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Autore: elelunare    17/11/2018    0 recensioni
Storia Zorobin, seguito della storia "Questa volta lo farò io" da me edita.
L'avventura all'isola dei selvaggi è passata e i due amanti cercano di tornare alla loro vita normale con la ciurma. Ce la faranno a dimenticarsi e a resistere all'attrazione che l'uno ha per l'altra? Oppure cederanno con il rischio di essere scoperti?.. Come se non bastasse la ciurma approda in una nuova isola dove i pirati vengono considerati veri e propri idoli. Sì, ma qualcosa andrà storto e le cose si complicheranno, non solo per Zoro e Robin.. ma anche per un altra coppia. Consiglio di leggere, per chi non l'avesse fatto, prima "Questa volta lo farò io" perchè ci sono moolti riferimenti. Buona lettura! :)
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nico Robin, Roronoa Zoro, Z
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sanji posò i piatti con le pietanze sul lungo tavolo argentato che era apparso in mezzo alla stanza. Da soli, comparirono anche tovaglioli, posate e poi bicchieri e pane caldo, sembrava appena fatto, era fumante. Il cuoco fece mezzo sorriso compiaciuto e girò i tacchi andando ad aprire il frigo. Ne tirò fuori una bottiglia di vino rosso e dell'acqua fresca, tornò al tavolo appoggiandoli al centro.

Pensò pure per un attimo di far apparire una candela lì in mezzo ma non voleva essere frainteso, quindi lasciò il tutto così, anonimo.

Nami chiuse la rivista e sospirò. Poteva farcela, avrebbe mangiato e poi si sarebbe presa una parte di quel letto e avrebbe dormito alla grande, ignorando tutto e tutti. Magari avrebbe diviso quel letto con dei bei cuscinoni, costruendo una specie di barriera, la bambina non sarebbe stata contraria nel farne apparire qualcuno in più, aveva trovato questa soluzione.

“Possiamo mangiare, se vuoi” sentì il biondo dire, in modo spento. Così la rossa si tirò su e si diresse al tavolo imbandito, sedendosi poi ad una estremità con una faccia assolutamente inespressiva. Sentì il fracasso di quella musica nell'altra stanza arrestarsi di colpo, i due rimasero nel più totale silenzio.

Lui, dalla parte opposta del tavolo, aveva già iniziato tranquillamente a mangiare, non l'aveva neppure aspettata.

Dopo aver pensato un Da non credere..alzando le sopracciglia, la rossa fissò quel piatto davanti a lei. Sanji probabilmente era tornato quell'insolito uomo freddo e distaccato che aveva conosciuto solo in quell'isola, dopo la rivelazione dello spadaccino. Annuì da sola come una pazza e ammirò ancora quella pietanza così perfettamente disposta. Lui non aveva neppure accennato a cosa aveva preparato e lo faceva sempre. C'era della carne accompagnata con quella che sembrava una salsina agli agrumi e in parte c'erano delle verdure grigliate in modo perfetto, leggeri riccioli gialli e arancioni ornavano il piatto, bucce di arance e limoni. Non seppe perché ma Nami pensò a quei due colori e li attribuì subito proprio a loro due, addentando il primo boccone.

La carne si sciolse nella sua bocca, quel sapore dolce e amaro le esplose perfino nel cervello, intenso e superbo..era un secondo a dir poco eccezionale! Lui aveva mai cucinato una cosa simile? La ragazza restò nel dubbio.

Mandò giù quel primo boccone e poi inspirò incredula. Nami si dimenticò di non aver fame e addentò la seconda forchettata rituffandosi in quei due sapori contrastanti ma così perfetti insieme. Sanji aveva detto di aver cucinato qualcosa di veloce ma non sembrava affatto un piatto affrettato quello..

Dolce e amaro, calzava a pennello anche per descrivere tutta quella situazione. Chissà, magari quel biondo l'aveva fatto pure apposta! Ne sarebbe stato capace, non sembrava ma era molto sveglio...intelligente e sensibile. Si ritrovò a pensare proprio questo di lui e con uno scossone si ripigliò dandosi della stupida, terminò quel secondo piatto però senza nemmeno accorgersene.

