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Autore: Favols    15/07/2009    10 recensioni
Un sentimento ingarbugliato e incomprensibile, pieno di domande e in nessun modo leggero e piacevole come in passato gli era capitato di provare. Era diverso.
Ferito, come un soldato al ritorno in patria, ma non stanco. E bruciava.
Continuava a bruciare. Sulla pelle, sulle mani. Si, le mani bruciavano.
Inuyasha non faceva altro che bruciare in quella stanza, stringendo quella ragazza che aveva messo alle strette, e che un'infinità di volte aveva ferito. L'aveva resa bambola in un gioco crudele, aveva riso di lei, l'aveva guardata e desiderata.
L'aveva avuta.
E ora, stava bruciando, vittima della sua stessa domanda.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Koga
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Burn.

Capitolo primo.

Spiegazioni.

 

 

Kagome scalciò per l’ennesima volta, colpendo il lato superiore del sedile che sbatté contro la nuca del mezzo demone, ormai abituato a quel trambusto. Si fece infatti una risata, senza più adirarsi, come aveva invece fatto una manciata di minuti antecedenti a quel momento.

-Cosa diavolo hai da ridere?! Io pretendo delle risposte!- Sbraitò la ragazzina, mentre le gote andavano in fiamme. Ogni centimetro del suo corpo stava tremando per innumerevoli ragioni, ma principalmente per l’ovvia paura che stava provando. Il tentativo di nasconderla, n’era sicura, stava risultando parecchio sghembo. Inefficace in ogni modo.

Continuò nonostante tutto a non volersi rassegnare e con tutta la grinta che riuscì a trovare, colpì il volto sornione di Miroku, che per qualche attimo aveva perso concentrazione.

Immediatamente si pentì di quel gesto, temendo una reazione violenta di questo che però non si scatenò mai. Lei lo guardò confusa, domandandosi per quale ragione non stesse ancora subendo lo stesso trattamento.

Il giovane riacquistò quello spudorato e irritante comportamento.

-Io non picchio le donne, mocciosa. Nemmeno quando si comportano da tredicenni mestruate.- Le fece notare, aggrottando le sopracciglia.

Spossata da quella vana lotta, e abbattuta da quel testardo non prenderla sul serio, s'incupì, per poi ignorarlo.

Pochi istanti dopo la macchina inchiodò dinanzi ad un grande cancello, rovinato in vari punti dal tempo. Kagome ne osservò le onde sinuose, fantasie di metallo che diramandosi circondavano una splendida villa.

Come tutte le altre abitazioni del quartiere era in stile occidentale. Di un giallo spento, però totalmente uniforme. Doveva essere stata riverniciata di recente.

Le grandi finestre prive di tendaggi opprimenti davano una piccola anteprima dell’interno, ben illuminato. Ne rimase folgorata: era veramente una splendida casa, di quelle che non puoi far a meno di notare e che ti smuovono dentro una piccola invidia verso i proprietari.

Miroku interruppe la sua totale meraviglia, invitandola ad uscire dalla vettura in modo poco cortese. Provò ad ignorarlo, pretendendo almeno d’essere trattata con un minimo di garbo; dopotutto l’avevano trascinata lì senza curarsi minimamente delle sue lamentele -o meglio urla-, e stava cominciando a pensare di doversi affermare in qualche modo o quei due l’avrebbero sopraffatta completamente.

Il suo tentato valoroso comportamento non servì a nulla ed infatti il ragazzo le afferrò il polso e la trascinò fuori dall’auto, facendole anche incastrare il piede nella cintura di sicurezza. Non cadde per un pelo.

“Maledizione!” Pensò, dopo essere quasi precipitata contro l’asfalto. “Deficienti figli di papà”, inveì interiormente.

Il desiderio di ribellarsi in qualche modo continuò a crescere dentro di lei sbaragliando completamente la paura provata fino a quel momento. Si sentì traboccare di adrenalina, e l’idea fulminea di cacciare un urlo l’attraversò quando vide un’anziana signora trafficare nel giardino a fianco; ma proprio mentre stava per spalancare la bocca qualcosa la bloccò.

