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Autore: pattydcm    25/11/2018    2 recensioni
“Quelle quattro scatole accuratamente nascoste sotto un mobile fanno da tomba al cuore di un uomo brillante e geniale. John le rimette al loro posto pensando a quanto gli sarebbe piaciuto scoprire una scatola che contenesse le prove del suo amore per lui”. Scopre, invece, che Sherlock ha collaborato con un team di giornalisti investigativi madrileni. Questi rivelano a John la verità sul ‘suicidio’ di Sherlock e lo invitano ad unirsi a loro per salvare il consulente investigativo dal pericolo nel quale si è cacciato. Verranno a galla verità sul passato di Sherlock, sui piani di Moriarty e sul rapporto tra i fratelli Holmes. Questa avventura vedrà crescere e consolidarsi il rapporto tra il dottore e il consulente investigativo, intenzionati a percorrere insieme il cammino che li porterà fino alla verità, sempre.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Buongiorno e buona domenica!
Ragazzi, stiamo per vedere la fine. Nel capitolo di oggi ritroverete parecchi riferimenti a ‘Sherlock Holmes -  Gioco d’ombre’, sono sicura che chi di voi ha visto e amato quel film li riconoscerà.
Questi ultimi sono stati capitoli difficili. Non è facile entrare nella mente di un pazzo criminale in modo credibile. Spero di averlo fatto in modo convincente. Attendo vostri rimandi e spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento
Vi auguro una buona lettura
Alla prossima
Patty
 
