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Autore: RaidenCold    12/11/2018    1 recensioni
Dopo la guerra contro l'Olimpo, il cavaliere del leone Leonidas vaga affranto dal ricordo di coloro che ha perduto.
Un giorno, mentre è alla ricerca di una persona scomparsa, si imbatte in una vecchia conoscenza, che non si fa chiamare con un nome, ma soltanto con un numero: 6.
Insieme incapperanno in un'antica minaccia che i cavalieri di Atena pensavano di aver sconfitto anni prima nei Campi elisi...
(Seguito della storia in 5 atti "L-Iconoclast")
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Garuda Aiacos, Nuovo Personaggio, Phoenix Ikki, Violate
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti
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Leo…” - si voltò verso il ragazzo, completamente avvolta dalla luce cerulea della folgore divina.

Non farlo ti prego!” - la supplicò nuovamente.

La prima volta che ci siamo incontrati, ho subito capito che avevi qualcosa di speciale: fino a quel momento avevo vissuto solo giorni vuoti, privi sia di gioie che di dolori. Poi sei entrato nella mia vita, e ho amato, ho sofferto, ho riso, ho pianto. Avrei voluto che quei giorni con te non finissero mai, ma sono felice di aver trascorso tanti momenti meravigliosi. Hai reso la mia vita qualcosa di bello… qualcosa che meritava di essere vissuto, e per questo ti amerò sempre. ”

Leonidas fece per avvicinarsi, ma le saette lo paralizzarono:
“Lambda… ti amo, non lasciarmi…”

Col viso rigato dalle lacrime, Lambda lo guardò e sorrise dolcemente:
“Grazie di tutto, Leo.”

 

Leonidas si svegliò di colpo.

Si ridestava sempre in quel momento: dopo non c’era nient’altro.

 

Non c’era stato più niente dopo la morte di Lambda, ed ora il cavaliere del leone vagabondava per il mondo senza meta o scopo;

così aveva pensato di trascorrere il resto della sua ormai vuota esistenza.

 

 

***

 

Alcuni pallidi raggi di sole si infrangevano sulla lapide marmorea, illuminandone la scritta incisa sopra:

«Bull, cavaliere d’oro»

Keith si rialzò, e sorridendo prese a parlare:

“Scusami se è un po’ che non mi faccio vedere papà, ma c’è sempre tanto lavoro da fare qui al Santuario… la mamma sta bene, e mi ha detto di dirti che fra qualche giorno passerà anche lei a salutarti. Comunque devo assolutamente raccontarti di un fatto incredibilmente strano: da alcuni mesi a questa parte in tutto il mondo sono apparse delle sfere nere, grandi come una pesca, tonde e perfettamente lisce. Non fanno niente, fluttuano senza spostarsi di un millimetro, e non c’è verso di smuoverle… una è apparsa anche nei pressi del Santuario, ma neppure io sono riuscito a schiodarla, credo sia indistruttibile. Nessuno sa cosa siano o da dove vengano, stanno là e ogni giorno ne spunta una nuova da qualche parte: oggi è stata scoperta la novantanovesima…”

A quel punto portò lo sguardo nella lapide posta accanto a quella del padre, recante «Lun, cavaliere d’oro»:

“… e oggi sono esattamente tre anni dal giorno in cui sei scomparso fratellone; Leo non è ancora tornato, ma… spero stia bene.”

In quel momento vide giungere accanto a sé due figure, una bionda e l’altra fulva:

“Deneb, Silen, che piacere vedervi!” - li accolse calorosamente il giovane.

I due lo abbracciarono felici, dopodiché Silen depose un mazzo di fiori sulla tomba del defunto cavaliere di Aquarius:

“Già, oggi è anche il giorno in cui lo zio è morto.” - commentò Keith.

“Oggi sono scomparsi tanti di noi, tre anni fa…” - aggiunse Deneb malinconico.

“Tre anni, ancora non mi pare vero che sia già passato tutto questo tempo…” - soggiunse Silen.

I tre si guardarono attorno: così tante tombe erano state scavate dopo quella terribile battaglia, combattuta per decidere le sorti dell’umanità.

Avevano vinto, ma al caro prezzo di veder morire accanto a sé i propri amici.

 

“Keith…” - disse d’un tratto Silen con aria perplessa, facendogli cenno di voltarsi.

 

Una giovane ragazza era comparsa davanti alla tomba di Lun; il suo viso era adombrato dal cappuccio alzato della sua felpa bianca.

 

“Scusate… questo è davvero Lun di Cancer?” - domandò ai cavalieri abbassandosi il cappuccio, i quali, vedendone le fattezze rimasero sbigottiti: aveva un viso tondeggiante e fanciullesco, ed una lunga chioma argentea raccolta in una coda.