In fondo che cosa mai avrebbero potuto farle? L’avevano prelevata davanti a scuola, senza preoccuparsi minimamente di coprirsi il volto. Nonostante tutto, non parevano né dei maniaci né dei completi idioti. Inoltre, una pizzicante curiosità si stava facendo violentemente spazio nella sua fantasia.

Se avesse chiesto aiuto in quel momento, non avrebbe potuto sapere il perché di quell’assurda situazione.

Forse avrebbe dovuto resistere, almeno ancora un po’.

Si fece in tal senso più coraggio.

Fingendo rassegnazione si lasciò guidare in mezzo al giardino, ricco di alberi da frutta e meravigliosi roseti. Lo trovò esageratamente vistoso ma al contempo rassicurante. Tutti quei colori erano belli da guardare e il profumo di terreno ed erba la rilassò. Inoltre era tutto organizzato, tutto pareva ben potato e piccoli sentieri formati di grandi cocci rosso mattone si diramavano perfettamente in mezzo alla natura.

Ci vuole dedizione per prendersi cura di un giardino simile e chi è capace di spendere tanto tempo per qualcosa di simile non dev’essere poi così cattivo. A meno che non paghi qualcuno per farlo.

Kagome scosse la testa, scacciando uno dei pochi pensieri positivi a cui era riuscita ad aggrapparsi.

Percorsero quel paradiso di flora a passo svelto e in breve si trovarono davanti alla porta d’ingresso che il mezzo demone spalancò in un batter d’occhio.

“Che razza di persona non chiude a chiave in una città come Tokyo?!” pensò. “E se fosse perché nessuno avrebbe il coraggio di intrufolarsi a casa sua? Sarà un membro della yakuza?!”

L’ansia l’aggredì nuovamente.

E se si fosse sbagliata? Magari quei due stavano tramando di abusare di lei e poi corrompere gli studenti testimoni del suo rapimento. In fondo i soldi sembravano non mancagli. Immediatamente si diede della stupida: va bene avere potere, ma corrompere tutti quei ragazzi sarebbe stato alquanto surreale, troppo.

Però l’idea di un qualsiasi legame con la criminalità organizzata le parve ancora un’idea da prendere in considerazione anche se, a guardarli bene, non sembravano affatto appartenervi.

Erano entrambi trasandati, con indosso maglie di gruppi metal che ancora non aveva ascoltato e conosceva soltanto grazie all’omonima mascotte mostruosa degli Iron Maiden.

Inuyasha portava i capelli lunghi, sciolti in meravigliose ciocche argentee. Erano splendidi tanto che quasi frivolamente glieli invidiò. Rimase stupida riflettendo sul fatto che il suo istituto scolastico permettesse un’acconciatura simile. Era piuttosto disdicevole.

Sempre che questi frequentassero una scuola!

Miroku invece i capelli li portava medio lunghi, ma legati in un piccolo e buffo codino dietro alla testa. Quell’intenso corvino metteva in evidenza gli splendidi occhi blu, meno spaventosi di quelli gialli e demoniaci dell’altro.

Chinando il capo notò che portavano tutti e due gli anfibi, calzature che aveva sempre odiato e visto innumerevoli volte ai piedi di Koga, suo fratello. Li trovava brutti, grossi e scomodi, buoni solo ad attirare l’attenzione. Un po’ come gli anelli di dimensioni esagerate raffiguranti teschi, spade e rose. Sulle collane non ci si soffermò molto, intuendo che non avrebbe nemmeno decifrato che cosa potessero raffigurare.

Li stava giudicando senza remore. Ne aveva vista parecchia di gente come loro, amici fuori di testa di Koga, e non ne aveva un bel ricordo.

Quel ricordo mise in moto un meccanismo automatico che le riportò alla mente troppe immagini dolorose, che volle cancellare concedendosi di osservare l’arredamento perfetto.

La posizione di ogni oggetto sembrò essere stata decisa con molta attenzione perché non c’era nulla di sgradevole agli occhi in quelle stanze. L’arredamento era sui toni chiari, riprendendo -nonostante l’esterno- il classico tocco orientale giapponese.

