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Autore: Sognatrice_2000    22/11/2018    1 recensioni
AU-Tutti umani- Ispirato al libro dal titolo omonimo di Tabitha Suzuma-
Fuori, nel mondo, Klaus non si è mai sentito a suo agio.
Gli altri sono tutti estranei, alieni… l’unico con cui può essere se stesso è suo fratello Elijah.
Klaus ed Elijah hanno altri tre fratellini da accudire: Kol, Freya e Rebekah sono la loro ragione di vita e la loro maggiore preoccupazione, da quando il padre violento e alcolizzato è morto e la madre si è trovata un nuovo fidanzato e a casa non c’è mai.
Il tempo passa e solo una cosa ha senso: essere vicini, insieme, legati, forti contro tutto e contro tutti.
Per Elijah, Klaus è il migliore amico. Per Klaus, Elijah è l’unico confidente.
Finché la complicità li trascina in un vortice di sentimenti, verso l’irreparabile.
Qualcosa di meraviglioso e terribile allo stesso tempo, inaspettato ma in qualche modo anche così naturale.
Un sentimento che si rivelerà la loro salvezza e contemporaneamente la loro condanna.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Elijah, Esther, Klaus, Kol Mikaelson, Mikael, Rebekah Mikaelson
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Incest, Non-con
Capitoli:
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Klaus

 

 

 

Nelle ultime settimane c'è stato un cambiamento epocale. Improvvisamente, sembrano tutti più felici, più rilassati; Kol ha persino cominciato a comportarsi da persona civile.  

Nostra madre si è trasferita stabilmente a casa di David ormai, e non risponde neanche più al telefono, ma ormai la sua assenza è diventata una cosa talmente naturale che ci abbiamo fatto l’abitudine, e nessuno di noi sembra soffrire particolarmente la sua mancanza.

Lei ci dà soldi a sufficienza per comprare delle divise nuove e pagare alcune bollette scadute, e in cambio noi ce ne stiamo buoni e tranquilli senza interferire nella sua storia con David e nella nuova vita che si è costruita senza di noi, che peraltro sembra piacerle un sacco.

Lei passa di tanto in tanto a "dare una controllata", ma è raro che si fermi più di una notte o due, consegnandoci a malincuore i soldi che dobbiamo farci bastare per tutta la settimana o sfoderando risentita il libretto degli assegni per pagare le bollette che io le sventolo davanti. 

Gran parte della sua rabbia è dovuta al fatto che io ed Elijah non siamo disposti ad abbandonare la scuola per metterci a lavorare, ma c'è anche dell'altro. 

Lei deve ancora sostenere economicamente una famiglia di cui non fa più parte, una famiglia che ha scelto di abbandonare. 

Ma al di là dei risvolti economici, nessuno si aspetta più niente da lei, perciò nessuno di noi è deluso. Freya, e in particolare Rebekah, hanno smesso di precipitarsi a salutarla, di implorare per qualche minuto della sua attenzione. 

Elijah si è messo a cercare un lavoro per dopo gli esami. 

Una volta iniziata l'università, continua a ripetere, potrà lavorare part-time, così non saremo più costretti a elemosinare i soldi dalla mamma. 

Come famiglia, siamo ormai affiatati, molto più di quanto non lo siamo mai stati in passato.

Nel frattempo, arriva il giorno del diciottesimo compleanno di Elijah.

Io e Rebekah passiamo tutto il pomeriggio a preparare una torta al cioccolato guardando un video su YouTube, e anche se il risultato è un dolce tutto sbilenco Elijah sembra soddisfatto e ne mangia addirittura tre porzioni, mentre ascolta sorridendo i buffi aneddoti degli eroici sforzi di Rebekah per preparare la torta.

L’espressione di Elijah quando apre il suo regalo è assolutamente impagabile.

“È orribile.” Asserisce senza mezzi termini, sventolandoci davanti la cravatta azzurra decorata con tanti piccoli pinguini bianchi.

Scoppiamo tutti a ridere, incluso Kol. 

“Lo so, abbiamo girato cinque negozi per trovare la peggiore. E si intona perfettamente con questo.” Ridacchio sotto i baffi, consegnandogli un pacco regalo con dentro un maglione verde con una renna gigante stampata al centro.

“Potrai indossarli il prossimo Natale.” Suggerisce Freya con un sorriso innocente.

Elijah scuote la testa divertito, poi aggrotta le sopracciglia in una finta espressione minacciosa. “E così eravate tutti d’accordo. Bene, adesso la mia vendetta sarà terribile!”

Si alza dalla sedia e si mette a rincorrere Freya e Rebekah, che scappano in tutte le direzioni con finti gridolini terrorizzati, mentre Kol approfitta del trambusto per sgraffignare di nascosto un altro pezzo di torta.

Alla fine Elijah riesce ad afferrarle entrambe, e infligge loro una lunga tortura a base di solletico.

Nel tentativo di placare le grida di Rebekah mi metto in mezzo per separarli, e alla fine crolliamo tutti e quattro sul pavimento, ridendo fino ad avere il mal di pancia.

