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Autore: Damarwen    30/11/2018    9 recensioni
“Sono innamorata di te.
Lo sono da così tanto che faccio fatica a ricordarmi cosa voglia dire non amarti.
Cosa voglia dire non essere succube di ogni tuo respiro.
Dipendente da ogni tuo sguardo”
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Non so che dire...
Sarà l’avvicinarsi del Natale, i primi freddi.
Non ne ho idea.
So solo che mi vengono in mente più storie di quante io riesca a scrivere.
quindi appena ho un attimo mi siedo e lascio che le mie dita corrano sulla tastiera.
Questa storia è nata così, di getto, senza un preavviso.
Sperando che possa emozionarvi anche solo un po’, vi auguro buona lettura.
E fatemi sapere cosa ne pensate...


Forse un giorno ti accorgerai...


C’è qualcosa che non va.
È tutto il giorno che mi guarda in modo strano.
Intuisco i suoi occhi scrutarmi.
Intravedo timidi sorrisi ebeti farsi strada sull’imbarazzo del suo volto.
Mi ritrovo in questo stupido pub, con una stupida birra tra le mani.
Ad osservare con timore lo stupido ragazzino che dovrei costringermi ad amare.
Che non riesco ad amare.
Malgrado ogni mio sforzo.
Ogni mio fallimentare tentativo.
Mi sorride.
Le guance arrossate.
Ordina un’altra birra.
Ne beve un sorso.
Prima di abbandonarla sul tavolo pieno di briciole.
Da un morso svogliato al panino.
Mastica con la bocca aperta.
E mi da fastidio.
Così come la schiuma che fuoriesce dal bicchiere.
Il vociare assordante che regna in questo posto.
La musica dozzinale.
Mi da fastidio lui.
-    “Ieri hai visto la partita di Quidditch?
   È stata pazzesca…”
Lo dice eccitato.
Con la bocca ancora piena.
Tra un morso e l’altro.
Cercando un qualsiasi argomento che gli permetta di intavolare una conversazione.
Si interrompe.
Mi guarda.
E a me non frega niente del Quidditch.
Non frega niente di sentire quello che ha da dirmi.
Non frega niente nemmeno di lui.
E mi detesto.
Per essere in questo posto a parlare di idiozie.
Per continuare a dirgliele, delle idiozie.
Per non trovare il fottuto coraggio di ammettere a me stessa quello che ormai dovrebbe essere chiaro.
Sto seguendo un copione scritto male.
Da un commediografo scadente.
Inventato per la mia vita da chi di me non conosce nulla.
Ron si tormenta le mani.
Vuole dirmi qualcosa.
E io prego solo che non lo faccia.
Così come prego sempre che tutto, con lui, finisca in fretta.
Le conversazioni.
Le giornate.
Il sesso.
È tutto sbagliato.
La mia vita è sbagliata.
Armeggia nelle tasche.
Le sue guance diventano più rosse. 
In una timida imitazione dei suoi capelli perennemente spettinati.
Si interrompe un attimo.
Sembra aver trovato quello che cerca.
Si alza.
Mi raggiunge.
Cerco di trattenere un’espressione di disgusto.
Si inginocchia.
Senza preavviso.
Senza darmi il tempo di architettare un altro stramaledetto piano per sfuggirgli.
Mi si incastra il fiato nella gola.
Mentre una scatoletta di velluto blu si apre con uno scatto tra le sue dita.
E mi ritrovo ad assistere impotente ad uno  squallido spettacolo, frutto di ore di prove.
Mi sento svenire.
Lui mi guarda.
Con il viso pieno di speranza.
E gli occhi lucidi.
Mi alzo di scatto.
Faccio cadere la sedia.
Il suono secco del legno sul pavimento putrido interrompe il vociare per un istante troppo lungo.
Tutti mi guardano.
Poi ci guardano.
E capiscono.
Così come ho capito io.
-    “Vuoi sposarmi, Hermione?”
Me lo chiede in un bar di periferia.
Tra i primi ubriachi e gli ultimi nottambuli.
Soffocato dal gracchiare eccitato del cronista di una partita.
Con una povertà di immaginazione che finalmente mi prende a schiaffi.
Indietreggio.
Mi metto una mano sulla bocca.
Non è emozione.
È voglia di vomitare.
Sento una lacrima bagnarmi il viso.
Cerco una qualsiasi cosa che possa permettermi di non rovinare a terra.
La trovo in un tavolo poco distante.
Lui mi guarda.
