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Autore: reggina    22/11/2018    4 recensioni
Una malattia che ha cambiato la vita di Philip.
Adesso è un sopravvissuto: una garanzia che, anche se gli è scampato, la leucemia non se la scorderà più.
Prima di ricevere la medaglia di guarito però dovrà capire che Superman non esiste. Mentre cerca di ricostruirsi dovrà accettare le sue fragilità, le sue insicurezze, il suo essere..."umano".
Sequel de: "Sulla collina rosa"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Yoshiko Fujisawa/Jenny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quella prima domenica di febbraio, dopo che la neve era caduta abbondante per tutta la notte, il silenzio era ancora ovattato e il paesaggio fiabesco mozzava il fiato sotto il riverbero del sole.

Faceva molto freddo e spirava un vento teso da nord ma Philip non aveva voluto perdersi, dopo due anni di rinuncia forzata, il tradizionale Yuki Matsuri.

I cappotti colorati, sgargianti, di Jenny e Grace spiccavano sulla massa bianca tra trombe di cristallo e draghi surgelati, castelli incantati e Veneri trasparenti.

Passeggiare per lo Tsudome Site , l’area alle porte di Sapporo che ospitava il Festival, era stato come entrare in un mondo incantato.

“In fondo, in questo periodo dell’anno, mi accorgo di desiderare l’inverno!”

Aveva esordito Jenny, arricciando il naso arrossato dal freddo e stringendosi saldamente al braccio imbottito del fidanzato affinché i suoi passi sulla strada scivolosa fossero più fermi.

Philip aveva sorriso. Non solo perché il pompon bianco sul cappello della ragazza si agitava, ad ogni movimento, come la coda di un coniglio ma soprattutto per quelle parole che sapevano di lana umida e profumo al muschio bianco.

Nei lunghi giorni passati in una camera sterile anche lui lo aveva davvero desiderato quel freddo pungente che trapassa le giacche e aveva provato una nostalgia assurda per il semplice gesto di allacciarsi tutti i bottoni e alzarsi il bavero intorno al collo.

Quando, finalmente, non era più dovuto stare eccessivamente attento a raffreddori ed infezioni aveva avuto soltanto voglia di alzarsi la mattina e scoprire lo schiaffo del vento gelido che trascinava via, in mulinelli folli, le foglie rattrappite ancora ostinatamente attaccate ai rami.

“Ho proprio voglia quest’anno di respirare l’aria che morde e bruciarmi i polmoni riempiendoli di gelo!”

I suoi propositi erano stati un eco a quelli di Jenny.

“Soltanto voi due potete amare così tanto l’inverno, Jack Frost ed Elsa Frozen !”

Li aveva presi in giro Tom che prima aveva soffiato sulle mani e poi strofinato sulla parte superiore delle braccia, entrambi gesti futili dato che era ben coperto dal cappotto pesante e dai guanti di pelle nera.

Lo aveva fatto con un’enfasi melodrammatica tale che sembrava stesse recitando a teatro e gli altri tre si erano divertiti a quella messinscena.

“Ad Iwata conoscete soltanto la pioggia! E poi si sa che la neve dell’Hokkaido è diversa da quella di qualsiasi altra parte del Giappone: più compatta, meno frivola. Stende un velo di bellezza su tutto!”

Anche Grace, fedele alle sue origini, aveva perorato con enfasi la causa degli amici con il fiato che si addensava in nuvolette sottili.

L’amore con il talentuoso Becker era ormai sbocciato, giorno dopo giorno senza né leggi e né orari, fatto di messaggini ad orari improbabili e talvolta anche di gelosie incontrollabili.

Tom aveva sempre avuto un carattere difficile: molto indipendente ed introverso, tendente al silenzio e all’introspezione. Un orso.

Grace, invece, era molto ciarliera , solare e divertente.

Quanto ridevano insieme! Di cuore, fino alle lacrime.

“Bene, cari eroi del ghiaccio vi lasciamo a godervi qualche minuto da soli quest’arte sottozero!”

La bocca di Grace non sorrideva soltanto con i muscoli e nei suoi gesti c’era una spontaneità tale che mentre Philip aveva cercato di protestare mentre l’amica le sfilava Jenny dal braccio, Tom non aveva smesso di mangiarsela con gli occhi mentre si allontanavano verso uno dei locali caratteristici.

D'altronde neve e cioccolata calda erano da sempre un binomio perfetto!


Grace ne era convintissima davanti alla tazza fumante, guarnita da ciuffetti di panna.

“Il cioccolato è sempre la risposta! Che ce ne importa di qual è la domanda!”

Aveva infatti affermato, con tono troppo spavaldo perché Jenny non capisse che in realtà quello dell’amica era stato soltanto un pretesto per ritagliarsi un momento di confidenze solo tra loro.

“Allora quel è la domanda?”

L’aveva spiazzata continuando a rimestare il cucchiaino nella sua bevanda calda.