Poi Rebekah ha un’idea bizzarra: vuole che ognuno di noi scriva un desiderio segreto su un foglietto di carta senza farlo leggere a nessuno, e poi bruciarli tutti insieme in un piccolo falò dietro casa.

Gliel’ha raccontato una bambina della sua scuola, dice, era un’antica usanza degli uomini fin dai tempi della preistoria dare alle fiamme i loro desideri, perché credevano che portasse fortuna, come se in questo modo potessero avverarsi più facilmente.

Nonostante le proteste accese di Kol e il mio aperto scetticismo, per farla contenta Elijah acconsente, e così siamo costretti ad accendere un piccolo falò sul retro della nostra casa con alcuni rametti secchi trovati sul marciapiede. 

Ognuno di noi scrive il suo desiderio su un pezzo di carta, lo piega e lo getta nel fuoco. 

Le prime a farlo sono Freya e Rebekah, poi anche Kol si unisce a loro sbuffando.

Elijah sembra particolarmente assorto, come se stesse riflettendo profondamente. 

Lancia uno sguardo ai nostri fratelli, poi guarda me e uno strano sorriso agrodolce spunta sul suo viso.

Scrive velocemente qualcosa sul biglietto e lo getta insieme agli altri, restando a guardare i bordi annerirsi e piegarsi su se stessi.

Io non ho bisogno di pensarci.

Guardo Elijah, e vedo i suoi occhi pieni d’affetto che mi guardano come se fossi la cosa più meravigliosa del mondo, le sue mani che afferrano saldamente le mie e non hanno intenzione di lasciarmi andare, il suo sorriso pieno d’amore che scaccia tutti miei dubbi e le mie insicurezze, le sue braccia intorno a me che mi fanno sentire al sicuro da tutte le cose brutte del mondo, come se nel suo abbraccio il dolore e la paura non potessero mai raggiungermi, le sue carezze che mi fanno vibrare il corpo e l’anima.

 

Elijah, Elijah, Elijah… accanto a me, fino alla fine dei miei giorni.

 

 

L’inchiostro è macchiato in alcuni punti, e per un momento credo che abbia cominciato a piovere, ma sono le mie lacrime quelle che stanno macchiando la carta e rendono sfocate le parole.

Le scaccio velocemente con il dorso della mano prima che qualcuno possa accorgersene, e lancio il biglietto nel falò insieme a tutti gli altri.

Rebekah insiste per fare una foto tutti insieme, così Elijah rientra in casa per recuperare la macchina fotografica.

Ci avviciniamo tutti il più possibile per rientrare nello scatto, io prendo in braccio Rebekah, Freya si mette in punta di piedi ed Elijah afferra Kol per il braccio per impedirgli di svignarsela all’ultimo momento.

Il flash della macchina fotografia cattura questo momento per sempre.

Non so se ci saranno altri momenti così in futuro, ma questa foto ci ricorderà per sempre che è esistito un tempo in cui, malgrado tutte le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare, eravamo una vera famiglia. Unita. Felice.

 

 

 

 

**

I mesi trascorrono velocemente, il semestre è quasi a metà e il clima rigido dell’inverno ha lasciato spazio al dolce calore della primavera.

Adesso che nostra madre non vive più qui, io ed Elijah abbiamo ancora più lavoro da fare, ancora più responsabilità e cose di cui occuparci.

Adesso siamo noi gli adulti della casa, ed è come se fossimo anche i genitori di Kol, Freya e Rebekah.

Insieme facciamo la spesa, cuciniamo, puliamo la casa da cima a fondo, stiliamo una nuova lista di regole di convivenza per incoraggiare i ragazzi a occuparsi di alcune faccende domestiche. 

Cosa ancora più importante, troviamo il tempo di condividere momenti insieme, come una vera famiglia, andando a giocare al parco o sedendo intorno al tavolo della cucina con un gioco di società. 

Adesso che io ed Elijah trascorriamo quasi ogni notte insieme e saltiamo le lezioni ogni volta che le cose si mettono male, il tempo per noi due non è più scarso come prima, così divertirsi in compagnia dei nostri fratelli diventa importante quanto prendersi cura di loro. 

Ma io vivo in funzione della notte. 

Accarezzare Elijah, sentire ogni parte di lui, farlo eccitare con il semplice tocco della mia mano, mi fa venire voglia di spingermi oltre, di essere suo completamente, non solo nell’anima ma anche nel corpo.

“Ti chiedi mai come sarebbe?” Gli chiedo una notte, stretto a lui, con la testa poggiata sul petto, le mani che tracciano percorsi invisibili sulla sua pelle. “Se potessimo…?"

“Non possiamo, Nik.” Ansima delicatamente, mentre gli passo le dita sulla gamba.

C'è un lungo silenzio. 

Mi sporgo per baciarlo, le sue ciglia mi solleticano la guancia.

“Voglio essere tuo. Completamente.” Sussurro contro le sue labbra, e lo sento fremere di dolore e desiderio.

“Non possiamo.” Ripete lui, ma riesco a sentire la sofferenza nella sua voce quando pronuncia quelle parole. 