Appoggiata in modo instabile sul piano di legno unto.
Forse sembra davvero innamorato.
Non come me.
Costretta dalle apparenze.
Da quello che tutti si aspettano dalla “più brillante strega della sua età”
Mi manca l’aria.
Raccolgo quell’ultimo briciolo di lucidità che ancora mi permette di respirare.
Indietreggio di un passo.
Poi di un altro.
E ancora uno.
Scappo fuori.
Lascio che la porta sudicia si chiuda alle mie spalle.
Mentre l’aria gelata di Londra si intrufola nei miei polmoni.
Stringo la sciarpa intorno al collo.
E corro.
Verso quello che avrei dovuto fare già molto tempo fa.
Fermo un taxi in mezzo alla strada.
Supero con poco garbo una donna avvolta nella sua elegante pelliccia di visone.
Mi siedo con prepotenza sul sedile posteriore.
Sbatto la porta mentre lei mi urla qualche insulto che non riesco a capire.
Recito a memoria l’indirizzo al tassista.
Gli intimo di fare in fretta.
E la macchina corre sulle strade che mi sembrano perdere i loro contorni definiti.
Le palazzine si fanno mano a mano meno eleganti.
Le strade più sporche.
L’aria più densa.
Il taxi si ferma davanti ad una casa uguale a tutte le altre.
Nascosta in mezzo ad un quartiere uguale a mille altri.
Lascio una banconota troppo grossa all’uomo seduto al volante.
Mi guarda con un’espressione carica di scuse.
Non ha il resto.
Non mi importa.
Sbatto la portiera.
La macchina si allontana con il suo bottino inaspettato.
E io mi ritrovo qui.
Davanti all porta a cui ho bussato tante volte.
Senza il coraggio di sollevare la mano.
E di farlo ancora.
Mentre arabeschi di vapore si fanno strada fuori dalla mia bocca.
Sento la chiave girare nella serratura.
E il cuore martellarmi imprigionato dalle costole.
La porta si apre.
La tua figura nera ed elegante conquista il mio sguardo.
Sempre perfetta.
Immobile.
Ed irresistibile.
Non sei cambiato.
Nemmeno un po’.
Sorrido.
Anche se avrei solo voglia di piangere.
Di farlo tra le tue braccia.
Sfiorata da quel tocco magnifico che poche volte ho assaporato e che troppe ho desiderato.
-    “Devo chiederti di entrare?”
La tua voce è fredda.
Come sempre.
Eppure mi scalda l’anima.
Annuisco in silenzio.
Ho paura di non essere più in grado di parlare.
Ti scansi leggermente.
Con un gesto elegante indichi il soggiorno che si apre alle tue spalle.
L’odore di te mi entra nella gola, mi satura i polmoni, mi intorpidisce i sensi.
Guadagno il centro della stanza che sogno ogni notte.
Custodita da una libreria stracolma di libri vissuti.
Intrisa del sapere che tanto mi affascina.
Intrisa di te e di tutte le storie che non hai mai raccontato.
Chiudo la porta.
Tu raggiungi il tavolo ingombro di pergamene.
Ti appoggi stancamente sul bordo.
Incroci le braccia.
Senza parlare.
Aspetti che sia io a farlo.
Come hai sempre fatto.
Con il viso disegnato da quell’espressione di distacco che è sempre riuscita ad eccitarmi.
-    “Ron mi ha chiesto di sposarlo…”
Lo vomito fuori di fretta.
Senza pensare.
Faccio una pausa.
Tu sollevi un sopracciglio.
Sciogli il nodo delle tue braccia.
Ti volti.
Ti dirigi verso il tavolino che troneggia davanti alla tua poltrona di pelle sgualcita.
Afferri la teiera di peltro ancora fumante.
-    “Vuoi una tazza di tè?”
Mi domandi atono.
Senza un briciolo di trasporto.
Senza la minima inflessione nella voce.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime.
Stringo i pugni.
-    “Hai sentito cosa ti ho detto, Severus?”
Ti volti.
Il tuo sguardo è privo di espressione.
-    “Si.”
Dici semplicemente.
Prima di girarti ancora, afferrare una tazza e riempirla del liquido ambrato e bollente.
Me la porgi.
La porcellana scheggiata mi brucia il palmo della mano.
-    “Non hai nient’altro da dire immagino…”
Cerco di ricacciare indietro le lacrime.
Di non permettere al pianto di impossessarsi del mio respiro.
-    “Dovresti accettare, Hermione.”