Vi erano parecchi fiori, e si convinse sempre più che chi se n'occupava non lo faceva di certo per denaro.

La colpì maggiormente la mancanza di pesantezza. Solitamente le ville degli aristocratici esagerano in soprammobili o quadri, mentre quel salone nella sua ampiezza conservava una frescura molto accogliente.

Stranamente si sentì a casa. Una sensazione che le piacque, nonostante tutto.

Non ebbe il tempo di continuare le sue osservazioni che Inuyasha strinse con forza il suo polso, trascinandola con prepotenza al piano di sopra. Così velocemente attraversarono un’altra sala perfettamente arredata, quasi corsero su per le scale e dopo un paio di rampe, percorsero un lungo corridoio, totalmente bianco e leggermente claustrofobico. Svoltarono a destra e si fermarono davanti ad una porta. In quel momento Kagome non poteva immaginare cosa sarebbe diventata quella stanza per lei e in cosa si sarebbe trasformata all’interno di quelle mura solide.

Inuyasha aprì la porta, e una luce abbagliante li travolse.

Era il posto più luminoso dell’intera abitazione (almeno per quello che aveva visto sino a quel momento) e il motivo erano le enormi finestre che ricoprivano quasi per intero una delle quattro pareti.

Il profumo di muschio le si infranse addosso insieme all’aria che penetrava dai vetri aperti, avvolgendola, così intenso da darle alla testa. Quello stesso profumo l’aveva già sentito poco prima, nell’auto, proveniva dal mezzo demone.

L’occhio curioso ricadde su tutto ciò che le si presentò davanti. Era una stanza semivuota, il letto a due piazze collocato perfettamente al centro le sembrò bizzarro, dandole l’idea di audace ed elegante nonostante fosse sfatto. Un solo armadio poggiava contro il muro, e dallo specchio su una delle ante vide riflessa davanti una scrivania stracolma di scartoffie con poggiato un portatile bianco.

Avanzò in quello strano ambiente sospinta da un’immensa curiosità, e dopo un lieve capogiro per tanta confusione si mise a sedere sul letto.

-Credo di meritare una spiegazione.- Disse, fiduciosa in se stessa.

Lui non rispose subito; dapprima le accarezzò il viso con lo sguardo, poi con passo felpato si avviò alla catasta di fogli sul tavolo di legno e imprecando un po’ contro il proprio disordine, ne tirò fuori un rettangolo lucido e colorato che sventolò con soddisfazione.

Era una foto.

La raggiunse, s'inginocchiò davanti e le porse ciò che in quel momento considerava un tesoro. Con spudorata malignità attese la sua reazione, convinto in un'assicurata devastazione sentimentale.

Infatti Kagome perse un battito, riconoscendo i propri tratti somatici nel viso di suo fratello, pallido e spento. Qualcosa dentro di lei si mosse, e per qualche istante temette di poter vomitare. Non raffigurava nulla di così rivoltante, però la tensione la stava scombussolando. I sentimenti che s'impegnava tutti i giorni a soffocare fecero capolino fuori dai limiti che si era predisposta e le diedero alla testa.

-Koga…- Sussurrò. Tentò caparbiamente di trattenere le lacrime, ma fu del tutto vano e una le scivolò lenta lunga la guancia rovente.

In quell’immagine rubata al tempo trascorso lui se ne stava lì, seduto ad un tavolo da poker, con l’espressione afflitta che poteva avere solamente un perdente. Alle sue spalle, Inuyasha e Miroku a braccia conserte. Sembravano soddisfatti e ancora più sornioni del solito. Si sentì disgustata.

Inconsciamente, conosceva già la ragione di quel gesto. Ricordava ciò che Inuyasha aveva esclamato subito dopo averla rapita.

Lei era un premio, e stava realizzando anche in che partita di poker era rimasta coinvolta. Era un pensiero così rivoltante da sembrarle impossibile.

Come aveva potuto farle questo?

-Che significa?- Chiese, implorando qualsiasi entità custode di non darle la risposta che temeva.

Lui assunse un’espressione tanto seria da farla deglutire: in quell’espressione da cane bastardo era cambiato qualcosa.

