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Autore: The Blue Devil    01/12/2018    5 recensioni
Eccomi qua, ci son cascato pure io, in una noiosissima Candy/Terence con Albert nell'ombra... davvero?
Chi è il misterioso individuo che si aggira nei luoghi tanto cari alla nostra eroina? Qual è la sua missione? La sua VERA missione? Cosa o chi, alla fine di essa, sarà in grado di trattenerlo a Chicago? Quante domande, le risposte stanno all'interno...
Il titolo è un omaggio a tutti i ''se'' con cui si apre la storia.
dal 3° capitolo:
... Non ne ho parlato con lei, ma io sono sempre rimasto in contatto, in maniera discreta, con Terence. E non le ho neanche mai raccontato di averlo cacciato, quando lo trovai ubriaco da queste parti, anni fa. Vi chiedo di vegliare sempre su di lei, con discrezione, poiché la vedo felice, forse troppo, e non vorrei subisse un’altra delusione".
"Perché parlate così?", chiese, dubbiosa, Miss Pony.
"Non so, ho una strana sensazione, come se stesse per accadere qualcosa di molto spiacevole. E lo consiglio anche a voi: state attente e tenete gli occhi aperti".
"Così ci spaventate, Albert", osservò Suor Maria.
"Non era mia intenzione spaventarvi", asserì Albert, "Forse sono io che mi preoccupo per niente; sì, forse è così...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buona lettura



Capitolo 24
Chi è realmente Harrison McFly?

Sebbene avesse consigliato ad Annie di far passare un po’ di tempo prima di affrontare il fidanzato, Candy era preoccupatissima e non riusciva a sopportare la vista dell’angoscia e della disperazione dell’amica: a sua insaputa, decise di agire e di andare a parlare con Archie.
Giunta a "Villa Andrew", seppe da Stear che il fratello era uscito a fare una passeggiata nei dintorni e, non essendo stupida, capì subito la meta dell’amico: che fosse andato dai Legan per azzuffarsi con Tom? In fondo quella era l’ora in cui avrebbe potuto trovare Tom da quelle parti. Quindi si rimise in marcia verso la villa dei Legan: doveva impedire a quei due di farsi del male, magari con l’aiuto di Albert e Harrison.
Lungo il tragitto incontrò Tom sul suo carro.
"Ehi, Candy, che ci fai da queste parti?", le chiese l’amico.
"Meno male che sei qui e che non ti è accaduto nulla".
"In realtà dovrei essere già dai Legan, ma oggi sono un po’ in ritardo... e che mi sarebbe dovuto accadere?".
Candy gli spiegò brevemente la situazione e Tom sbottò:
"Quell’ebete di un damerino non capisce proprio niente! Ma glielo faccio capire io come stanno le cose".
"Tu non fai proprio niente, mio caro, e te ne stai buono buono; ci penserò io a parlare con lui. Prometti".
"E se lui mi aggredisce? Lo lascio fare?".
"Non ti aggredirà. Prometti che non ti azzufferai con lui".
"Va bene, prometto. Tu che fai? Ti riporto alla Casa di Pony?".
"No, accompagnami dai Legan, che sei anche in ritardo".
"Bene, salta su che si parte".
 
Iriza aveva molti pensieri per la testa: riguardo a Dorothy, suo padre aveva minacciato di prendere provvedimenti contro di lei, perché sapeva la storia dell’orfanotrofio e non lo aveva informato; riguardo a sé stessa, c’era il rischio che la rispedissero in Europa, per impedirle di rivedere Harrison. E poi c’era stata la visita notturna del ragazzo che, invece di tranquillizzarla, l’aveva agitata ancor di più: una riunione con suo padre e lo zio William? Harrison che c’entrava con loro? Per questi motivi, decise che più tardi sarebbe andata a dare una sbirciatina... voleva vedere Harrison anche per dirgli del maglioncino per Daisy, che era pronto: temeva di non poterlo consegnare alla bambina di persona, per cui lo avrebbe dato a lui. La sua agitazione si accrebbe quando seppe della presenza, alla riunione, di Neal e di un banchiere di New York. Non le restava che attendere.