Eppure, alcune sere rasentiamo davvero il limite. 

Io mi sento bruciare dentro dal desiderio e sento che Elijah è frustrato quanto me, anche se tenta di negarlo e di resistere con tutte le sue forze. 

Quando lui mi bacia con un'intensità che quasi mi fa male e il mio corpo si spinge contro il suo con una voglia incontenibile di spingersi oltre, comincio a chiedermi se dormire insieme ogni notte non sia un tormentarsi a vicenda e basta. 

Ma ogni volta che affrontiamo l'argomento, ci troviamo d'accordo sul fatto che preferiamo comunque stare insieme così, piuttosto che tornarcene nelle nostre rispettive stanze senza neanche più toccarci.

A scuola, quando io alzo gli occhi verso Elijah seduto in mensa a qualche tavolo di distanza da me, durante la pausa pranzo, e lui incrocia il mio sguardo, l'abisso che ci separa sembra enorme. 

Alziamo la mano con discrezione, in segno di saluto, e io faccio il conto alla rovescia delle ore che mancano prima di poterlo rivedere da solo, a casa. 

Sento un bisogno impellente di confidarmi con qualcuno riguardo a quello che sta succedendo, anche se sono perfettamente consapevole che non potrò mai raccontare niente di noi a nessuno.

Riprendo le mie conversazioni di Camille, le parlo di quanto mi senta cambiato in quest’ultimo periodo.

Più forte, più felice, privo di quelle paure e di quelle insicurezze che mi porto dietro fin dall’infanzia.

Finalmente sono riuscito ad andare avanti, a superare il dolore per il mio passato.

“C’è una persona.” Trovo il coraggio di confessarle una volta. “Una persona che ha creduto che meritassi di essere amato, una persona che ha completamente cambiato la mia vita. È grazie a lui se sono qui oggi a dire queste cose.”

Camille mi guarda con un sorriso premuroso, quasi materno. “Lui com’è?”

“Lui è…” Esito per un attimo, cercando di trovare le parole adatte a spiegarle quanto Elijah sia meraviglioso, quanto significhi per me, ma nessuna parola sembra abbastanza.

Un sorriso mi affiora spontaneamente sul viso. “Lui è il tipo di persona che ognuno spera di incontrare almeno una volta nella vita. Il tipo di persona che crede in te tanto quanto tu vorresti credere in te stesso.” Mi sforzo di mantenere ferma la mia voce. “Lui ha sempre creduto in me. Mi ha aiutato a rialzarmi ogni volta che sono caduto. Lui ha saputo amarmi nell’oscurità e nella luce più splendente. Gli unici momenti in cui sento di esistere davvero sono quelli passati con lui. La sensazione del mio sguardo su di me mi fa sentire… vivo. Come non ero mai stato prima.”

Vedo gli occhi di Camille farsi lucidi. 

“Sono davvero felice per te, Klaus. La maggior parte delle persone non trova un amore così in tutta la propria vita, e tu sei stato incredibilmente fortunato, devi essere grato per questo. Ma non puoi fare affidamento su qualcun altro per sentirti vivo, per essere felice. Devi fare affidamento solo su te stesso, unicamente sulle tue forze. È difficile, ma puoi farcela.”

“È proprio questo di cui ho paura. Se un giorno…” Deglutisco per scacciare il nodo che ho in gola. “Se un giorno non potessimo più stare insieme, non credo che riuscirei ad andare avanti senza di lui.”

Il solo pensiero mi causa una fitta di dolore così forte da impedirmi di respirare. 

Una vita senza Elijah… che razza di vita sarebbe? 

Che senso avrebbe esistere senza di lui?

“Credi che sia sbagliato amare in questo modo? Credi che esistano amori sbagliati?” Le parole mi escono della bocca senza riflettere, la voce pericolosamente incrinata.

Camille resta in silenzio per un po’ di tempo, spiazzata da quella domanda improvvisa, ma poi il suo volto si scioglie in un sorriso e scuote la testa. “Secondo me due persone che si amano davvero hanno il diritto di stare insieme, a prescindere da chi siano.” Mi guarda intensamente, seria, e per un folle momento penso che sia riuscita a capire che cosa intendevo dire veramente. No, è assurdo, è solo la mia paranoia, non può avermi letto nel pensiero. 

“Quindi non ci sono più tabù?” Insisto. “Cioè, secondo te, se c'è vero amore, non esiste nessuna tipologia di persone che non possa stare insieme?”

“Direi di no. Viviamo in un Paese dalla mentalità abbastanza aperta, per fortuna. Se nessuno obbliga l'altro con la forza, direi che ogni tipo di amore è lecito.”

Ogni tipo di amore. Camille non è stupida.  

Eppure l'unico amore che non sarà mai lecito non le è neanche venuto in mente. 

Un amore talmente disgustoso e proibito, da non essere neppure contemplato in una conversazione sugli amori impossibili. 

Nelle settimane successive, mi capita spesso di ripensare alla nostra conversazione. 

