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Autore: Lila May    16/11/2018    1 recensioni
|VictorianAge!| |RosalyaxLeigh, LysanderxRosalya, LysanderxDolcetta, CastielxDebrah|
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Regno Unito, 1881.
Durante gli ultimi respiri della Victorian Age, il giovane Lysander Ainsworth, orfano e fratello minore di un ricco produttore di tessuti, sente il bisogno di liberarsi per sempre dall'oppressione di una società che non sembra averlo mai voluto accettare. Il suo sogno è quello di andare in America, dove la realtà sui giornali appare molto più diversa dalla miseria e le ingiustizie con cui convive da quando è nato. Tuttavia, un incidente invertirà la rotta del suo destino, incatenandolo ad una condizione che dovrà accettare per il bene comune; sarà solamente l'incontro con una ragazza, Alice, una come lui, a decidere quale sorte gli toccherà subire, per porre fine al grande supplizio che non smette di torturarlo da anni.

Storia terminata.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Leigh, Lysandro, Rosalya
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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ix.

 

Quando Lysander tornò a casa quella sera, si stupì di trovarsi le luci della sala spente, i mobili immersi nel buio oltre il vetro lucido del bovindo che emergeva dal muro come una collina verdeggiante. Ieri, quando Leigh aveva deciso di affidargli definitivamente la fabbrica, si erano messi tutti d'accordo per aspettarlo e cenare tutti insieme, anche se ciò equivaleva a spostare l'orario di ben tre ore dalle solite diciotto fiscali. A quanto pareva, doveva essere successo qualcosa. Difficile che Rosa lo lasciasse senza nulla di pronto, visto che non faceva altro che ripetergli quanto fosse magro. Il panico lo assalì alla gola nel pensare che forse Leigh, forse... scosse il capo, si gettò sulla porta bianco latte, come un pazzo inseguito da uno più pazzo di lui. Entrò senza pensare e se la richiuse alle spalle con un tonfo secco, poi arrivarono le grida, che gli aggredirono le orecchie rese iper sensibili dal dolore. Impallidì, le gambe si fecero molli sotto il tessuto fresco di notte dei pantaloni. Era Rosa. Rosa, che strillava peggio del suo ultimo parto.
Gli si dilaniò il cuore. No.
Non poteva essere finita così. Leigh, suo fratello, non poteva certo essersene andato. Non poteva averlo abbandonato senza dire nulla, senza nemmeno un biglietto di addio, una lettera, una chiamata, un qualcosa, e più ci pensava, più il terrore di essere arrivato troppo tardi marciava dentro di lui, attraversandolo da parte a parte. Alice sfumò, tutto sparì nella sua testa, sovrastato da un panico che non seppe più tenere a freno. Si precipitò sulle scale, e quasi non scivolò sul tappeto quando si lasciò alle spalle la rampa infinita di gradini palladiani. Ansimava, le lacrime agli occhi. Scoprì che le urla venivano dallo studio di Leigh, così ne spalancò la porta, che batté violentemente contro il muro tappezzato di carta da parati a fiori. -Leigh!- gridò, ma se ne pentì subito quando lo vide illeso, in piedi accanto alla finestra, con le braccia incrociate al petto e tutta l'aria di essere sul punto cruciale di una discussione molto, molto accesa. Il corvino lo guardò appena, poi tornò a fissare Rosa. E allora anche Lys si mise ad osservarla, e bastò vederne il viso arrossato, gli occhi pieni di lacrime, per capire che Leigh finalmente aveva rivelato la sua malattia. Rimase fisso sulla porta, paralizzato, incapace di boccheggiare e prendere aria. Rosalya era tutta un tremito. Quando si voltò in sua direzione, Lysander si sentì inchiodato al muro, trafitto dai sensi di colpa. -tu... sapevi...!
Tacque, pallido come un morto. Doveva averlo scoperto quando era entrato gridando il nome del fratello, ovvio. Ma tanto ormai non aveva importanza. Faceva già un male atroce così. -Sapevi, e quando ti ho chiesto, mi hai mentito...! Mi hai detto che andava tutto bene... che... che...
Intervenne Leigh, rigido come sempre anche se le lacrime della moglie lo avevano palesemente scosso. -Rosa, gli ho chiesto io di tacere. Non lo mettere in mezzo.
Rosalya gridò così forte che fu un miracolo se i bambini non si affacciarono preoccupati alla porta. Lysander non sopportava di vederla così. Le venne incontro, per stringerla, spiegarsi, proteggerla da tutto quello, ma Rosa lo uccise con lo sguardo. -Non ti avvicinare! Esci da questo studio!
-Rosalya- Lys tese le mani in avanti, cercando di calmarla. -Rosalya, ti prego, cerca di capire. La situazione non è per niente facile, non sei l'unica che..!
Volò un tentato schiaffo, al quale reagì socchiudendo le iridi, ma Leigh bloccò il palmo della moglie a mezz'aria, pochi secondi prima che Lysander potesse ritrovarsi la guancia rossa e gonfia per un odio che non meritava. Rosa tentò di liberarsi, furiosa, ma il corvino strinse ancora di più la presa. Era furioso Furioso come una iena, e la costrinse a guardarlo in viso, ruotandola sulle calze scivolose. -Non toccare mio fratello. Non farlo mai più, Rosalya de Meilhan.
-Sei un bugiardo pure tu...! Leigh, come... come hai potuto nascondermi tutto... tutto questo! LEIGH, COME!
Leigh la ignorò, ma le lasciò andare con delicatezza il polso, per non farle ancora più male di quanto già non le avesse fatto. Fissò gli occhi neri su quelli di Lysander, e indicò la porta con un cenno del capo. Solo in quel momento, il canuto si accorse dell'enorme chiazza viola che era spuntata sul collo del fratello. -Esci da qui.
-Leigh, ti prego...- Lysander puntò i piedi, mentre Rosalya non smetteva di piangere disperata. Non voleva uscire. Non poteva rimanersene al di là della porta ad ascoltarli litigare, quando anche lui era coinvolto in quella storia. Era suo fratello. E stava per perderlo, e compativa Rosa, e la stanza gli stava cadendo addosso da quanto vorticava. -permettimi di...
-Esci. Da. Qui.
-Non me ne starò impotente ad ascoltarvi, mai!
Questa volta fu Leigh ad alzare la mano, e questa volta Lysander lo sentì, lo schiaffo, duro e selvaggio, pieno di angoscia. Arrivò pesante sulla guancia, voltandogli il capo verso la finestra. Fece male. Il bruciore si irradiò fino a raggiungergli l'orecchio, la tempia e la nuca nascosta dai folti capelli bianchi. Non ebbe il coraggio di voltarsi a guardarlo. Riuscì solo a muovere le dita, a toccarsi lo zigomo pulsante di dolore. Era la prima volta che Leigh perdeva le staffe in quel modo, e l'angoscia che potesse sfogarsi anche su Rosa gli fece correre il cuore lungo tutto il perimetro del corpo. Tuttavia non osò rimanere in quella stanza un minuto di più. Li lasciò ai loro pianti, ai loro drammi su un destino che non si poteva più evitare.
Su
un amore che non poteva più continuare, non come prima, perché presto sarebbe stato tutto diverso.
Tutti sarebbero morti.