Quando lo finì si rese conto di volerne ancora, sì ne voleva assolutamente un altra porzione.

Sanji si alzò per ritirare i piatti e passò da lei prendendo anche il suo, la informò che se desiderava ce n'era ancora ma lei si ritrovò a dirgli un secco “no”. Quando il biondo gli diede la schiena, si maledì da sola chiedendosi perché fosse così idiota, era troppo orgogliosa e testarda, se ne rese conto chiaramente in quel momento.

Si morse un labbro osservando di sottecchi cosa combinava ancora quell'uomo tra i fornelli. Bevve un bicchiere di vino per disperazione, anche quello era molto buono ma nulla a confronto di quella carne con quella salsa, non aveva mai mangiato niente di paragonabile.

 

Poi il biondo portò il dessert.

Era una torta completamente bianca, adagiata su un'alzatina di vetro arancione, non si capiva con cosa fosse farcita all'interno ma sulla sommità era finemente decorata con spicchi di mandarini, panna e ondine di cioccolato bianco. Anche questo pareva una portata assolutamente curata in ogni dettaglio, decisamente non una cosetta veloce e facile da preparare. Nami incrociò un attimo lo sguardo con quel biondo e lui rimase impassibile, però la rossa notò poi qualcosa di incredibilmente inverosimile in lui. Abbassò lo sguardo sulle sue mani che si apprestavano a tagliare quella torta con un coltello spesso, apposito. Beh, quella mano tremava, leggermente, ma era così.

Nami fissò subito il bicchiere davanti a sé e se lo riempì d'acqua tanto per distrarsi e soprattutto non far intendere a lui che aveva notato la cosa e poi Sanji le porse un piattino bianco con una fetta di quella torta. Sprigionava un profumo unico, forse perché c'erano i mandarini che lei adorava. E quella era un altra prova che quel biondo non aveva fatto nulla a caso quella sera, ora ne era certa.

Lo seguì vagamente con lo sguardo mentre con il suo piatto tornava a sedersi e senza perder tempo iniziava a mangiare il primo boccone. Poi lui socchiuse gli occhi tenendo lo sguardo basso e serio, si stava dando un voto? Chi lo poteva sapere! E comunque neanche questa volta le disse il nome di quel dolce. Le venne voglia di chiederglielo anche perché, realizzò, che quella probabilmente sarebbe stata l'ultima sua pietanza che avrebbe mai mangiato.

“Come si chiama questa torta?” chiese allora Nami senza pensarci troppo su, era stata lei alla fine a rompere quel silenzio.

Lui alzò di scatto il sopracciglio riccioluto e mandò giù quel boccone. Assunse un espressione un po pensierosa e le diede una risposta inaspettata, senza guardarla direttamente.

“Non le ho dato un nome” disse e poi tornò a mangiare e fissare un punto imprecisato.

Nami fu sconcertata da quelle parole ma non lo diede a vedere, la sua mano afferrò meccanicamente la forchettina da dessert e il metallo affondò su quella panna scivolando giù fino alla fine e raccogliendo quel primo dolce boccone. Bianco, arancione, giallo e marroncino si alternavano all'interno di quella torta, era bellissima anche agli occhi e il profumo di mandarini era ancora più intenso da così vicino.

Nami fece il primo boccone e quella crema al mandarino, il cioccolato bianco, la panna e quella soffice base alla vaniglia riempirono il palato della rossa facendole perdere in quel momento ogni cognizione del tempo e dello spazio. Chiuse gli occhi in piena contemplazione di quella bontà indescrivibile. Appena quel paradiso si fu dissolto nel suo palato se ne riempì la bocca di nuovo, senza tergiversare, non credeva alle sue papille gustative!.. Non pensava nemmeno si potesse provare una cosa del genere solo mangiando! Si sentì all'improvviso incredibilmente felice. Quel dolce cancellò tutti gli avvenimenti spiacevoli di quei giorni confortandola pienamente, fu quasi un miracolo, sulla sua bocca si allargò perfino un sorriso.