Anche se non intendo confidare a nessuno il mio segreto, non posso fare a meno di pensare a come reagirebbe Camille se lo scoprisse. 

È una tipa intelligente, di larghe vedute, ha un’indole un po’ ingenua e una visione romantica del mondo.

Ma pur dichiarando a parole che non esistono amori sbagliati, sono certo che resterebbe inorridita come chiunque altro se sapesse della mia relazione con Elijah. 

È tuo fratello! Già mi pare di sentirla. Klaus, sei malato, sei fuori di testa. Hai bisogno di aiuto. 

Ma la cosa strana è che una parte di me le dà ragione. 

Se immagino di avere una relazione simile con Kol, Freya e Rebekah mi viene addirittura il voltastomaco. 

Sono i miei fratelli e gli voglio davvero bene, persino a Kol, anche se non sono molto bravo a dimostrarglielo, ma l’idea di fare con loro le stesse cose che faccio con Elijah è assurda, inconcepibile. Non ci voglio neanche pensare.

Ma come far capire al mondo esterno che io ed Elijah siamo fratelli solo perché la natura ci ha giocato un brutto scherzo? 

Che non siamo mai stati fratelli in senso stretto, bensì una coppia costretta a occuparsi di una famiglia vera mentre ci aiutavamo a crescere a vicenda? 

Come spiegare che Elijah non è mai stato un fratello ma un qualcosa di molto, molto di più? La mia anima gemella, il mio migliore amico, una parte del mio stesso essere? 

Come spiegare che questa situazione, l'amore che proviamo l'uno per l'altro, tutto ciò che all'esterno può apparire malato, perverso e ripugnante, per noi è invece assolutamente spontaneo, bellissimo e... giusto, semplicemente giusto?

La sera, dopo i baci, le coccole e le carezze, restiamo sdraiati a parlare fino a notte fonda. 

Ci raccontiamo tutto: come vanno le cose con i nostri fratelli, buffi aneddoti di scuola, quello che proviamo l'uno per l’altro.

Questa sera siamo entrambi sdraiati sul mio letto, io con la testa sul suo petto e lui con un braccio intorno ai miei fianchi. 

Elijah continua a parlare ma io non riesco ad ascoltarlo.

Sollevo la testa per guardarlo, ipnotizzato dal movimento delle sue labbra, rapito dal suono della sua risata, catturato dal calore del suo sguardo.

Mi metto a giocherellare pensieroso con una ciocca dei suoi capelli tra le dita, e lui smette di parlare, guardandomi con espressione interrogativa. “Cosa c’è?”

“Sai, a volte mi domando…” Mi interrompo bruscamente, esaminando di colpo i suoi capelli con grande attenzione.

“A volte ti domandi…?" Elijah inclina la testa e mi bacia l'angolo della bocca.

“Cosa... cosa farei senza di te.” Finisco in un sussurro, con gli occhi che evitano di proposito il suo sguardo.

“Andresti a letto a un'ora decente e potresti anche girarti su un fianco senza cadere sul pavimento…"

La sua risposta mi strappa una piccola risata. “Oh sì, sarebbe tutto più semplice. Nostra madre avrebbe fatto meglio a non restare subito incinta dopo di te…”

La battuta rimane sospesa nell'imbarazzo e la risata viene risucchiata dal buio, mentre il fondo di verità dietro le mie parole prende improvvisamente forma.

Elijah resta in silenzio, limitandosi a stringermi più forte contro il suo corpo.

“Credi che se avessimo avuto dei genitori normali, o anche dei genitori e basta, ci saremmo innamorati lo stesso?”

Ancora silenzio. La luna gli illumina il viso per metà, dandogli per metà un alone bianco-argento e lasciando l'altra metà in ombra. 

Ha lo sguardo perso nel vuoto, il che significa che la sua mente è altrove o sta riflettendo a fondo sulla mia domanda indiscreta.

“Mi sono spesso chiesto…” Comincia sottovoce. Aspetto che prosegua. “Si dice che chi ha subito un abuso tende spesso ad abusare di altri. Perciò secondo la maggior parte degli psicologi, l'abbandono da parte di nostra madre, che può essere considerato una forma di abuso, va ricollegato direttamente al nostro comportamento "anormale", che ai loro occhi è esso stesso un abuso.”

“Un abuso?” Esclamo stupito. Non riesco a capire cosa stia cercando di dirmi. “Ma nel nostro caso non c’è niente del genere! In un abuso c'è sempre un carnefice e una vittima. Come si fa a essere entrambe le cose?”

Il riflesso della luna è sufficiente a farmi notare come l'espressione di Elijah passi da pensierosa a preoccupata.

“Nik, riflettici un attimo. Io sarei visto automaticamente come il carnefice e tu come la vittima.”

“Cioè?” Il cuore comincia a battermi più forte, la confusione si mescola alla paura.

“Io sono maggiorenne, mentre tu non hai ancora diciassette anni. Agli occhi della legge io sono l’adulto, mentre tu non hai ancora l’età legale del consenso."

