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Autore: ghostmaker    15/11/2018    3 recensioni
In un futuro non troppo lontano la tecnologia passa dall’applicazione militare a quella del consumismo di massa ed è in questo periodo che James Donovan, ex militare combattente, dopo averne beneficiato per guarire dalle ferite della guerra, decide di sperimentare un nuovo costrutto tecnologico da poco dato in concessione dai governi alle grandi multinazionali. La sua scelta gli cambierà la vita già dopo il primo giorno.
[Quarto classificato al contest “Bionica mente” indetto da molang sul forum di Efp]
Genere: Azione, Science-fiction, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL DESIDERIO DI UN ANDROIDE





3° capitolo – Nessuno è perfetto



Sono già passate sei ore da quando mi hanno portato alla centrale di polizia e ancora continuano a chiedermi le stesse cose ricevendo sempre le mie stesse risposte, ma nessuno mi dice niente su Omar, sui rilievi che hanno fatto per determinare chi lo ha ucciso e, di certo, nessuno sa il motivo se continuano a tormentarmi. Eccolo ancora.
«Tenente Stewart, vuole continuare ancora per molto tempo?» chiedo stizzito.
«Signor Donovan, certamente capisce che dobbiamo essere sicuri di ogni sua parola perché è lei ad avere trovato il cadavere».
«Omar era il mio più caro amico e la sua prematura scomparsa per un fatto criminoso mi devasta, ma la verità è che lei vuole a tutti i costi trovare un assassino e non ha in mano nient’altro che me».
«Anche lei diffida della polizia di questa città?»
«No, ma da quando sono qui, non mi date nessun motivo per apprezzarvi!»
Sono deciso a farla finita, sono stufo di colloqui inutili e, forse sbagliando, alzo la voce in modo che si comprenda bene la mia frustrazione.
«In effetti sono tornato qui per dirle che può tornare a casa. Abbiamo un vero testimone che l’ha vista raggiungere il suo amico».
«Che cosa significa un vero testimone? Chi aveva già confermato le mie parole?»
«Lei comprenderà che non possiamo dare credito a un androide che è oltretutto di sua proprietà signor Donovan».
«Avete parlato con Akemi? Anche lei tenente comprenderà che non ha il diritto di entrare in casa mia senza mandati e che quindi sporgerò denuncia?»
«Su, su, lei è alterato e la capisco, ma non serve passare ai legali. La sua “cosa” era fuori di casa quando l’abbiamo interrogata».
Fuori di casa? Il tenente esce lasciando la porta aperta ed io mi dirigo verso l’uscita, dove ad attendermi c’è proprio Akemi, che mi abbraccia, e insieme con lei c’è Ivy che mi saluta agitando la mano.
«James, stai bene, ti hanno fatto male? Dimmi qualcosa tesoro» mi chiede Akemi mentre le scendono le lacrime dagli occhi.
«Cosa ci fai tu qui? E perché ti sei fatta trovare fuori casa dalla polizia» le dico in modo molto duro.
«Sono stata io,» dice Ivy «ho sentito la preoccupazione di Akemi, sono andata a prenderla a casa vostra e in quel momento ci hanno fermate».
Ascolto Ivy ma non riesco a risponderle, forse per la stanchezza oppure perché ancora troppo scosso dalla perdita del mio migliore amico quando qualcuno appena uscito dalla centrale di polizia mi tocca la spalla.
«Giovanotto, mi dispiace per la morte del suo amico, mi era davvero simpatico».
Tutto è così strano in questa mattinata fredda e per la stanchezza saluto quell’uomo chiamandolo con il suo nomignolo. «Grigio, che cosa ci fate in questo posto?»
Lui schiarisce la voce prima di rispondere. «Gradirei che lei non dicesse ad alta voce questo nome perché tante persone mi chiamano così, anche loro.» dice indicando l’entrata dell’edificio.
«Mi perdoni, sono ancora sotto shock» gli rispondo tremante per il freddo.
Proprio in quel momento il tenente Stewart scende la scalinata e saluta il Grigio passandogli accanto. «La ringrazio signor Baxter per la sua testimonianza, ora il signor Donovan dovrebbe almeno offrirle qualcosa da bere di caldo».
Nessuno di noi due risponde al poliziotto ma lui si incammina dicendomi: «Confido che lei, giusto per gratitudine, non dica a nessun altro il mio cognome».
«Certamente e la ringrazio per la sua testimonianza, mi ha evitato altre ore da passare in compagnia di quel poliziotto» grido mentre lui sale sulla macchina.