Era chiaro, quella torta al mandarino conteneva tutto l'amore che quel biondo sentiva per lei, ora lo avvertiva concretamente quel suo messaggio, quello che sotto quel silenzio forzato stava cercando di dirle, forse in modo disperato.

Panna...la morbidezza, l'accortezza di certi suoi gesti..

Mandarino...il penetrante e il dolce del suo essere quando la sigaretta e la fragranza che solitamente aveva addosso si mescolavano..

Vaniglia...il ciuffo biondo e quel sorriso sfacciato quando sfidava il mondo per lei.

Cioccolato bianco...Amore? Era quello allora l'amore? Era dolce..ma faceva anche male.

 

Al terzo boccone Nami si sentì persa, sì, talmente era buono quel dolce per Nami che la rossa non riuscì più ad andare avanti, venne travolta da un senso d'angoscia. Mollò la forchetta sul piatto e con l'altra mano si coprì il viso chinandosi un poco, come per nascondersi. Era in preda ad una forte emozione, era enormemente commossa.

Sanji, che dall'altra parte del tavolo aveva già finito da un pezzo e guardava con un espressione vuota il suo piatto con le braccia incrociate, vide un movimento strano, saettò un occhiata verso di lei e si preoccupò non poco, pensando che magari le era andato di traverso un boccone. Si alzò di scatto e corse verso la rossa d'istinto, senza pensarci un attimo.

“Nami-san!” la chiamò e le si inginocchiò accanto tentando di capire se respirasse.

Nami respirava, anche se molto velocemente, quindi non stava per soffocare, il biondo tirò un sospiro di sollievo e rimase immobile vicino a lei, che non gli aveva minimamente risposto, aveva gli occhi serrati come se fosse stata accecata da qualcosa e poi teneva quella mano premuta alla bocca.. Tremava.

Dal nulla, quel ragazzo, vide una lacrima scendere dal viso della rossa, socchiuse la bocca e cominciò a scuotere piano la testa incredulo.

No, quella non era la reazione che avrebbe voluto vedere sul suo viso! Quel dolce l'aveva fatto per lei e solo per lei! Con gli ingredienti che più le piacevano.. Era un regalo, sì, esatto! Un semplice regalo d'addio.

Nami non aveva ingoiato, perché assolutamente non voleva farlo. Voleva trattenere con sé quell' incredibile sapore il più possibile, come voleva trattenere lui disperatamente. Ora lo sapeva, ora ne era certa. Quel dolce aveva fatto crollare in lei tutte le sue false convizioni, ora capiva che non ne sarebbe stata capace, non sarebbe stata mai in grado di dire addio a quell'uomo.

Avvertendolo vicino a lei, si fece ancora più piccola. Sentiva quell'emozione ingigantirsi dentro, mandò giù quel boccone in un singulto, senza volerlo, e si coprì la faccia anche con l'altra mano nel disperato tentativo di trattenersi ancora. Ma gli tornarono in mente solo i bei momenti passati con quel cuoco, quando erano riusciti a riportarlo nella ciurma, tutte le volte che le serviva un frullato alla frutta con quel sorriso stupido, le innumerevoli volte in cui l'aveva salvata senza pensarci nemmeno un secondo a quello che rischiava, l'espressione furiosa di poche ore prima quando aveva visto come l'avevano conciata..

Le lacrime uscivano e scorrevano lungo il suo viso, le sue mani non erano in grado di arrestarle. Singhiozzò sempre di più, fu tutto più forte di lei, iniziò a piangere disperatamente con in mente solo una cosa.

Lei non voleva che lui se ne andasse. Non l'avrebbe sopportato.

Sentì qualcosa sfiorarle la spalla e fu quello che la smosse dal suo guscio.

Spiò di lato, tra quelle dita, e vide da molto vicino la faccia preoccupata di lui, tremò un attimo singhiozzando ancora.

Sanji, dopo quello sguardo disperato, non riuscì più a fingere e non volle più fingere. Fece quello che sentiva di fare e basta. Voleva proteggerla, anche da quell'emozione, anche se in realtà non capiva davvero perché fosse in quello stato.

