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Autore: RaidenCold    14/11/2018    0 recensioni
Dopo la guerra contro l'Olimpo, il cavaliere del leone Leonidas vaga affranto dal ricordo di coloro che ha perduto.
Un giorno, mentre è alla ricerca di una persona scomparsa, si imbatte in una vecchia conoscenza, che non si fa chiamare con un nome, ma soltanto con un numero: 6.
Insieme incapperanno in un'antica minaccia che i cavalieri di Atena pensavano di aver sconfitto anni prima nei Campi elisi...
(Seguito della storia in 5 atti "L-Iconoclast")
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Garuda Aiacos, Nuovo Personaggio, Phoenix Ikki, Violate
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti
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La quinta casa era fredda e silenziosa.

 

“Mamma ha tenuto pulito tutto il palazzo” - disse Keith accendendo una lampada - “il letto è fatto, puoi dormirci tranquillo.”

Leonidas si scrutò attorno, constatando come niente fosse cambiato, dopodiché si rivolse a Keith:

“Ringraziala tanto.”

Keith sapeva che Leonidas non era mai stato uno di troppe parole, ma trovarlo così silente dopo non averlo visto per tre anni, lo aveva lasciato piuttosto spiazzato.

“Hai bisogno di qualcosa, fratellone?”

“No.”

“Va bene…”

Non sapeva più che dire, eppure avrebbe voluto raccontargli così tante cose, ma non sembrava qualcuno desideroso di fare una conversazione.

 

“Sei cresciuto molto.” - constatò Leonidas, che nonostante stesse mantenendo l’espressione impassibile che aveva avuto da quando si era presentato alla seconda casa alcuni minuti prima, pareva in qualche modo contento.

 

“Ho diciassette anni ora.”

 

“Diciassette…” - sospirò Leonidas, come se solo in quel momento avesse realizzato quanto fosse stato lontano da casa.

 

“Immagino tu sia stanco, ti lascio riposare… buonanotte.”

“Notte.”

A quel punto Keith uscì dalla quinta casa, felice di aver rivisto Leonidas dopo così tanto tempo, ma al contempo un po’ intristito da quell’atteggiamento laconico e distante; per un istante gli balenò in testa che forse, non tutto di lui fosse effettivamente tornato a casa.

 

 

***

 

“E’ permesso?”

Un ragazzo dagli occhi smeraldo entrò nella quinta casa, e Leonidas gli venne in contro salutandolo:
“Miles… come stai?”

“Non mi posso lamentare.” - rispose col solito sorriso sornione - “Spero di non averti svegliato… come sai non sono uno mattiniero, ma appena ho saputo che eri tornato sono corso da te.”

“No sta tranquillo, sono sveglio già da un po’.” - disse invitandolo ad accomodarsi.

“Hai di nuovo problemi di insonnia?” - chiese adagiandosi su un divanetto.

“Da quel giorno.”

“Capisco.”

“Come sta Melas?”

“Ah, guarda, è su di giri per il matrimonio…”

“Oh, quindi alla fine…”

“Già, ci sposiamo questa estate, e naturalmente tu sei invitato!”

“Cercherò di esserci.”

“Ti fermerai molto?”

“Non lo so.”

“Capisco… ah!” - e a quel punto prese il cellulare e lo mostrò all’amico - “Probabilmente non lo sai, ma dopo la guerra Tsuru ha messo al mondo una bellissima bambina, a cui io ho fatto da padrino: si chiama Karyu, ed è la figlia di Jun.”

“Ma è meraviglioso…” - commentò abbozzando un sorriso.

“E’ il mio angioletto, un peperino come il padre.”

“Sono davvero felice per te, e anche per Tsuru, non deve essere stato facile per lei superare la perdita di Jun.”

“Tutti qui abbiamo dovuto fare i conti con quel che abbiamo perso quel giorno…”

“Lo so bene.”

A quel punto Miles prese a fissare la folta chioma di Leonidas:
“Accidenti Leo, sembri davvero un leone con quella criniera…”

“Dovrei tagliarla.”

“Già, metti paura!” - rispose ridacchiando.

 

In quel momento una figura fece la sua figura nella casa, e Leonidas le andò in contro stupito:
“Mamma…”

“Ciao piccolo mio.”

I due si abbracciarono teneramente, e a quel punto Miles salutò l’amico e li lasciò in quel momento di intimità familiare.

 

 

 

“Scusami se non mi sono fatto sentire.” - disse Leonidas facendola accomodare su un divanetto.

“Sta tranquillo, grazie ai poteri divini di Nyx ero sempre al corrente dei tuoi spostamenti.” - rispose accarezzandogli dolcemente la guancia.

“Capisco.”

Guardò la genitrice attentamente: non era cambiata neanche un po’, e neppure mostrava segni di invecchiamento.