“È una domanda banale, forse un po’ scontata. Come hai capito che con Philip sarebbe stato per sempre?”

Jenny aveva fatto scorrere sul dito quel cerchietto in oro bianco con il simbolo dell’infinito e se lo era rigirato sull’anulare un paio di volte prima di coprirlo con l’altra mano come a volerlo proteggere.

“Sono sempre stata sicura. Lo ero il giorno del nostro primo appuntamento, lo ero quando mi ha chiesto di sposarlo e quando abbiamo scoperto la malattia…”

“Ti invidio questa testardaggine, sai? Con Tom sto benissimo ma vorrei essere sicura come l’oro anch’io!”

La bella Fujisawa aveva allungato una mano lungo il tavolo a cercare la mano dell’insicura Grace e ricambiare, in qualche modo, il sostegno che lei le aveva dato in quegli ultimi anni.

“La perfezione non esiste, nemmeno in amore! Alla fine ti accorgerai che i dettagli sono la cosa più importante: le telefonate alle tre del mattino, i sorrisi spontanei, le foto orrende che ti fanno morire dal ridere, le poesie di dieci parole che ti strappano una lacrima. Un fiore che lui ti appoggia tra i capelli, un caffè…Sono queste le cose che meritano davvero. Le piccole cose che provocano emozioni gigantesche!”

A quei ricordi si era commossa e si era data della stupida per mostrarsi ancora così vulnerabile.

“Tu sei sensibile, non fragile. Hai combattuto come una guerriera, con tutta te stessa. Hai pianto così tanto che mi hai insegnato che la sofferenza manifestata fa meno male di quella celata!”

Grace era svoltata all’angolo del tavolo e aveva abbracciato Jenny forte, trascinando la fronte sulla sua spalla.

“Torniamo dai nostri Yeti, ora?”


Quelle del Yuki Matsuri non erano semplici sculture e chiamarle pupazzi di neve sarebbe stato offensivo. Quelle candide creazioni erano dei veri giganti di acqua gelata: palazzi, templi, dinosauri, castelli e statue moderne…Dietro ognuna di quelle opere c’era il duro lavoro di artisti, ingegneri e tecnici superspecializzati che armati di pale, seghe a motore, scavatrici e ponteggi avevano lavorato giorno e notte per plasmare la neve nelle forme più disparate.

Intanto qualche fiocco di neve sparso aveva ripreso a volteggiare per l’aria.

“Wilson Bentley amava fotografare i fiocchi di neve. Li chiamava piccoli miracoli di bellezza ! È passato alla storia proprio come l’uomo dei fiocchi di neve perché ne fotografò più di cinquemila!”

Seppur intirizzito, Tom non aveva rinunciato a sfoggiare la sua passione per l’arte nelle piccole cose.

Philip si era stretto nelle spalle e aveva sorriso ad un pensiero tutto suo che non aveva esitato a condividere.

“I fiocchi di neve, spostati a caso da un vento scostante, mi ricordano i pezzi di un puzzle schizofrenico. Anche le persone sono come pezzi di un puzzle!”

“Cioè?”

“Cerchiamo continuamente l’incastro perfetto!”

“A volte però si fanno scelte sbagliate e si ripongono i pezzi nella scatola. Altri pezzi cadono sul pavimento e crediamo di averli persi per sempre. Altri ancora sembrano impossibili da trovare!”

Tom era andato dietro quella metafora, parafrasando situazioni che aveva vissuto sulla propria pelle. L’amico aveva risposto con un gesto semplice, con una sfumatura di tenerezza che significava : “ certo, ovvio !”

“Ma, a volte, si becca quel tassello che si incastra alla perfezione, senza forzarlo. Semplicemente prende il suo posto. Ci sono persone che si calzano a pennello ed è subito chiaro quello che deve succedere!”

I ragazzi avevano continuato il loro tour tra castelli da pelle d’oca, scacchiere scivolose, caminetti che non scaldavano. Una carrellata di sculture meravigliose destinate poi a…scomparire.

Era stato questo pensiero a convincere Philip ad essere del tutto sincero sul come si sentisse in quel periodo di rinascita.

“Prima avevi ragione. Si, l’inverno è crudele! Un algido sortilegio, un non tempo . Eppure ne ho bisogno. Ho bisogno del freddo che taglia e toglie il fiato per desiderare la primavera!”

In quel momento qualcosa lo aveva colpito alla schiena.

Era una palla di neve informe ed era caduta a pezzi proprio mentre si voltava per vedere il sorriso sornione di Jenny.

“Vuole davvero gettare un guanto di sfida gelato al suo futuro marito signorina Fujisawa?”

L’aveva provocata chinandosi a terra per cercare di compattare un po’ di neve. Le guance di Jenny si erano arrossate, non soltanto per il freddo.

E mentre tutti e quattro si erano lanciati in quella battaglia come bambini pazzi, Philip aveva capito che il coraggio non è la mancanza di paura ma la consapevolezza che ci sia qualcosa di più forte della paura stessa.

   
 
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