La tua voce vanifica ogni mio tentativo di autocontrollo.
Sento la rabbia farmi formicolare le braccia.
Scaravento la tazza per terra.
Il pavimento si riempie di schegge bianche e di acqua bollente.
-    “Maledizione Severus! Che cazzo hai al posto del cuore?”
Faccio una pausa.
Cerco il tuo sguardo che trovo puntualmente.
Nero ed immobile.
-    “Cosa facciamo? Preferisci che vada via subito o vuoi farti un’ultima scopata sul pavimento?”
Te lo sputo in faccia.
Perché farei qualsiasi cosa per averti anche solo un’altra volta.
Incroci le braccia.
Di nuovo.
Le lacrime trovano una strada sulle mie guance.
La vista si sfoca leggermente.
-    “Non sono l’uomo giusto, Hermione.”
Lasci passare un tempo infinito prima di dirmelo.
E io ti guardo.
Sono innamorata di te.
Lo sono da così tanto che faccio fatica a ricordarmi cosa voglia dire non amarti.
Cosa voglia dire non essere succube di ogni tuo respiro.
Dipendente da ogni tuo sguardo.
Da quando la guerra è finita.
E hai dimostrato al mondo chi sei.
Chi sei sempre stato.
Da quando, devastati dalla battaglia, siamo tornati a ridar forma ad una vecchia scuola distrutta.
E non doveva succedere.
Ma avevamo visto tutti troppo male.
Se solo non fossi mai scesa nei sotterranei quell pomeriggio.
Se solo non ti avessi chiesto quel libro.
Avrei potuto continuare a pensare di amare Ron, senza mai conoscere la differenza.
E invece te l’ho chiesto quel maledetto libro.
E tu me lo hai dato.
E mi hai sfiorato la mano.
Avevi la voce roca, contraffatta dai postumi del morso di Nagini.
Hai aperto il libro.
Non so perché lo hai fatto.
Hai cominciato a leggere.
A spiegarmi quelle poche righe con una padronanza disarmante.
È stata la tua cultura a farmi innamorare di te.
Prima ancora dei tuoi occhi.
Del tuo odore.
Del suono della tua voce.
Da quel giorno ho cominciato a fingermi una ragazzina desiderosa di sapere.
Mentre invece desideravo solo te.
E tu hai capito.
Non sei mai stato uno stupido, Severus.
Spaventato.
Impreparato a quel sentimento così assurdo.
A quel calore.
Ma non stupido.
È cominciata per gioco ed è finita in passione.
Pura, travolgente, inverosimile.
E necessaria.
-    “Ho provato ad essere felice Severus.
A farmi andare bene le cene con gli amici, le partite di Quidditch, il sesso fatto monotonamente il sabato sera, la casa piena di gente che urla, i pranzi in famiglia, le risate al pub... a farmi andare bene Ron.
Ci ho provato!
Ma io voglio le serate a leggere davanti al camino, voglio una casa piena di libri che ancora non riesco a capire, voglio il sesso impaziente fatto sul tavolo, i silenzi infiniti.
Io voglio te…”
Mi interrompo.
Trovo la forza di invadere i tuoi occhi pieni di fiamme nere.
Di nuovo.
-    “Ti amo Severus. E non posso farci niente.”
Mi guardi.
Accenni un sorriso obliquo.
Cerchi di caricarlo di tutto il distacco di cui sei capace.
Di tutto il sarcasmo che ti caratterizza da sempre.
E io vorrei solo piangere.
Davanti a te.
Non lo faccio.
-    “Dimmi che sono stata solo una scopata delle tante.
Che tutti i tuoi baci erano solo finzione. I tuoi sussurri a fior di labbra.
Dimmi che mi hai ingannata.
Che mi hai usata, finché ti sono servita a soddisfare il tuo piacere e che adesso non ti servo più…”
La mia voce si alza.
La sento vibrare in una stanza densa di polvere.
Mi avvicino.
-    “Dimmi che non ti è mai importato niente di me.
Che non vedi l’ora che esca da questa maledetta stanza.
Di liberarti della mia presenza.
Dimmi che ti faccio pena.
Che sono solo una stupida ragazzina che ti sei scopato per passare il tempo.”
Urlo.
Ti raggiungo.
Stringo i pugni.
Li batto con forza sul tuo petto.
-    “Dimmi che non mi ami!...che non mi hai mai amata…dammi una stramaledetta ragione per odiarti Severus!”
Lo dico piangendo.
La disperazione ha vinto sul mio orgoglio.
