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Autore: swimmila    29/11/2018    7 recensioni
Oscar ha già tanti difetti di suo che non c’era bisogno che una banda di maneggioni, sia pur di eccellente levatura, gliene attribuisse di altri, oltretutto odiosi.
Ogni tanto meriti di essere difesa, mia splendida, fragile rosa.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Marron Glacé, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ma….piuttosto

L’evidenza fiammeggiava guappa dalla bocca del camino, sciolta come uno scilinguagnolo estraneo in un uditorio indigeno.
Al di qua di un istinto sapienziale, nei guizzi crepitanti del fuoco, due occhi azzurri fermi da un interminabile istante sull’immobile pagina di un libro apparivano come un differimento nello scorrere continuo di una indecifrabile inquietudine. Una dimenticanza sgraffignata in un angolo di un insinuante disagio.
Al di là di un istinto menzognero, in una mente abituata a tacere, solo un crepitare muto in uno sfavillante focolare. Una melodia in do maggiore a interpretare la melanconia dei pensieri. Una pausa, nelle mani, dimenticata in una eccezione di sé.
La notte incedeva grave come il dovere che si trascinava dietro. Cadeva indolente come il ballo a cui doveva partecipare: uguale a quello della sera precedente; identico a quello della sera successiva.
Non erano pensieri che un Colonnello delle Guardie Reali poteva confessare, e infatti non li confessava a nessuno, ma i suoi sforzi per mettere le mani sul ladro del momento erano dettati più dal desiderio di porre fine a quelle interminabili serate che da una limpida brama di giustizia.
Giustizia.
Una parola il cui confine si stava slabbrando come i bordi di una ferita trascurata.
Non li confessava a nessuno, i suoi pensieri.
D’altra parte, non lo confessava quasi nemmeno a se stessa che l’unico sollievo di quelle ore moleste era André. Che sorseggiava con lei dal calice del dovere. Che metteva in sottofondo con la sua retta intelligenza gli sghignazzi istupiditi delle dame e le aperture opportunistiche dei signori.
Ma piuttosto che ammettere quella sua debolezza si sarebbe fatta retrocedere a semplice soldato.
Ma.
Piuttosto….
Chiuse il libro e fermò nella convenzione di un numero il tempo battuto sulla mensola del camino.
….. dove diavolo era?
Prima di rilasciarlo al suo inafferrabile fluire.
 
La speranza nel futuro condensava in nuvole di ardore intirizzito. La sala, un locale di una vecchia chiesa posta alla frontiera fra passato e al di là da venire, incupiva in uno stipato silenzio.
Dall’alto di uno scranno improvvisato su una travatura di legno, l’oratore lumeggiava la folla inebetita dal freddo e dalla fatica. Al di sotto della sua eloquenza: la stessa fame, la stessa incuria a crettare visi e pareti.
Gli uomini sputavano vapori di calore in mani ingigantite dal lavoro, sfregandole come fossero speranze da avvampare. Ma quelle, come ceppi inumiditi, restavano spente e arrossate di pelle sfregata.
Le donne, rattrappite in drappi rattoppati, si stringevano caldo addosso il sonno dei bambini appesi al collo come perle grezze ancora da svelare.
L’oratore riscriveva la Storia graffiandola con la raucedine della foga. Le parole, così sbullettate, si sbriciolavano come muri decrepiti sotto i colpi di una implacabile atetesi e nel cadere rivelavano affreschi ancora umidi di incertezza ma vividi di colore.
Nell’indistinto sabbiato di visi scabri e puntinati come vecchi specchi arrugginiti, spiccavano linde e rosee le gote di moderni San Franceschi che abbracciavano la fede dell’uguaglianza nel diverso calore delle loro stoffe. Macchie spurie in una moltitudine compatta che non si sputavano nelle mani per non rovinare i guanti col loro alito nutrito.
André ascoltava in piedi, incastrato in un angolo che da tempo non vedeva uno scaccino e dove lui usava stazionare nel corso di quei periodici incontri, una nicchia fredda e umida posta in prossimità della porta principale da dove, al termine di quelle riunioni organizzate con la meticolosità dei segreti, poteva uscire fra i primi senza rimanere incastrato nei movimenti irrigiditi degli ultimi. Da dove poteva ritornare in fretta al suo tempo grattato di raucedine e scorticato di Storia.
Di rado si tratteneva a scambiare qualche parola con i presenti dopo che il futuro, disceso dal suo pulpito ancora in fieri, tornava ad essere presente e lui, come per un incanto svanito, un servo in clandestina uscita. E non solo perché il suo tempo lo reclamava a squarciagola. Ma perché quelle volte che lo aveva fatto era tornato a casa ingobbito sotto il peso di un indefinibile senso di disperazione: non gli era piaciuta la luce che aveva visto riflessa negli occhi dei suoi interlocutori: era luce rifatta. Meno ancora le parole che aveva ascoltato uscire dalle loro bocche nelle nuvole di freddo: sembravano i pedissequi echi della concione appena ascoltata, ma senza alcuna personale rielaborazione.
Quella sera, però, era un’altra l’urgenza che lo catapultava fuori dalla chiesa. Nel tentativo di catturare un ladro che da qualche tempo aveva cominciato a svuotare con gusto e maestria le tasche e gli scrigni dei nobili, Oscar si era messa in testa di partecipare a tutti i balli che venivano organizzati nei palazzi dell’aristocrazia, di cui lui doveva stilarle un elenco a cadenza settimanale.
André correva a ritroso verso casa, inseguito dalla mancanza di tempo in un tempo ormai finito.
Quasi poteva sentirla nelle orecchie la voce in ritardo di Oscar chiedersi….
 
