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Autore: Crystal Rose    01/12/2018    2 recensioni
Ho provato ad immaginare cosa accadrebbe se una ragazza con un succoso segreto dovesse incappare nei Germa 66 e nell'armata rivoluzionaria, quanto caos potrebbe creare una ragazzina con straordinarie e improbabili capacità nascoste?
"Tutte le storie cominciano con “C’era una volta in un regno lontano lontano“ e prevedono una bella fanciulla che sta passando un gran brutto momento e resta in attesa di un uomo grande e forte che la salvi e la porti via in sella al suo cavallo bianco verso il loro “vissero per sempre felici e contenti”. La mia storia è esattamente il contrario. Inizia in un piccolo paesino assolutamente di nessuna rilevanza, su di un’isola piuttosto tranquilla e banale, una di quelle che, nonostante fossimo nell’epoca d’oro della pirateria, non veniva visitata né da pirati, né da uomini del governo. Talmente insignificante che non ne veniva dimenticata l’esistenza solo perché comparivamo ancora nelle mappe. Eravamo lontani dalle rotte più battute ed il clima non era mai tanto avverso da spingere qui una nave, neanche per sfortuna."
Genere: Avventura, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Emporio Ivankov, Famiglia Vinsmoke, Sabo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dormì come un sasso, la giornata era stata così piena di emozioni che piombai in un lungo sonno senza sogni, fino a quando non suonò la “sveglia”. Fu piuttosto traumatico, mai avrei immaginato che in un palazzo reale la levatura venisse annunciata come se stessimo per entrare in guerra. Un suono di trombe improvviso e squillante che non solo mi fece svegliare bruscamente ma mi fece anche cadere dal letto, in preda al panico e con il cuore in gola per lo spavento. Boccheggiai tentando di capire dove mi trovassi quando qualcuno bussò alla mia porta.
 
- Chi è? – chiesi in preda allo spavento e sputando i capelli arruffati che mi erano finiti in bocca mentre dormivo.
 
- Signorina sono la domestica. Il padrone mi manda a dirle che è attesa al campo di allenamento per la colazione. –
 
Quindi non era stato un incubo, certo che non era stato un incubo non avevo sognato niente. Dannazione! Cosa dovevo fare? Non volevo tornare da quei mostri.
 
- Non credo di sentirmi bene. – mentì e lo feci anche molto male.
 
- Il padrone ha detto di riferirle che se ha problemi a raggiungere il campo di addestramento uno dei principi sarà felice di venirla a prendere e scortare personalmente. – Questo era un ricatto bello e buono. Merda!
 
- Ora che ci ripenso mi sento molto meglio. Il tempo di vestirmi e arrivo. –
 
- Molto bene signorina, la aspetterò qui fuori per accompagnarla. –
 
Cavolo! Di sicuro non potevo scappare dalla finestra e poi da quando le colazioni si tenevano ai campi di addestramento? Però in fondo era meglio così, non mi andava di tornare in quella orribile sala visto che avevo ancora davanti agli occhi il cadavere di quell’uomo. Mi tirai su a fatica, mi ero addormentata senza cambiarmi ed indossavo ancora quei fastidiosi abiti, decisamente poco adatti se volevo tentare la fuga. Frugai nell’armadio e praticamente c’era solo roba poco adatta e terribilmente corta e scomoda, rimpiangevo i miei vestiti comuni, larghi e strappati. Non avevo scelta, afferrai l’abitino più comodo che trovai e mi decisi ad indossarlo dopo essermi accuratamente lavata.
 
Era un abito color ghiaccio senza maniche, con una scollatura a barca e abbastanza largo sotto in modo da poter essere libera nei movimenti, in vita portava un nastro azzurro. Per quanto riguardava le scarpe scelsi qualcosa di basso, non mi importava niente della mia altezza, volevo solo poter essere a mio agio se si fosse presentata la possibilità di scappare. Provai a districarmi i capelli e dopo un po’ di lavoro finalmente ero presentabile. Sbloccai la porta e seguì la cameriera per i corridoi e poi all’esterno. Provai a memorizzare quanto più possibile della struttura di quel posto, era pieno di corridoi ma non doveva essere così difficile impararne la piantina. Il vero problema era che ci trovavamo in mezzo al mare. Mi decisi ad affrontare un problema alla volta.
 