Capitolo 33
 
Harry prende un profondo respiro e trattiene l’aria nei polmoni a lungo prima di espirare. Tiene le gambe accavallate, le mani incrociate in modo serrato ancorate al ginocchio e la schiena rigida scostata dalla spalliera della poltrona. Fissa un punto imprecisato davanti a sé, mentre il suo incarnato si fa sempre più pallido. È sincero nel suo stupore, cosa che gioca a suo favore e dimostra quanto, per prima cosa, lui sia all’oscuro dei fatti e, in secondo luogo, quanto Mycroft sia stato perfetto nell’interpretare il suo ruolo.
<< Sono terribili le notizie che mi porti, mia cara Anthea >> dice con un filo di voce guardandola appena. E’ evidente quanto lo impressionino i lividi che la ragazza ha sul viso, lasciati in vista apposta per rendere ancora più plausibile il suo racconto. << Io non avevo avuto sentore di nulla. Mycroft è sempre stato impeccabile, irreprensibile. Che le sue azioni fossero guidate da Moriarty in persona >>, sospira, << oddio, non avrei mai potuto immaginarlo >>.
Greg gli scocca un’occhiata e Grey annuisce rassicurandolo del fatto che stia dicendo loro al verità.
<< Non vi nascondo di quanto fossi a conoscenza del fatto che anche se parlano di pace le nazioni riunite al vertice stiano preparando gli eserciti e le armi >>.
<< Una bella facciata, quindi. Disgustoso! >> borbotta Mistica scuotendo il capo.
<< Sono a conoscenza anche di quanto siano in pericolo? >> domanda Greg. << Uno di loro certamente perderà la vita, oggi. Noi non sappiamo ancora chi sia e penso neppure loro. Oppure lei ha qualche altra idea? >>.
<< No, io non sapevo di questo attentato >> dice Harry deciso. << Le nazioni presenti al vertice hanno, sì, armato i loro eserciti, ma se si riterranno soddisfatte degli accordi che lì si prenderanno porranno fine ai loro intenti >>.
<< Ma davvero? >> ridacchia Anthea. << Più corretto sarebbe dire che li metteranno da parte fino alla prossima occasione, Harry >>.
<< Se scoprissero di essere in pericolo forse si troverebbero d’accordo sull’annullare questo vertice. Siamo ancora in tempo >> propone Mistica scoccando un’occhiata all’orologio che segna le tre di questa notte frenetica.
<< Non capite la delicatezza della situazione >> ribatte Harry nervoso. << Io potrei anche trasmettere queste informazioni e la relativa richiesta di annullare il vertice ai miei superiori, ma sono stati loro a invitare Mycroft a consigliarli sul processo di pace. Ha una posizione prominente. E’ uno dei nostri intellettuali di punta. È amico personale… >>.
<< … del primo ministro, sì, lo sappiamo tutti! >> sbotta Grey infastidito.
<< Quel che posso fare è far raddoppiare la sorveglianza >>.
<< Ah, raddoppiarla. È confortante! >> esclama sarcastica Anthea.
<< Miei cari signori e signore, io vi credo ma dove sono le prove? >>.
Anthea, Grey, Greg e Mistica si scambiano sguardi increduli, indecisi tra il ridere in modo isterico o l’andare su tutte le furie.
<< Moriarty è troppo bravo per lasciare delle prove >> ribatte Grey, cercando di mantenersi calmo. << Niente è lasciato al caso! >> precisa.
<< Ricorderà, signore, del gioco perverso che ha intrapreso con Sherlock ormai un anno fa’ >> gli fa notare Greg. << E’ esploso un intero palazzo e sono morte molte persone e tutto perché quell’anziana donna aveva osato dire poche cose sulla voce che le impartiva gli ordini. Se questo non bastasse, molto più di recente, persino qui, nel cuore del governo inglese, è riuscito a insinuarsi, vestendosi della corona e degli ori della nostra regina. Quell’uomo agisce con la precisione di un chirurgo >>.
<< Sono perfettamente a conoscenza delle capacità di Moriarty, detective Lestrade >> sospira suo malgrado Harry. << Avete detto che il giovane Holmes ha scoperto in cosa consiste il suo piano. Questa volta non sarà una bomba, spero >>.
<< No, non avrebbe senso >> dice Grey. << L’obiettivo di Moriarty non è eliminare tutti i potenti del mondo, ma solo quello la cui morte causa più risonanza >>.
<< Sarà un assassinio, quindi >>.
<< Sì, Harry. Ad opera di un tiratore scelto che agirà da distanza ravvicinata >> aggiunge Anthea.
<< Sherlock ha scoperto qualcosa circa chi sia il killer assoldato da Moriarty? >>.
<< Sappiamo che si chiama Renè e che il dottor Hoffmanstall, ucciso qualche mese fa’, ne ha cambiato i connotati trasformandolo in una esatta copia di uno degli ambasciatori degli ospiti del vertice >> lo informa Anthea.
<< Ha fatto trasformare un uomo… in un altro? >> domanda Harry esterrefatto.
<< Quale modo migliore per garantire la sua guerra mondiale, che trasformare l’omicida in uno degli ambasciatori >> risponde Anthea facendo spallucce.
<< Roba da fantascienza >> borbotta l’uomo, alquanto provato dalle informazioni che sta ricevendo. << Beh, almeno sappiamo chi cercare. Questo restringe le possibilità a uno su molti >>.
<< Renè sarà la prova decisiva contro Moriarty >> decreta Grey.
<< Se John e Valerio riusciranno a trovarlo e a fermarlo forse potremo impedire il crollo della civiltà occidentale >> aggiunge Greg.
<< Se vogliamo lasciarci andare a delle ipotesi su chi possa essere il bersaglio del killer >> dice Harry appoggiando i gomiti alle ginocchia. << Immagino che farebbero la differenza, data la situazione mondiale attuale, l’omicidio della cancelliera tedesca e del primo ministro francese >>.
<< John e Valerio terranno gli occhi ben aperti su tutti quanti >>.
<< Suvvia, Hernàndez, come potranno fare? Non hanno le capacità del giovane Holmes >>.
<< Sherlock potrà pure essere assente dal salone nel quale avrà luogo il vertice, ma i suoi metodi non lo saranno >>.
<< Non parlerà certo del dottor Watson? Non mi sembra equo >> dice abbozzando una risata.
<< E perché non lo dovrebbe? >> domanda Grey infastidito dal suo giudizio. << John conosce i metodi di Sherlock meglio di chiunque altro e con lui, poi, ci sarà il mio collega Valerio Rossi, che è il migliore nell’analisi delle microespressioni facciali. Sono due persone alle quali lo stesso Sherlock affiderebbe la vita e sono convinto che nessuna soluzione poteva, per lui, essere più congeniale di questa. John e Valerio troveranno il killer, su questo non ho dubbi >> ribadisce Grey, scoccando all’uomo uno sguardo che non lascia spazio a repliche >>.
Harry annuisce colpito dalla sicurezza del giornalista e dalle sue parole.
<< Non posso che fidarmi del vostro giudizio e del piano che avete già magistralmente architettato. E spero, altresì, che questo continui a dare gli ottimi risultati finora ottenuti. Ne va della pace e, come ha ben detto lei prima, mio caro Lestrade, del crollo della civiltà occidentale. Io non capisco, però, perché Moriarty voglia attaccare le nazioni per poi unirle? >>.
<< Per scatenare una terza guerra mondiale >> risponde Anthea, e, ancora una volta, il volto di quest’uomo perdere colore. << Lestrade è stato incaricato da Sherlock di portare avanti un’operazione delicata ai danni di Moriarty >> aggiunge e Harry volge lo sguardo curioso al detective. << Gli ha consegnato dei documenti in codice ai quali fanno capo azioni, obbligazioni, fondi di investimento esteri, capitali per miliardi di euro, sterline, dollari tutti intestati a prestanome dietro i quali si cela sempre lui. Ha acquistato le industrie belliche più importanti e molte altre legate all’indotto bellico. Ora che ha l’offerta non gli resta che creare la domanda >>.
<< E decuplicare il suo patrimonio >> conclude Harry esterrefatto. << A che punto siete con queste operazioni, Lestrade >> .
<< Io e il detective Dimmock ci stiamo lavorando incessantemente dal momento in cui sono venuto in possesso dei documenti. Siamo solo a metà del lungo elenco e il dover procedere con cautela per non essere scoperti ci rallenta non poco, ma noi non demordiamo >>.
<< Scusate, ma questa non è già una prova contro Moriarty? >> si intromette Mistica.
<< Lo sarebbe solo se accompagnata da altre più gravi >> risponde Harry. << Non basta un’accusa per truffa. Ciò che mi state dicendo è molto più grande e complesso e vi rammento che il nome di Moriarty per l’opinione pubblica è ancora frutto della folle mente di Sherlock >>.
<< Ancora per poco, ci stiamo lavorando >> lo rassicura Grey e Mistica annuisce insieme a lui. << A tal proposito, ci siamo rivolti a lei, disturbandola a quest’ora della notte, in quanto amico intimo di Mycroft e per questo, immagino, interessato alla sua sorte >>.
<< Indubbiamente interessato, certo >> si affretta a confermare Harry. Devono essere davvero importanti le informazioni che il Governo Inglese tiene al sicuro per lui. Più che la sana preoccupazione di un amico, infatti, sul suo volto sono presenti tutti i segni del timore di finire nei guai.
<< Non ne avevo dubbi >> non può fare a meno di sottolineare il giornalista. << Abbiamo bisogno di un posto sicuro dove proseguire con la stesura degli articoli attraverso i quali sto lavorando per portare alla luce l’esistenza di Moriarty e fare da voce fuori dal coro circa le possibili accuse che questi, o meglio qualcuno per lui, muoverà contro Mycroft. Inoltre, ci serve anche un posto sicuro nel quale stare, dal momento che tre di noi dovremmo essere morti e conservati nelle celle dell’obitorio del Bart’s >>.
