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Autore: Rinalamisteriosa    15/07/2009    8 recensioni
[NaruHina]
Lei pensava di non poter più ballare, di essere inutile senza la sua amata danza, ma un angelo entrerà nella sua vita e la aiuterà a superare questo momento difficile, a capire che la fama non è tutto, che fuori da una sala da ballo o dal palcoscenico di un teatro ci sono tante altre cose da scoprire ed amare.
- Seconda classificata a parimerito con Only_Me al Contest "Maybe a Dream" indetto da keli -
Genere: Generale, Triste, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ad Ayumi Yoshida, la madrina della fic.

A keli, la giudice.

E a quanti leggeranno.

Grazie di <3

 

 

 

Autore: Rinalamisteriosa

Titolo: You Are The Passion In Me

Personaggi/Pairing: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki / NaruHina

Famoso per: danza classica

Genere: generale, sentimentale, triste, leggermente commedia

Rating: verde

Avvertimenti: AU

Introduzione: Lei pensava di non poter più ballare, di essere inutile senza la sua amata danza, ma un angelo entrerà nella sua vita e la aiuterà a superare questo momento difficile, a capire che la fama non è tutto, che fuori da una sala da ballo o dal palcoscenico di un teatro ci sono tante altre cose da scoprire ed amare.

 

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You Are The Passion In Me

 

Prologo

 

Si sollevava sulle punte di gesso, teneva le braccia alzate fino a sfiorare le dita di una mano con quelle dell'altra, volteggiava con grazia ed eleganza come una principessa delle fate.

I capelli scuri e lucenti erano raccolti in un accurato chignon cosparso di brillantini d'argento.

Era la regina del teatro in cui si esibiva; indossava un elegante vestitino rosa sfavillante e il pubblico la guardava incantato e ammirato al tempo stesso.

Era eterea nei lineamenti, aggraziata nel portamento; era bellissima ed era felice per il conseguimento di un sogno inseguito dalla più tenera età, tra fatiche e soddisfazioni.

Essere una famosa ballerina di danza classica, amata e rispettata da tutti.

Ma lei non avrebbe mai immaginato che un errore, un passo falso, potesse infrangere in mille pezzi tutte le sue gioie e le sue speranze.

Una distrazione, una caduta accidentale dal palco e un dolore lancinante al ginocchio della gamba destra; così forte da annebbiarle la vista tra le lacrime, così doloroso da renderla incosciente nel momento in cui si sentì sorreggere dalle braccia di qualcuno - uno sconosciuto?! - e portare via dagli spettatori urlanti e preoccupati.

Una corsa in ospedale nel sedile posteriore di un'automobile, un ricovero urgente e una difficile quanto delicatissima operazione al menisco.

Lei pensava di non poter più ballare, di essere inutile senza la sua amata danza, ma un angelo entrerà nella sua vita e la aiuterà a superare questo momento difficile, a capire che la fama non è tutto, che fuori da una sala da ballo o dal palcoscenico di un teatro ci sono tante altre cose da scoprire ed amare.

 

Capitolo I

Non potrò più danzare

 

Durante l'intervento era sotto anestesia, quindi non poteva conoscere la gravità dei danni riportati.

Quando riuscì a svegliarsi era confusa e spaesata, ma non c'erano dubbi sul fatto che si trovasse in un letto d'ospedale.

Un cuscino alto, dalla federa bianca, le sosteneva il capo.

Mosse di poco le braccia e tastò la consistenza del materasso sotto di lei.

Quando provò a muovere anche le gambe, una specie di paura si impadronì di lei: non ci riusciva!

O meglio, una la spostò a malapena, ma l'altra non la sentiva più.

Alzò di scatto il busto per guardare le sue condizioni: in una - quella sinistra - aveva un gesso che partiva dalla caviglia e avvolgeva tutto il piede. La gamba destra, quella messa peggio, era immobilizzata al letto con delle strane e strette corde trasparenti e recava un altro gesso con una grande fasciatura di garze con residui di sangue sopra il ginocchio operato.

"C-che... Che...?" mormorò piano, con voce acuta e una mano all'altezza del mento.

Regolò il respiro irregolare e il battito del cuore accelerato per la paura.

Chiamò qualcuno, col tono di voce più alto, sperando di vedere la porta aprirsi presto, magari con un medico pronto a tranquillizzarla, a dirle che andava tutto bene e che avrebbero levato subito quelle "cose" dalle gambe, cosicché potesse tornare a dedicarsi alla sua passione, ad esibirsi a teatro.

Ad accorrere al richiamo fu un'infermiera che, silenziosa, la fece stendere di nuovo.

"E' importante che non si agiti troppo, stia ferma!" le spiegò con tono gentile, sistemandole i capelli lunghi sparsi per il cuscino e rassettandole le pieghe del camice verde che portava indosso.

"Ma... ma non è grave, vero? Po-potrò alzarmi?" domandò, cercando in tutti i modi di obbedire e di stare il più possibile tranquilla.