Arrivammo al campo di allenamento e poco prima di questo c’era un tavolo rotondo con una tovaglia bianca, erano tutti lì seduti, mancavo solo io e avevo voglia di correre di corsa a rintanarmi nella mia camera.
 
- La signorina Vincius. Dormito bene? – io ero una pessima bugiarda, lo sapevo bene, ma neanche il re mascherava bene la sua falsità.
 
- Benissimo. – mi accomodai a tavola con lo sguardo dei tre principi addosso, avevano le narici dilatate, erano davvero inquietanti.
 
- Sai perché ti ho fatta chiamare? – scommettevo che non era per il piacere della mia compagnia, poco ma sicuro. Lo guardai senza rispondere.
 
- I miei figli si allenano tutte le mattine, ma questa mattina abbiamo un problema. La tuta di Yonji è fuori uso. – ecco, lo sapevo, iniziavamo proprio male. – Mi chiedevo se potessi sistemargliela prima dell’allenamento. – spostai lo sguardo su tutti loro senza rispondere. Ancora una volta Reiju mi stava ignorando e quei tre avevano quell’odioso ghigno stampato in faccia.
 
- Perché io? – se le avevano costruite ero sicura potessero ripararle, cosa voleva veramente da me?
 
- Perché se sei riuscita a disattivarla sono certo che riuscirai a fare in modo che una cosa simile non possa più accadere. – iniziavo a capire dove volesse andare a parare.
 
- Vuole che potenzi la tecnologia Germa eliminandone i punti deboli? –
 
- Allora sei sveglia sul serio oltre che bella. – mi voltai a guardare Yonji.
 
- Si. Per ora potrebbe essere questo il tuo compito. Ovviamente sarai sempre affiancata da uno dei miei figli, onde evitare qualche spiacevole scherzetto. – Non mi piaceva affatto. Non volevo lavorare per loro e non volevo restare sola con uno di quei mostri.
 
- E se mi rifiutassi? – sorrise ma fu il rosso a rispondere.
 
- Allora temo che Yonji resterà senza tuta. – lo guardai interrogativa. Quel tipo era un mostro, lo avevo visto la sera prima con i miei stessi occhi. Cosa aveva in mente?
 
- Credo si aspettasse che le facessimo del male. – Niji, uno peggio dell’altro quei tre.
 
- Come ha detto ieri nostra sorella, sei più utile tutta intera, per cui abbiamo deciso di tentare prima con le buone maniere. – riportai lo sguardo sul rosso, non gli credevo affatto.
 
- Ma se preferisci le cattive basta dirlo, ci vantiamo di saper soddisfare le donne. – credo che Niji avesse letto chiaramente il disgusto sul mio viso perché sia lui che i fratelli scoppiarono a ridere.
 
- Non credo tu sia di suo gradimento fratello. – il ragazzo dai capelli verdi aveva quasi le lacrime agli occhi.
 
- Allora, Lea – Ichiji calcò appena un po’ il timbro sul mio nome. – ti occuperai della tuta di Yonji? –
 
Avevo paura di loro, ma non dovevo cedere. – No. – dissi semplicemente.
 
- Molto bene. – il rosso si alzò ed io chiusi gli occhi istintivamente aspettandomi chissà quale tipo di barbarie da parte sua. Invece si allontanò dalla tavola seguito dai suoi fratelli e da sua sorella. Li osservai confusa mentre impugnavano una lattina che una delle cameriere stava consegnando loro, tutti tranne Yonji. Usando quella lattina diedero inizio ad una trasformazione al termine della quale indossavano delle tute del tutto simili a quella che avevo distrutto. Cosa avevano in mente?
 
