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Autore: ghostmaker    19/11/2018    5 recensioni
[Seconda classificata nell contest “c’era una volta… un gatto” indetto da Nuel2 sul forum di Efp]
C’era una volta in una casa di montagna un piccolo topo che viveva da solo nella sua piccola tana. Un giorno sentì bussare alla sua piccola porta e guardando dal piccolo spioncino scoprì che a fargli visita era stato un grosso gatto… Inizia così questa piccola favola nella quale i personaggi si ritroveranno a discutere sui pregi o i difetti dell’istinto animale rapportandolo però a l’istinto degli esseri umani che a volte si comportano proprio come “animali”.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ISTINTO





C’era una volta, in una casa di montagna, un piccolo topo che viveva da solo nella sua piccola tana. Un giorno sentì bussare alla sua piccola porta e guardando dal piccolo spioncino scoprì che a fargli visita era stato un grosso gatto, dai grossi baffi e dai grossi denti.
Il piccolo topo chiese: «Ciao grosso gatto, che cosa ti porta a casa mia?»
Il grosso gatto rispose: «Per caso passavo da queste parti e ho scoperto che qualcuno viveva in questa piccola tana così ho deciso di salutare chi vi abita dentro.»
Il piccolo topo non aveva mai conosciuto un gatto così, e pertanto, per educazione, aprì la piccola porta, ma appena lo fece il grosso gatto lo strinse con una zampa e lo portò fuori dalla sua piccola tana.
Il grosso gatto disse al piccolo topo: «Sai amico, non stavo mentendo, davvero sono passato per caso e davvero ho scoperto che qualcuno viveva in questa piccola tana. Ho sentito subito il tuo profumo e non ho resistito a prenderti perché il mio istinto mi dice di cacciare i topi.»

C’era una volta in una casa di montagna un enorme cane con delle enormi orecchie e degli enormi denti che viveva da solo nella sua enorme cuccia. Un giorno vide passare davanti casa un grosso gatto e incuriosito lo seguì fin dentro casa. Guardò in grosso gatto mentre bussava a una piccola porta di una piccola tana, fissò il grosso gatto mentre teneva nella zampa il piccolo topo, ma a quel punto strinse con la sua enorme zampa il collo del grosso gatto portandolo vicino a sé.
L’enorme cane disse al grosso gatto: «Sai amico, ero così tanto solo nella mia enorme cuccia che per curiosità ti ho seguito. Ho sentito il tuo profumo e non ho resistito a prenderti perché il mio istinto mi dice di cacciare i gatti.»

Il piccolo topo guardò i grossi occhi del gatto e vide in lui la paura poi guardò gli enormi occhi del cane e vide in lui la forza. Quello che però il piccolo topo ancora non capiva sentendo i loro discorsi era il significato della parola “istinto” così, con la sua vocina chiese: «Amici, per quale motivo il vostro istinto vi guida ad afferrare per il collo un altro essere vivente?»
Il grosso gatto drizzò i baffi e rispose con tono suadente: «Non so risponderti piccolo topo ma facendo in questo modo ho sempre “rubato” qualcosa da mangiare.»
L’enorme cane drizzò le orecchie e rispose con tono autoritario: «Non so risponderti piccolo topo ma facendo in questo modo ho sempre “rubato” qualcosa da mangiare.»
Il piccolo topo pensò alle loro risposte e con la sua vocina disse: «Nella mia piccola tana c’è da mangiare per tutti. Dei piccoli pezzi di formaggio per me, dei grossi bocconcini per te e degli enormi croccantini per te.»
A quelle parole l’enorme cane lasciò il collo del grosso gatto, e il grosso gatto lasciò il collo del piccolo topo che, di nuovo libero, tornò nella sua piccola tana.
Il piccolo topo, con grande fatica, portò fuori dalla piccola tana i grossi bocconcini che il grosso gatto mangiò avidamente, e poi il piccolo topo, con grande fatica, portò fuori gli enormi croccantini che il cane mangiò avidamente. Il piccolo topo poi tornò della piccola tana, chiuse la piccola porta, si sedette sulla piccola sedia e iniziò a mangiare lentamente il piccolo pezzo di formaggio che aveva sul piccolo tavolo quando qualcuno bussò alla piccola porta della piccola tana.
Il piccolo topo si alzò dalla piccola sedia, raggiunse la piccola porta e guardando dal piccolo spioncino scoprì che a bussare era ancora il grosso gatto.
Il piccolo topo chiese: «Ciao grosso gatto, che cosa ti porta di nuovo a casa mia?»
Il grosso gatto rispose: «Sai amico, i grossi bocconcini sono finiti e il mio istinto dice che devo cacciarti.»
Il piccolo topo sentì anche la voce dell’enorme cane mentre diceva: «Sai amico, gli enormi croccantini sono finiti e il mio istinto dice che devo cacciare il grosso gatto.»
Il piccolo topo rispose: «Sapete amici, mi avete insegnato cosa è davvero l’istinto e non è ciò che credete voi. L’istinto non serve per “rubare” qualcosa da mangiare ma serve per proteggersi da persone che farebbero di tutto pur di “rubare” le cose preziose che tu vorresti donare a dei veri amici che passano a trovarti.»
L’enorme cane rispose: «E adesso cosa farò senza mangiare?»
Il piccolo topo si sedette sulla piccola sedia, riprese tra le piccole zampe il piccolo pezzo di formaggio e disse: «Sai enorme cane, potresti fare come me; usare la bontà invece che l’istinto e in questo modo diventeresti davvero amico del grosso gatto e vi aiutereste l’uno con l’altro senza prendervi per il collo.»
Il grosso gatto disse: «Hai ragione piccolo topo e allora che ne dici di aprire la piccola porta così che anch’io possa mostrarti la bontà di cui parli?»
Il piccolo topo sorrise. «Sai grosso gatto, mi avete anche insegnato che a essere troppo buoni si finisce per diventare qualcosa che tutti possono mangiare. La bontà dagli altri non è qualcosa acquisita di diritto ma bisogna guadagnarsela ogni giorno e senza essere buoni nessuno ti aiuterà quando avrai bisogno di mangiare.»

C’era una volta in una casa di montagna un piccolo topo che viveva da solo nella sua piccola tana ma che ogni giorno accoglieva in casa sua altri piccoli topi e insieme mangiavano allegramente i tanti piccoli pezzi di formaggio.





N.d.A.
- Questa breve favola è un esperimento nato da un’ispirazione improvvisa e che quindi vi propongo senza nessun tipo di aspirazione particolare. Certamente spero che leggendola vi siate divertiti.
- L’uso ripetitivo delle parole “piccolo, grosso, enorme” è proprio voluto perché nelle sequenze acquisiscono quel tipico suono di cantilena che i nostri nonni davano alle favole che ci raccontavano da piccoli (o almeno ricordo così quelle storielle che mia nonna raccontava ogni notte cambiando spesso i dialoghi e le situazioni, ma che a me piacevano proprio per la loro “musicalità”)
- Ringrazio Nuel che mi ha dato l’opportunità di sistemare, a livello grammaticale, questa storia.
  
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