“Sono le cellule di Echidna, rallentano l’invecchiare del mio corpo, e anche tu le possiedi.” - commentò Kara, come se lo avesse letto nel pensiero.

Portò il suo sguardo al ventre rigonfio della genitrice:
“Anche il tuo corpo rimane giovane… immagino che Nyx ne sia il padre.”

Kara sorrise con tenerezza materna.
“Sì è così; dovrebbe mancare un mese circa ormai…”

“Spero vada tutto per il meglio.”

Un’altra risposta breve seguita da uno sguardo vacuo, senza alcun segno di voler continuare la conversazione.

“Ad ogni modo sono qui anche per chiederti una cosa della massima importanza.” - disse Kara rompendo il silenzio.

“Dimmi.”

“Ricordi Violate, la figlia di mio fratello Gunnar, nonché tua cugina?”

“Non l’ho mai conosciuta di persona, ma sì, lo zio me ne aveva accennato.”

“Era in oriente, nel Jamir, ad addestrarsi, ma da alcuni mesi è scomparsa e non abbiamo più sue notizie; neppure Nyx riesce a trovarla, è come se qualcosa interferisse coi suoi poteri…”

“Non avete idea di dove possa essere?”

“No, Gunnar sta setacciando Asgard, e Nyx il Jamir, quanto a me, beh, non posso aiutare più di tanto…” - sospirò accarezzandosi il pancione - “Potresti dare un’occhiata nei dintorni del Santuario?

C’è stato un gran flusso di gente negli ultimi tempi ad Atene e magari…”

“Ho capito: andrò a cercarla oggi stesso.”

“Ma sei appena tornato…”

“C’è solo… tristezza… tra queste mura, non intendo rimanerci.”

“Non tornerai vero?”

Leonidas non rispose limitandosi ad abbassare lo sguardo.

 

“Leo” - gli si rivolse preoccupata guardandolo negli occhi - “mi si spezza il cuore a vederti così, ti prego fermati…”

“Però per diciotto anni hai vissuto tranquillamente senza vedermi.”

 

Meschino.

 

Davvero troppo.

 

Kara chinò il capo con gli occhi lucidi, e Leonidas la abbracciò contrito:
“Scusami, l’ho detto senza pensarci.”

“No, hai ragione, sono entrata nella tua vita all’improvviso, facendo finta di non averti mai abbandonato.”

“So quanto hai sofferto, non è giusto che io infierisca… perdonami per aver detto quella cattiveria.”

“Non preoccuparti di quello, so che non ce l’avevi con me: ti vedo così stanco e pieno di una rabbia che ti sta lacerando dentro… non lasciarti divorare dal dolore, ti prego.”

Kara aveva appena descritto in maniera estremamente accurata ciò che Leonidas sentiva costantemente dentro di sé da tre anni a quella parte.

“Non sei solo, ci sono ancora tante persone che ti vogliono bene qui, e ci sono anch’io; non vagare senza meta sprecando la tua vita…”

“Io… ci proverò.”

 

 

***

 

“Ma che sorpresa…!”

Rientrato a casa, Miles aveva trovato in salotto, assieme all’amata compagna, Tsuru con in braccio la sua piccola bambina, la quale appena vide il ragazzo scivolò via dalle braccia della madre per andargli in contro zompettando felice.

“Ehi piccoletta!” - esclamò Miles tutto contento sollevandola e facendola volteggiare delicatamente; Karyu era una bimba gioviale e piena di vita, e questo carattere energico unito alla chioma rosso acceso la facevano assomigliare in maniera incredibile al suo defunto padre Jun.

“Non ha fatto altro che chiedere dove fosse «tio Mile» per tutto il tempo.” - ridacchiò Tsuru.

“Allora è vero quel che si dice” - disse Melas - “Leonidas è tornato?”

“Sì, ma purtroppo come temevo è ancora enormemente affranto…” - rispose posando la bimba - “comunque quando me ne sono andato ho visto arrivare sua madre, spero che almeno lei riesca a farlo sentire un po’ meglio.”

A quel punto Tsuru parve un po’ accigliarsi:
“Parli di Kara, giusto?”

“Sì e, tra l’altro, aspetta un bambino; pensa te, Leo a ventun anni avrò un nuovo fratellino o una sorellina…”

“Ne sono felice.” - disse la donna in maniera secca.

“So che… non corre buon sangue tra voi.” - commentò Melas.

“Anche se abbiamo condiviso il campo di battaglia da alleati sull’Olimpo, lei ha comunque lavorato assieme a quelli che hanno ucciso mio padre, pur non essendosi macchiata direttamente del suo delitto; però Kypros ha voluto risparmiarle la vita, sei anni fa, vedendo in lei qualcosa…”

“Ricordo che vi scontraste mentre eravamo a Death Queen.” - disse Miles.