- Credo che alla nostra ospite farebbe piacere una dimostrazione della tecnologia Germa. – il re si sbagliava, non mi faceva piacere per niente, avevo visto uno dei suoi figli in azione sulla mia isola e mi era bastato. Tuttavia decisi di non sfidare la sorte e tenere la bocca chiusa.
 
Diedero sfoggio delle capacità che la tuta conferiva loro, davvero un pessimo uso della tecnologia e della scienza. Non riuscivo proprio a capire come si potesse usare la conoscenza per creare armi. Ero impressionata e spaventata dalla brutalità di quella dimostrazione a base di nubi tossiche, calci elettrici e pugni energetici, ma se credeva di piegarmi con la paura aveva fatto male i suoi conti.
 
- Lo so che non sei affatto impressionata, sono abbastanza sicuro che potresti distruggere facilmente anche le loro tute volendolo. – non aveva tutti i torti. – Ma questa dimostrazione aveva un altro scopo. –
 
- Quale? –
 
- Dimostrarti la determinazione dei Germa 66. – non capivo e per me era davvero strano. – Questa mattina Ichiji, Niji e Reiju affronteranno Yonji. – spalancai gli occhi e lo guardai incredula. Non poteva dire sul serio, cioè il ragazzo dai capelli verdi era forte, molto forte, ma non aveva speranze contro tre suoi pari che facevano ricorso alla Raid Suit. – Perché quella faccia? Non sei d’accordo? –
 
- Non ha senso. Non può vincere. –
 
- No, non può. –
 
- E allora perché farli combattere? –
 
- Un vero soldato di Germa non deve temere niente. Il fatto che la sua tuta sia distrutta mi darà la possibilità di valutare quanto può resistere in battaglia senza armi e difese. –
 
- Ma… potrebbe farsi male. –
 
- No. Potrebbe morire. I suoi fratelli sono addestrati a non avere pietà per nessuno. Se sopravvivrà sarà già un grande risultato. –
 
- Non dice sul serio. Non lascerebbe morire uno dei suoi figli. –
 
- Non so che farmene di un figlio debole, getterebbe solo vergogna sul mio nome e sul mio regno. – quell’uomo era senza scrupoli. Mi rifiutavo di credere che potesse davvero lasciar morire suo figlio poi ricordai che all’appello mancava il numero tre.
 
- Dov’è il suo terzo figlio? –
 
- Era debole. – quell’essere mostruoso, aveva intenzione di fare uccidere Yonji.
 
- Non sarà così sciocco da lasciarsi massacrare dai fratelli. –
 
- Non si tirerà indietro, se è questo che pensi. I miei figli non provano paura e considerano un disonore ritirarsi. –
 
Spostai febbrilmente lo sguardo da lui ai suoi figli, stavano per iniziare, non volevo crederci. Per un po’ il ragazzo dai capelli verdi tenne loro testa, ma era meno veloce, meno forte, non poteva volare, era in svantaggio e presto questo svantaggio si trasformò in una serie di colpi incassati con sempre più frequenza e violenza. Non si sarebbero fermati, non c’erano dubbi.
 
- La prego! Li fermi! –
 
- Perché dovrei? –
 
- Lo uccideranno! –
 
- Non credo sia un tuo problema. –
 
- La prego! – mi guardò per un attimo prima di tornare ad osservare impassibile mentre massacravano suo figlio. Quell’idiota dai capelli verdi continuava a ghignare come se non si rendesse conto della gravità della situazione. Balzai in piedi e corsi al confine del campo di addestramento. Anche se mi fossi lanciata lì in mezzo non si sarebbero fermati, avrebbero ucciso anche me. – Va bene! Aggiusterò la sua tuta! Gli dica di smettere! Per favore! – mi guardò, come ad assicurarsi che dicessi sul serio, e a quanto pare la mia espressione preoccupata lo convince perché fermò quei tre demoni.
 
Yonji era a terra, era ridotto molto male. Il messaggio era chiaro: era pronto a sacrificare qualunque cosa per ottenere ciò che voleva, anche i propri figli. Reiju aveva ragione, se non avessi collaborato il numero di morti sarebbe salito vertiginosamente.
 