“Ma è assurdo!” Esclamo quasi gridando, incapace di trattenere la mia rabbia di fronte al suo assurdo ragionamento. “Potrei benissimo essere stato io a obbligarti a stringere una relazione sessuale! Non con la violenza ma cercando… che ne so, di corromperti, ricattarti, minacciarti o altro! Vuoi dirmi che se io avessi abusato di te, la gente darebbe comunque per scontato che la vittima sia io, solo perché ho un anno meno di te?”

Elijah annuisce lentamente, con i capelli scuri e arruffati schiacciati sul cuscino. “Certo, a meno che non ci siano prove inconfutabili del contrario, un'ammissione di colpevolezza da parte tua, dei testimoni o roba simile.”

“Ma è assolutamente discriminatorio e ingiusto!”

“Sono d'accordo, ma la gente tende spesso a generalizzare e, anche se a volte capiterà di sicuro il contrario, è comunque una cosa rara. C'è poco da stupirsi se in situazioni simili i maschi maggiorenni vengano additati come i carnefici."

Mi rannicchio ancora di più nell’abbraccio di Elijah e rimango così a riflettere per un po'. 

Sembra tutto così assurdo, così sbagliato.  

“E se invece non ci fosse nessun carnefice?” Chiedo all'improvviso. “Se la cosa è al cento per cento consensuale, come nel nostro caso?”

Lui espira lentamente. “È comunque illegale. Si tratta comunque d'incesto. Ma non ci sono molte notizie al riguardo, perché pare che succeda molto, molto di rado…”

Smettiamo entrambi di parlare. 

Così a lungo che comincio a pensare che Elijah si sia addormentato. Ma quando giro la testa sul cuscino per controllare, vedo che ha gli occhi sbarrati, luminosi e intensi, lo sguardo fisso al soffitto.

“Elijah…” Mi giro di lato e gli passo le dita lungo il braccio nudo. “Quando hai detto che non ci sono molte notizie al riguardo, cosa intendevi dire? Come fai a saperlo?”

Steso accanto a me, il suo corpo sembra in tensione. Ha un attimo di esitazione, poi si gira a guardarmi. “Ho... ho fatto qualche ricerca su internet... Volevo... volevo solo…” Sospira prima di ritentare. “Volevo solo capire come potremmo fare.”

“Con cosa?”

“Con... con le leggi.”

“Per trovare il modo di cambiare il nostro cognome? E vivere insieme?”

Si rifiuta ancora di incrociare il mio sguardo, sembra sempre più agitato e a disagio.

“Che c’è?" Chiedo a voce alta, incapace di mascherare il panico che mi sta assalendo.

“Per capire cosa succederebbe se dovessero scoprirci mentre… mentre…” 

“Mentre siamo a letto insieme?” Termino la frase per lui, visto che lui sembra incapace di farlo.

Elijah sobbalza, colpito nel segno, e annuisce. “Sì.”

“Se dovesse scoprici…?”

“La polizia.”

Improvvisamente fatico a respirare, come se avessi la trachea occlusa. Mi metto a sedere di scatto.

“Ascolta, Nik, volevo solo controllare…” Elijah si tira su contro la testiera, sforzandosi di trovare le parole giuste per rassicurarmi, ma nessuna parola potrebbe essere d’aiuto in questo momento.

“Significa che non potremo mai…?” 

Lui non risponde, e io sento l’angoscia crescere ulteriormente.

“So che è ufficialmente illegale.” Replico disperato. “Ma anche gli spinelli sono illegali, superare il limite di velocità è illegale… E comunque, perché mai la polizia dovrebbe venire a saperlo e cosa vuoi che gliene freghi a loro... non facciamo del male a nessuno e neanche a noi stessi!” Mi manca il fiato ma sono deciso a far valere le mie idee. “E se anche dovessero scoprirci, cosa diavolo potrebbe fare la polizia? Farci una multa?” Faccio una risata amara. 

Perché Elijah mi sta trasmettendo queste paure? 

Perché parla del nostro rapporto in questi termini, come se stessimo commettendo il peggiore dei crimini?

Elijah mi guarda fisso. 

Se non fosse per l'espressione di terrore nei suoi occhi, sarebbe quasi buffo, con i capelli tutti ritti e gli occhi sbarrati.

Il suo viso è un misto di paura e disperazione. “Nik… se dovessero scoprirci, finiremmo entrambi in prigione.”

 

 

 

 

**

 

Elijah

 

 

 

Fortunatamente, ieri notte eravamo troppo esausti per continuare il discorso. 

Ma prima di essere sopraffatti dal sonno, Niklaus ha voluto conoscere altri dettagli: come il tipo di condanna che rischieremmo e se ci sono leggi differenti in altri Paesi. 

Io ho potuto riferirgli solo quel poco che sono riuscito a scoprire su internet. 

In effetti, esistono pochissimi dati sull'incesto consensuale, mentre ce ne sono una valanga sulla variante non consensuale, che per molti sembra essere l'unica esistente. Ho cercato di rintracciare qualche testimonianza online, ma ne ho trovate solo due di dominio pubblico, nessuna delle quali in Inghilterra ed entrambe tra fratelli che si sono rincontrati da adulti dopo essere stati separati alla nascita.