Andò a dormire senza togliersi i vestiti.

Quella notte sognò di essere ricoperto di chiazze viola.

Pioveva.

Come quel giorno, il giorno in cui Lysander aveva davvero pensato, come un povero ingenuo, di poter fuggire da tutta quella grande baraonda spacciata per commedia teatrale che era divenuta la sua esistenza. Si era realmente illuso che la vita sarebbe stata comunque facile, forse solo malinconica, un po' sbagliata, indegna di essere vissuta in simili condizioni. Che sarebbe stata per sempre solo poesia, libri, le canne, qualche chiacchiera con Castiel, un lamento continuo.

Pioveva.
Come quel giorno, il giorno in cui Lysander aveva capito di essere appena morto.

Pioveva, e più fissava la pioggia cadere, più il giovane capiva di aver bisogno di morire ancora, senza risorgere più da ceneri ormai troppo vecchie per permettersi di ricreare una nuova fenice. Capiva di essere arrivato al limite, di averlo persino superato, quel dannato limite. Di essere appena scivolato nella tana del Bianconiglio.
Ma voleva una cosa.
Voleva che ci fosse Alice, ad aspettarlo di sotto. A prenderlo, prima che tutto si riversasse su di lui come un cumulo di polvere e macerie.
Andò al lavoro senza fare colazione, permettendosi solo di salutare la badante, perché sapeva che Leigh e Rosa non si trovavano in casa, ma dal medico e forse più di uno, a far ingozzare il fratello di chissà quali strani intrugli erboristici. Il che voleva dire solo una cosa.
Non sarebbero tornati.
Non prima dell'ora quindicesima.
Andò al lavoro, sì, ma senza una reale intenzione di rimanere lì. Andò per lei. Per prenderla, e portarla via. La trovò a cucire degli stupidi merletti insieme ad altre giovani ragazze, sporca in viso e piegata come un mulo. La chiamò con un cenno del dito, ma la castana non se ne accorse, tutta presa a sfogare le sue frustrazioni sul lavoro. Fu l'amica vicina a darle una gomitata. -Ti cerca il capo.- sentì dirle dalla bocca morsicata di nervoso. E allora vide Alice sollevare la testa con uno scatto, così seria da far male. Ma adesso non c'era tempo per i drammi. Solo per le belle cose. Solo per il Paese delle Meraviglie, il loro; avrebbero chiuso tutto dentro un armadio, insieme, ancora una volta. Come ieri. Per provare a vivere di nuovo. -Signor...- Alice non finì la frase. Lysander la acciuffò per il polso e la trascinò via dalla fabbrica a grandi falcate, divorando metri di pavimento sotto gli sguardi sbigottiti delle guardie. Che sapessero. Sapessero pure che era pazzo di lei. Non aveva più paura di nulla. -L-Lysander!
-Fuori da qui. Basta.
-Lysander, che cosa...!
-Ti porto via.- si voltò per rimettere a posto la governante armata di frusta e qualche uomo sotto il suo potere. -continuate a fare il vostro lavoro. E state fuori dalla mia vita.
Disse questo, prima di scappare con la mano di Alice stretta nella sua.
Poi i battenti si chiusero con un tonfo, e fu polvere ad accecare la vista di persone già cieche.