Stewart scese nelle cucine tutto agitato:
"Ragazze, qui sta succedendo qualcosa di grosso".
"Ti ringrazio per il ragazze Stewart, ma l’unica cosa grossa qui è il ritardo del ragazzo del signor Steve... e il tuo: è un po’ che ti aspetto per darti gli ordini della signora", rispose l’anziana cuoca.
"No, no, tu non capisci! Prima le urla nello studio tra il signorino Neal e suo padre; poi è stata la volta della signorina Iriza; oggi sono arrivati il signor Andrew in persona e quel tale, McFly, e si sono chiusi nello studio con il padrone ed il signorino; e come se non bastasse è arrivato anche un banchiere. Secondo me c’è qualcosa di grosso che bolle in pentola".
"Sì, hai ragione, è il pranzo di oggi", osservò una cameriera, divertita dall’eccitazione del maggiordomo-autista.
"Non scherzare, ochetta: poco fa è giunto anche Archibald Cornwell, l’ho visto aggirarsi nel giardino, e subito dopo Candy e Tom Steve. C’è troppa gente tutta insieme, mi pare".
La cuoca lo riprese ancora:
"Va' a sentire se i padroni hanno bisogno di qualcosa, invece di startene qui a ciondolare e a gongolare su cose che non ci riguardano".
"Certo che vado", rispose il maggiordomo, afferrando un biscotto avanzato dalla colazione di una delle domestiche.
"Bada: ho detto sentire, non origliare", concluse la cuoca, osservando l’uomo che se ne andava saltellando.