E io mi sento vuota.
E distrutta.
Mi afferri le mani.
Le blocchi per un istante.
Mi libero con stizza.
Mi allontano.
Ti guardo ancora una volta.
E tu resti immobile.
Intrappolato nell’immagine che ti rappresenta.
Mi volto.
Inforco la sciarpa che entrando ho buttato sulla sedia.
Mi dirigo verso la porta.
Con il cuore distrutto.
Cercando un piano squallido per ricomporre i cocci della mia vita sterile.
-    “Non posso dirtelo...”
La tua voce interrompe il mio sgomento.
Mi fermo.
Mi giro lentamente.
Ti guardo.
Hai conquistato il centro della stanza.
Le braccia lungo i fianchi.
Gli occhi lucidi.
Resti immobile.
Come ci resto io.
Terrorizzata dall’idea che tu non abbia mai detto nulla.
Di aver solo immaginato la tua voce.
Abbassi lo sguardo per un istante.
Poi lo punti di nuovo nel mio.
-    “Non sono sicuro di saperti rendere felice, Hermione…”
Lo dici con una voce diversa.
Quella con cui parlavi la prima volta che abbiamo fatto l’amore.
Sul divano del tuo studio nei sotterranei di Hogwarts.
Quando nessuno dei due poteva spiegarsi quello che era appena successo.
Nessuno dei due poteva confessarsi di desiderarlo da tanto tempo.
E mi sorridevi.
Tu, l’arcigno professore di pozioni.
A me, la studentessa perfetta.
Che per il tempo di un’ora buca eravamo diventati un noi.
Sento nuove lacrime rigare le mie guance.
Sono così diverse da quelle di prima.
Così calde.
Avvolgenti.
Ti avvicini.
Mi stringi.
E io resto immobile tra le tue braccia.
Affogata nell’odore della tua pelle che mi fa sentire in pace con il mondo.
In balìa del tuo respiro che mi spettina i capelli.
E mi sento felice.
Dopo tanto tempo.
E libera.
Chiudo gli occhi.
Stringo le mani sulla stoffa della tua casacca.
Cercando di tenerti più vicino.
Di farti mio.
Ancora di più.
Mi prendi il viso tra le mani.
Lo allontani.
Mi guardi.
-    “Non sposarlo, Hermione!”
Sussurri.
Prima di baciarmi la fronte e le guance bagnate.
Mi sollevi il mento con le dita.
I tuoi occhi sono così vicini da bloccarmi il fiato.
Le tue labbra sono così vicine.
E tu sorridi.
Questa volta del sorriso che scalda i miei sogni.
Quello vero.
Quello che non lasci uscire quasi mai.
Mi baci.
Il tocco delle tue labbra mi fa vibrare fin dentro all’anima.
Mentre il suono della tua voce conquista l’aria che profuma di te.
-    “Non so se sono capace di renderti felice…ma lasciami provare!”

********* 

Hai gli occhi gonfi.
Sono pieni di pianto.
E di paure che non hai mai lasciato scappare.
Le tue mani tremano mentre cerchi di non piangere.
Di non lasciarmi riconoscere il tuo dolore.
Anche quando me lo sbatti in faccia.
Comunque non fino in fondo.
Perché sei orgogliosa.
Anche adesso.
Davanti a me.
In questa stanza anonima.
Con gli occhi saturi di lacrime.
E io ti mento.
Ancora una volta.
Ti allontano dalla mia anima.
Dove invece vorrei tenerti rinchiusa per sempre.
Perché non sono l’uomo giusto.
E lo so.
L’ho sempre saputo.
Anche nell’aula umida in cui, in un pomeriggio d’inverno, non sono stato in grado di respingerti.
Avrei dovuto essere forte allora.
Per non costringermi a doverlo essere adesso.
Quando è troppo tardi.
E guardo i tuoi occhi vomitare un tormento senza nome.
Mentre cerco di salvarti.
Da me.
Dalla mia vita di ombre.
Dalla storia sbagliata che mi porto appiccicata addosso.
Distruggo con parole taglienti fino all’ultimo centimetro del mio amore.
Per provare a proteggerti.
Spingendoti tra le braccia di un ragazzo normale.
Capace di darti una vita degna del nome che porta.
Ma tu sei troppo testarda.
Vuoi di più.
Hai sempre voluto di più.
E io cerco una freddezza che non sono capace di trovare.
Perché l’ho persa.
Su un divano sgualcito, in un ufficio buio, nella pancia di un castello immenso, in mezzo ad una giornata piena di vento pungente.