- Appena in tempo. – il maledettissimo rosso, ma cosa diavolo aveva da sorridere? Suo fratello era a terra mezzo morto, a causa sua, e lui sorrideva. - Non guardarmi così. Quello che è successo è solo colpa tua. Ti avevo avvertita ma non hai voluto ascoltare. – lo guardai ancora più male incurante di quello che avrebbe potuto farmi. Stavano tornando al palazzo.
 
- Dove andate? – non potevano lasciare il fratello lì per terra ridotto in quello stato.
 
- A fare colazione. – mi rispose Niji. – Visto che è ridotto così a causa tua ci penserai tu a rimetterlo in sesto, magari la prossima volta ti passa la voglia di disobbedire. – aveva visto che spostavo lo sguardo da lui al fratello.
 
Andarono via ridendo lasciandomi da sola con Yonji che tentava di rimettersi seduto e continuava a sghignazzare. Chissà cosa ci trovava di divertente quell’idiota?! Mi morsi il labbro e poi mi avvicinai a lui.
 
- Cos’hai da ridere? –
 
- Lo abbiamo capito subito che il tuo punto debole è l’altruismo ma non pensavo di rientrare nella categoria. – non riusciva a tirarsi su, lo avevano ridotto proprio male. Ben gli stava! Così capiva cosa significava essere malmenato da un mostro. Avrei potuto voltargli le spalle e andarmene, in fondo se lo meritava, ma non ci riuscivo, aveva ragione, l’altruismo era la mia debolezza.
 
- Stupido bestione! – era il doppio di me sia in altezza che in larghezza, non potevo trasportarlo dentro di peso, non avevo tutta quella forza. – Cerca di darmi una mano, non ce la faccio a portarti dentro. –
 
- Certo che non ce la fai, sei piuttosto deboluccia. –
 
- Se non stai zitto e la smetti di ghignare ti lascio qui e me ne vado. – avevo preso un po’ di coraggio, combinato così non era pericoloso, potevo togliermi qualche soddisfazione.
 
- Forse la cosa ti stupirà, ma non me ne importa niente. – ero davvero tentata di lasciarlo lì ma mi sentivo in colpa, era ridotto così a causa mia.
 
- A volte fai un’espressione buffa. – mi stava osservando anche se con un solo occhio visto che l’altro era gonfio e coperto di sangue.
 
- Si chiamano sensi di colpa, mai sentito parlarne? – ero sarcastica.
 
- No. – già, chissà perché me lo aspettavo.
 
- Dove devo andare? – non conoscevo il castello, non sapevo dove si trovasse l’ambulatorio. Mi guidò lui e fu davvero un’impresa trascinarlo fin lì, pesava una tonnellata. Ringraziai mentalmente di aver indossato scarpe basse. Il vestito era da buttare così impiastricciato di sangue, poco male, non ero comunque a mio agio vestita così.
 
Arrivati a destinazione lo scaricai su di una sedia, ero a pezzi, dovetti appoggiarmi ad un tavolo a riprendere fiato, tremavo tutta a causa dello sforzo.
 
- È stato veramente uno scherzo piegarti. – non gli risposi, non mi avevano affatto piegata. Iniziai a frugare negli armadietti, conoscevo il corpo umano e la farmacologia e avevo qualche nozione di medicina ma quello non era il mio campo, non sapevo bene cosa fare e la sua faccia era ridotta veramente male, inoltre ero certa che avesse qualcosa di rotto sebbene non si fosse lamentato neanche una volta.
 
Mi tremavano le mani e molto probabilmente lo stavo osservando con un’espressione molto preoccupata perché sbuffò infastidito e mi indicò un armadietto.
 
- C’è una specie di sottile maschera bianca lì dentro, prendila. – obbedì senza sapere cosa stessi facendo. – Mettimela sul viso. – si sporse verso di me inchiodandomi gli occhi azzurri addosso. Non capivo a cosa servisse, so solo che fui molto a disagio. Quando gli applicai la maschera, questa aderì perfettamente al suo volto emanando scariche ed il suo viso tornò ad essere normale. Aveva digrignato un po’ i denti ma per il resto non aveva fatto una piega, io invece ero sconvolta, lo guardavo con tanto d’occhi.
 