Tornarono a casa di Lysander che la pioggia era cessata da diverso tempo, nonostante Alice si fosse aspettata di fare una seconda visita al cimitero. Sembrava diversa dall'ultima volta che l'aveva vista, e non si riferiva al design neoclassico che tanto andava di voga nei quartieri lustrati della Middle Class. Quello era sempre uguale, con i suoi archi elaborati, le sue finestre a scorrimento da cui dietro si poteva scorgere il tessuto pregiato delle tende.
Era diversa, perché le ricordava tanto il relitto di una nave dimenticata. Qualcosa doveva essere accaduto, qualcosa di terribile. Si rese conto di non sapere ancora nulla su di lui. Di volerlo conoscere, più di qualsiasi altra persona su questo mondo. Il canuto la scortò fino alla porta sul retro, addobbata con adorabili gerani rosa, e si trovò faccia a faccia con quella lardosa della badante. Alice prese uno spavento. Arrossì, ma lui non le diede modo di nascondersi. Non doveva farlo. Era l'unica normale, in quel mondo che scorreva in senso antiorario. Non aveva nulla di cui vergognarsi. -Spostatevi dall'ingresso e tornate a lavorare. Voi dovete badare ai bambini. Non è questo il momento per prendere il sole.
La donna balzò in piedi, cavandosi dai gradini e urtando per sbaglio la caviglia contro le bottiglie del latte accantonate in un angolo tra i vasi. Chissà da quanto tempo erano lì. Lysander non ci voleva nemmeno pensare.
-Signorino!
-Non dite una parola di ciò che avete appena visto.
-Dovrebbe essere al lavoro, signorino...
-Pure voi, o sbaglio? E' ora di far entrare quel latte in casa. Anzi, buttatelo. Non voglio morire intossicato per colpa di una serva incompetente.
-Signor Ainsworth...
-Non permettetevi di parlarmi così, ricordatevi qual è il vostro posto. E qual è il mio.
Alice rimase sconvolta nel sentirlo parlare in quel modo, lui che non si era mai imposto sfoggiando i suoi poteri, la sua supremazia sugli altri. Lui che non era mai stato arrogante col prossimo, che aveva sempre nutrito un profondo rispetto per qualsiasi cosa, persona, essere vivente, proprio come Leigh. Capì che doveva essergli successo qualcosa di grave, e gli strinse forte la mano. Lysander parve calmarsi appena a quel contatto, ma sfidò con lo sguardo la governante a non provarci ancora, se non voleva perdere la poltrona e ritrovarsi nel bel mezzo del caos.
Entrarono in casa, e Alice si fece trascinare su per le scale come una marionetta inanimata. Stavano andando in camera di lui. Il cuore riconobbe la porta ancora prima della memoria. Quando entrarono, Lysander la lasciò andare e bloccò la serratura con uno scatto nervoso del polso.
Poi, per la prima volta in quella giornata, le narici aspirarono un po' d'aria. Non era buona, ma l'aiutò a calmarsi, e a fargli capire che quella dannata finestra doveva essere urgentemente aperta. Non si stava. Al diavolo i batteri, che altro avrebbero potuto fargli di così grave? Avevano già bruciato tutto. -Scusami se ti ho trascinata fin qui senza darti spiegazioni, so di non aver assunto un atteggiamento propriamente, ehm... consono al mio ruolo di capo, diciamo.
-Posso sedermi?- chiese Alice, e toccò il morbido letto a baldacchino illuminato dal grigiore della nebbia.
-Certo, fa come se fossi a casa tua.
-Ti ringrazio, Lysander.
Rimasero per un po' in silenzio, e Lysander la guardò languido, con una voglia di stringerla che superava la concezione stessa dell'universo. Si accorse che stava fissando un libro, e le rivelò il nome dell'autore. -Charles Dickens. Le sue descirizioni sono così vivide da sbatterti in faccia una realtà ancora più reale del mondo stesso. Ti senti soffocare. E' grazie a lui che mi sono reso conto di come funziona realmente questa dannata società.