Le domande di Neal caddero momentaneamente nel vuoto, poiché il ragazzo si rivolse al banchiere:
"E che significa siate più onesto? Mi state dando del disonesto, forse? Era tutto in regola e per me il nostro contratto è valido".
Albert fece un cenno al banchiere e si rivolse al nipote:
"Te lo spiego io il significato delle parole del signor Bowman: tu ti sei presentato da lui dicendogli che agivi per mio conto e gli hai fatto spedire un emissario da Cartwright* per l’acquisto dei terreni, adducendo motivi di riservatezza; gli hai detto che non volevi farti vedere nella proprietà di Cartwright, perché quell’acquisto doveva essere una sorpresa; inoltre, in questo modo, hai usufruito di un prezzo di favore. In pratica hai truffato il povero Cartwright, che credeva di vendere a me".
"E ha anche dato disposizioni di avvertire il venditore di non parlare della vendita, sempre per non rovinare la presunta sorpresa", intervenne Bowman.
"Però", proseguì Albert, "non ti aspettavi, caro nipote, che inviassi George presso Cartwright per acquistarli davvero quei terreni; naturalmente gli ho fatto la stessa tua raccomandazione**, per motivi diversi, ovviamente".
"Certo che non me l’aspettavo... sapevo che avevi già avuto l’intenzione di acquistare quei terreni, ma poi credevo che avessi abbandonato l’idea. Comunque non vedo dove sia il problema, io li ho voluti acquistare per espandere il nostro giro d'affari, non pensavo che tu fossi contrario".
Raymond, sprofondato nella sua poltrona, con una mano a tenersi la fronte, ascoltava attonito, senza riuscire ad articolare una sola parola: aveva solo voglia di prendere a schiaffi il figlio.
"Ma piantala di dire idiozie e non offendere la nostra intelligenza: abbiamo ben compreso il motivo per cui l’hai fatto… e secondo te, se tuo zio avesse voluto espandere il giro d’affari con quei terreni, ci avrebbe costruito una cappelletta nuova per l’orfanotrofio?", intervenne Harrison.
Seguirono attimi d’imbarazzo prima che Albert proseguisse nel racconto:
"Su consiglio di George, sono andato alla Casa di Pony a mettere la pulce nell’orecchio alle direttrici, perché andassero da Cartwright per essere rassicurate***".
"E perché?", chiese Neal.
"Perché qui entro in gioco io", intervenne Harrison.
"Già, m’ero dimenticato di te... che cavolo c’entri tu, in questa faccenda?".
"Intanto, sappi che conosco Harrison da tempo...", disse Albert.
"Tuo zio mi ha incaricato di scoprire chi ci fosse dietro all’imbroglio, ma... in realtà lo aveva già capito... dico bene?".
"Dici quasi bene", rispose Albert, "Quando ti ho dato l’incarico mi mancavano le prove, che poi ho recuperato a New York, scoprendo la sorpresa; non ti ho detto niente perché volevo capire cosa stessi combinando e perché ti ho visto così preso da Iriza...".
"Già, ho fatto tutto per lei", rispose Harrison.
"Cioè?", chiesero a una voce tutti i presenti.
"Quando sono arrivato a Chicago e sono andato sulla Collina di Pony, per avvertire Candy dell’imminente ritorno di Terence" – a udire quel nome Neal fece una smorfia – "ho intravisto una ragazza, che ancora non sapevo chi fosse, insieme a Candy: è stata una folgorazione, mi è piaciuta subito, e quando ho saputo la sua identità, ho voluto provare a vedere se era veramente così come me l'aveva descritta Terence... mi sarebbe dispiaciuto doverla perdere; ho capito ben presto che non sapeva nulla sui terreni, era al corrente solo dell’affare della collana".
"Ti correggo: mia sorella sapeva tutto", tentò Neal.
"Già, ma visto che non t’ha aiutato nemmeno con la collana, direi che la si può scagionare; sicuramente le avevi parlato della faccenda dei terreni, ma lei non è entrata nell’affare e non ti ha aiutato: hai fatto tutto da solo. Non c’è bisogno che ti dica come faccio a saperlo, lo sai già; ma forse lo potrei raccontare agli altri".
Neal diede un’occhiata alla porta e notò due cose: era socchiusa, e c’era una persona dietro che ascoltava.
"Guarda chi c’è... però, un secondo fa, la porta era chiusa... se ho avuto un po’ di fortuna, non ha sentito ancora niente", pensò.
Nessuno si accorse della cosa: solo Neal era di fronte alla porta e suo padre era troppo intento ad asciugarsi il sudore sulla fronte.
"Bene, bene, mio caro signor McFly! Mi stai dicendo che il tuo interesse per Iriza è falso? Se ho capito bene ti sei attaccato a lei solo per controllarla, ma in realtà non ti frega niente di mia sorella e dei suoi sentimenti".
Pronunciate queste parole, Neal, molto abilmente, diede un colpo sulla scrivania e si diresse verso la porta, dicendo:
"Questa è meglio chiuderla, non vorrei mai che Iriza, passando di qua per caso, sentisse quanto sei stato spregevole con lei: quello che ci hai appena raccontato è orribile, in pratica l'hai solo usata".
E, con una vigorosa spinta, chiuse la porta, pensando:
"Speriamo che abbia funzionato... ma penso di sì".
Dopo qualche attimo di silenzio, Harrison riprese:
"Non mi pare di aver detto questo: i miei sentimenti per tua sorella sono sinceri, genuini; lei non è un mostro come te, mio caro".
"Ma raccontaci un po’ quello cui hai accennato, Harrison, siamo curiosi", chiese Albert, che già sapeva tutta la storia.
"Beh, forse non sapete che io e Neal ci conoscevamo già****, ho avuto questo dispiacere qualche tempo fa, quando sono venuto a Chicago per la consueta visita al mio orfanotrofio preferito. Ricordi Neal? Ti ho trovato in una bettola, mezzo ubriaco, a festeggiare la tua impresa; non è stato difficile farti bere ancora, così hai vuotato il sacco su tutto; scommetto che pensavi di avermi parlato solo della collana... quando ho capito che parlavi dei terreni su cui sorge la Casa di Pony e che questa fosse una vendetta contro Candy, ho deciso di agire".
Poi si rivolse ad Albert:
"Non ti ho detto niente perché, nel frattempo, avevo visto Iriza e mi serviva del tempo per lavorare su di lei... se non avesse funzionato...*****".
"È stato molto difficile tenere a bada Terence e tenere all’oscuro di tutto Candy e le direttrici", commentò Albert.
Harrison aggiunse:
"Comunque Candy e l’orfanotrofio non avrebbero corso rischi se il mio piano di recupero di Iriza non avesse funzionato: in qualunque momento sarei potuto intervenire con la lieta novella. Solo Archibald Cornwell ha creato problemi... non so se capirà, quel testone".
Neal, che mentalmente stava maledicendo il proprio vizio per l’alcol che lo rendeva troppo loquace, sbottò:
"Comunque tutta questa discussione è inutile, anche se lo zio è contrariato, resta il fatto che i terreni sono miei. Tu sei un orfano: dove e come hai potuto trovare la somma per l’acquisto? Ho l’impressione che anche tu stia truffando qualcuno qui... è impossibile che un orfano disponga di tale liquidità. Hai forse firmato cambiali pure tu? Mi stupisco di voi, Bowman, dare credito ad un pezzente".
Harrison scoppiò a ridere, imitato da Albert; solo Raymond non aveva molta voglia di ridere.
"Orfano io? Che assurdità! Io non ho certo bisogno di firmare cambiali e non sono un pezzente".
"Ma che diavolo vai dicendo? Ti ho sentito che ne parlavi con Archie e l’hai detto anche ad Iriza".
"Ah, tu hai origliato il mio alterco col simpaticone! Ma lui mica ha udito ciò che ho detto ad Iriza: io non le ho mai detto di essere un orfano, le ho solo detto che l’orfanotrofio in cui l’ho portata è il posto in cui sono stato abbandonato. È una cosa diversa".
"Stai cercando d’imbrogliare le carte? È la stessa cosa".
"Ora te lo spiego meglio: ricordi il fazzoletto che diedi ad Iriza il giorno della cavalcata?".
"Sicuro, quello con le iniziali dei tuoi nomi ricamate sopra".
"Una H e una G; bene ti informo che io ho un solo nome ed è Harrison; sei così stupido che hai creduto davvero che mia madre non avesse voglia di ricamare le altre lettere? Iriza la capisco, era confusa quel giorno, ma tu...".
Neal, furibondo, andò alla scrivania, afferrò il documento di proprietà dei terreni portato da Albert e lo sventolò sotto il naso di Harrison.
"Che c’è scritto qui? Chi è il proprietario di quegli stramaledetti terreni?".
Harrison finse di sgranare gli occhi.
"Aspetta che leggo bene. Qui c’è scritto: acquirente Harrison G. McFly. È esatto, che c’è che non va?".
Candy, messasi da poco a origliare dietro la porta, ebbe un sussulto.
Neal lo guardò con fare interrogativo. Harrison proseguì:
"Sai cosa indica la G? Indica il mio cognome, quello normale: io sono Harrison Graham McFly, figlio del conte McFly; che, se non lo sai, è il fratello del duca di Grancester".
"Il cugino di Terence?", pensò Candy, "Come Terence G. Grancester... i Legan non potevano saperlo".
"Che significa?", farfugliò Neal, "E l’orfanotrofio?".
"La storia della mia famiglia non è affar tuo; ti basti sapere che hai preso una cantonata e che io sono cugino di Terence Graham. Il resto non ti deve interessare".
Non si possono descrivere le espressioni che, a quella rivelazione, si disegnarono sui volti dei due Legan.
A quel punto il banchiere ritenne che la sua presenza non fosse più necessaria; Albert lo ringraziò per essere intervenuto alla riunione e incaricò George di riaccompagnarlo al suo albergo; poi si rivolse al nipote:
"Ma che volevi fare? Ma davvero credevi di prenderci tutti per il naso?".
Neal non rispose; fu suo padre a parlare per lui.
"William, voglio sperare che tu non creda che io c’entri qualcosa; non sapevo nulla di questa bravata e neanche delle altre".
"Chiamale bravate, potevano avere gravi conseguenze e causare grossi problemi", commentò Harrison.
"E io voglio sperare che tu punisca tuo figlio in maniera adeguata: a me basterebbe che ce lo levassi dai piedi per un bel pezzo. Lo so che tu non c’entri: sul lavoro ti stimo e non credo saresti stato così stupido da architettare una scemenza del genere, sperando di farla franca; sei troppo rigoroso e intelligente. E non preoccuparti per Bowman: siamo d’accordo a non denunciare Neal; uno scandalo, ora, danneggerebbe i nostri affari", lo rassicurò Albert.
"Ti assicuro, William, che punirò mio figlio e che ve lo leverò di torno, almeno per un po’".
Una stretta di mano tra Albert e Raymond pose fine alla riunione.
Rimasti soli, padre e figlio, il secondo osò aprir bocca:
"Denunciarmi? Ma l’hai sentito quello? Chi crede di essere?".
Raymond, mantenendo a stento la calma, rispose:
"Neal fammi una cortesia: abbi la decenza di chiudere il becco una volta per tutte, altrimenti sarò io stesso a denunciarti! E non sarebbe una cattiva idea, ti farebbe bene un po’ di reclusione. Ora va’ in camera tua e restaci. Ovviamente ti proibisco di uscirne e di aver contatti con chicchessia; darò disposizioni ai domestici in tal senso. Ora vattene, lasciami solo, che devo pensare".
Neal uscì dallo studio a testa bassa, mentre suo padre, versatosi l’ennesimo whiskey si sprofondava nella poltrona.
 