- Non sono guarito. Questa nasconde solo il gonfiore. –
 
- Hai bisogno di un medico, credo tu ti sia rotto qualcosa. –
 
- Sto benissimo. Ho solo bisogno di riposare in una capsula Germa per qualche ora. –
 
Lo guardai senza capire, ancora una volta. Questa cosa iniziava ad irritarmi.
 
- Dimentico che vieni da una minuscola ed arretrata isoletta. Anzi è già un mistero come tu sia stata in grado di fare quello che hai fatto. – Bocca ben chiusa, era la mia soluzione ad ogni allusione alle mie capacità.
 
- Perché ti sei fatto pestare in quel modo? –
 
- Perché volevamo che lavorassi per noi. –
 
- Potevano ucciderti. –
 
- Credo di si. – Continuava a ghignare.
 
- Smettila di ridere! –
 
- E per quale motivo? –
 
- Non c’è niente di divertente! Avete distrutto un’isola, ucciso della povera gente innocente ed indifesa, rapito una ragazza, ucciso un soldato, minacciato di far saltare in aria delle cameriere, i tuoi stessi fratelli ti hanno quasi ucciso e tuo padre non ha mosso un dito per fermarli e tu continui a ghignare! – ero arrabbiata e sconvolta, il mio tono di voce era piuttosto alterato e le mie mani non smettevano di tremare.
 
- Non capisco dove sia il problema. – la sua risposta non migliorò certo la mia espressione.
 
- Non puoi dire sul serio. –
 
- Non vedo perché dovrei mentirti. Sia chiaro potrei farlo volendolo, ma non vedo perché dovrei. Sei prevedibile e manipolabile, non c’è bisogno di astuzia o stratagemmi, basta prendere qualcuno, chiunque, e minacciarlo di morte per farti fare qualunque cosa voglia, perché dovrei impegnarmi a mentirti? –
 
- Sei un mostro... lo siete tutti… -
 
Rise, di gusto. – Ti dispiace afferrarmi il braccio e tirare forte? – lo osservai terrorizzata. – No? Fa niente, faccio da solo. – Fece una strana manovra e l’articolazione del braccio andò al suo posto con un click. E lui fece appena una smorfia, niente urla, sembrava non avvertisse il dolore.
 
- Che cosa sei tu? – avevo sentito parlare di superuomini, ma non era questo il caso, quel tipo non sembrava neanche umano.
 
- Che domanda! Sono un principe di Germa. Forse Reiju aveva ragione, ti ho colpita troppo forte. –
 
- Non sei umano. –
 
- No. Non del tutto. – lo guardai, sempre terrorizzata, ma stavolta con un misto di curiosità.
 
- Io e i miei fratelli siamo il risultato di un esperimento Germa, il più riuscito. Nostro padre ha modificato il nostro fattore di linea per privarci dei sentimenti, per renderci delle perfette macchine da guerra e come vedi l’esperimento è riuscito. –
 
- Fattore di linea… - Sapevo di cosa stesse parlando ed ora iniziavo a spiegarmi parecchie cose, la resistenza, la forza fisica, i disturbi comportamentali, erano il frutto degli esperimenti sul fattore di linea. Era tremendamente pericoloso giocare a fare Dio con quella roba.
 
- Sai di cosa sto parlando. – mi stava osservando divertito.
 
- No. - forse risposi troppo in fretta.
 
- Te lo hanno mai detto che menti molto male? –
 
- Non sto mentendo. –
 
- La tua faccia dice esattamente il contrario. Lo sai che si vede quello che pensi? – sgranai gli occhi sbalordita. – Lo stai facendo di nuovo. Questa cosa ti sconvolge. Come fai a saperlo? –
 
Non risposi e corrugai la fronte.
 