L'argomento riaffiora solo brevemente il giorno dopo, per poi essere accantonato del tutto. 

Malgrado la sua reazione iniziale, lo shock e l'indignazione di Nik sembrano essere stati placati dalle mie rassicurazioni circa il fatto che gli unici dati giuridici che ho trovato sono puramente ipotetici. 

Tecnicamente una coppia accusata di incesto può rischiare di finire in carcere, ma è difficile che accada nel caso di due adulti consenzienti. 

Io sono già maggiorenne e Nik lo sarà tra poco, perciò non ci resta troppo da aspettare. 

È raro che la polizia si metta a indagare su queste cose. 

E se anche qualcuno dovesse scoprirlo, perché dovrebbe cercare di farci arrestare o di trascinarci in tribunale? 

Per odio? O perché vuole vendicarsi di qualcosa? 

Come farebbero a raccogliere prove a sufficienza da esibire al processo? 

Dovrebbero coglierci in flagranza di reato, e anche in quel caso sarebbe comunque la loro parola contro la nostra.

Ciò che mi preoccupa di più riguardo al futuro è impedire che Kol, Freya e Rebekah vengano presi di mira se si dovesse spargere la voce che io e Niklaus viviamo insieme e non usciamo mai con nessun altro ragazzo o ragazza. 

Ma a quel punto avranno già la loro vita, io e Nik probabilmente ci saremo già trasferiti altrove e, se necessario, avremo anche cambiato nome. 

Basterà cambiare i nostri nomi e potremo vivere liberamente e alla luce del sole come qualunque altra coppia non sposata. 

Niente più nascondigli, niente più porte chiuse a chiave. Libertà. E il diritto di amarci senza essere osteggiati.

Per il momento, però, dobbiamo altro a cui pensare.

Lo studio occupa la maggior parte del nostro tempo in questo momento.

Restiamo a bocca aperta quando un giorno, tutto a un tratto, Kol si offre di portare Freya e Rebekah al cinema per darci la possibilità di ripassare. 

Un'altra volta le porta al parco per farle giocare all’aperto.

In pratica, dal giorno della partita a guardie e ladri giù in strada, ha smesso di punzecchiare Nik, di sbattere le porte per casa, di cercare di attaccare briga con tutti e di minare costantemente la mia autorità. 

Non che sia diventato un angioletto, ma pare che non si senta più minacciato dal mio ruolo e da quello di Niklaus all'interno della famiglia. 

È quasi come se avesse accettato me e Nik come genitori surrogati. 

Non ho la minima idea di come sia successo. 

Forse a scuola frequenta ragazzi più posati. 

Forse sta semplicemente crescendo. 

Ma qualunque sia la ragione, inizio quasi a pensare che Kol abbia finalmente iniziato a maturare. 

 

 

Una sera si precipita giù a cena sventolando trionfante un foglio di carta. “Io vado in gita appena finita la scuola!”

“Dove?” Strilla Rebekah entusiasta, come se dovesse partire anche lei. 

“Dai, sbrigati, devi firmare subito qua!” Kol mi agita il foglio di carta sul piatto infilandomi una penna in mano.

“Non sapevo che ci fosse la professoressa ad aspettare alla porta di casa!”

Kol fa una smorfia seccata. “Molto divertente. Firmalo e basta, okay?”

Scorro velocemente la lettera e resto di sasso davanti al prezzo, pensando subito a come fare per pagare: annullare l'assegno che ho appena spedito ieri per la bolletta del telefono, mangiare fagioli in scatola per le prossime due settimane, fingere con mamma che siamo rimasti senza acqua corrente e che dobbiamo chiamare un idraulico...

Falsifico la firma della mamma. 

Mi mette tristezza vedere Kol così entusiasta per questa gita: è solo una settimana di campeggio all'Isola di Wight, ma lui non è mai stato più in là della contea del Surrey.

“È all’estero!” Si vanta con Freya e Rebekah, accalcate curiose intorno a lui. “Dobbiamo prendere una barca per arrivarci! Andiamo su un'isola in mezzo al mare!”

Sto per ridimensionare l'idea di Kol di un'isola deserta punteggiata da palme, così da evitargli brutte sorprese, quando Niklaus incrocia il mio sguardo e scuote piano la testa. Ha ragione lui. Kol non resterà deluso. 

Anche se fredda e piovosa, la fangosa Isola di Wight gli sembrerà il Paradiso. Lontano mille miglia da casa. 

“Che farete laggiù?” Chiede Freya in tono neutro, anche se gli occhi le brillano di curiosità.

Kol si butta a sedere e si dondola all'indietro, leggendo dalla lettera appena firmata. “Canoa, equitazione, roccia, orienteering.” La voce gli sale di tono con crescente entusiasmo. 

“Equitazione!” Esclama Rebekah in tono sognante, il labbro inferiore inizia a tremarle. “Non è giusto, alla mia scuola non ci portano mai in gita!” Protesta in tono lamentoso, sul punto di scoppiare a piangere.