Quando vide che la castana non sembrava intenzionata a rispondere, aggiunse -te lo presto, se desideri. Ne ho tanti altri da leggere, ancora.
-N-... Lysander, io... non so proprio leggere... ricordo poco delle elementari, e...
-
... non vedo dove sia il problema.
Alice sgranò le iridi a quelle parole, e le tremò il cuore di emozione. Davvero non gli importava del fatto che nella sua orgogliosa camera da uomo di classe ci fosse un'analfabeta buona solo a lavorare? A cui era stata persino privata la libertà? Che si giocava il tutto per tutto con un viaggio di sola andata per l'America, e che aveva perso certezza pure in quel sogno? Rimase sconvolta, senza fiato anche se aveva pronunciato due parole in croce. -Lysander...
-Leggiamo. Insieme. Adesso. Ti insegno.- Lysander si tolse la giacca con enfasi, poi si liberò dalla stretta tenuta della cravatta verde, che cadde a terra come una foglia secca. Quindi sbottonò il panciotto di velluto e lo appoggiò sulla scrivania, il tutto sotto gli occhi pieni di passione di Alice. Lysander era alto, dio. Senza tutti quegli strati di vestito, le sembrava ancora più maestoso di prima. Più bello. Più spontaneo, senza che ci fossero ranghi sociali particolarmente elevati a dettare distanze senza senso. Posò una mano sulla scrivania e sorrise. -Scegli un libro.
-Quello di Charles Dickens.
-No, Alice.- il canuto impallidì con un sorriso. -Scegline un'altro. Evadiamo.
Evadere, sì, Alice fu pienamente d'accordo con quel verbo. Di quello, avevano bisogno. Di sparire, per ritrovarsi di nuovo nella loro bolla rosa e perfetta. -Quello lì. Quello... un po' vecchio.
Lysander si chinò, dandole le spalle larghe che si intravedevano vistosamente sotto l'opalescenza della camicia leggera. -Orgoglio e Pregiudizio. Mi sembra perfetto per iniziare.- poi portò lo sguardo attento su di lei, col libro stretto tra le mani. E le ammiccò dolcemente, in un modo che la fece sciogliere sul letto già morbido e profumato di lui ovunque. -Jane Austen. Di' che "non sai leggere", ma hai fiuto per la perfezione.
-Hai visto? Ti piace il mio potere?
-Sapevo che eri magica, Alice.
Lui le venne vicino, si sedette al suo fianco, e Alice si lasciò inondare dal calore di quel gesto. Di quel corpo tutto preso dal momento, così pieno di sofferenza da desiderare di baciarlo in ogni dove, pur di liberarlo. Come un salasso. Un salasso fatto con i denti, con un amore che non vedeva l'ora di essere spacchettato. Lysander aprì il libro e sfiorò le pagine ingiallite con l'indice, piano. -Milleottocentotredici. Ha già diversi anni, ma è un mito che non muore.- la guardò dolce, poi si stese, e quando allungò il braccio il tessuto fresco della camicia accarezzò la trapunta verde. -stenditi qui. Sopra il mio braccio.
Alice sarebbe voluta morire. Lo fece all'istante, e sospirò quando la testa sprofondò abbracciata dal tepore dei suoi muscoli tesi a reggere il libro. Si fece piccola contro di lui, quel tanto che bastava per sentirsi protetta. Al sicuro, da tutto, tutti, i mostri del passato, il pugno in faccia, l'America sempre più lontana. Il cuore le schizzò frenetico contro il petto mentre per sbaglio il naso filtrava ogni nota, ogni carezza del suo ardente profumo di uomo.
Lysander si accinse a leggere la prima pagina e le fece i suoni di ogni singola parola, ogni rumore, assonanza, senza scordare nemmeno le virgole. Le lesse più volte il primo paragrafo, di modo che lei potesse collegare tutte le pronuncie a tutte le lettere. Poi glielo offrì, carico d'aspettativa. -oh, nono.- fece lei, trattenendo una risata alla carlona. -davvero ti aspetti che io riesca a leggere tutta quella roba? Sei pazzo.