Una traccia di rimorso?

No, sembrava piuttosto un momento agognato, e tensione scaturita da questo.

Lo vide inumidirsi le labbra e allungare una mano verso di lei, chiuse gli occhi d’istinto e il tocco deciso della sua mano la fece fremere. Le stava accarezzando il collo, con disinvoltura e delicatezza. Lo stava facendo nel modo giusto, su di lei che non era mai stata sfiorata da un uomo, come se l’avesse fatto altre mille volte.

-Lo sai anche tu, che significa.- Rispose, sadico. E quelle parole si dissociarono completamente da quel tocco gentile e perfetto.

Kagome allora aprì gli occhi velocemente, e lo sfidò:

-Voglio che tu me lo dica!- Insistette, alzando persino la voce.

Inuyasha osò ulteriormente, le scostò i capelli lunghi e corvini da una parte, e con le labbra baciò un piccolo centimetro della sua pelle. Era paralizzata, avrebbe voluto colpirlo in pieno volto, mettersi a strillare e scappare via, ma il suo corpo non voleva muoversi di un solo centimetro.

Così restò ad ascoltare ciò che quel maledetto aveva da dirle, così vicino, ancora più crudelmente.

-Koga ha deciso di giocarsi la sua dolce sorellina a poker, poco prima di schiattare.- Le sussurrò all’orecchio, per poi morderle il collo con eccitazione. L’afferrò per i fianchi, in modo da non farla fuggire.

Era calda, sensuale in quell’ingenuità che il mezzo demone non provava a violare da molto tempo.

Kagome si abbandonò a quella carnivora delusione e cessò di trattenere le lacrime, che in abbondanza presero a scivolare bagnando anche il viso di lui, ancora così vicino.

Avrebbe voluto non sentire altro. Perché le sue orecchie percepivano ancora suoni? Eppure dentro la sua testa era esplosa una bomba, non avrebbe dovuto essere sorda allora?

Non voleva sentire, no.

-Sai, solitamente non giocava a poker, ma quella notte era rimasto senza un soldo e l’astinenza si stava facendo sentire. Brutta bestia, la droga- Continuò Inuyasha, rafforzando la presa.

Non voleva sentire.

Finalmente il suo corpo tornò ad avere stimoli, carico di adrenalina. Con uno scatto provò a sfuggire dalle braccia del mezzo demone ma non ci riuscì. Inuyasha la sospinse indietro, e in pochi istanti fu subito sopra di lei, insediatosi fra le sue gambe e premendo il proprio corpo maschile sul suo, verginale e tremante.

Sorpresa ma non più impaurita, lo osservò da vicino. Era bello. Il suo viso era perfetto, anche se inchiostrato di velenosa cattiveria.

Non sapeva che il suo per lui, era ancora più attraente. Sulle sue labbra regnava l’ingenuità, uno scarlatto trattenuto in una sensuale morbidezza. Gli occhi grandi e umidi la rendevano indifesa, e per questo ancora più intrigante.

Kagome, malinconica e sensuale.

Inuyasha l’aveva vista qualche tempo prima che Koga morisse e senza ombra di dubbio l’aveva trovata deliziosa, ma il tempo l’aveva maturata splendidamente. I seni erano abbondanti, perfettamente gonfi e sodi. Ogni parte di quel corpo era diventata più rotonda. Le cosce semiscoperte dalla gonna alla marinara non erano eccessivamente magre, ma perfettamente tirate. Il viso era più adulto, ma lo stesso delicato e fanciullesco, perfettamente in linea con i suoi quindici anni.

Si avvicinò alle sue labbra di bambina cresciuta e meditò di profanarle. Quella situazione lo stava eccitando incredibilmente e a trattenerlo fu la sola consapevolezza che sarebbe stato stupro: lui non era né un criminale né un depravato. Sapeva inoltre che l’avrebbe avuta, e un po’ d’attesa non sarebbe guastata.

-Stai tremando. Hai paura?- Le domandò, respirando sul suo viso.

Kagome strillò.

Non era terrore.