Kol la rassicura promettendole che le porterà un mucchio di souvenir e scatterà un sacco di foto da mostrarle all’arrivo, e lei si calma subito. 

Le scompiglia affettuosamente i capelli e sorride, affermando con convinzione che quando sarà un po’ più grande farà tantissime gite e potrà vedere un sacco di posti nuovi.

Non ricordo di aver mai visto Kol così felice.

L’unico problema, però, è che soffre di vertigini. 

Lui non l'ha mai ammesso, ma una volta, in piscina, me lo ricordo come fosse ieri, ha perso i sensi sul bordo del trampolino più alto ed è precipitato in acqua.

Solo l'anno scorso è caduto per le vertigini mentre tentava di seguire gli amici in cima a un muro. 

Non ha mai fatto roccia e, sapendo che preferirebbe morire piuttosto che restare a guardare i compagni, vado a parlare con l'insegnante incaricato di accompagnare i ragazzi, chiedendogli non di escluderlo ma di tenerlo d'occhio. Eppure, sono comunque preoccupato. 

Le cose vanno bene con Kol, anche troppo. 

Temo che la gita possa rivelarsi una delusione per lui e ancor più che possa farsi male, scavezzacollo com'è. 

Poi ripenso a quello che una volta mi disse Niklaus sul fatto di pensare sempre al peggio e mi sforzo di cancellare le preoccupazioni dalla mente. 

A metà semestre io e Nik siamo già esausti, ci trasciniamo a forza fino alle vacanze di Pasqua. 

Non riesco a credere che presto per me la scuola sarà un capitolo chiuso. 

Al di là di qualche lezione di ripasso dopo le vacanze, non mi restano che gli esami.  

E dopo, c'è la promessa di una nuova vita. 

Ma adesso devo concentrarmi sul presente.

Non appena Kol sarà partito per la gita, ci saranno subito le vacanze di Pasqua con gli ultimi ripassi da incastrare all'interno di due settimane in cui dovrò occuparmi giorno e notte di Freya e Rebekah. 

So già che io e Nik non avremo modo di stare davvero insieme. 

Dopo essere stati a scuola tutto il giorno, esserci occupati delle nostre sorelle per tutta la sera, aver sbrigato le faccende domestiche ed essere rimasti chini sui libri per ore, è raro che troviamo il tempo per scambiarci qualcosa di più di qualche bacio prima di crollare abbracciati. 

Mi mancano i momenti che condividevamo a fine giornata; mi manca di poterlo accarezzare, sentire le sue mani sulle mie, parlare fino ad addormentarsi. 

E mi fa arrabbiare davvero tanto il fatto che tutte quelle ore di potenziale felicità ci vengano sottratte solo perché la nostra relazione è considerata immorale e siamo quindi costretti a fare tutto di nascosto, con la paura costante di essere scoperti.

Sento la rabbia e la frustrazione logorarmi dall'interno, anche se cerco di non farle trapelare, anche se continuo a pensare al giorno in cui io e Niklaus saremo finalmente liberi di vivere insieme alla luce del sole, liberi di amarci come qualunque altra coppia.

Ormai sento un bisogno disperato anche delle piccole cose: poter andare a scuola mano nella mano, salutarlo con un bacio nel corridoio prima di entrare nelle rispettive classi, pranzare insieme, passare l'intervallo abbracciati su una panchina o a baciarci appassionatamente dietro qualche edificio, correrci incontro e abbracciarci quando ci vediamo davanti ai cancelli dopo l'ultima campanella. 

Tutte cose che le altre coppie a scuola danno per scontate.

A volte, ancora più che vederlo a scuola da lontano, è peggio vederlo a casa, averlo vicino, essere insieme ma separati, così vicini ma anche così lontani. 

Dovermi bloccare all'ultimo quando a cena vorrei prendergli la mano a tavola. 

Osservare il suo viso mentre legge una storia a Rebekah sul divano, morendo dalla voglia di accarezzargli i capelli, la guancia, la bocca. 

Anche se non vedo l'ora che inizino le vacanze per passare ogni minuto della giornata con lui, so che questa sottile ma invalicabile distanza tra noi sarà una vera tortura.

Ma poi, appena qualche giorno prima delle vacanze di Pasqua, succede qualcosa di assolutamente inaspettato. Nik riattacca il telefono una sera e torna a tavola annunciando che Keelin, la migliore amica di Freya, ha invitato lei e Rebekah a dormire a casa sua per il weekend. Un tempismo davvero perfetto: quello stesso giorno Kol partirà per l'Isola di Wight. 

Due interi giorni da trascorrere insieme. 

Due giorni di libertà... Furtivamente, Nik mi lancia un'occhiata di pura gioia ed io mi sento pieno di felicità come fossi un palloncino. 

Freya corre a richiamare Keelin per ringraziarla dell’invito e per aver incluso la sua sorellina; lei che è sempre così calma e misurata sprizza gioia da tutti i pori, trattenendo a malapena un largo sorriso che le nasce sul volto, mentre Rebekah saltella elettrizzata per la cucina. 