<< Certamente. Consideratevi miei ospiti. Le porte di Buckingham palace saranno felici di aprirsi per voi e ritenetevi da questo momento protetti dalla corona. Devo ammettere, però, da quanto mi avete raccontato, che mi aspettavo mi chiedeste di aiutarvi ad introdurvi al vertice per poter salvare Mycroft. Mi sembra che sia lui quello più esposto al rischio, in questo momento >>.
<< Potrebbe davvero introdurci al vertice? >> gli domanda Grey stupito.
<< Certamente >> risponde l’uomo, ridendo nuovamente nel suo modo giudicante. << Da quel che ho capito, il compito del dottor Watson e del vostro collega sarà quello di scoprire chi sia il killer e bloccarlo. Saranno troppo concentrati su questo per preoccuparsi anche dell’incolumità di Mycroft e tu sai meglio di me, mia cara Anthea, quanto poco ci sia da fidarsi degli agenti dei servizi segreti >> dice scoccando un’occhiata alla ragazza, che annuisce dando idea di saperla molto lunga in merito.
<< In effetti un aiuto potrebbe essere loro comodo >>. 
Fin dall’inizio dell’elaborazione di questo piano Grey si era proposto come terzo uomo per velocizzare l’operazione di individuazione del colpevole. Avere due esperti di microespressioni facciali, lettura del comportamento e capaci di individuare la verità e la menzogna sarebbe tornato utile. Fox, però, non ne aveva voluto sapere e lui si è visto costretto a restare nelle retrovie. Benchè abbia ora un compito importante da svolgere, con la stesura degli articoli e la loro messa in stampa, la possibilità che Harry gli sta offrendo di essere anche lui nella mischia e al fianco di Valerio lo alletta molto.
Grey alza lo sguardo e il primo che incontra è quello di Lestrade. Ha il suo stesso desiderio di unirsi al gruppo, nonostante anche lui abbia un incarico importante da portare avanti. Il detective coglie al volo questo loro comune pensiero e con lo sguardo lo invita a prendere seriamente in considerazione la cosa e lui non può fare a meno di annuire.
<< Il congresso avrà inizio alle nove >> borbotta il giornalista accarezzando il mento. << Lei potrebbe procuraci un mezzo veloce col quale raggiungere quell’hotel? >>.
<< Posso mettervi a disposizione un jet privato che in meno di un’ora vi porterà a destinazione. L’hotel in cui ha luogo il vertice ha una pista di atterraggio per piccoli velivoli >>.
<< Non è un po’ troppo appariscente? Dobbiamo entrare sottotono >> dice perplesso Greg.
<< Se si vuole nascondere qualcosa di importante, mio caro Lestrade, il modo migliore è quello di metterlo bene in vista >>.
<< Così nessuno lo noterà >> annuisce Grey soddisfatto, scambiando un gesto d’intesa con quest’uomo che sta iniziando davvero a piacergli.
<< Cos’hai in mente, Juan? >> gli chiede Mistica con tono severo. Il giornalista incontra il suo sguardo serio che copre una preoccupazione latente. Gli ricordano, quegli occhi, della promessa fatta a Fox, della compagna e dei figli che lo attendono a casa e di quanto sia pericolosa quella missione. Benchè possa essere considerato un egoista incosciente, non gli importa nulla di tutto questo. La sua compagna è ben consapevole del lavoro che fa’. Certo non ha fatto i salti di gioia quando le ha comunicato che avrebbe dovuto recitare la parte della vedova inconsolabile per un po. Ha sospirato più volte in quel modo che lui ben conosce e che sottende tante parolacce e imprecazioni che, date le orecchie delicate dei bambini, non può concedersi, ma alla fine ha capito e accettato la cosa. Il pregio di Juliana è proprio questo ed è solo grazie a questa capacità di accogliere le sue decisioni e sostenerle che, dato il suo lavoro, la loro relazione è potuta durare e arrivare fino ad oggi.
<< Partiremo per le sette, in modo da poter essere alle Reichenbach per le otto >> dice rispondendo alla sua domanda. << Miriam, dovrai renderci irriconoscibili. Sai bene com’è fatto Valerio e ho bisogno di chiederti di compiere il lavoro migliore che tu abbia mai fatto. Hai quattro ore, le stesse che ho io per buttare giù lo scheletro dei prossimi articoli e visionare i faldoni di Sherlock per incrociare le informazioni che possiedo con le sue. Sarai sempre tu, poi, a controllare ed editare i miei pezzi e a mandarli in stampa negli orari e nell’ordine che ti indicherò. Provvederò io ad avvisare Lopez, che attende mie istruzioni. Anthea ti chiedo di aiutarla in questo, perché la stanchezza toglie lucidità e più teste siamo su questa cosa meglio sarà per la buona riuscita del lavoro >>.
<< Certamente, Juan conta su di me >> le due ragazze si scambiano uno sguardo d’intesa che fa balenare per la mente di Grey quanto potrebbero funzionare bene insieme sul campo.
<< Bene, allora ti farò portare qui i faldoni recuperati da Baker Street >> si intromette Greg alzandosi in piedi. << Io corro ad aggiornare Dimmock e a coordinare il proseguimento delle operazioni sulla decodifica e la confisca dei beni di Moriarty. Sarò di ritorno tra un paio d’ore >>.
<< Mi permetta di ricordarle, detective, che la protezione reale è estesa anche a lei e ai suoi collaboratori >> dice Harry alzandosi a sua volta. << Di qualunque cosa dovesse avere bisogno in caso di qualunque tipo di difficoltà non esiti a chiamarmi e dica lo stesso al suo collega >> conclude porgendogli il suo biglietto da visita. Greg lo prende sorpreso e lo tiene come fosse una reliquia. Evidentemente sapere di poter contattare il valletto del principe in persona lo emoziona e lo mette a disagio allo stesso tempo, lui sempre pronto a sbrigare da sé le sue faccende… o al massimo a chiedere l’aiuto di Sherlock. Un messaggio giunge al suo cellulare e, imbarazzato per l’interruzione, si sbriga a recuperarlo dalla tasca. Lo legge svelto e il suo sguardo vola subito a incontrare quello di Anthea, teso e concentrato. Greg annuisce come ad una muta richiesta, per poi distogliere lo sguardo, salutare distrattamente tutti loro e girare i tacchi, già impegnato a contattare telefonicamente il collega, avvisandolo del suo arrivo.
Grey ridacchia tra sé dinanzi al muto accordo dei due.
<< Direi che è meglio ci mostri dove possiamo stabilirci >> dice alzandosi a sua volta in piedi. << Sono tante le cose di cui dobbiamo occuparci e il tempo è maledettamente poco >>.
<< Prego, seguitemi >> dice loro Harry, che porge cavallerescamente il braccio ad Anthea. Li conduce per parecchi lunghi corridoi che si aprono su stanze sontuose riccamente arredate. Il loro tour del palazzo si conclude in una piccola stanza nell’ala più remota.
<< Darò ordine che sia acceso il caminetto. Qualunque cosa vi serva non esitate a chiamarmi >> dice Harry accompagnando Anthea alla sedia più vicina sulla quale la aiuta a sedere. Si congeda da loro con un mezzo inchino dal sapore antico.
Mistica posiziona sul tavolo di formica tirato a lucido la pesante valigetta che apre, iniziando a tirare fuori tutti gli strumenti necessari a compiere il miracolo richiestole.
<< Renderti irriconoscibile agli occhi di Valerio! >> esclama. << Cazzo, Juan, mi avessi chiesto di portarti la luna sarebbe stata cosa più semplice >>.
<< Sono sicuro che sarai eccezionale come sempre >> la incoraggia lui posando il laptop sul tavolo di fronte a lei. << E sono sicuro, Anthea, che se non la smetterai con questo atteggiamento da agente dei servizi segreti la nostra collaborazione non sarà tranquilla né tantomeno andrà lontano >> dice in tono severo, scoccando un’occhiataccia alla ragazza che lo guarda stupita. Per un istante sembra un’adolescente sorpresa a rubare soldi dal portafogli dei genitori. Poi, subito si da un tono e accoglie la sfida.
<< Difendo i miei interessi proprio come te, Juan >> dice e le mani che si stringono a pugno tradiscono il suo nervosismo. << E’ per Valerio che sei pronto a partire, non di certo per Mycroft >>.
<< Mentre Greg, invece, è pronto anche lui a morire per il tuo capo? >> ribatte a tono. La ragazza sorride in un modo strano. Grey ci vede rassegnazione in quel sorriso, gelosia e anche un pizzico di divertimento.
<< Greg è un uomo confuso e su una mente confusa gli Holmes hanno due effetti statisticamente comprovati, si potrebbe dire. Uno è la repulsione, l’altro la fascinazione. Greg è affascinato da Sherlock e mi sono accorta che non si può non amare l’uno senza ritrovarsi innamorati anche dell’altro >>.
<< Detta così suona come una maledizione >> ridacchia Mistica portando avanti il suo lavoro di preparazione.
<< In un certo senso lo è >> concorda Anthea, portando distrattamente la mano ai lividi che le deturpano il volto. Mistica la guarda intenerita e la rincuora posandole la mano sulla spalla ed eccolo nuovamente questo sguardo d’intesa tra loro. Grey sospira scuotendo il capo.
<< Ad ogni modo, non voglio più segreti tra noi, sono stato chiaro? >>.
<< Dal momento che per scoprirli ti basta una sola occhiata, direi che sarei una sciocca se continuassi ad averne >> ribatte lei a tono. La sua arroganza, in un certo senso, gli ricorda sia quella di Sky che quella di Fox agli albori della loro conoscenza. Questo rimando pungola l’idea che da qualche giorno sta balenando per la mente di Grey. Non è, però, questo il momento di pensarci. Rivolge l’attenzione al laptop e si butta a capofitto nel suo lavoro.
 