"Sarà il dottore a dirvelo, io non lo so. Non so nulla."

"Allora lo faccia venire!" esclamò, prendendo coraggio.

Non era da lei mostrarsi così sicura, ma essere informata costituiva un suo sacrosanto diritto.

L'infermiera estranea le rivolse un'occhiata materna, quasi compassionevole, e annuì.

"Dovrebbe arrivare a momenti."

 

*****

 

Per fortuna non dovette aspettare che qualche minuto.

Il dottore era appena entrato nella stanza, con le mani affondate interamente nelle tasche dell'opzionale camice bianco e uno sguardo fin troppo serio.

"Signorina Hyuuga" iniziò, con un tono di voce che metteva i brividi.

Hinata inclinò la testa sul cuscino quel tanto che bastava per poterlo guardare in faccia, per fronteggiare quegli occhi indecifrabili: aveva la fronte aggrottata e dei rossi capelli arruffati.

"Ieri sera, verso le 21, è stata operata d'urgenza al ginocchio destro. Ci vorrà del tempo perché le ossa si aggiustino da sole: noi abbiamo solo cercato di sistemarle 'alla meno peggio'." la informò. "Il gesso alla caviglia sinistra, invece, è per slogatura. Tra tre giorni lo toglieremo."

"E quando potrò tornare a ballare?" domandò, speranzosa.

La speranza è l'ultima a morire... o no?

"Lei non potrà più ballare."

Ci fu un attimo di silenzio.

Le pupille chiare si dilatarono a quella notizia per lei sconvolgente: sentì una parte di se stessa - della sua anima - spezzarsi in due, mentre un'altra stentava a crederci e la incitava a domandare. Ancora.

"C-co-come sarebbe a dire?! E... e nemmeno con le vostre cure ospedaliere io..."

"No" negò quello. "Tra qualche tempo, tra cure e riabilitazione, potrà tornare a camminare con le stampelle. Ma non potrà fare sforzi, almeno finché il ginocchio non si ristabilirà del tutto; potrebbero volerci anni, indi per cui la vostra carriera di ballerina finisce..."

"No" mormorò appena lei.

"...qui" terminò il medico.

Gli occhi le si inumidirono di pianto, la bocca restò dischiusa e tremante e il mondo - il suo mondo - le crollò inesorabilmente addosso.

Anni e anni di fatica e lavoro andati in fumo!

Si disperò, e quasi non avvertì la vicinanza della gentile infermiera dal caschetto castano e il medico che, prima di uscire, aveva esitato sulla soglia della porta, come se volesse aggiungere qualcosa di buono che non infierisse ulteriormente.

Ma lasciò perdere: con tutti i pazienti che aveva visto piangere, ormai ci aveva fatto l'abitudine.

Le scene strazianti erano all'ordine del giorno, in quell'ospedale.

 

"Su, cara, si faccia forza!" le disse dispiaciuta l'infermiera, accarezzandole piano la testa. "Supererà questo momento."

Lei parlò di nuovo, tra le lacrime.

"Non mi ha dato speranze. E' finita. E poi... dov'é la direttrice dell'Accademia?! Dove sono le mie compagne? Perché nessuno si preoccupa per me? Pe-perché?"

Strizzò gli occhi.

"Non saprei" sospirò l'infermiera; poi si ricordò di una cosa importante.

"Non è vero! Qualcuno che si preoccupa per lei c'è. Eccome! Mi riferisco al biondino che l'ha portata qui, in ospedale. La teneva tra le braccia: aveva l'affanno e uno sguardo veramente preoccupato. Io ero presente quando si è accalorato e ha gridato di chiamare un medico. Ho fatto come ha detto, e alcuni medici - compreso quello che ha visto prima - l'hanno presa, e lui ha riferito che sarebbe passato questo pomeriggio, per vedervi. Chi è? Il vostro fidanzato?"

Hinata, ancora in lacrime e leggermente incredula, scosse il capo.

Non era fidanzata e non sapeva chi fosse il suo misterioso soccorritore.

Nel pieno del suo dolore, però, dovette ammettere che gli era grata.

Sì.

Ma come avrebbe continuato a vivere senza la sua amata danza?

Sarebbe stato meglio morire.

A furia di singhiozzare, le stava quasi venendo la nausea.

La premurosa e giovane donna accanto a lei le porse un lindo fazzolettino ricamato.

"Allora non mi intrometto, stia tranquilla! Vado a vedere se è arrivato, così lo faccio salire. Un ringraziamento se lo merita proprio, non trova anche lei?"

Un groppo alla gola impedì ad Hinata di risponderle. Afferrò educata il fazzoletto e, mentre lei usciva, tentò di asciugarsi gli occhi ancora bagnati.

Era così difficile smettere.

Singhiozzò più forte, stringendo i denti e coprendosi il volto con le mani.

Sarebbe stato meglio non vedere nessuno, ma - forse - questo ragazzo conosceva la direttrice.