Ma la rabbia si era accumulata, e quel contatto forzato la stava facendo impazzire. Si sentì soffocare.

Quel gesto consentì al mezzo demone di concedersi un piccolo assaggio, così la mise a tacere baciandola. Assaporò la sua bocca con foga, scostando i capelli da quel viso esasperato. L’accarezzò con delicatezza, percorrendo il collo e scendendo lungo i fianchi.

La baciò intensamente, non soltanto per metterla a tacere. L’eccitazione stava crescendo in lui sempre di più, e per un istante sentì di non potersi controllare più.

Lei paradossalmente non oppose resistenza, e per un breve attimo gli parve di sentirla socchiudere le labbra, ma nulla più.

Stava provando un immenso desiderio di accarezzarle le gambe e insinuarsi fra le sue cosce, ma non lo fece.

Si fermò, soddisfatto di ciò che aveva già avuto.

-Stai tranquilla, non voglio violentarti. Non sei abbastanza attraente- La rassicurò, mentendo. Si sollevò sulle braccia, dividendosi da lei.

Quando si alzò, Kagome provò un forte contrasto dentro di sé. Era incredibilmente sollevata e respirava come se non lo facesse da mesi, però provò subito un senso di inadeguatezza non sentendolo più sopra di lei, come una forte e vecchia nostalgia.

Le venne voglia di raggomitolarsi in posizione fetale, ma la ragione la spinse ad alzarsi di colpo.

Inuyasha le aveva aperto la porta e con un sorriso indecifrabile le indicò l’uscita.

-Quella è la porta, va' pure. Tanto sono convinto che tornerai!- Disse.

Lei non se lo fece ripetere due volte, lo sorpassò e con sdegno esclamò: -Vai al diavolo, deficiente!-

Poi scappò via senza guardarsi indietro, ripercorrendo le stanze della casa che la separavano dalla libertà come se lo avesse fatto da sempre, e varcò la soglia ignorando l’amico di lui placidamente seduto sul divano.

Miroku, vedendola fuggire a gran velocità, raggiunse il migliore amico.

-Già fatto?!- Domandò, interdetto.

Inuyasha sbottò.

-Mica stupro le ragazzine io, feh! Tranquillo però, ho fatto in modo di farla tornare. Vedrai, in meno di una settimana me la ritroverò a casa.-

L’altro fece spalline, quasi deluso. –Me ne torno di sotto a mangiarmi qualcosa!-

 

 

Kagome corse il più velocemente possibile, costringendo il proprio corpo ad uno stress insolito, ma non si fermò nemmeno quando le facevano male le ossa e il respiro corto stava cominciando a farle dolere anche il resto del corpo.

Il cuore batteva così forte che quasi non lo sentiva più.

Si sentiva confusa e delusa. Da suo fratello e anche un po’ dal mondo. Cosa stava succedendo alla sua realtà? Come poteva tutto quello esistere e confondersi alle cose normali?

Perché le persone per strada continuavano la loro vita mentre lei stava andando in pezzi?

Koga era morto, l’aveva abbandonato in una realtà simile e non solo, aveva fatto in modo di lasciarla senza difesa alcuna.

Cosa avrebbe potuto fare?

Non era sicura più di nulla, soprattutto perché quell’atroce delusione la provava anche verso se stessa. Cosa diavolo era accaduto poco prima?

Perversamente quel baciò aveva provocato anche delle sensazioni piacevoli. C’era qualcosa dentro di lei di sbagliato?

Le lacrime le rigarono il viso, annebbiandole la vista.

Corse fino al momento in cui trovò la prima fermata della metro, e leggendo il nome della stazione finalmente seppe dove si trovava.

Almeno quello.

Si fermò un momento e tossì. Sentì che le gambe non potevano più reggerla. Non aveva più fiato, la testa le girava.

Il suo corpo stava cedendo, o almeno avrebbe voluto farlo.

Scese le scale e si mise a sedere sulla banchina della stazione. Tremava ancora, non riusciva in alcun modo a calmarsi.

Dentro di lei continuò a spaccarsi la sua volontà, formando un cratere fra il desiderio di fuggire il più lontano possibile e quello di tornare indietro. Per quale ragione?