-Certo.
-Hai sbagliato ragazza, Lysander.
-Provaci, non è difficile. Provaci soltanto.
Lysander le avvicinò il libro per fare in modo che potesse vedere le parole senza togliersi dalla posizione comoda in cui si era sistemata – e che tanto sembrava piacerle –. -E'... è...- iniziò così l'avventura intellettuale di Alice, le cui meningi si sforzarono al massimo del suo potenziale. -una... ver... non...- subito si arrese, e sbuffò gonfiando le guance lentigginose. Lysander le trovò adorabili. Tutte da mordere, da baciare, da asciugare se rigate di pianto. -Non mi ricordo...
-Verità. E' una bella parola. Imparala.
-Verità. Ehi, sono solo alle prime armi!
Si sorrisero, e fu luce, fu primavera e fu estate, nonostante avesse ripreso a piovere ancora. -e stai andando benissimo. Non ti preoccupare.
-è faticoso!
-Più di cucire un merletto?
-Sì, diamine!
-Ma no, fidati di me.
Alice riprese, determinata a finire almeno quel piccolo paragrafo. Almeno doveva cavarsi la soddisfazione. Non era mica una che si tirava indietro facilmente, nossignore. E poi, davanti a Lys non poteva certo permettersi di sfigurare. -univ... v, come verità. Ver... versamente?
-Brava.
-L'altra parola è troppo difficile.
Lysander si riappropriò del libro, portandolo dinanzi al naso a punta. E lesse, ancora, per ricordarle i suoni. -"È una verità universalmente riconosciuta, che uno scapolo in possesso di un'ampia fortuna debba avere bisogno di una moglie."
-Oh.- la castana emerse dal torpore in cui era finita, e per la prima volta durante quella lezione diede peso al significato delle prime righe. -E che ne pensi tu a riguardo, Lys?
-Credo che tutti debbano avere bisogno di amore. Non importa che sia "uno scapolo in possesso di un'ampia fortuna", o un "contadino di campagna". Credo... penso... no, Alice. Non penso più.- Lysander all'improvviso mise giù il libro, e l'atmosfera che si era creata andò scivolando via insieme alle gocce di pioggia che si dibattevano furiose contro la vetrata. -sono stanco di pensare...
Si guardarono, occhi negli occhi, come la prima volta che si erano visti. E si erano trovati belli, si erano capiti in mezzo a quel mare di teste ciondolanti e vuote. Lysander le scostò un ciuffo di capelli dal viso, incastrandoglielo dietro l'orecchio. -Sei bellissima.- le disse, un sussurro lieve come un battito d'ali di farfalla.
-Esagerato.- mormorò lei, arrossendo, ma il complimento le fece così piacere da colpirla all'intestino. E si trovò davvero bella, riflessa in quelle iridi diverse. Anche col naso storto, le dita rovinate,  anche con i capelli sporchi e l'incapacità di leggere. Così vicina a lui, tutto spariva. Ogni difetto svaniva, gli schiaffi della vita si annullavano, divenivano coccole affettuose. Coccole che profumavano come lui. -Come mai hai un occhio giallo e uno verde...?
Lysander si avvicinò di più al viso della ragazza. I loro nasi si toccarono timidi, così come i loro cuori. Sentiva di voler gridare. Quel volto era la sua piccola gioia. Il suo sole, il suo diamante prezioso. Voleva coprirlo di baci, assorbire ogni raggio. Ogni riflesso, perché sapeva che solo così avrebbe visto la luce in fondo al tunnel. -difetto genetico. Mia madre mi ha dato alla luce che era già anziana.
-Questo spiega anche i capelli.- e come a voler dar man forte alla sua teoria, Alice si permise di giocherellare con qualche ciocca argentea, meravigliata da quel fatto curioso sul ragazzo.
-Senza colore, sì. Succede. Mi accetto così per come sono.
-Sei forte, ma...- gli sorrise. -io li ho entrambi gialli, gli occhi, ehehe.
Allora Lysander abbassò il collo, le sorrise e, senza preavvisare nessuno, le catturò le labbra ancora schiuse in un bacio irruento che da tanto, troppo tempo, sentiva il bisogno di condividere con lei. Lei, l'unica.
L'unica ragazza che avesse mai osato amare in vita sua. 
Sapeva di Orgoglio e Pregiudizio, pioggia, passione repressa e dolore che parve neutralizzarsi non appena le loro bocche si accomodarono le une dentro alle altre, come uccelli tornati al nido. Alice lo carezzò sul petto, il cuore tutto un tornado, poi si aggrappò al collo della sua camicia e glielo strinse con forza, e il bacio divenne più forte, divenne un groviglio di morsi, di lingue curiose che si scontravano, si cercavano e si trovavano. Proprio come loro due, i loro occhi quel giorno in fabbrica. Lysander non l'avrebbe mai dimenticata. Mai, e il futuro si perse nella linea di un tempo sempre uguale, mentre adagio si gustava ogni più piccola parte di lei. Le prese la testa, le carezzò i lunghi capelli. Poi raggiunse i lacci del corpetto, e iniziò a sbrogliarglieli delicato. Alice arrossì e rise nella sua bocca piena di piacere. -Sei tremendo!