***
 
‘Cos I don’t want you to forgive me
You’ll follow me down
You’ll follow me down
You’ll follow me down[1]
 
La cascata col suo fragore copre ogni suono, ogni pensiero, ogni parola. Nulla c’è di più importante, rispetto alla sua potenza distruttiva. Questi strapiombi, quest’acqua che si getta senza pensarci, fiduciosa della propria capacità di continuare a scorrere è del tutto indifferente a quanto si sta per compiere a pochi metri da lei. Le decisioni dell’uomo poco le interessano. Anche le più pericolose, che lo spingono a cadere sempre più giù e, a differenza di lei, molto spesso, a non trovare alcun fondo contro il quale infrangersi e proseguire il proprio percorso.
Può vedere quel manipolo di esseri umani riuniti nella sala centrale dell’hotel che su di lei si affaccia. I loro volti assonnati dai sorrisi tirati di circostanza. Quella gentilezza falsa, le loro bocche che si muovono macinando parole e risate forzate, tutte cose inutili che vengono coperte dalla risata incessante delle acque. Ingenue creature convinte di essere più forti di lei.
Scorge altre due figure nella zona ovest di quello stesso hotel. Sole, sedute a un tavolo, si guardano in silenzio. Le trova molto più interessanti di tutto il resto di umanità riunita nella stanza centrale. Interessanti perché se quelli sa che crolleranno, affondandosi con le loro mani, questi due li percepisce, invece, davvero prossimi a compiere un salto e unirsi alle sue acque. La sua risata ora è più allegra, perché da molto tempo nessun umano si unisce a lei. In passato è stata scelta come luogo d’elezione per porre fine a una vita, poco le importava se per scelta del singolo o ai danni di questo.
Resta ad osservarli curiosa, percependo l’atmosfera farsi sempre più tesa tra loro. Sono fermi solo all’apparenza. Può vedere le loro energie danzare, scontrarsi, agitare l’atmosfera e pizzicare persino lei. Finalmente qualcosa di interessante, in questa incessante caduta che è la sua esistenza.
 