Per saperne ancora, per spaccare la faccia di Inuyasha.

O per farsi baciare ancora?

Scosse la testa. No, era stata solo l’adrenalina, lei lo disprezzava. Lo conosceva da poche ore e già lo odiava con ogni fibra del suo essere.

Il suo pensiero tornò violentemente a Koga. Lui l’aveva venduta.

Non era possibile, era una menzogna, quello che il mezzo demone aveva detto era solo una grandissima cazzata. Suo fratello l’amava, anche se nell’ultimo anno della sua vita aveva commesso degli errori.

Ne era convinta, era tutta una messa in scena.

Il treno arrivò, lo prese e in poco riuscì a raggiungere la scuola. Non aveva pensato che forse sarebbe stato meglio tornare a casa, farsi una doccia per riprendersi da quel trauma e dormire tutto il resto del giorno. Il suo senso del dovere l’aveva spinta a presenziare il suo primo giorno: anche se era in un ritardo atroce, qualcosa avrebbe inventato.

Arrivò in una ventina di minuti e, attraversato il cancello e il cortile anteriore, cercò la sua classe sui tabelloni chiedendo informazioni su dove potesse essere la sua aula.

Respirò profondamente, e spalancò la porta.

Una massa di adolescenti in piena tempesta ormonale la fissarono. Il professore la squadrò esterrefatto. Sul viso dai lineamenti duri lesse immediatamente che non avrebbe ottenuto il permesso di entrare e l’imbarazzo la fece arrossire.

Nell’esatto momento in cui fece per uscire, una voce femminile prese le sue difese.

-Professore mi scusi, io ero presente, come del resto quasi tutti in questa classe, e ho visto la signorina essere aggredita da Yamamoto-Kun, un ragazzo dell’ultimo anno. E beh, lei sa quanto problematico sia…-

L’uomo fece segno di smettere di parlare all’allieva, che ritornò nel proprio silenzio.

Kagome si sentì improvvisamente rincuorata, e sorrise alla sua salvatrice.

Il professore, a malincuore, le fece segno di entrare.

Lei s’inchinò dinanzi a tutti, scusandosi.

-Bene, vedremo di prendere provvedimenti per questa mancanza di rispetto. Ora presentati e vai a posto.-

Scoraggiata, pensò velocemente a cosa dire. Prima di aprir bocca però, notò che i suoi compagni di classe stavano ridendo.

-Il mio nome è Higurashi Kagome, mi sono appena trasferita a Tokyo dopo aver passato un anno e due mesi in campagna. Sono figlia unica e ho scelto questa scuola per il suo prestigio-

Detto ciò, si mise a sedere nell’unico posto libero, fortunatamente dietro alla ragazza che si era disturbata per aiutarla.

-Grazie.- Sussurrò, piena di una sincera gratitudine.

L’altra sorrise. –Sta tranquilla, io sono Rin, piacere ci conoscerti.- Si presentò.

-Piacere mio.- Le rispose, cercando di restituire la gentilezza ricevuta.

-Come mai Yamamoto-kun ti ha trascinata via?- Attaccò subito quella. Kagome si stranì nel notare che non si stava trattando affatto di curiosità. Ma era troppo esausta mentalmente per pensarci.

-Perché è un povero deficiente- Sbottò lei.

Ringraziamenti:

 

Bellatrix_Indomita: Ed eccoti accontentata , il primo capitolo ^^ . Sono felice che ti sia piaciuto il prologo , spero che il seguito non ti deluda. Continua a seguirmi. Tanti tanti ringraziamenti.

 

Nimako: Magari scrivessi bene , ma grazie tante per i complimenti =]

 

Chocola 92: Ed ecco qui il primo capitolo , spero che ti piaccia :D grazie tante per aver letto e recensito il prologo .

 

luca blight: Non so perché , ma ero sicura che ti sarebbe piaciuto. Devo ringraziare solo te se ho ricominciato a scrivere. Te e il tuo starmi così vicino <3

 

Un ringraziamento anche solo a chi mi legge xD

   
 
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