“…ma dove sei?”
La vecchia governante sfrecciò in quel momento da un capo all’altro del salotto con fare concitato, tirandosi su le vesti per fare spazio alla fretta dei piedi. Coi panneggi fra le dita, il rigonfiamento delle gonne rivaleggiava con gli sbuffi che tracimavano dalle sue guance già tonde.
“Marie, hai visto André? Stiamo facendo tardi al ballo dei Vaudémont” Più che una domanda sembrava un ordine.
L’anziana donna quasi incespicò nella sua irruenza di botto frenata. Impostò uno sguardo deploratore e modulò il tono fra i più arcigni che potesse.
“Vai a capire cosa gli salta per la testa, pure a lui!” brontolò, gettando il nipote nella pignatta sobbollente dei cicchetti, insieme all’ingratitudine dei tempi che cambiano e alla scapataggine del mondo senza più un criterio.
Oscar scansò la scarica a salve della governante con l’urgente insofferenza della giovinezza. Nelle ultime settimane non era la prima volta che André si assentava senza che qualcuno sapesse dove diavolo si cacciasse. Non che non fosse libero di….certo. Non che…..si, insomma. E comunque stava prendendo l’abitudine di sparire con troppa regolarità per essere solo…..si, ecco…per essere solo…. in un intollerabile ritardo!
“Ma dove accidenti è andato a finire?!” Tuonò, con una irritazione che parve esagerata persino alla contrizione di Marie.
Dalla bocca del camino uscivano suoni inconfutabili in parole alloglotte. Al di là del palcoscenico su cui si agitavano le apparenze, nelle dita di fuoco che schioccavano indiscutibili, una fronte aggrottata e un pensiero temuto su un uomo creduto in un abbraccio amoroso apparivano come il moto geloso di un agonismo turbato. Un neo scoperto su una bellezza sfrontata.
Da questa parte del proscenio, dove la verità è sputata con forza dal profondo di schiette bugie, solo un indecoroso ritardo nell’impeccabilità del dovere. Solo l’indisciplina di un desiderio retrocesso ad inflessibilità di un ordine.
 
L’attesa si allungava nodosa e tirata come le lingue di fuoco che urlavano nel camino.
Quale che fosse la prospettiva di osservazione, da questa o da quella parte delle fiamme, si vedeva sempre il medesimo uomo con la stessa donna ad agitarglisi in testa.
Si annusava una uguale apprensione. Si benedicevano pari improperi.
Erano le quattro del mattino e Oscar non era ancora rientrata.
Quando, al suo ritorno dalla riunione clandestina, sua nonna gli era andata incontro con in mano un forchettone da cucina come un cavaliere con la lancia in resta, André aveva stabilito il nesso fra l’amabile vecchia e la vacanza di César nelle scuderie e come un forsennato era corso a riprendere il cavallo. Sapeva perfettamente a quale ballo era andata Oscar: era lui a prepararle l’elenco delle danze!
Il racconto ancora agitato dei duchi di Vaudémont lo aveva lasciato bagnato di disperazione: il ladro che lui ed Oscar stavano tentando di catturare aveva fatto la sua plateale comparsa fra le membra scalmanate di una giga. Il tempo di lasciare un inchino ai suoi coatti benefattori e si era dileguato dalla vetrata. Oscar si era lanciata al suo inseguimento e da quel momento André ne aveva perso le tracce dal racconto dei duchi.
Era impossibile stabilire in quale direzione fosse andata: non aveva potuto fare altro che ritornare sui suoi passi e attenderne il ritorno.
Il forchettone e la nonna l’attendevano con la veglia del puntiglio sulla porta principale. Lui, invece, aveva guadagnato nottetempo e di soppiatto la dignità dei piani abitati risalendo come un topo dai cunicoli della cantina fino alla voce ormai spenta del camino. L’aveva lasciata muta sotto ceneri d’inedia ancora per un’ora; poi, una volta certo del sonno traditore che aveva colto la furia della nonna, aveva riattizzato ciò che pareva morto e la voce era tornata a parlare.
André era rimasto ad ascoltarla, come incantato.
Da questa o da quella parte della melodia, la stessa angoscia. Lo stesso fuoco nel cuore.
   
 
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