Magari era stata proprio lei a mandarlo in suo soccorso.

E se così fosse stato, quale espressione avrebbe mostrato a lei e alle sue compagne di corso quando sarebbero venute a visitarla?

Non poteva muoversi dal letto, non poteva fare nulla.

Era inutile, ora come ora.

L'effetto dell'anestesia alla gamba operata stava pian piano svanendo, e cominciava a sentire anche dolore.

Un dolore che, però, era niente se paragonato a quello della sua anima frammentata.

 

*****

 

Il ragazzo fece manovra per occupare un posteggio, spense il motore, tolse la chiave, scese dalla sua bella macchina sportiva e chiuse la portiera.

Sbadigliando, stiracchiò le braccia in alto: quella notte non aveva chiuso occhio, aveva continuato a pensare a quella meravigliosa ballerina che era stata tanto sfortunata da cadere dal palco.

E lui, a differenza di altri che urlavano o emettevano sussulti preoccupati, si era alzato deciso dalla sedia e l'aveva raggiunta correndo.

Non era esperto di fratture ma, inchinatosi, aveva avuto subito la sensazione sgradevole che lei stesse veramente male, e non poteva lasciarla lì, a terra, a contorcersi dalla sofferenza.

Così, guidando la macchina a rotta di collo, l'aveva accompagnata svelto all'ospedale più vicino.

 

"Oh, eccoti qui!"

L'esclamazione di sorpresa dell'infermiera lo risvegliò dai suoi pensieri.

Il biondino non fece in tempo a muovere i primi passi all'interno del vasto androne della struttura ospedaliera che venne strattonato da un braccio e condotto verso l'ascensore più vicino.

"Ehi! Perché tutta questa fretta?" domandò, imbronciato e un po' sgarbato.

L'infermiera lo fulminò con lo sguardo, pigiò il bottone del terzo piano e attese che la porta automatica si chiudesse per parlare.

"Quella ragazza è ridotta davvero male. Non so perché ma sono sicura che, vedendoti, si sentirà meglio."

"Oh! E perché proprio io?! Cioè... neanche mi conosce. Io non sono nessuno per quella ballerina fantastica: solo un fan che appena può, nel tempo libero, va ad assistere ai saggi o ai vari spettacoli della sua compagnia."

L'ascensore si fermò e quella donna - senza proferire altro - lo strattonò nuovamente.

"Ehi!!" si lamentò. "Posso arrivarci da solo. Davvero! Non c'è bisogno che..."

"Sssh!" comandò il silenziò lei, mettendosi un dito davanti alla bocca.

"Apra." disse sottovoce, mimandogli il gesto.

"Che infermiera strampalata!" si trovò a pensare.

Erano fermi in prossimità di una porta bianca chiusa: il biondo sbuffò e abbassò la maniglia nera, aprendo piano la porta.

Fu subito colpito da forti singhiozzi acuti.

"Si è rotta il ginocchio. Sarà difficile che torni a danzare." gli bisbigliò la bruna all'orecchio di fronte alla sua espressione allibita e dispiaciuta.

Adesso era rimasto senza parole, non sapeva che dire.

Si sentì spingere all'interno della stanza e, dietro di lui, si udì lo scatto della serratura della porta che si chiudeva.

A questo punto Hinata aprì gli occhi lucidi e già arrossati e li puntò in direzione dell'estraneo che, grattandosi la testa imbarazzato - e forse emozionato -, si avvicinò cautamente al letto.

Fu allora che i loro sguardi si incrociarono.

 

 

 

 

 

*-*-*-*-*

Note dell’autrice: Eccomi qui con una NaruHina alternativa, che ha partecipato al Contest "Maybe a Dream" classificandosi seconda a parimerito ^O^

I personaggi principali non mi appartengono, sono mie solo le comparse (soprattutto l'infermiera, dolce con Hinata e intransigente con il povero Naruto XD).

Ho pensato al dottore come a un sosia di Gaara... chissà se l'ho reso abbastanza credibile… XD

Mi è stato detto che le operazioni al ginocchio sono difficilissime, e che non sempre si ha la fortuna di riprendere a camminare: così è nata l'idea dell'incidente e di tutte le conseguenze che ha provocato, conseguenze che all'inizio sono state prese male dalla giovane Hinata ma che poi, grazie ai continui incoraggiamenti del biondo, lei è riuscita ad accettare.

E così ha capito che la fama non è tutto, nella vita! ^_^

Spero vi sia piaciuto il primo capitolo di questa mini longfic: il prossimo sarà l'ultimo, e avrà anche un piccolo epilogo.

 

Complimenti a tutte le altre partecipanti: appena posso leggerò le vostre storie, contateci! *occhiolino*

 

Commenti, critiche e consigli di qualsivoglia genere saranno accettati se aiutano la sottoscritta a migliorare.

 

Un bacione!

Rinalamisteriosa

 

 

 

  
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