“Sì, e lei vinse, senza problemi… ma non mi uccise, pur potendolo fare.”

“Kara possiede un animo estremamente buono, che naturalmente Leo ha ereditato” - commentò il ragazzo - “anche se eravate nemici, lei non voleva farti del male.”

In quel momento Tsuru lo osservò e sorrise dolcemente:
“Proprio come hai fatto tu con Melas…”

La ragazza arrossì e si strinse contenta al compagno:
“In questo mondo dominato dal dolore e dalla rabbia, ci sono persone dotate di una gentilezza talmente grande da riuscire a colmare anche la mancanza di essa nelle altre persone; è grazie a persone così che la razza umana non perderà mai la speranza.”

“Allo stesso tempo però” - aggiunse Tsuru - “è proprio per via di un animo così sensibile che le loro ferite assumono una natura molto profonda e dolorosa, e talvolta apparentemente inconsolabile.”

Dopo aver pronunciato tali parole, Tsuru prese in braccio la figlioletta, intenta a giocare con dei peluche, e ripensò alla propria opinione riguardo all’antica avversaria, la quale aveva dimostrato di essere disposta a qualunque sacrificio pur di proteggere i propri figli: era davvero da condannare una persona del genere?

Guardò la sua piccola in quegli occhioni caldi di amore e, da madre, riuscì in parte a comprendere il tormento della reincarnazione di Echidna.

 

 

Kara passeggiava per la terza casa, sospinta dai ricordi delle persone dal lei conosciute e amate che avevano vissuto in quel luogo; era un palazzo decisamente asettico, senza decorazioni e poco illuminato, e ben rispecchiava la natura tormentata che da sempre aveva contraddistinto la costellazione dei Gemelli.

La donna si voltò, udendo arrivare qualcuno, e si trovò davanti una figura slanciata dai capelli corvini:

“Tu devi essere… Claire.”

“E tu sei Kara, vero?”

“Sì.”

“La madre di Leo…” - aggiunse con tono lievemente austero.

“So che Leonidas ti considera come una madre, e non lo biasimo: ti ringrazio, per esserti presa cura di lui e di averlo fatto crescere serenamente, nonostante il suo animo.”

“Ho solo fatto quello che una madre avrebbe fatto.”

Pur non pronunciate in modo particolarmente avverso, tali parole ferirono profondamente Kara, che da lungo tempo temeva quel confronto.

“Ho preso decisioni… sbagliate.”

“Mio marito è morto in una battaglia a cui hai preso parte per tali decisioni.”
Kara non rispose, chinando lo sguardo contrita.

“Io e il mio defunto fratello abbiamo assistito al massacro di tutte le persone che amavamo, per un esperimento di colui che hai deciso di seguire.”

Ancora la donna tacette.

“E poi tanta altra brava gente è morta, per quelle… decisioni.”

 

Quelle parole taglienti e quegli occhi ancor più affilati fecero sentire Kara debole come non mai, nuda, esposta col suo enorme ventre rigonfio di vita.

“Tuttavia ora che ti vedo…” - disse Claire avvicinandosi - “Ora che ti vedo qui davanti a me mi sembri così fragile…”

Kara rialzò lentamente lo sguardo e tremula tentò di guardare la sua interlocutrice in viso; Claire stessa si stupì osservando i grandi occhi foschi della donna, colmi di tristezza ma anche di enorme gentilezza.

“Hai lo stesso sguardo di Leo; io l’ho cresciuto, so com’è il suo animo, ed il tuo è molto simile, non è vero?”

Kara non rispose, limitandosi ad osservarla con gli occhi lucidi.

“Come Leo hai un amore incommensurabile per la vita, basta vederti per capirlo.”

A quel punto Claire le accarezzò delicatamente la pancia:
“Hai messo al mondo un ragazzo eccezionale… anche lui o lei lo sarà di certo.”

“E’ un maschietto.”

“Oh… hai già scelto il nome?”

“No, ma ho qualche idea.”

“Capisco…” - a quel punto Claire sorrise - “Se avessi bisogno di qualcosa non esitare a chiamarmi.”

Kara la guardò meravigliata:
“Io non… non sarebbe giusto, dopo tutto quel che è successo.”

“Molte cose sono successe, ma qui davanti a me ho una mamma, che come me ama i suoi figli più di ogni altra cosa e… in verità sono io a doverti ringraziare per avermi fatto conoscere Leo.”

“Io sono sua madre, ma anche tu lo sei, ed ora ha bisogno di noi.”

A quel punto le due, pur essendosi appena incontrate, si abbracciarono, sentendosi unite da un profondo sentimento di affetto verso quel ragazzo dall’animo inquieto, e da loro tanto amato.

   
 
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