***
 
Mycroft controlla l’orologio, gesto che sta compiendo un po’ troppo spesso questa mattina. Sono le otto in punto e la sala da pranzo ospita tutti i personaggi più potenti e influenti del mondo. Tra questi gironzolano gli uomini dell’MI6, nei loro impeccabili abiti scuri, le auricolari all’orecchio e lo sguardo serio e severo, pronti a scattare al primo segnale di pericolo.
Solo due di questi sanno che ci sarà realmente bisogno del loro intervento e, paradossalmente, non fanno parte dell’MI6. Ne vestono i panni, ne hanno imparato i modi e li mettono in scena in maniera esemplare, ma altri non sono che un ex medico miliare e un giornalista investigativo. Li vede scrutare attenti i volti dei convenuti, soprattutto di coloro che li accompagnano. Gli ambasciatori di queste delegazioni in un paese che si proclama neutrale.
Il vertice di pace avrà inizio tra meno di un’ora e si protrarrà per tutta la giornata. Hanno ipotizzato che sceglierà per agire un momento in cui tutti i dignitari saranno riuniti, preferibilmente fermi. L’unico momento in cui questo si verificherà sarà durante la foto ufficiale, che avrà luogo subito dopo la colazione, quando Mycroft inviterà i presenti a raggiungere la sala congressi. Lì chiederà loro di riunirsi e ciò che deve accadere accadrà.
Mai come in questo momento Mycroft ha sentito il bisogno di ritirarsi per fumare una sigaretta. Debolezza priva di alcun senso logico, ma capace di spezzare la tensione. Sì perché è teso. Maledettamente teso e in ansia per suo fratello. Anthea lo rimprovererebbe per questo suo ostinarsi a non pensare a se stesso.
“Neanche tu hai pensato a te quando hai deciso di venire a salvarmi, né mentre ti torturavano in modo così brutale” pensa sorseggiando il the caldo e ottimo che riesce, però, appena a scalfire il gelo che lo invade.
Non sopporta il fragore neutro della cascata alle loro spalle, attutito egregiamente dall’opera di insonorizzazione di chi ha progettato questo posto, ma comunque percepibile. Lui, a differenza di tutti gli altri, a quanto pare, non riesce ad ignorarlo, a farlo diventare un suono noto da mettere in secondo piano. Per la sua mente nulla è da mettere in secondo piano. Neppure per quella di suo fratello. Sorride di questa cosa e inaspettatamente gli balza tra i pensieri il primo principio della dinamica o prima legge di Newton.
“Un corpo non soggetto a forze, o soggetto a forze la cui risultante è nulla, permane nel suo stato di quiete o continua a muoversi di moto rettilineo uniforme” pensa. “Sta per cominciare” aggiunge sentendo il cuore battere forte.
Si alza dal tavolo al quale è stato invitato ad accomodarsi e senza scusarsi, cosa insolita per lui, si dirige a una delle grandi finestre. Volge lo sguardo alla cascata e da lì all’ala ovest di questo hotel.
“Abbi cura di te” pensa sentendo la gola strozzata dall’emozione.
Prende un profondo respiro e chiude gli occhi per un breve istante. Ciò che gli compare agli occhi della mente è un bambino spensierato che corre allegro col suo cane. Questi lo insegue, gli saltella attorno facendolo ridere e lui gli afferra le zampe anteriori dando inizio ad una  buffa danza. Il suono della sua risata allegra non lo ha mai dimenticato, così come quella esplosiva e travolgente di Eurus. Mycroft sorride e si ritrova a dover premere la mano sulle labbra per evitare di ridere a sua volta. Lo stesso gesto che compiva ogni volta che li guardava giocare. Si ricompone e torna al tavolo senza dare spiegazioni  agli sguardi curiosi dei presenti.
 
***
 
Survived, tonight, i may be going down
‘Cause everything goes round too,
Tight, tonight and as you watch me crawl
You stand for more
 
James osserva dalla vetrata che da’ sul terrazzo la sala centrale dell’hotel illuminata e popolata dai potenti del mondo. Sorride pensando a come manchi lui, il vero potente indiscusso, colui che agisce nell’ombra, tirando le fila del teatrino nel quale quegli sciocchi burattini si destreggiano. Ma è appunto dall’ombra che il potere agisce e comanda e, ad ogni modo, trova quegli inutili esserini così insignificanti che sarebbe un sacrilegio per i suoi polmoni respirare la loro stessa aria.
Scorge Mycroft Holmes, come lui alla finestra. Osserva la cascata, forse pensando alla sua imminente caduta, cosa che gli strappa una risatina. La sua inutile vita si concluderà oggi e Sherlock sarà finalmente solo suo, ora che anche John è fuori dai giochi. Si aggrapperà a lui, lo venererà con timore, come tutti gli altri, e diventerà il suo primo burattino, il più bello e importante della collezione.
Dal riflesso della vetrata lo vede entrare con passo incerto e sguardo basso nella sala da pranzo a loro interamente riservata. Ha indossato l’abito che gli ha fatto fare su misura e che gli sta divinamente. Lo guarda a malapena, impaurito, e questo gli genera un infinito piacere.
“Riducili a larve umane. Togli loro ogni possibilità di fuga, ogni speranza di salvezza. Mantienili in un costante, perenne stato di terrore e agitazione. Così li avrai in pugno” era solita dire Sebastiana. A quanto pare questo vale anche per i consulenti investigativi sociopatici e iperattivi dotati di un’intelligenza brillante.
<< Buongiorno fratellino >> lo accoglie invitandolo a prendere posto al tavolo al quale anche lui si avvicina. Con le sue mani gradi dalle dita affusolate, Sherlock scosta la sedia e si accomoda. Posa diligentemente il tovagliolo sulle ginocchia e accetta il the caldo che gli versa nella tazza.
<< Volevo scusarmi per ieri sera. La situazione mi è un po’ sfuggita di mano >> gli dice. Lo vede scoccare un’occhiata al vetro della veranda sostituito in tutta fretta da uno nuovo e immacolato. Non dice nulla. A quanto pare ha deciso di restare in silenzio. Deve averlo spaventato parecchio la sera prima e di questo se ne compiace.
Gli torna in mente il the che hanno bevuto nel salotto di Baker Street, subito dopo la sentenza che lo ha ritenuto innocente di tutte le accuse mosse contro di lui. Anche allora, benchè cercasse di non darlo a vedere proprio come adesso, Sherlock era terrorizzato. Non si aspettava che il suo potere fosse tale da riuscire a corrompere un’intera giuria. Pensava di aver dato il meglio di sé durante la testimonianza e di averlo in pugno.
 “Una carpa furba e ostinata. Sarà un piacere pescarti!” pensa mentre le note di ‘Die forelle’ allietano il loro pasto.
<< Oggi faremo la storia >> dice catturando la sua attenzione. << Alle nove si terrà il vertice di pace che sancirà l’inizio della terza guerra mondiale e della nostra indiscussa ascesa al potere >>.
Sherlock lo guarda, con quegli occhi che stamattina hanno deciso di essere di un bellissimo verde acqua.
<< L’ambasciatore che hai sostituito con Renè è ancora vivo? >> gli domanda con nonchalance, prendendo un sorso di the.
Un piccolo crampo serra lo stomaco di James. Non gli da peso. Non ricorda giorno in cui il suo stomaco non abbia avuto occasione di dargli pensiero. Oggi, poi, ci sono tante emozioni da digerire.
<< Immaginavo lo avessi dedotto >> sorride eccitato dalla sua brillante intelligenza, proprio come durante il gioco nel quale lo ha coinvolto e reso protagonista.
<< E’ stata un’idea geniale, i miei complimenti >> gli dice, inchinando appena il capo ed è così difficile per Jim evitare di gongolare palesemente.
<< Devo ammettere che questa volta ho superato me stesso >> dice orgoglioso. << Nemmeno tu riusciresti a capire chi tra gli ambasciatori è il mio uomo >>.
<< Non ne sarei così sicuro >> ribatte lui e l’angolo sinistro delle sue labbra si arriccia in quel mezzo sorriso capace di dargli i brividi.
<< E, sentiamo, come faresti a individuarlo? >> gli chiede sporgendosi verso di lui.
<< Vedo tutto >> risponde serio. << Questa è la mia condanna >>.
C’è qualcosa nel suo sguardo che James non riesce a comprendere. Qualcosa che gli procura un altro piccolo crampo allo stomaco.
“Questa cosa non mi piace” pensa e decide di riportare l’ago della bilancia dalla sua parte. Dalla tasca interna della giacca tira fuori un giornale.
<< Sarà la tua condanna, mio caro, ma non vedi quello che cerchi >> ribatte posando il quotidiano in bella mostra davanti a lui. Lo vede scoccare un’occhiata al giornale e aggrottare le sopracciglia.
<< ‘El mundo’? >> domanda stupito, posando la tazza sul piattino.
<< Oh, sì. È successa una cosa abbastanza particolare e che, devo ammetterlo, non mi aspettavo. Una cosa che ci tornerà molto utile e dobbiamo ringraziare lo zelo dei tuoi amici madrileni, per questo >>.
Sherlock tenta di leggere al contrario quanto riportato dal giornale.
<< Devo dire che questi spagnoli ci sanno fare con le inchieste e hanno un talento tutto loro nel dar voce e risonanza alle notizie >> gli dice porgendogli il quotidiano. Sherlock gli scocca un’occhiata confusa prima di lanciarsi nella lettura. Lo zelo prima presente ora è scomparso, cosa di cui James si compiace parecchio.
 