Le sue braccia la circondarono e la strinsero, prima debolmente e poi con più trasporto, Nami si appoggiò totalmente a lui sfogando quel pianto dirotto, rimanendo immobile, con le mani premute al viso.

Quel suo abbraccio..non si era mai accorta davvero che fosse la cosa che più desiderava al mondo, ora lo sapeva, ora lo ammetteva.

“P...per..donami! Perdonami per..come ti ho trattato!” farfugliò tra le lacrime e il biondo appoggiò leggermente il mento sul capo di lei e annuì facendo capire così la sua risposta. La accarezzò piano, strusciando delicatamente il pizzetto e affondando poi il naso tra quei capelli che sapevano di vaniglia chiedendosi perché venisse da piangere pure a lui.

Nami continuò a gemere, pervasa da forti scossoni, Sanji la strinse ancora più forte e rimase fermo ad aspettare che quel suo sfogo terminasse.. e stette lì parecchio.

 

Dopo un bel po' la rossa si calmò e contemporaneamente si addormentò sfinita tra le braccia del cuoco. Sanji era in ginocchio ormai da un pezzo, le sue gambe si erano anchilosate ma non ne dava importanza.

Lei aveva abbandonato le braccia, era ormai a peso morto su di lui, sembrava un cucciolo appisolato e stremato. Il biondo passò una mano sotto le sue ginocchia e con uno sforzo immane la tirò su da quella sedia sentendo tutto l'indolenzimento delle gambe.

Così, in braccio, la portò verso il letto, dove la adagiò piano, di lato, coprendola poi con la coperta color panna.

Si accinse a sistemare la pietanze avanzate in frigo ma non sparecchiò la tavola, temeva di far troppo rumore. Sbuffò passandosi una mano fra i capelli, si sentiva davvero stanco, sfinito, come Nami. Si sedette sul letto lentamente, temendo di svegliarla e si distese di lato anche lui, di fronte a lei.

Nami dormiva beatamente, perse un po di tempo a guardarla e poi gli venne in mente che lei non avrebbe apprezzato..pensò poi a quella dannata notte dove non sapeva neanche cosa avesse combinato con lei, si maledisse e poi decise di spegnere quella luce.

Così venne buio anche il quella stanza, il biondo si chiese per l'ennesima volta se mai un giorno fosse stato in grado di perdonarsi e poi non pensò più a nulla, prese sonno velocemente.

 

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Il signor Bright si fermò in mezzo al corridoio bianco e sentì l'estremità di quell'arma sulla schiena.

“Non pensare che io non abbia capito che cosa stai facendo..” disse la signora Black minacciosa, dietro di lui. “Mi stai solo facendo perdere tempo, non è così?”

Era da un bel pezzo che giravano a vuoto per quel gran palazzo e l'ometto aveva tirato fuori ogni volta una scusa diversa..

“Ti sbagli” disse lui ma la sua voce non fu convincente.

“Ero convinta che tu sapessi dove si trovava quel ragazzo ma ora lo so che non è così”

“Ti sbagli di nuovo, Rose, io lo so” fece lui più convinto.

“Ma non mi ci porterai..giusto?” Rose strinse l'arma nella mano e schiacciò un pulsante pericoloso..

“Lo sai che non lo puoi fare, se mi ucciderai lei lo avvertirà e sarà la fine e se mi farai del male, forse sarà ancora peggio”

“Sai che ti dico, caro? Ormai non mi importa più, anzi, ti dirò, sono veramente stufa di tutta questa storia! Non ho potuto fare nulla per anni, non quello che davvero desideravo..tutto a causa sua..anche tu dovresti essere della mia stessa opinione...in fondo quella non è realmente nostra figlia, l'abbiamo cresciuta come se lo fosse e poi le cose si sono complicate..Abbiamo fatto in modo che almeno desse un senso alla nostra esistenza, all'esistenza dell'isola..ma lei non è come noi, non lo sarà mai”

Il signor Bright iniziò a tremare, poi si voltò di scatto verso di lei trovandosi quell'arma in faccia, era livido di rabbia.