Perdonami, Hermione.
Per quello che ti ho fatto.
Per quello che mi sono fatto.
Per averti guardata.
Desiderata.
E amata.
Pensando di non poter amare mai più.
Sottovalutando un cuore che pensavo distrutto.
Incapace di fremere ancora.
E che invece si è messo a battere.
Per te.
Come non aveva mai battuto prima.
E non avrei voluto.
Non avrei dovuto.
E adesso sei qui.
In mezzo al soggiorno logoro della mia casa logora, nel centro di un quartiere logoro, abitato da persone logore.
Come me.
E mi sputi in faccia un sentimento che ti sgualcisce l’anima.
Che non ti lascia respirare.
-    “Vuoi farti un’ultima scopata sul pavimento?”
Lo chiedi con gli occhi pieni di rabbia.
E io vorrei solo strapparti quella maglietta di dosso.
Affondare le mani nei tuoi capelli.
E le labbra nel tuo seno.
Vorrei solo farti mia.
Almeno un’altra volta.
Anche se non posso.
Perché ti meriti più di me.
Più di questo schifo di casa polverosa.
Più dei miei silenzi infiniti.
Più della mia vita sterile.
-    “Non sono l’uomo giusto, Hermione…”
Lo dico.
E muoio dentro.
Ancora un altro po’.
Distruggendo le ultime briciole del mio cuore.
Le poche ancora scampate allo scempio della mia vita.
Mi urli in faccia.
Cercando di dipingermi la finzione della tua esistenza.
Mi raggiungi.
Mi percuoti il petto con i pugni chiusi.
E io provo a restare immobile.
Impassibile.
-    “Dimmi che non mi ami…che non mi hai mai amata…dammi una stramaledetta ragione per odiarti Severus!”
Mi guardi.
E io mi lascio trafiggere dai tuoi occhi gonfi di lacrime.
I tuoi occhi troppi giovani.
Troppo limpidi.
E troppo grandi.
Ti volti.
Afferri con rabbia la sciarpa che hai buttato malamente su una sedia.
Ti incammini verso la porta.
E io mi sento morire.
Perché sei diventata necessaria.
Senza un preavviso.
Senza una ragione.
E io non sono capace di abbandonarti ad una vita che detesti.
Perché non sono abbastanza forte.
Non sono abbastanza uomo per lasciarti andare via.
A cercare la felicità.
Stringo i pugni fino a farmi male.
Perché vorrei proteggerti.
E non so come farlo.
Mi trovo senza un libretto di istruzioni a dover costruire la tua vita.
E allora mi soffermo a ricordare le tue lacrime.
Cercando di capire tutte le parole che mi hai detto in questa mattina umida.
Forse non sarò in grado di regalarti la vita che vuoi.
Ma sono sicuro di quella da cui stai scappando.
E ho sbagliato tutto, Hermione.
Ti ho incastrata in un’esistenza inutile, cercando di allontanarti dai miei demoni.
Ritrovandomi con una ragazzina distrutta. 
In piedi in mezzo al mio salotto.
Tramortita dagli eventi.
E da me.
Una ragazzina che mi prega di salvarla.
-    “Non posso dirtelo…”
Le parole scappano fuori dalle mie labbra aride.
Perché non riesco a sopportare che l’unica parte buona di me venga buttata nel baratro di vergogna che mi avvolge da sempre.
Ti fermi.
Sei tu, la parte buona di me.
È il tuo sorriso lasciato scappare sulle mie labbra.
Dopo aver fatto l’amore.
Sono le tue mani che mi accarezzano i capelli.
Che mi sbottonano la giacca.
È il tuo sentimento che ho fatto nascere.
E non so nemmeno come.
Nessuno mi aveva mai amato.
Non come hai fatto tu.
Con una freschezza sublime.
E travolgente.
Ti volti.
Mi guardi.
Cercando un nuovo inganno sul mio volto.
E io non sono più capace di fingere, Hermione.
Perché ho finto per tutta la vita.
E adesso sono stanco. 
E voglio te.
Solo te.
Voglio le tue risate a far vibrare l’aria.
I tuoi fremiti ad eccitate le mie mani.
E il mio corpo.
Voglio la tua voce come colonna sonora delle mie giornate.
E il tuo respiro come ossigeno.
Ti afferro il viso tra le mani.
-    “Non sposarlo, Hermione…”
Te lo dico guardandoti negli occhi.
Perché non so fare altro.
Perché forse sarai infelice al mio fianco.