***
 
John non riesce a stare fermo. Gironzola tra i tavoli con passo troppo svelto, tanto che ‘il suo capo’ lo ha già richiamato due volte, dicendogli che così facendo disturba i convenuti. Ha dovuto trattenersi dal dirgli che i suoi cari convenuti potrebbero ritrovarsi coinvolti in una sparatoria da un momento all’altro e che uno di loro sarà ucciso da non sa ancora quale degli ambasciatori.
<< E’ come cercare un ago in un pagliaio >> borbotta tra sé.
<< No, ricorda le conclusioni alle quali siamo arrivati ragionando con gli altri ieri sera >> ribatte Fox comparso alle sue spalle, facendolo trasalire.
Erano rimasti a lungo attorno al fuoco scervellandosi per capire a chi appartenessero i connotati assunti da Renè e come potessero scoprirlo. Continuavano a passarsi di mano in mano una foto data loro da Ravache, nella quale è presente, tra gli altri anarchici, anche Renè.
<< Gli occhi >> aveva esclamato Mistica. << Gli occhi non si possono modificare chirurgicamente >>.
Benchè oggigiorno ci siano persone che decidono di tingere la sclera dell’occhio di nero, nulla si può fare in modo definitivo con l’iride. Il rischio di divenire ciechi a seguito di un’infezione è troppo alto. Questo comporta il fatto che il loro uomo dovrà indossare delle lenti a contatto e, di conseguenza, avrà gli occhi affaticati.
<< Allora >> sospira John cercando di ragionare come Sherlock. << L’intervento, per quanto impeccabile sia stato, avrà lasciato delle cicatrici. La più tipica è la piega discreta, ma inconfondibile, dietro l’orecchio dove è stata tirata la pelle. Solo quattro di loro hanno un’attaccatura di capelli che può nasconderle >>.
<< Sono alti come Renè >> nota Fox i cui occhi viaggiano veloci da un sospettato all’altro. << Stessa corporatura >>.
<< Ravache ci ha detto anche che Renè è mancino >> gli ricorda John al quale, da mancino, saltano all’occhio tutti i movimenti che denotano la predilezione della mano sinistra. << Ribadisco che, sebbene il numero sia esiguo, è come cercare un ago in un pagliaio >> sbotta nervoso.
Da che ha aperto gli occhi, ritrovandosi addormentato in una posizione scomoda sulla poltrona della suite imperiale di Mycroft e con un mal di testa da sbronza per nulla piacevole, i suoi pensieri sono andati a Sherlock. Sente di essere lì a perdere tempo alla ricerca di un sedicente sconosciuto travestito in modo permanente delle fattezze di un altrettanto sedicente sconosciuto, mentre dovrebbe mollare tutto e correre in aiuto del suo uomo. Invece è bloccato lì e, finchè non scopriranno chi è il killer e non lo smaschereranno ponendo fine a questa situazione, non potrà correre da lui.
<< Cosa leggi in loro >> chiede a Fox che come lui osserva attento ogni volto, vedendoci dio solo sa cosa dietro quei sorrisi, quelle microscopiche smorfie.
<< Molte cose. Ho un dubbio >>.
<< Tra chi >> gli chiede felice di sentirglielo dire.
<< Il primo è l’ambasciatore tedesco. Dammi un parere medico? >> gli chiede Fox, che continua a scrutare il volto dell’uomo sul quale è presente una cicatrice che si estende su buona parte del viso.
<< Vasto trauma >> analizza John con attenzione. << Ferito gravemente. Eccellente riparazione chirurgica. Temo, però, che sia troppo vistosa per il lavoro di fino fatto da Hoffmanstal. Era un perfezionista e non avrebbe mai lasciato su una delle sue opere uno sbrego simile >>.
<< Allora opto per l’ambasciatore rumeno >>.
John porta l’attenzione su questo. Ha gli occhi arrossati e cerca anche di trattenersi dall’istinto di stropicciarli. Una cosa, però, che potrebbe banalmente fare chiunque indossi lenti a contatto.
<< Ne sei sicuro? >> domanda a Fox.
<< Io credo che potrebbe essere lui >>.
<< Tu credi? >> ribatte guardandolo storto. << Devi esserne certo. Se metterò a terra l’uomo sbagliato potrei scatenare una guerra >>.
Vengono interrotti dal ticchettare di Mycroft contro un bicchiere. Tutti i presenti si voltano verso di lui portando il silenzio nella stanza.
<< Miei cari signori e signore, vi invito a prendere posto nella sala congressi che troverete uscendo subito alla vostra sinistra. Tra un quarto d’ora daremo inizio a questo importante appuntamento che ci vede qui riuniti per mantenere la pace tra le nostre nazioni >>.
Con un poco dignitoso e rumoroso spostar di sedie le delegazioni capeggiate dai capi di stato defluiscono dalla stanza.
<< Non perdiamolo di vista >> esclama Fox muovendosi a grandi passi, intenzionato a stare col fiato sul collo al loro uomo. John volge lo sguardo a Mycroft. Riconosce la muta domanda e risponde annuendo. Lo vede tirare un sospiro di sollievo e seguire il delegato di turno che lo coinvolge in una conversazione dall’aria importante. John lo vede sorridere in modo cortese e ascoltare interessato. Nota, però, lo sguardo che a intervalli quasi costanti si sposta al panorama al di là della vetrata.
“Anche tu ti stai chiedendo come stia” pensa e si affretta a tenere il passo. Non vuole perderlo di vista, perché, sì, uno dei capi di stato presenti sarà pure in pericolo, ma Mycroft non è da meno.“E, come ti ho detto, mi sono ripromesso di farti uscire vivo da qui”.
Si porta dietro di lui, separato dal suo fianco solo da un paio di persone.
<< Lei ben conoscerà il secondo principio della dinamica o seconda legge di Newton, amico mio >> sta dicendo Mycroft al tizio alla sua destra, che annuisce, mentendo spudoratamente << ‘La somma di tutte le forze che agiscono su un corpo è uguale al prodotto della massa per l’accelerazione del corpo’ >> lo recita per lui. Si volta poi a incontrare lo sguardo di John, che intuisce che ciò che ha detto ha a che fare con Sherlock.
“Vento dell’est, la nebbia è la. Qualcosa di strano fra poco accadrà”. Questa filastrocca sale alla mente di John in modo quasi violento. L’aveva sentita borbottare a Sherlock quando era ancora in bilico tra il sonno e la veglia del post operatorio. Un brivido gli percorre la schiena e quando si volta verso la cascata, la nebbiolina che il fragore dell’acqua produce schiantandosi gli sembra essere ancora più fitta.
 
