Storie originali > Introspettivo
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Autore: fotone    16/11/2018    1 recensioni
Durante questa visita con il suo psichiatra, il Dottor Giunta, questa ragazza parla della terribile e preoccupante concezione che ha di se stessa, disegna il suo corpo come lo ha sempre visto, come un mostruoso e colpevole pezzo di carne. Parla dell'odio profondo e radicato che prova verso se stessa, parla della violenza con cui desidererebbe punirsi. Si pasticcia con la penna rossa, per rappresentare i pasticci dei suoi pensieri.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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“Devo esorcizzare la mia mente, dottore, e per farlo devo farmi questo, devo punirmi, devo infilare una lametta nel mio fragile e piccolo polso da vittima, da ragazzina debole, e tracciare una linea retta dalla quale sgorgherà caldo sangue; un giorno ne farò una che – piuttosto che orizzontale – sarà verticale e molto, molto lunga, così da trasformarmi in ciò che merito di essere: un freddo ed inerme pezzo di carne con occhi vuoti e vacanti che si incastoneranno in chiunque mi guardi, in chiunque guardi il mio corpo. La mia vita è sempre stata una canzone triste, anche la mia morte lo sarà. Non ci saranno stelle nei miei occhi, non ci sarà poesia nella mia morte, non ci sarà – non c’è – tragico splendore nella mia tristezza, nel mio dolore. La mia morte non sarà una poetica tragedia, una bellissima cosa triste. Quest’azione è la punizione di cui ho veramente bisogno, l’unico modo per catarcizzare la mia sofferenza e il mio senso di colpa, l’unico modo per uccidere il mostro che c’è nella mia testa e che si chiama con il mio nome.” Dico, stranamente senza lacrime, con freddezza, con rabbia e disprezzo verso me stesso, allo psichiatra, il dottor Giunta, il quale mi domanda: “E cosa vorresti fare a questo mostro sulla cui esistenza insisti così fortemente?”. Mentre mi guarda massaggiandosi il mento, con le sopracciglia corrugate, apro la bocca per rispondere: “Voglio prendere un coltello e piantarglielo nel petto, anzi, nella testa, nella faccia; colpirlo ripetutamente, fino a renderlo irriconoscibile, per poi infine tracciare una linea retta da petto ad addome e separare i due lembi di carne, con violenza e rabbia. Tutte cose che, alla fine, vorrei fare a me stessa. Vorrei che qualcuno facesse tutto questo a me. Me lo merito”. “Sono pensieri molto violenti, questi, e il fatto che tu sia il centro di tali pensieri è veramente preoccupante. Fai una cosa per me, ora, disegna te stessa su questo foglio, per favore.” Mi dice il dottore dopo aver preso un respiro profondo. Prendo una matita e inizio a disegnare; quando arrivo alla faccia – però – la pasticcio. La pasticcio tutta. Non merito di avere una faccia. Prendo la penna rossa dal portapenne sulla scrivania e pasticcio tutto il corpo, tutto questo corpo disgustoso e colpevole, con rivoli di sangue che escono da ogni parte. “Mh… il disegno che hai fatto è molto significativo. Dobbiamo parlare di questa idea che hai di te stessa e di cosa l’ha causata, ragazza mia. So che hai avuto un passato difficilissimo e ora ne possiamo vedere chiaramente le conseguenze.” Mi dice lui dopo aver alzato lievemente le sopracciglia e socchiuso la bocca. Vorrei stropicciare questo foglio, lanciarlo contro il muro e urlare, urlare fuori tutto ciò che ho dentro. Anche per questo mio desiderio sono disgustosa, cattiva e colpevole. Voglio morire. Ma questo lo sappiamo già tutti.
   
 
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