Io sono quasi tentato di unirmi a lei da tanto sono felice per quest’occasione inaspettata.

“Wow. Così sabato e domenica saremo fuori casa tutti e tre.” Commenta Kol pensieroso, guardando prima Nik e poi me. “Vi toccherà starvene qui da soli.”

Io annuisco e alzo le spalle, sforzandomi di rimanere indifferente e mascherare l'esplosione di gioia.

Non abbiamo occasione di festeggiare fino a quando Nik non finisce di mettere a letto Freya e Rebekah, ma poi scende subito da me, ritrovandomi in cucina ancora intento a lavare i piatti.

“Ce lo meritiamo proprio!” Mi sussurra semi-isterico, afferrandomi per le spalle e scuotendomi per l'entusiasmo. Voltandomi, rido nel vedere l'espressione sul suo viso, gli occhi che gli brillano per l'eccitazione. 

Lascio cadere la spugnetta e mi asciugo le mani su uno strofinaccio, mentre Niklaus mi mette le braccia intorno al collo e mi tira delicatamente a sé. 

Chiudendo gli occhi, lo bacio a lungo e con passione, abbandonandomi a quest’inaspettata felicità. 

Lui alza la mano per accarezzarmi la faccia, ma poi si stacca di colpo.

“Che c’è?” Domando sorpreso. “Sono tutti di sopra…"

“Ho sentito qualcosa.” Nik fissa la porta della cucina rimasta sbadatamente socchiusa.

Per un attimo ci guardiamo allarmati. 

Poi sentiamo il frastuono distante della musica di Kol e il rumore di Freya e Rebekah che chiacchierano nella stanza sopra di noi. Scoppiamo a ridere, sollevati.

“Santo cielo, siamo due corde di violino!” Esclama Nik a bassa voce.

“Sarà fantastico non doverlo essere per un po’. Anche solo per due giorni. Due giorni di libertà.” Sussurro con un sorriso, stringendolo a me.

Man mano che si avvicina il giorno, mi ritrovo a fare il conto alla rovescia delle ore.  

Kol uscirà alla solita ora, poi dobbiamo portare Freya e Rebekah a casa di Keelin poco dopo. 

Per le dieci di sabato mattina, potremo abbandonare la nostra inutile etichetta di fratelli ed essere liberi, finalmente liberi dalle catene che ci obbligano a restare separati.

Venerdì sera Kol è pronto a partire, con i borsoni già allineati con cura nell'ingresso. 

Siamo tutti su di giri e mi accorgo che ci siamo dimenticati di fare la spesa settimanale e che la dispensa è completamente vuota. 

Con mio grande stupore, Kol si offre volontario per andare al minimarket giù all'angolo a prendere qualcosa da mangiare. 

Ma la mia sorpresa si trasforma ben presto in disappunto quando lo vedo tornare con una busta piena di patatine, biscotti, barrette di cioccolato, dolci e gelato. 

Nik la prende sul ridere. “Già che siamo in vacanza, tanto vale festeggiare!”

Riluttante, mi unisco anch'io alle celebrazioni e la serata si trasforma ben presto nella confusione più totale, con tutti noi che mangiamo per terra sulla moquette davanti al televisore. 

Gli zuccheri di Rebekah schizzano alle stelle, tanto che comincia a fare capriole sul divano, mentre Kol cerca di farla cadere mettendosi in mezzo. 

Anche Freya vuole unirsi a loro e sono sicuro che qualcuno finirà per rompersi l'osso del collo, ma ridono così di gusto alle mosse di karatè di Kol che evito di intervenire per calmarli. 

Poi Kol ha la brillante idea di portare giù dalla soffitta le casse dello stereo e di allestire un karaoke improvvisato. 

Ci ammassiamo tutti insieme sul divano, sforzandoci di restare seri di fronte a Rebekah che interpreta Mamma Mia, confondendo tutte le parole ma cantando con tale foga che i vicini verranno sicuramente a bussarci alla porta. 

La versione di Kol di I Can Be non è niente male, tralasciando le parolacce del testo.

Per le dieci, Freya si è addormentata sul divano ancora vestita. 

Io la porto a letto, mentre Nik trascina in bagno Rebekah, ancora su di giri. Incrocio Kol in corridoio e mi fermo.

“Pronto per domani? Hai tutto quello che ti serve?”

“Sì, ovviamente!” Risponde soddisfatto, con gli occhi che gli brillano per l’entusiasmo.

“Kol, grazie per la serata.” Gli sorrido. “Sei... sei stato davvero bravo, sai.”

Per mi attimo sembra indeciso su come reagire al complimento. 

Ha l'aria imbarazzata, ma alla fine ricambia il sorriso, e non è il solito sorrisetto strafottente che fa per sembrare più grande, è un sorriso sincero, quasi fanciullesco. 

“Beh, attenzione. Gli showman si fanno pagare, di solito.”

Gli do uno spintone amichevole, e mentre lui scompare su per la scala con una gigantesca cassa per braccio, mi rendo conto che i cinque anni di differenza tra di noi non sembrano più un abisso come prima. 

  
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