perché con lui al mio fianco sono pronto ad affrontare qualsiasi cosa con la consapevolezza di poter vincere. 

Finché siamo insieme, nulla potrà andare storto.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Vampire Diaries / Vai alla pagina dell'autore: Sognatrice_2000