“COME FAI A DIRE QUESTO DELLA NOSTRA BAMBINA?!” urlò e schiacciò con il piede una piastrella speciale sul pavimento. In realtà si era girato verso quella donna rischiando tutto proprio quel motivo.

L'arma di Black Rose schizzò in aria come se attratta da una gravità contraria e i suoi piedi vennero bloccati a terra, immobilizzati.

“Che cos'è?! Che hai fatto?!” sbraitò all'uomo esagitata.

“Questo è un corridoio d'emergenza, un corridoio totalmente bianco e tu ci sei entrata senza nemmeno accorgertene. Ora prenderò io il comando Rose, anche se è notte adesso.. Dirò che non sei disponibile e che siamo venuti a patti.. Quello che hai detto è deplorevole, vergognoso! Shade è la nostra bambina, la nostra piccola e indifesa...”

“SEI PAZZO!! QUELLA E' TUTTO TRANNE CHE INDIFESA!! Non per niente l'abbiamo chiusa nella camera ovale! E...” Rose si bloccò all'istante, un idea le fulminò nella testa. “Lui...lui è lì!! Non è vero?! Quel ragazzo è lì con lei e tu lo sapevi!! Dimmi che è vero!! Dimmelo, bastardo!!”

La donna oscura si dimenava senza però riuscire a sfuggire da quella morsa a terra e l'uomo nel frattempo si allontanò senza badare più alle parole della sua ex signora. Fece dieci passi e poi cliccò un altro pulsante nascosto nel muro. Il corridoio venne totalmente isolato, chiunque passasse ora da quelle parti si sarebbe trovato davanti ad un corridoio cieco.

Il signor Bright iniziò a camminare, non sapeva nemmeno lui da dove iniziare per risistemare tutto quel caos che si era creato.

“So dove li tieni, so dove sono i Mugiwara, Shade...sono nel nostro posto magico, dove giocavo con te...prima che quella malattia ti portasse via da noi.. So che ce l'hai con la mamma e con me per non esser stati capaci di andare daccordo.. Mi senti, bambina mia? Ora papà metterà le cose a posto, sta tranquilla..ti prego”

 

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Con le prime luci dell'alba si accesero lentamente anche le pareti del miscoscopico nascondiglio sotto la cinta infrangibile. Quel chiarore si diffuse discreto tra quelle pareti, era pari dapprima alla luce flebile di tanti ceri, poi si fece più decisa diventando, lentamente, fastidiosa.

Il primo dei quattro a svegliarsi fu Sanji, forse per i troppi pensieri o forse semplicemente perché era abbituato a svegliarsi presto per preparare la colazione alla ciurma.

Il ciuffo biondo gli copriva gli occhi, se lo scostò piano con una mano, ancora con fare assonnato e aprì gli occhi. Lei era lì, con il viso a una spanna da lui, con un espressione rilassata, dormiva ancora profondamente. Ancora una volta pensò che fosse la donna più bella al mondo, ovviamente quando non era infuriata..anche se a lui piaceva da morire anche quando sembrava un diavolo dell'inferno! Allargò un sorriso stupido e la fissò ancora un pochino prima di rimproverarsi e dirsi che era sbagliato.

Dopo si accorse di un buonissimo profumo nell'aria, si disse che non poteva essere lei, conosceva bene l'odore della sua pelle, quindi si alzò a sedere sul letto, facendo piano.

Guardò verso il tavolo argentato e rimase basito. I piatti della sera prima erano spariti e al loro posto, sopra lì, c'era ben altro. Riuscì a vedere che la tavola era apparecchiata per quattro con tazze da colazione, cucchiaini e forchettine. Poi c'era del caffè già pronto e fumante, del latte, del succo di frutta..delle crostate e del pane dolce, biscotti, marmellate e perfino...sakè! Il biondo, ancora intorpidito, si chiese perché mai dell'alcol per colazione, che era un idea assurda, e poi guardò a lato e finalmente se ne accorse.

La parete divisoria del rifugio era sparita.

  
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