Ma non posso lasciarti uscire da questa stanza con la sicurezza che sarai infelice con lui.
Sorridi.
Le lacrime ti bagnano il viso.
Io le asciugo.
Non vorrei vederle mai più.
E allora lasciami provare.
A dimenticare l’uomo che sono stato per tutta vita.
E diventare il tuo uomo.
Quello che ti tiene la mano.
Che ti fa addormentare.
Che scaccia i tuoi incubi.
E dovrai imparare a farti scivolare addosso gli sguardi, Hemrione.
Perché il mangiamorte e la ragazzina non verranno risparmiati.
Dalle cattiverie della gente.
Dalle invidie degli stupidi.
Dai giudizi dei perbenisti.
Lo hanno fatto con me.
Per tutta la vita.
Adesso lo faranno con noi.
E non so se sei pronta.
Non so se davvero valgo tutto questo.
Ma ti prendo la mano.
Ti trascino verso una poltrona troppo piccola.
E tu mi baci.
Con una passione che ha aspettato mesi per esplodere.
Mi sbottoni la giacca.
Intrufoli le dita sotto alla mia camicia.
E io ti fermo le mani.
Cerco i tuoi occhi.
Li trovo.
Perché questo lo sappiamo fare, Hermione.
Lo abbiamo già fatto.
L’amore.
Come mai con nessun altro.
Ma la normalità, quella no.
Non l’abbiamo mai avuta.
Le piccole cose.
E allora mi siedo sulla poltrona.
Ti trascino sulle mie ginocchia.
E ti stringo.
Davanti al fuoco di un camino quasi spento.
Prendo un libro tra le mani.
Lo apro.
E leggo, ancora.
Come in una sera di tanto tempo fa.
Con te aggrovigliata tra le braccia.
Mentre appoggi il viso sulla mia spalla.
Lasciando che i tuoi capelli mi solletichino il mento.
Lasciando che i tuoi occhi si chiudano.
E che il tuo cuore si apra.
Abbandonandosi al suono della mia voce che sento diversa.
Dopo tanto tempo.
Abbandonandoci ad una semplicità che non abbiamo mai potuto permetterci.
E lasciamo che il tempo scorra.
Perché adesso non abbiamo fretta.
Non abbiamo paura.
Permettiamo al mondo di scoprirci amanti, Hermione.
Lasciamo che ci giudichi.
Che ci critichi.
Lasciamo che le giornate passino.
Senza che il tempo possa più farci paura.
Restiamo qui.
In questa casa che non mi è mai sembrata tanto bella.
Tanto calda.
E tanto mia.
Impariamo a viverci.
E forse un giorno ti renderai conto che sono solo un vecchio mago dall’anima sporca.
Che non so ridere come vorrei.
Che non sono capace di relazionarmi con la gente.
Che vivo soffocato da valanghe di libri.
E che leggo più spesso di quanto respiro.
Capirai che non so cucinare.
Che ho le mani screpolate dalle pozioni.
E insudiciate dalle ingiustizie.
Imparerai che non so essere romantico.
E che il mio corpo ormai datato è martoriato dalle cicatrici.
Che sono ossessionato da un’infinità di manie assurde.
E che non so parlare.
Perché sono uno stronzo.
Forse un giorno ti accorgerai che ti meriti più di quello che posso darti.
E ti stuferai.
Ma nel frattempo, Hermione, lascia che io provi a renderti felice.
A farti vedere la parte migliore di me.
Quella che anche io ho dimenticato.
Aiutami a farla riaffiorare sotto la mia armatura di bugie.
Incrostata dal tempo.
Arrugginita dalle lacrime che non ho mai versato.
E tu resti immobile sul mio petto.
Lasci passare i minuti.
Poi ti sollevi un istante.
Afferri la teiera bollente.
Riempi la mia tazza.
L’unica rimasta in questa casa che è stata piena di solitudine.
Osservi la tua.
Quella che hai fracassato per terra quando la paura ti toglieva il respiro.
Mi guardi.
E ridi.
Riempiendo l’aria di speranza e di gioventù.
Inondandomi delle tua voglia di vivere.
E di farmi vivere.
Si, forse un giorno te ne accorgerai.
E io ti lascerò volare via.
Ma non adesso.
Adesso lasciati amare.
Così come so farlo.
Così come vuoi essere amata.
Forse un giorno te ne accorgerai.
Ma adesso no.
Adesso resta tra le mie braccia.













 
   
 
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