-Posso, miss?
-E me lo chiedi..?
Lysander la liberò dai vestiti sporchi di polvere, quindi le guardò il corpo come si guarda una meravigliosa poesia carica di messaggi. Voleva farla sua. Carpire ogni suo significato, anche quello più nascosto, impararla a memoria per poterla recitare nei momenti più fragili. Sapeva che solo così, forse, sarebbe stato felice. Si impose sopra di lei, ammirandole i seni piccoli coperti anch'essi di lentiggini, gli occhi lucidi, la bocca che voleva ancora. Da lui. La baciò, ascoltandola gemere piano di piacere.
Ancora, ancora, quello era il loro infinito. Il loro momento.

E non avrebbero smesso, ora che lo avevano chiuso in gabbia.

La pioggia scrosciante non era riuscita a farle prendere sonno come aveva sperato.
Invece Lysander era crollato subito dopo averla amata, colto da un torpore, un'urgenza di assopirsi seconda solo alla morte. Dormiva accanto a lei, abbracciato al cuscino, dandole educatamente le spalle nude e graffiate e morsicate ovunque. I capelli bianchi adagiati sulla federa formavano un campo d'erba coperta di brina, il respiro lento procedeva al ritmo della pioggia, ed era lo stesso dei bambini. Ingenuo, casto.
Libero da tutte le angherie che sembravano non dargli tregua da millenni, perseguitarlo persino quando sognava. Alice gli carezzò una spalla e gli stampò un tenero bacio sul profilo del collo caldo, ridendo in silenzio quando i ciuffi dei suoi capelli le solleticarono il naso quasi a volerle fare un simpatico dispetto. Quanto le piaceva Lysander. Quanto era felice di averglielo potuto dimostrare così, con la semplicità di un libro tra le mani, un letto comodo, un amore proibito che era finito per rivelarsi un'arma vincente contro i problemi di entrambi. Avrebbe voluto lui, come marito, e non i due spasimanti che ancora doveva conoscere, o vedere, o anche solo digerire. Lui per sempre.
Poterci fuggire in America tenendolo per mano, e costruirci una nuova vita lì, perché erano forti e nulla sarebbe più riuscito a separarli. Né l'orgoglio, né il pregiudizio, né la tana di un coniglio isterico. Parve svegliarlo con i suoi pensieri ardenti, perché Lysander tirò su la testa e la prima cosa che fece fu correre con gli occhi all'orologio. Si rilassò all'idea che fosse solo mezzogiorno. Tutto regolare. Si voltò, e la seconda cosa che fece fu baciare la donna che amava, che aveva scoperto di amare, e che avrebbe amato ora e per sempre, senza che ci fosse fine.
La terza fu morderle il naso. Solo per togliersi lo sfizio.
-Eww!- gracchiò lei, e finse di guardarlo male, il corpicino nascosto sotto le lenzuola bollenti.
-Volevo assicurarmi che fosse guarito al cento per cento.
-E...? 
-Mi piace tantissimo.

