#Writober
2018 ~ Blue list ~ 30 ottobre:
Fluff
Prompt:
1. Barattolo di
cioccolata
Numero parole: 500
Nota: In ritardo per il writober, giunge
finalmente l’ultimo capitolo, che partecipa alla «4 DAYS - tema: comico&romantico
- III Edizione» indetta dal forum Torre di Carta.
Se tutto va bene, per Natale ho
un’idea su questa famigliola adorabile che vorrei scrivere, quindi grazie a chi
mi ha seguita e rimanete in fiduciosa attesa =D
«No, Hikari, adesso
basta», scuote pazientemente il capo Masaki, chiudendo il barattolo di
cioccolata davanti agli occhioni sgranati del bimbo e alla sua boccuccia
socchiusa. Poi Hikari lo indica con il ditino e l’adulto nega nuovamente,
riponendo l’oggetto sul tavolo di legno, lontano dalla sua portata.
«Sei ancora molto
piccolo per capire, ma troppa cioccolata ti fa male al pancino. Mi dispiace,
tesoro», decide dispiaciuto, voltandosi per cercare qualcos’altro che possa
attirare l’attenzione del figlioletto di un anno. Allora Hikari emette un suono
a metà fra un lamento acuto e un tentativo di comunicare il suo desiderio,
poiché nella sua mente ancora semplice e ristretta non vuole che la mamma lo
ignori, interpretando quel momentaneo allontanamento come qualcosa che lo
disorienta. Comprime forte le labbra piccine, le riapre e finalmente articola le
sillabe che tante volte il genitore ha cercato con dolcezza di insegnargli.
L’uso della parola, per la prima volta in modo corretto, fa ritornare Masaki
indietro, che a stento riesce a trattenere l’emozione inspiegabile di sentire il
suo piccolo chiamarlo mamma. A questo
punto vorrebbe premiarlo con il barattolo di cioccolata che gli ha negato poco
prima, ma il suo istinto lo porta immediatamente a prenderlo in braccio, a
coccolarlo e a riempirlo di bacini, perché lo adora immensamente, perché lo
rende felice davvero e perché sarebbe bello convincerlo a dire anche papà, in modo da poter fare una gradita
sorpresa a Hiromu appena torna dalla sua giornata lavorativa.
Vedere
i suoi cari con il viso impiastricciato di cioccolata non è qualcosa a cui
Masaki ha assistito spesso, per cui gli viene spontaneo ridere, non per
prenderli in giro, assolutamente, ma perché sono più buffi e carini del
solito.
Certamente
non sarà divertente smacchiare la camicia bianca di Hiromu, che Hikari ha
inconsapevolmente sporcato con le sue manine, però a suo figlio perdonerebbe
qualunque cosa pur di osservare quel sorriso puro e luminoso sul suo visino
dalle guanciotte soffici.
«Mama!» esclama candidamente, tendendo le
corte braccia verso di lui e sembra già essersi abituato a pronunciare quel
nomignolo significativo, pur avendolo detto per la prima volta solo da un paio
d’ore.
«Bravo,
Hikari! Adesso dì Papa».
«Papa!» esulta subito il piccolino,
mentre Masaki annuisce ripulendogli amorevolmente il musetto sporco di
cioccolata con il bavaglino.
«Masaki,
Hikari è davvero bravissimo! Sento che sta per scoppiarmi il cuore…» si commuove
Hiromu, sempre tenendolo in braccio.
«Hiro-san,
lui è tuo figlio ed è intelligente, veramente te ne
sorprendi?».
«Dimentichi che è
anche tuo figlio e ha la tua stessa dolcezza, che io amo» replica l’altro, non
perdendo la ghiotta occasione di imbarazzare il suo compagno: con le guance
imporporate per lui è il più dolce del mondo, persino più del
cioccolato.
Hikari si è
finalmente addormentato nella culla e il barattolo di cioccolata, quello che ne
resta, viene spartito equamente fra i due coniugi.
«Alla fine mi sono
sporcato anch’io», sospira piano Masaki, adocchiando la manica della maglia
larga.
«Mi sembra giusto»,
ghigna Hiromu, avvolgendolo in un piacevole e caldo abbraccio.