***
 
Survive tonight, i see you’re head’s exposed
So we shall kill constructive might,
It’s alright as your emotion fool you
My strong will rule.
 
James appoggia il mento sulle mani a coppa e osserva attento Sherlock. Non vuole perdersi l’effetto che quella notizia avrà su di lui. Segue il movimento dei suoi occhi, dapprima lento e attento da sinistra a destra, poi sempre più veloce. Le pupille si dilatano colme di stupore e gli occhi si sgranano. Le mani stringono sempre più forte la carta, spiegazzando le pagine grigie del quotidiano.
Un solo unico movimento. Secco. Veloce. Le mani che abbassano il giornale sbattendolo sul tavolo. Le tazze che tintinnano facendo cadere il loro contenuto ambrato sul piattino e sulla tovaglia. I suoi occhi puntati su di lui. Confusi. Increduli.
<< Che cosa hai fatto? >> sussurra esangue.
È così eccitante il suo stupore. Così inebriante la sua incredulità dinanzi a quanto James è stato in grado di fare. Rompere il loro patto. Venire meno alla parola data. Dimostrargli il suo potere indiscusso su ogni cosa, anche su di lui. Soprattutto su di lui.
<< Per portare avanti una buona strategia bisogna sacrificare qualche pedina >> risponde lui facendo spallucce.
Quegli occhi ancora più grandi, ancora più increduli. Le mani sempre più strette a distruggere le pagine del giornale gli causano un altro crampo allo stomaco, ma lo ignora, perché ora può vedere in ogni suo gesto il ribollire dell’esplosione farsi largo in lui. E’ così che lo immagina divenire poco per volta preda dell’orgasmo.
“Non mi hai concesso di portartici in un modo e sono stato costretto a ripiegare nell’altro” pensa, eccitato all’idea del suo corpo teso nello spasmo estremo sotto di lui. 
<< Avevamo un patto >> sussurra Sherlock. Un ringhio nella voce profonda. << Non lo hai rispettato >> dice piantando le mani sul tavolo. Le tazze tintinnano ancora più forte e il suo respiro, prima controllato, ora diviene un affanno.
<< Chi è il primo che ha tentato di fregare l’altro? >>.  James porta il suo attacco, quel colpo di reni in grado di rendere il piacere più intenso.
<< Io non ho fatto nulla di simile! >> grida Sherlock che scatta il piedi, rispondendo perfettamente al suo stimolo. << Mi hai accusato più volte di tramare alle tue spalle, ma io non l’ho fatto. Mai! >> esclama battendo i pugni sul tavolo. Il the schizza da tutte le parti colpendolo in viso. Jim lecca piano con la lingua le gocce che gli hanno raggiunto le labbra.
<< Vuoi dirmi che appartiene davvero a John Watson uno dei corpi ora presenti al Bart’s? >> lo provoca assestando un altro colpo.
<< Certo che appartiene a lui! >> grida e gli occhi gli si colmano di lacrime. << Lui, Fox, Grey, Anthea, Mistica… li hai uccisi tutti! Tutti! >> afferra la sedia e la scaraventa contro la vetrata. Questa volta il mastro vetraio dovrà lavorare un po’ più a lungo.
<< Io credevo fossi riuscito a portarli qui in qualche modo. Beh, vorrà dire che mi sono sbagliato >> dice facendo spallucce.
<< Ti sei sbagliato? >> gli domanda e sembra la sua furia si sia quietata. James annuisce, aggiungendo un gesto della braccia a sottolineare quanto possa capitare di sbagliarsi. Le braccia di Sherlock, invece, crollano lungo i fianchi. Sembra perdere di colpo tutte le forze e restare in piedi per miracolo.
<< Hai ucciso John… per sbaglio >> realizza guardandolo con occhi vuoti in un volto inespressivo. Sembra poi smettere del tutto di respirare. Resta immobile, perfettamente immobile. Gli occhi fissi in quelli di James. Vitrei. L’unico movimento è dato dalle lacrime che lente cadono a rigargli il viso pallido.
 
***
 
John trasale al suono di quello che sembra essere stato un grido. Si guarda attorno e nota come i presenti, impegnati nel mettersi in posa per la foto ufficiale, drizzino a loro volta le orecchie. Si guardano appena attorno, come ad accertarsi di non aver avuto un’allucinazione uditiva, ma non chiedono conferma, né cosa possa essere stato.
“Lo sanno. Tutti loro sanno della presenza di Moriarty in questo posto. Ognuno di loro è segretamente in contatto con lui o lo è stato con Moran e, forse, sanno che qualcuno oggi morirà” pensa John, disgustato dal ritrovarsi in quella farsa tra persone pericolose pronte a barattare la pace e la vita di migliaia di innocenti, tra civili e militari, per il puro arricchimento personale.
Volge lo sguardo a Mycroft e lo vede fissare la porta della stanza. Una gocciolina di sudore gli percorre il viso dall’attaccatura dei capelli allo zigomo.
<< Era lui! >> borbotta il dottore afferrando Fox per la manica della camicia.
<< Sì, è lui >> conferma il ragazzo, lo sguardo fisso sulla schiera di potenti in posa.
<< Cristo, cosa starà succedendo! >> borbotta John.
<< Non lo so, ma qualunque cosa sia ci è stata d’aiuto >>.
Il dottore lo guarda stupito e si rende conto solo adesso di come l’attenzione del ragazzo fosse catturata da altro. I suoi occhi sono, infatti, rimasti fissi sull’ambasciatore rumeno.
<< C’era da aspettarsi che l’assassino avrebbe preso delle precauzioni per non farsi scoprire, come un giocatore che nasconde un indizio >> dice quella volpe rossa, continuando a puntare la preda. << Nonostante questo, però è possibile che manifesti lo stress in modo meno evidente. Un tick nervoso. Uno sfarfallio d’ansia >>.
<< Facilmente camuffabile in un incontro dove tutti hanno un motivo per esser nervosi >>.
<< Già. Per questo potrebbe essere l’opposto: l’incapacità di comportasi in modo naturale. Un attore talmente preso dalla parte… >>.
<< … che l’unica espressione che non riesce ad avere è una reazione spontanea >> annuisce John, che ha capito cosa ha visto e compreso il ragazzo. Eccola la loro conferma. L’ambasciatore rumeno è l’unico che, anziché volgere lo sguardo alla porta e guardarsi attorno con circospezione, stia ancora ammirando con attenzione le proprie scarpe. A John viene in mente il terzo principio della dinamica o legge di Newton: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
Il killer prende un profondo respiro, alza lo sguardo e porta la mano sinistra sotto la giacca.
<< Ci siamo! >> esclama Fox.
 