Tornati a casa mi siedo sulla poltrona e guardo il soffitto senza vederlo realmente perché sto pensando a Omar mentre Akemi mi mette una coperta pesante sulle gambe per riscaldare il mio corpo infreddolito.
«Mi dispiace averti fatto arrabbiare,» mi dice mentre si siede a terra abbracciando le mie gambe «avevo molta paura e Ivy mi è stata di aiuto».
«Perché non mi hai detto nulla del vostro collegamento neurale?»
«Ero convinta che alla Redmington House ti avessero spiegato tutto e non ho mai avvicinato nessuna delle mie amiche fino ad ora perché tu non hai bisogno di fare conoscenza con i loro compagni» mi risponde guardandomi dritto negli occhi.
«Va bene, non ti preoccupare oltre, non hai fatto niente di sbagliato, ma la prossima volta che decidi di uscire da casa da sola dovrai attendere il mio consenso diretto senza prendere iniziative».
Spero che il mio gesto affettuoso ma autoritario le basti per capire come deve comportarsi e, lei, senza rispondere, si siede sulle mie gambe abbracciandomi. Sento il suo calore aumentare e i miei occhi iniziano a chiudersi.

Stranamente sento il mio occhio cibernetico bruciare e mi sveglio di soprassalto scoprendo che Akemi mi ha messo a letto così allungo il braccio e prendo il necessario per pulire il bulbo oculare mentre la chiamo per darmi una mano. Non ottengo nessuna risposta e penso che sia alla finestra della cucina così prima di chiamarla ancora termino la mia opera di pulizia. Mi alzo e anche il braccio metallico mi duole ed è stranissimo anche questo perché mi succede soltanto quando ci sono fonti energetiche molto sopra della norma anche per un robot intero.
Chiamo Akemi e nessuna risposta ancora quindi raggiungo le varie stanze della casa per trovarla ma lei non c’è, è uscita, ancora senza autorizzazione e a questo punto inizio a chiedermi se le sue preoccupazioni sulla possibilità che la portassi indietro alla Redmington per un guasto sarebbe stato dettato proprio dalla sua conoscenza di un problema tecnico nel comando di ubbidienza installato su di lei. Guardo fuori dalla finestra e lei è in giardino con Ivy e stanno parlando, dai movimenti del corpo di entrambe intuisco che non è una semplice chiacchierata ma che invece si tratti di un litigio e ne ho la conferma quando la sua presunta amica strattona per un braccio Akemi tanto forte che potrebbe farglielo saltare via. Akemi agita la mano mostrando qualcosa a Ivy che ora la lascia e sembra quasi sorridere, come se l’oggetto fosse proprio la causa di quella sceneggiata in un posto pubblico ed io rimango impalato a guardare perché non so se dovrei intervenire oppure lasciare che se la sbrighino da sole, dopotutto posso anche disfarmi di questo androide difettoso perché, anche se sono passati molti giorni, io non ho colpe sul suo mal funzionamento. Osservo ancora, però adesso c’è un particolare che attira la mia attenzione; il Grigio si è avvicinato a Ivy prendendo l’oggetto che Akemi le aveva consegnato e poi accarezza il viso del mio androide come se si conoscessero da sempre. Akemi, a questo punto, sembra fare pressione da sola al suo braccio e vedo con i miei occhi che dal suo arto si apre una specie di cassetto segreto e il Grigio che mette le mani dentro per cercare sicuramente qualcosa ma la ritrae senza niente. Baxter sorride mentre mette un braccio sul fianco di Ivy e Akemi si volta per tornare a casa.
Ho visto ogni cosa senza sapere che cosa ho visto realmente però non voglio che Akemi possa pensare di essere stata osservata così chiudo la finestra e velocemente torno a letto simulando di dormire. Sento la porta aprirsi e pochi secondi dopo, lei si siede dalla sua parte del letto senza sdraiarsi allora, muovendomi come se avessi soltanto sentito un rumore, allungo il braccio verso l’androide.
«Grazie per avermi messo a letto».
Lei si volta e il suo viso è rigato dalle lacrime, sembra realmente sconvolta per l’incontro avvenuto in precedenza, si sdraia e appoggia la faccia sul cuscino in modo che mi possa guardare.
«James, ti giuro che non ne sapevo niente, ha fatto tutto lui, quell’uomo».
«Di cosa stai parlando?» chiedo facendo sempre la faccia sorpresa.
«Omar, il tuo amico, è stato lui a ucciderlo, Baxter!»
La cosa mi sconvolge e non posso più fingere, scatto sul letto salendo sopra di lei e le urlo con ferocia: «Che cosa cazzo stai dicendo? Chi diavolo sei veramente e lui cosa c’entra con te. Dimmelo o giuro che ti strappo la testa dal collo con le mie mani».
«Omar, tornando verso casa, ha visto tutto e loro non potevano lasciarlo andare. Lui è il capo della banda ed è il finanziatore della Redmington House!»
  
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