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Autore: ArtemisiaBlack    22/11/2018    0 recensioni
Se vivi abbastanza a lungo puoi vedere gli stessi occhi in persone diverse.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E quando in Palazzo Vecchio, bello come un’agave di pietra,
salii i gradini consunti, attraversai le antiche stanze,
e uscì a ricevermi un operaio, capo della città, del vecchio fiume,
delle case tagliate come in pietra di luna, io non me ne sorpresi:
la maestà del popolo governava.
Pablo Neruda - La città
 

I giorni passano ed ogni mattina Giulio racconta un pezzetto della sua storia, intessuta con quella della bella città. L’ormai anziano uomo, fiero dipendente della soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato, mi diletta con racconti concernenti la sua gioventù mentre passeggiamo tra le vie senza tempo. Uno dei suoi primi ricordi risale al 1942 quando, bimbo issato sulle spalle del padre, ammirò per la prima volta la loggia dei lanzi. Quel signore gioviale sembra incredibilmente fragile mentre ripercorre gli eventi della sua infanzia. C’è tristezza e rammarico nella sua voce quando parla del padre, uomo immensamente amato e perso troppo presto: è morto partigiano poco prima dell’armistizio. Ma non prima di insegnargli ad amare l’arte sopra ogni cosa, aggiunge sorridendo bonariamente. La sua aria baldanzosa mi spinge a sorridere. Nonostante la passeggiata nei ricordi amari dei suoi primi anni, con mia sorpresa l’affabile signor Giulio ha dipinto sul volto un sorriso rilassato, genuino. Sono anni che nessuno dei nipoti lo ascolta più raccontare storie della sua vita, sembra rinvigorirsi sempre più con il passare del tempo. Il terzo giorno mi accompagna a Palazzo Vecchio, lui ne decanta le meraviglie ed io mi estraneo, distratta dai ricordi. L’incessante palpitìo nelle orecchie rende difficile ascoltare il discorso di Giulio, così mi limito a sporadici segni di approvazione. Presente e passato si intrecciano in un turbinio di immagini davanti ai miei occhi.  “Ti sto annoiando?” mi accorgo che mi pone la domanda con uno sguardo comprensivo ma un poco triste. Immagino tema di essere lasciato solo nuovamente, ignorato e dimenticato. “No no, si figuri. Apprezzo che lei condivida con me le storie della sua vita. Per un attimo mi sono persa nella memoria della prima volta che visitai il palazzo.” Lui sorride e sembra credermi. “La prima volta non si scorda mai, questo luogo è intriso di storia e la trasmette carica di emozioni. Per esempio questo scrittoio, all’apparenza alquanto comune, è stato testimone di eventi straordinari” dice mentre passiamo la sala dei Cinquecento. Giulio gioisce nel vedere il mio rinnovato interesse e procede a descrivermi le figure che nei secoli hanno fatto uso della mobilia. Entriamo poi nello studiolo di Francesco I. Il mio erudito chaperon sembra andare particolarmente fiero del lavoro di restauro operato dal Vasari e del Borghini, e ne decanta le opere. Mentre mi mostra i due passaggi segreti che conducono fuori dallo studiolo la mia mente torna ad un altro momento; la stanza muta sotto il mio sguardo. Appare in tutta l sua passata gloria. Tappeti ricoprono il pavimento di fredda pietra, scaffalature ricolme di libri riempiono la sala, oggetti d'arte adornano ogni angolo come se chi li ha posizionati soffrisse di horror vacui. Al centro una grande scrivania in legno massiccio, finemente intarsiata e ben preservata nonostante l'incessante utilizzo. Dietro la scrivania un ragazzo ventenne ha appena ereditato il peso del mondo sulle spalle, eppure sorride tendendo la mano ad un uomo dall’espressione arcigna. Accanto a quest’ultimo si erige un giovane dai lineamenti marcati intento a leggere attentamente una lettera. Nel ricordo il giovane voltandosi alza lo sguardo dalla missiva, nella realtà Giulio mi riscuote chiamandomi in tono eccitato. Sprizzando felicità, il viso illumianto dal più ampi dei sorrisi, mi trascina letteralmene nella sala adiacente: “Oh cielo! Vieni presto, devi assolutamente conoscere Flavia. La mia amica è l’angelo salvatore che si occupa del restauro della magnifica Sala degli Elementi”. Passiamo la giornata a vagabondare tra le sale del palazzo e per la prima volta in un lungo, lunghissimo tempo, mi sento a casa.
Al quinto giorno ci ritroviamo nuovamente a passeggiare ammirando la loggia, facendo slalom tra le orde di turisti armati di fotocamera e outfit opinabili. Giulio confessa che la vocazione della vita gli fu chiara quando visitò la galleria degli Uffizi per la prima volta. Ripercorre decenni di dolceamari ricordi passati a lavorare tra le sale del museo ed il suo animo artistico lo infervora particolarmente quando descrive concitato gli eventi del 4 Novembre 1966. Quel venerdì è rimasto impresso a fuoco nella sua memoria, e in quella di molti altri Toscani. Mentre visitiamo gli Uffizi mi racconta degli immensi sforzi fatti per restaurare alcune delle opere danneggiate dall’acqua e dal fango. Si fa genuinamnte triste nel ricordare quelle che non sono riusciti a salvare. Il suo entusiasmo per le cose belle della vita mi ricorda tanto un altro uomo in la con gli anni, il quale soleva racontare l’infinita meraviglia che l’arte suscitava nel suo cuore. Si chiamava Lorenzo. Lorenzo de Medici.

 

 

  
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