***
 
And your panic stricken
blood will thicken up, tonight.
 
Quello sguardo fisso, attonito, shoccato scuote James in un modo che non si aspettava e che non gli piace. Dell’eccitazione che stava provando nell’assistere al turbamento di Sherlock non resta più nulla. Vorrebbe dirgli di smetterla di guardarlo così, senza dire niente, senza permettergli di capire dalla sua espressione cosa lo aspetti. Dovrà difendersi? Dovrà scappare? Si rende conto di stare trattenendo il fiato e di essere immobile, proprio come lui.
“Così mi spaventi” pensa deglutendo.
<< Hai ucciso John… per sbaglio >> ripete Sherlock lentamente, in modo meccanico e terrificante. La voce atona, cavernosa stringe lo stomaco e ora anche i visceri di James e lo porta ad addossarsi allo schienale della sedia. Vorrebbe ribattere, ma la lingua è diventata così pesante nella bocca asciutta.
“No, mamma, no! Ho sbagliato, scusa. Farò il bravo, ma tu non farmi male” pensa Jim e il suono della sua stessa voce di bambino, che ancora rimbomba nella testa, lo spaventa. Cerca di scacciarla, ma lo sguardo di Sherlock, carico e furente, non lo molla e lui si sente sempre più piccolo e impaurito.
Il grido improvviso gli lacera il cuore. Cade dalla sedia e si ritrova a terra, investito da tutto ciò che era posato sul piccolo tavolo che suo fratello gli ha rovesciato addosso. Il terrore è tale che percepisce appena la pelle scottata dall’acqua bollente del bollitore. James gattona veloce  all’indietro, gli occhi fissi su Sherlock il cui volto è divenuto una maschera di furente rabbia. E’ un vero e proprio ringhio quello che gli sale dalla gola.
<< Tu hai ucciso John! >> ripete, le braccia tese, scostate dal corpo proteso in avanti, come fosse pronto a spiccare il volo e atterrare su di lui deciso a massacrarlo. << Lo hai ucciso! >> ripete muovendo passi lenti verso di lui, che sempre più veloce e spaventato si sposta strisciando sul pavimento.
Non riesce a pensare, James. Non riesce a emettere alcun suono e neppure ad alzarsi in piedi. E’ del tutto vittima della furia di Sherlock, che ancora non lo ha neppure sfiorato. Solo quando questi si lancia verso di lui urlando ancora più forte Jim trova la forza di mettersi in piedi. Scappa correndo più veloce che può. Ai suoi occhi il lungo corridoio si trasforma. Le pareti avvolte dalla carta da parati in seta dorata scompaiono per lasciare il posto alla tinta bianca, anonima e asettica. La moquette che attutisce i suoi passi concitati è sostituita da mattonelle di ceramica di un bianco azzurrognolo. Lo scalpiccio dei suoi piedi scalzi rimbomba come il suo cuore.
<< Fermati, piccolo bastardo! Vieni qui, subito! >>.
Sua madre lo insegue. Nella voce ha quella nota di follia che lui ben conosce. Deve mettere bene i piedi l’uno davanti all’altro e non piangere, altrimenti resterà senza fiato.
“Se mi prende questa volta mi ammazza!” pensa spaventato. Non sa neppure cosa abbia fatto per scatenare la sua furia. Lui voleva solo giocare.
<< Sei morto, Moriarty! >> .
Il ruggito di Sherlock lo strappa dal ricordo. Butta un’occhiata alle sue spalle e lo vede dietro di lui. Lontano. Furioso, ma lontano.
“Sei ancora debole” pensa e un mezzo sorriso soddisfatto gli curva le labbra. Sente, però, la terra venirgli meno sotto i piedi. Stupito si ritrova a battere la faccia sulla moquette. Il dolore al setto nasale gli toglie il fiato. Il rosso del suo stesso sangue, che gli macchia gli abiti, cola sulla moquette e gli sporca le mani, lo coglie di sorpresa e lo terrorizza insieme. Scorge appena il suo piede impigliato in un angolo di moquette sollevata dal pavimento.
“In un hotel superlusso certe cose non dovrebbero accadere” pensa irrazionalmente.
Vede Sherlock farsi sempre più vicino. Ha tolto la cintura e la stringe nel pugno destro pronta a vibrarla su di lui. Lo osserva stupito, ancora stordito dalla botta presa, e sente appena il dolore della frustata che riceve alla testa.
<< Lo hai portato via da me! Via per sempre, maledetto! >> grida, calando con forza sempre più crescente la cintura su di lui.
James è abituato al dolore fisico. Sua madre e Sebastiana gliene davano tante, molte più di quante la sorella non ne desse al sacco sul quale si allenava. A volte per divertimento, altre perché Jim aveva fatto qualcosa capace di farla andare su tutte le furie. Cosa fosse non era dato saperlo. Per questo resta giù, le braccia a coprire la testa e le ginocchia raccolte al petto per proteggere l’addome. Si stancherà. Ci sarà un momento in cui dovrà prendere fiato e allora lui agirà. Si fanno proprie queste strategie quando si è soliti essere vittima della follia altrui.
Sherlock, però, sembra essere inesauribile. Lo colpisce sempre più forte, con rabbia maggiore vomitandogli addosso i peggiori insulti. Sul tetto del Bart’s, poco prima di fingere di farsi saltare le cervella, gli aveva detto che erano uguali, loro due. Ora si deve ricredere di questa cosa. Sherlock in questo momento è molto più simile a Sebastiana e a sua madre. Furioso come loro, pazzo come loro, pronto ad ucciderlo per il torto che ha avuto l’ardire fargli, proprio come loro. E James, proprio come con loro, voleva solo attirare la sua attenzione, avere la sua considerazione, il suo affetto, il suo amore. Voleva essere il centro del suo mondo. Voleva che lo venerasse come solo una sorella e una madre sanno fare. Come vedeva fare a Jane, che altro non aveva negli occhi se non l’amore incondizionato che provava per Sherlock.
“Perchè non posso avere anche io tutto questo?” pensa tra le lacrime di questo triste senso di ingiustizia. “Perché non c’è nessuno pronto a mettere a repentaglio la propria vita per salvarmi?” pensa sentendo la rabbia montare dentro di lui. Esplode quando finalmente l’attimo di esitazione dovuto alla stanchezza si verifica in Sherlock. Con un grido lo spinge via da sé per disorientarlo. Con la coda dell’occhio vede il ripostiglio delle scope aperto e corre veloce a chiudersi dentro.
Sherlock grida e si scaglia contro la porta. Prova ad aprirla accanendosi sulla maniglia e quando si rende conto che l’ha chiusa a chiave inizia a colpirla con calci e pugni.
Addossato alla parete sulla quale le scope sono posate diligentemente in fila, James osserva la porta vibrare sotto i colpi che subisce. Si maledice per aver ordinato ai camerieri di girare a largo da quell’ala dell’hotel e ai suoi uomini di dirottarsi in massa al vertice. È solo con lui e non sta accadendo per nulla ciò in cui tanto sperava. Doveva essere distrutto dal dolore, Sherlock, e non furioso e spaventoso. Lo ha sempre visto spaventato da lui e chi è spaventato non si ribella a colui che gli incute timore nemmeno quando è preda del dolore più grande.
“Questo è quello che hai sempre fatto tu, Jim. Peccato, fratellino, che non siano tutti come te” gli dice Sebastiana. “Solo un idiota come te, infatti, poteva pensare che uno come Sherlock si sarebbe trasformato in un agnellino alla notizia della morte del suo uomo per mano tua!” ride di lui. “Si è buttato dal tetto di un palazzo per quel piccolo dottore. Sarebbe stato disposto a patire le pene dell’inferno. Non hai capito davvero nulla di come è fatto il tuo caro fratellino e sei patetico, Jim, se credi di poter davvero prendere il posto di John nel suo cuore”.
Le risate di sua sorella riecheggiano nella sua testa. Non può che darle ragione. Ha commesso uno stupido errore. Anzi, due stupidi errori, dal momento che si è messo in gabbia con le sue mani chiudendosi in quello stanzino.
“E’ l’unico posto dove meriti di stare, inutile bambino!”.
Come prima, l’ambiente attorno a lui cambia. Scatoloni e cianfrusaglie prendono il posto delle scope. Una lampadina pende solitaria dal soffitto e persino lei dondola raggiunta dall’onda d’urto dei pugni con i quali Sebastiana colpisce la porta.
“Resterai qui finchè non avrai imparato a portare rispetto, moccioso!” grida facendolo tremare come una foglia. Seduto per terra, le mani premute sulle orecchie, gli occhi fissi sulla porta e nella mente la sola preghiera che non frani sotto quella furia. Che resti almeno lei lì a proteggerlo. Non ha nessuno a cui poter chiedere aiuto, il piccolo Jim. Suo padre torna sempre tardi e la madre non alza un dito in sua difesa.
“Se Sebastiana ha deciso di punirti allora doveva avere le sue buone ragioni” è solita dire, guardandolo con quel volto inespressivo che tanto lo confonde.
Se all’inizio ha odiato l’essere chiuso nello sgabuzzino, col tempo si è andato lui stesso a rifugiare la dentro, conscio del fatto che la sorella ce lo avrebbe volentieri lasciato e che i suoi pugni se li sarebbe presi la porta al posto suo. Così, almeno si risparmia il dolore fisico, ma nulla può comunque fare per sottrarsi al terrore che la voce e le azioni di quella ragazzina gli incutono.
<< Smettila di spaventarmi! Lasciami in pace! >> grida schiacciandosi sempre di più contro la parete di cianfrusaglie, prossime al crollargli addosso.
<< Avevi solo da pensarci, prima di fare ciò che hai fatto! >> ribatte continuando ad accanirsi contro la porta. Jim sa bene di essere colpevole. Sa che la punizione sarebbe meritata. Eppure allo stesso tempo trova ingiusto il suo comportamento.
<< Sono tuo fratello, non dovresti trattarmi così! >> esclama tra le lacrime.
<< Sei stato tu il primo ad avermi fatto del male! Mi hai portato via John!  >> ribatte Sherlock, che con quelle parole riporta James alla realtà.
<< Io non voglio dividerti con nessuno! Tu sei mio! Mio soltanto! Hai il mio amore e non ti serve quello di nessun altro! >> grida arrabbiato alla porta, alzandosi in piedi.
<< Tu non sai cosa voglia dire amare! >> grida Sherlock, accompagnando ogni parola con un pugno. << Tu non sei in grado di amare, né di provare dolore! >>.
<< Questo non è vero! >> grida scagliandosi contro la porta. Questa si apre e Sherlock deve fare uno sforzo per non essere travolto e restare in piedi. E’ rosso in viso, il corpo scosso e provato dalla forza che ha dovuto usare. Immutata, però, è la furia che lo anima. << Io so cosa vuol dire amare. Mio padre me lo ha insegnato >> dice Jim, lottando con se stesso per trattenere le lacrime. << E’ so cos’è il dolore. Lui era l’unica persona che avessi accanto. L’unica che mi proteggesse da quelle due arpie. Mi aveva detto che ci saremmo trasferiti a casa della nonna nel Sussex. Che con noi sarebbero venuti l’amica della mamma e i suoi due gemelli. Aveva detto che saremmo sicuramente andati d’accordo, noi tre bambini, e che saremmo stati una famiglia. Una vera famiglia. Tuo padre mi ha portato via tutto questo! Il minimo che tu possa fare, ora, è rendermi l’amore di mio padre e questa famiglia che non ho mai avuto restando con me! >> grida disperato e intimorito da lui, dal suo sguardo impassibile, dalla cintura stretta ancora nel suo pugno.
<< Non sono io ad aver distrutto i sogni di tuo padre e di tuoi, James >> ribatte Sherlock. << Non è stato neppure mio padre a farlo. Sono state quella pazza di tua madre e quella stronza di tua sorella, quelle che tu chiami arpie. Io non ho alcuna colpa e non ti devo rendere un bel niente. Semmai sei tu a dover dare a me molte cose >> dice facendo schioccare la cintura come una frusta. << Mi avevi detto che ti dovevo una caduta, ricordi? >> gli chiede e il suo sguardo si fa intenso e ancor più spaventoso. << Io ho assolto il mio debito buttandomi dal tetto del Bart’s. E’ stato un gran bel volo, credimi. Un uomo del tuo calibro, però, merita ben altro >> dice volgendo appena lo sguardo alla veranda, visibile da lì attraverso una porta che da su un’altra sala ristoro, e da lì alle cascate.
Una forte esplosione li distoglie dai loro discorsi. James, così preso tra il suo passato e quanto sta accadendo con Sherlock, si è dimenticato del tutto del vertice e dell’attentato.
Un’altra serie di spari si susseguono. Questi non erano previsti e lo lasciano senza fiato.
<< Non è un buon segno, vero? >> gli domanda Sherlock senza togliere gli occhi dai suoi.
James scorge appena la sala congressi posta al centro esatto del semicerchio che è l’hotel. C’è movimento tra la gente lì raccolta. Non proprio il tipo di movimento frenetico e concitato che ci si aspetta di trovare in una simile ricorrenza.
Aveva dato ordini precisi. Non ci sarebbero dovuti essere altri spari se non quello col quale Renè avrebbe ucciso la cancelliera tedesca. Quello che avrebbe posto fine alla vita di Mycroft sarebbe arrivato molto dopo. Aveva preparato per lui un assassinio da camuffare in suicidio. Nessuno avrebbe dubitato che l’amico intimo del primo ministro inglese avrebbe deciso di togliersi la vita a seguito delle accuse che lo volevano coinvolto in quanto era accaduto durante il vertice e in molti degli altri atti di terrorismo precedentemente verificatisi.
Solo nella remota possibilità che qualcosa fosse andato storto, uno dei suoi uomini aveva l’ordine di fare fuoco su Mycroft. Evidentemente, quindi, qualcosa è andato storto.
Sherlock lo guarda con quell’immutata furia nello sguardo. Benchè il tono della domanda desse a intendere un bisogno di chiarimenti, sembra molto sicuro di quanto stia accadendo.
Qualcosa si rompe in Moriarty. Può lui stesso avvertire il suono dei piccoli pezzi che vanno in frantumi. L’aria diventa improvvisamente pesante da respirare per Jim. La vista gli si offusca, come fosse velata da una strana foschia. Come si trovasse immerso in acque torbide, che gli rendono difficoltoso guardare in faccia il suo avversario.
“James, maledetto idiota!” tuona Sebastiana nella sua testa. “Chi è il pescatore, adesso, e chi la trota?”.
 
 
[1] ‘You’ll follow me down’ -  Skunk Anansie (anche i brani successivi fanno parte di questa canzone).
   
 
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