- Che ne dici se facciamo così: se ti faccio una domanda mi rispondi onestamente perché tanto lo vedo quando menti. – cambiai espressione e ancora una volta mi lesse in faccia quello che non avevo avuto il coraggio di dire ad alta voce. – Se non vuoi rispondere dillo chiaramente perché anche questo si vede. Riproviamo: sai di cosa sto parlando? –
 
Merda! Inutile mentire a questo punto.
 
- Si… -
 
- Come fai a saperlo? –
 
- Non posso dirtelo. –
 
- Ah! Vedi che così funziona meglio? –
 
- Voglio andare a casa. – mi veniva da piangere, mi sentivo così impotente.
 
- Credo che questo sia fuori discussione. Sei pericolosa nelle mani sbagliate. – vero e le loro erano quelle più sbagliate in assoluto. – Potresti distruggerci e non possiamo permetterlo. Certo ucciderti sarebbe facile ed in questo modo elimineremo anche il problema, ma credo sia molto più interessante ed utile usarti, o almeno così la pensano i miei fratelli. –
 
- Tu preferiresti uccidermi? – Cavolo! Non so quale delle due alternative fosse peggio.
 
- Non lo so. In genere mi piace uccidere, ma forse sarebbe più divertente giocare prima un po’ con te, in fondo sei una bella ragazza. – Mi accostai al muro terrorizzata, sebbene fosse ferito ero piuttosto sicura che avrebbe potuto farmi del male. – Rilassati, ho promesso a mia sorella che non ti avrei più ridotta in quello stato, almeno finché ti comporterai bene. – non era incoraggiante, non era incoraggiante per niente. – Adesso ti dispiace darmi una mano a spogliarmi e mettermi in una capsula? – ero tentata di darmela a gambe. – Mi chiedo cosa farai quando scappando sbatterai contro i miei fratelli… - spalancai gli occhi, maledizione! – Avevo capito che non ti piacessero molto. –
 
Maledetto scimmione! Dovevo cercare di non pensare a cose brutte da fargli mentre lo aiutavo.
 
- Non guardarmi così, sono sicuro che non saresti capace di fare quello che stai pensando, eppure sarebbe interessante vederti fare un tentativo. – Arrossì fino alla punta delle orecchie. Prima o poi ci avrei provato sul serio a far saltare in aria lui e tutto quel dannato regno di maniaci e psicopatici. Però l’informazione sul fattore di linea era interessante, anche perché era ovvio che la conoscenza di chi aveva condotto l’esperimento era approssimativa, aveva fatto parecchi errori ed aveva ottenuto risposte variabili e poco ripetibili. Dovevo capirne di più, dovevo studiare il modo in cui era stato condotto l’esperimento.
 
- A cosa stai pensando? Sei parecchio concentrata. –
 
- A come distruggerti. – abbastanza vero.
 
Rise.
 
- Progetto ambizioso, ma ti svelo un segreto: sono indistruttibile! – questo lo dici tu bestione!
 
Lo aiutai a liberarsi di maglia e pantaloni ma mi rifiutai categoricamente di aiutarlo con la biancheria, se la sarebbe tenuta addosso se non avesse voluto che girassi i tacchi e me ne andassi di lì! Alla fine, lo trascinai alla meno peggio verso una capsula e ce lo misi dentro. Non fu difficile capire di cosa si trattasse e di come farla funzionare. Era una banale capsula riempita con liquido staminale, rigenerava i tessuti molto rapidamente, utile dopo le battaglie, probabilmente era così che mi avevano rimesso in sesto, ma parecchio inquietante se associata all’informazione degli esperimenti sul fattore di linea. Iniziavo a farmi un’idea di cosa diavolo facessero in quel posto e non mi piaceva per niente. Dovevo trovare un modo per scappare e dovevo trovarlo in fretta.
 
Appena si fu addormentato lasciai la stanza diretta alla mia camera. Lo stomaco brontolava ed ero impiastricciata dal sangue di quel ragazzo. Dovevo lavarmi, cambiarmi, cercare qualcosa da mangiare e trovare un modo per andarmene di lì.
   
 
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