Per un attimo ebbero tutti e tre la sensazione di trovarsi proprio dinnanzi al loro defunto compagno, avvertendo, seppur in modo flebile, un cosmo estremamente simile al suo nella ragazza.

“Sì, ma purtroppo non è più con noi da un po’.” - disse infine Silen rispondendo alla sua domanda.

“Non pensavo fosse morto…” - commentò la giovane chinando il capo sconfortata.

“Potremmo sapere chi tu sia?” - le chiese Keith avvicinandosi.

“Io mi chiamo Serena e… Lun era mio fratello.”

Udendo ciò Keith sussultò per lo stupore, come se avesse appena visto un fantasma davanti a sé.

 

 

Le imponenti porte delle stanze sacerdotali si spalancarono, ed il grande sacerdote entrò bardato dei propri paramenti, dopodiché si sedette sul suo regale trono e si rivolse ai soldati congedandoli;

a quel punto Kypros si sfilò l’elmo, e sospirando si chinò reggendosi la fronte con la mano.

“Dovresti rilassarti un po’.”

Una cavaliera dai capelli smeraldini sbucò dalle colonne del tempio, e si portò accanto al giovane, iniziando a massaggiargli delicatamente le spalle:

“Lo vorrei tanto Miia…” - rispose sbadigliando, per poi sorriderle sghembo - “… ma poi che scusa avrei per avere un massaggio da te?”

“Dai scemo, sono preoccupata per te: hai delle occhiaie da far invidia a un panda.”

“Sono tempi duri…”

“Lo sono da tre anni.”

“Ed è per questo che non posso fermarmi ora; c’è ancora tanto da fare per ricostruire il Santuario, e tutte le zone circostanti, per non parlare degli aiuti umanitari…”

“Pensavo che quel capitolo fosse chiuso.”

“Alcuni paesi hanno smesso di darci la caccia, e hanno capito che vogliamo solo aiutare.”

“Pensi durerà?”

“Non lo so, ma spero di sì, anche se non credo che il mondo tollererà mai la nostra esistenza, non dopo tutto il fango che ci è stato gettato addosso dal Cloud e dagli uomini di Ares…”

“Abbiamo già fatto abbastanza per loro, sono vivi grazie al sacrificio dei nostri compagni, adesso lascia che se la cavino tra loro e non pensarci più.”

“Già, forse dovrei semplicemente rassegnarmi, ma non riesco a farlo… ”

“E’ per questo che sei il capo.” - disse baciandolo dolcemente sulle labbra.

A quel punto udirono dei passi e, appena dopo essersi prontamente staccati per non mostrarsi in quella scena intima, una guardia si presentò dinnanzi al trono:

“Nobile Kypros, il cavaliere di Taurus chiede di vedervi: dice che è urgente.”

“Fallo pure entrare.”

 

 

Tutti si erano radunati attorno ad una tavola imbandita, posta in una navata laterale al trono.

“Dunque tu saresti… la sorella di Lun?” - domandò stupito Kypros, offrendole un vassoio con della frutta, che ella accettò di buon grado.

“Sì esatto, o meglio, me lo ha detto mio padre, ma fino a qualche giorno fa non ne ero consapevole.” - rispose addentando una mela.

“Questo spiega perché Lun non mi avesse mai parlato di te…” - commentò Keith.

“Mi hai detto che siete cresciuti assieme” - lo guardò sorridendo con le guance piene di frutta - “che tipo era?”

“Ecco… ti assomigliava molto da quel che vedo.” - rispose il giovane, sorridendo per lo sguardo ingenuo ed allegro di Serena.

“In che senso?” - domandò perplessa, arricciando le labbra e dando ulteriore conferma a Keith della sua idea.

“Diciamo che hai le sue movenze… ed anche il suo cosmo.”

“Va beh, comunque in ogni caso mio padre mi ha detto di rivolgermi ad un certo gran prete o giù di lì…”

“Ehm, il gran sacerdote…” - la corresse Kypros - “Comunque sarei io; chi è tuo padre?”

“Si chiama Rune, ma è scomparso da qualche giorno; prima di sparire mi ha detto di venire qui e riferire un messaggio.”

“Rune… no, mai sentito, forse qualche cavaliere più anziano ne saprà qualcosa; comunque, quale messaggio rechi?”

“Dunque, mi ha detto di dirvi che le stelle malefiche si stanno risvegliando.”

Kypros a quel punto sussultò, visibilmente turbato:

“N-non può essere…”

“Che ti prende?” - gli domandò Miia confusa.

“Le stelle malefiche non esistono più da anni… sono tutte scomparse da quando Ade, il signore dell’oltretomba, è stato spazzato via da Atena e dai cinque cavalieri leggendari!”

A quel punto Miia e Keith compresero, e quest’ultima si rivolse a Serena:
“Tuo padre era un cavaliere?”