Questa volta si baciarono con più calma, tenendosi forte come per paura di cadere. Quando si staccarono, entrambi si sentirono col cuore più leggero. -Non volevo svegliarti.
-Non mi hai svegliato, tranquilla.
-Come ti senti?-
Lysander sorrise con una lentezza tale che la pelle di Alice reagì ricoprendosi di brividi afrodisiaci. Il ragazzo tormentato della porta sul retro sembrava essere sparito, risucchiato dal bollore della sua stessa bocca, di quegli occhi eterocromatici fissi sui suoi, quieti ed immersi in una pace che entrambi speravano potesse durare in eterno. Anche se non era così. Gli aprì la frangia disordinata, per poterlo osservare meglio. -E' la prima volta che dormo senza pensieri.
La sua voce laconica e calda le fece vorticare la testa.
-Ed è una bella sensazione?
Il canuto le venne sopra, senza perdere quel sorrisetto da ragazzo che gli tirava le guance come fili agganciati alle mani di una marionetta. -Non immagini quanto.
Alice allungò le braccia, solo per acciuffargli il viso e stringerlo tra le dita. -Non voglio più andare in America.
Lysander sgranò le iridi a quella decisione presa con la stessa facilità con cui si coglie una mela da un albero. Credeva fosse una cosa sicura, una scelta rafforzata da chili di determinazione e zero pazienza di aspettare, anche con in mezzo un matrimonio. E invece adesso Alice sembrava lo stesso decisa, ma della cosa contraria. -Non capisco...
-Voglio stare con te.
-E basta questo per farti cambiare idea?
-Mi basti tu per essere felice.- Alice si alzò all'improvviso, e lui si tolse per permetterle di mettersi a sedere. -Ti avrei chiesto di venire con me, ma sei a capo di una fabbrica, e non so quanto ti convenga lasciare la tua vita per me.
-Mi piacerebbe tanto farlo, credimi...- Lysander le prese una mano e la strinse tra le sue. Lui e lei, in America. Magari in campagna, lontani da quel caos, quell'inferno che non si sarebbe placato fino a quando non avrebbe raggiunto la perfezione. Suonava così perfetto quanto impossibile. E sapeva benissimo che non aveva senso illudersi su una cosa che non sarebbe mai potuta accadere. Le ferite bruciavano ancora. -ma non posso scappare. Sono in trappola.
-Possiamo sempre fare i matti...
-Non... non è così semplice, per me. Ma tu potresti. Pensaci bene.
-Ci ho già pensato. E la risposta è, che senza di te non mi muovo.
-Alice... vorrei tanto tu partissi, invece. Sono disposto a pagarti la somma necess...
Alice gli tappò la bocca con la mano, e strinse così forte da fare più male dello schiaffo di Leigh. -tu lo faresti al posto mio?
Lysander si accorse che la risposta, contrariamente a quanto si sarebbe aspettato, era "no". Gli risuonò lungo tutte le pareti del cervello, rimbalzò su ogni singolo neurone con una convinzione che aveva dello spietato.
No, perché l'aveva trovata. No, perché l'amava. O insieme, o nulla. -mi stai dicendo che preferisci sposarti, piuttosto che essere un venti per cento più libera di ora?
-Preferisco sposarmi, e averti come amante, piuttosto che andare in un paese straniero sapendoti dall'altra parte del mondo. Io lo chiamo "suicidio". E no, di suicidarmi ancora non me ne va, grazie.
Si baciarono, e Lysander le sospirò amarezza nell'orecchio. -non posso essere il tuo amante. Devo... devo... sposarmi anche io.
Alice irrigidì le spalle, divenne bianca. Ma prima che potesse pensare chissà cosa, lui le raccontò tutto. Lo fece senza guardarla, col cuore così esposto da sentire male ad ogni soffio d'aria. Ad ogni suo sguardo giallo, che gli fluttuava sulle spalle piegate di sconforto in attesa di una bella notizia. Una sola. Ma non ce n'erano. Così le spiegò di Rosa, del fatto che sarebbe rimasta vedova una volta che Leigh fosse morto, e lui era la persona più adatta per continuare a darle quel tipo di vita "privilegiata". Per continuare a proteggerla, e illuderla che la società fosse solo una graziosa bambolina al profumo di confetti. Le disse che c'erano di mezzo quattro bambini, e che non sarebbe stato affatto facile per lui assicurarsi di non perdere nessun pezzo. La vita gli passò davanti come un treno in corsa. Sotto, non c'era nessuna rotaia. -Rosalya diventerà pazza quando perderà Leigh. Non mi rivolgerà mai più la parola, non mi guarderà mai più. E questo influirà pesantemente sull'umore dei bambini. E, dio, spero di no, ma se muoiono senza arrivare ai venti... servono degli Ainsworth, e ci sarò solo io, a quel punto, e solo lei, e...
-E potrai farli anche con me, gli Ainsworth.
-Ma tu sarai sposata. Sarebbe uno scandalo se...
Alice arricciò le labbra ancora calde dei loro baci, bloccandogli le parole in gola. Aveva gli occhi umidi, e Lys non seppe dire se per la storia drammatica della sua famiglia, o per altro a lui sconosciuto. -saremo amanti lo stesso.- decise, e si tirò su per vestirsi. Lysander la guardò armeggiare con la gonna lunga, con i capelli che le nascondevano tutto il corpo dietro una folta cascata color cioccolata.
-Non posso fare questo a Rosalya...
-Non puoi fare questo a me...!- Alice si voltò, e un'onda di rabbia lo travolse soffocandolo.
-Ferirti è l'ultima cosa che voglio, credimi.
La vide mettere su una faccia orribile.
-Ma illuderti...
-Mi stai dicendo che vuoi finirla qua?!
-Sto solo dicendo, che non sarà facile non farla finire!
-E' appena iniziata, e già te ne lavi le mani?!
-Assolutamente no, ALICE!
Alice afferrò un cuscino e lo colpì in faccia, sollevandogli la frangia bianca. Alché Lysander si alzò, per cercare di calmarla, ma lei non si lasciò toccare, e lui non osò insistere. Rimase in piedi come un fesso, mentre cercava di capire, di spiegare a sé stesso perché le stesse dicendo quelle frasi fatte, stupide, cretine, quando nella realtà dei fatti nemmeno le pensava.
-Sei vittima della società, pure tu, che ti credi tanto diverso con quei capelli indecenti e quegli occhi da killer.
Si accorse di averla ferita, forse troppo, con questioni assurde e che mai avrebbe potuto credere come verità assoluta. La afferrò per un polso e la fece voltare. Lei lo sfidò con lo sguardo, arrabbiata fino all'ultimo capello. -sei il mio capo, e nonostante questo mi hai appena portata a letto. Credevo non ti fregasse nulla, prima, quando mi hai tirata via dalla fabrica... delle etichette della società...
-Ed è così. E non smetterò di farlo per gli altri. Fermami ora.-
-Mai.-