“No, ma mi ha sempre detto che il cosmo era potente nella nostra famiglia, ma anche che un’ombra gravava sopra di noi.”

“E tua madre?” - chiese Kypros.

“Lei sta bene, ma non ha preso bene il fatto che io… sia praticamente scappata di casa, specie per un motivo riguardante mio padre: non stanno più assieme da quando ero molto piccola, ed in realtà l’ho conosciuto solo tre anni fa, in questo periodo dell’anno tra l’altro.”

“Lun ha sempre detto di essere orfano di madre, ma di suo padre non ha mai fatto cenno, credo che non lo abbia mai conosciuto…”

“La mamma mi ha raccontato che è sempre stato una specie di giramondo, e lo ha lasciato perché aveva un carattere troppo libertino. Per questo quando è tornato non ha voluto sapere nulla di lui, ma io ero felice di avere finalmente un papà, e sono stata bene in questi anni in sua compagnia: per questo sono qui, se non gli volessi bene non sarei mai venuta.”

“La tua storia è toccante e mi aiuta a comprendere alcune cose del mio amico scomparso” - disse Kypros - “ma la priorità su cui discutere adesso è un’altra: il ritorno degli specter.”

“Non giungiamo a conclusioni affrettate” - intervenne Miia - “magari è soltanto un falso allarme, e il padre di Serena faceva riferimento a qualcos’altro.”
“No, da qualche tempo a questa parte ogni volta che mi reco sull’Altura delle Stelle vengo attanagliato da una senso di oppressione, come se gli astri volessero mostrarmi un’ombra che cala lentamente sopra di essi…”

“E se c’entrassero quelle misteriose sfere nere?” - domandò Keith.

“Non saprei” - rispose Kypros - “quegli oggetti non emanano alcuna energia, sembrano solo freddi gusci metallici senz’anima.

Però ogni giorno ne compare uno…”

“… e se alla comparsa della centottesima sfera succedesse qualcosa?” - concluse Miia.

“Io non lo so, per quanto mi riguarda gli specter non dovrebbero più neanche esistere: chi dovrebbero servire, ora che Ade è scomparso?”

“Forse cercano vendetta.” - disse Miia.

“Devo parlarne con il signor Hyoga: Miia, per favore, manda a chiamare Deneb e convocalo immediatamente qui!”

“E se semplicemente lo chiamassi sul cellulare?”

Kypros rimase spiazzato, dopodiché scosse l’indice:

“S-sì… mi sembra una buona soluzione anche questa.”

 

“Ma avete i telefonini?” - bisbigliò perplessa Serena a Keith.

“Abbiamo anche il Wi-Fi!” - rispose il ragazzo senza mascherare la contentezza per quel vezzo tecnologico che tanto strideva con l’aspetto vetusto del Grande tempio.

 

A quel punto Kypros si rivolse alla nuova arrivata:
“Serena, ti ringrazio di cuore per esserti prodigata a venire fin qui;

purtroppo non ci sono alloggi disponibili al momento, ma stanotte puoi passarla nella quarta casa.”

“I-io non… non voglio venire qua e appropriarmi della vita di un fratello che non ho mai conosciuto.”

“Sta tranquilla” - le si rivolse Keith facendole l’occhiolino - “a lui farebbe piacere, credimi, lo conoscevo bene.”

“E in ogni caso” - aggiunse Kypros - “ti consiglio di dare un’occhiata all’armatura del Cancro: è nella quarta casa, e magari vedendoti potrebbe riconoscerti come sua nuova proprietaria.”

Serena si grattò la testa con aria inebetita:
“Sta succedendo tutto così in fretta, e non c’ho capito nulla di questi specter… conosco il cosmo e so come bruciarlo, ma so davvero poco della vostra cultura, e di Atena: insomma, non penso di essere una degna cavaliera!”
Kypros le poggiò le mani – rigorosamente avvolte da guanti per via del veleno nel suo sangue – sulle spalle, e le sorrise in modo rasserenante:
“Sarà l’armatura a decidere ciò, e comunque vada fa quel che ti senti, non hai alcun obbligo, ed anzi sei stata coraggiosissima a giungere fin qui da sola per riferirci il messaggio… sono sicuro che tuo padre sarò fiero di te quando lo saprà.”

“M-ma no, io mi sono solo teletrasportata nei pressi di Atene e da lì vi ho trovati seguendo il cosmo!”

Keith la guardò meravigliato:
“Sai anche teletrasportarti?!”

“Sì, me l’ha insegnato mio padre, come anche mi ha insegnato ad utilizzare il potere dell’onda Tsei She Ke… volete vederla?”

“No!!!” - risposero allarmati tutti i presenti, consci dell’enorme potere di quella tecnica, capace di portare le anime dei vivi nell’aldilà.

“Certo che sei davvero prodigiosa… quanti anni hai detto di avere?” - le chiese Miia incuriosita.