La baciò, la baciò così forte da farla gemere tra le sue mani strette sulle sue guance scarne. Non gli importava di niente, né che la governante avesse sentito, né del fatto che fosse assente dal posto di lavoro da un bel mazzo d'ore, insieme ad una che non si sarebbe dovuto nemmeno filare per sbaglio quando poteva avere di più solo schioccando le dita. Al diavolo, era felice. Così felice che una lacrima scivolò dal suo sguardo di ferro, finendo a terra tra di loro.
Alice aveva ragione. Perché fermare tutto quello? Perché impedirsi di sentirsi vivi? L'esistenza non aveva dato loro nulla per cui sorridere, mai. Nessuno si era mai preoccupato di cosa pensassero realmente, di cosa fosse nascosto sotto le vesti da uomo di alta moda e di lavoratrice vittima della società, così diverse, eppure uguali da fare orrore.
Per una volta si sarebbero comportati da egoisti. Avrebbero preteso di più, insieme, lasciandosi alle spalle qualsiasi tipo di inibizione.

Si chiamava suidicio, non farlo.

 

E nemmeno lui, voleva suicidarsi.


__________________________
nda

questo è uno dei capitoli più belli della long, a mio parere, e anche uno dei pochi che mi ha convinta di più durante la stesura! Che ne pensate? L'amore e la passione tra Lysandro e Alice è scoppiata subito, lo so, ma non è stata una scelta volta a velocizzare la cosa, al contrario. ho sempre ritenuto che la loro storia dovesse muoversi piano e poi esplodere all'improvviso, fin dagli albori del prologo; questo perché quando ti succedono cose brutte e la tua metà condivide con te il dolore, è più facile far parlare il cuore, lasciarsi andare. secondo me, ho pure perso tempo. L'attrazione tra i due era forte, palese, troppo perché io dovessi tenerli ancora in attesa di una scintilla
in ogni caso, fatemi sapere cosa ne pensate, sia di loro due, sia di ciò che succede in questo capitolo! E Leigh e Rosa.
Ok, quella parte mi ha divertita da morire. Io detesto Rosalya, mi sono vendicata facendola soffrire. AHAHAHAH.
Piccolo appunto su ciò che magari non sapete; perché Lysander dice di voler evadere, e si rifiuta di leggere Charles Dickens? 

Charles Dickens scriveva libri molto realistici. I contenuti erano spesso e volentieri forti, spiacevoli, violenti, pieni di humor - anche black humor -, e mettevano in luce gli aspetti più crudi della società vittoriana; prostitute, povertà, vandalismo, crimini. questo a scopo unicamente informativo/di denuncia; ciò che voleva fare lo scrittore, con i suoi testi, era "svegliare" la Middle Class, la classe sociale dei ricchi, degli uomini in carriera e le donne benestanti, e anche l'unica ad essere alfabetizzata a dovere - e quindi in grado di leggere -. pareva avesse il prosciutto sugli occhi, chi era consapevole di ciò che lo circondava lo accettava, chi non lo era davvero pensava che essere poveri fosse colpa stessa del povero, o che, molto ingenuamente, a tutti poteva essere concessa la possibilità di rialzarsi e rimettersi in gioco. non era così. non lo è ancora oggi, figurarsi ai tempi. 
Lysander dunque si rifiuta di sbattere ancora i denti contro la società, di sentirsi ancora schifato. sceglie qualcosa di più soft, anzi, Alice lo sceglie (?), appunto, si chiudono nella loro bolla.
Altro appunto, poi vado. Alice dice di aver fatto i primi anni di elementari, ma di non ricordare propriamente come si legge. 

➤ questo perché appartiene alla Lower Middle Class/working class, ha cominciato a lavorare presto per inseguire il suo sogno e di conseguenza ha tralasciato gli studi e sacrificato un po' di cultura; in più, la scuola diventa obbligatoria - fino alla terza elementare - solo dopo il 1880. La gente colta, ripeto, si trovava principalmente nella Middle Class, quella di Lysandruzzo puzzoh, in sostanza.

finito! ringrazio tutti per aver letto, chi metterà la storia in una delle tre cartelline e chi recensirà


xoxo
Lila

 

 

   
 
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