“Quattordici!” - rispose Serena tutta contenta - “Ne dimostro di più vero?”

“A dire il vero… no.” - la smontò Miia, e la giovane arricciò le labbra intristita.

Keith scosse il capo divertito: era come rivivere uno dei tanti momenti col fratello perduto.

 

 

 

“Allora Serena, da dove vieni?”

“Dalla Norvegia!”

Claire poggiò davanti alla giovane un appetitoso piatto fumante di pasta fatta in casa; com’era suo solito fare quando aveva un’ospite, aveva dato libero sfogo alla sua fantasia culinaria, imbastendo una cena fastosa a base di manicaretti di prima scelta.

Nonostante qualche piccola ruga dovuta all’avvicinarsi della quarantina, era rimasta una donna bella ed elegante, e molti al Santuario le avevano fatto una corte spietata: a Claire piaceva imbarcarsi in piccole avventure, non disdegnando qualche relazione occasionale, ma il suo cuore rimaneva ancora profondamente legato al defunto marito.

“Norvegia… cavoli, ne hai fatta di strada!”

“Ma no, col teletrasporto è tutto più veloce!” - rispose allettata Serena.

Keith aveva invitato la nuova arrivata a cena nella seconda casa, per non farla sentire sola, e Claire ne aveva approfittato per ravvivare are un po’ il palazzo del toro, e in generale tutto il tempio: dopo la fine della guerra quasi tutte le dodici case erano rimaste disabitate, ed un silenzio angosciante serpeggiava costantemente in quel luogo, ricordando a tutti i sopravvissuti la scomparsi dei compagni d’armi.

Oltre a quella del toro, l’unica altra casa ancora custodita rimaneva l’ottava, ma in quel momento la sua custode era a tavola nella seconda, assieme all’inseparabile cavaliere del cigno; anche Kypros, assieme a Miia, era passato brevemente a far loro visita, per poi tornare alle stanze sacerdotali per riposare dopo una dura giornata di lavoro.

“Povero Kypros, da quando è grande sacerdote ha un aspetto così smunto…” - commentò Silen

“E’ naturale, ha un carico di lavoro impressionante, e purtroppo siamo in pochi a poterlo aiutare.” - aggiunse Deneb, per poi sbadigliare stanco.

“Anche tu non scherzi, mio caro cigno.” - commentò la rossa schernendolo.

“Non fare finta di non essere stanca…” - le rispose Deneb, ottenendo in risposta un pizzicotto sulla guancia da parte della ragazza, e a quel punto Serena ridacchiò divertita.

“Ma voi due siete…?” - chiese ingenuamente la giovane.

I due si guardarono per un istante arrossendo dopodiché Silen prese parola:
“Diciamo che ci sopportiamo abbastanza bene…”

Solo Claire, che stava portando un piatto ed era ancora in piedi, vide le mani dei due stringersi teneramente sotto il tavolo:

tutti al Santuario in realtà sapevano quali sentimenti corressero tra l’orgoglioso scorpione ed il riservato cigno, ma entrambi negavano imbarazzati e sviavano sempre il discorso in altre direzioni, ed anche in quel momento non fecero eccezione.

“Allora Claire, com’è vivere in una delle dodici case?” - domandò pungente Silen, e subito Keith capì dove la rossa volesse andare a parare.

“Oh è stupendo” - rispose contenta la donna - “la vista è magnifica, e la casa è spaziosissima, anche troppo… però Keith non mi porta mai qualche amichetta da farmi conoscere!”

“E dai!!!” - la redarguì il figlio visibilmente imbarazzato, facendo scoppiare a ridere tutti i presenti.

“Ma quindi tu, uno dei dodici cavalieri d’oro, che da come ho capito sono i più potenti e valorosi guerrieri del mondo intero… vivi con la mamma?” - aggiunse Serena divertita, ed aumentando l’imbarazzo del giovane.

“Ridete, ridete…”

“Ma ve lo immaginate?” - soggiunse Silen - “Il nemico alle porte delle dodici case, entra nella seconda e trova il custode… a fare i compiti!”

“Ma magari studiasse, questo pelandrone gioca ai videogiochi tutto il giorno!” - concluse Claire, dando l’ultimo colpo al povero cavaliere del toro, ormai totalmente alla berlina.

Nonostante tutto, a Keith piaceva quell’atmosfera, che non provava più da molto tempo ormai, e in qualche modo gli sembrava di essere tornato a quando tutta la sua famiglia non era ancora stata lacerata dalle guerre.

 

D’improvviso le risa cessarono, e tutti guardarono a bocca aperta l’ingresso del salone, a cui Keith dava la spalle.

Il giovane si voltò incuriosito, ritrovandosi incredulo a sgranare gli occhi, alla vista di quella chioma nera e di quelle iridi bicolori:

“Leo…”

 

   
 
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