Harrison e Albert furono sorpresi di trovare Candy nel corridoio. Il primo le disse:
"Pensa, neanche si sono scusati per avermi insultato... comunque te l’avevo detto che ti saresti potuta divertire".
"Un amico di Terence, eh? E così tu saresti... il cugino di Terence? Harrison G. McFly... io ci sarei arrivata, pensandoci su, ma Neal... però è strano: Terence non mi ha mai parlato di te, mentre tu, Albert, lo sapevi".
"È una lunga storia...", rispose Harrison.
"Sì, lo conosco da tempo il buon Harrison", aggiunse Albert, "Allora Harrison, vogliamo andare? Qui abbiamo finito, per ora… sicuramente, più avanti, avrai le tue scuse".
Mentre Albert già si avviava, Candy volle fare un’ultima domanda a Harrison:
"Ma che è successo con Neal? Non l’ho ben capito".
"Anche questa è una lunga storia, magari poi te la racconto... ma cos’hai in mano? Il vestitino di una bambola?", le chiese il ragazzo ridendo.
"Ah, questo? Non so, non è mio, l’ho trovato in terra, davanti allo studio".
In quel momento giunse Dorothy, correndo e con un’aria preoccupata che non piacque a Candy.
"Presto venite, Tom e Archibald si stanno fronteggiando... ma... quello è il maglioncino per la piccola Daisy! Perché ce l'hai tu?".
Le ultime parole la cameriera le pronunciò indicando l’oggetto che Candy teneva in mano.
"Che cos’hai detto?", chiese Harrison, al colmo dello stupore.




*      è il tipo ben vestito visto da Tom e Jimmy nel capitolo 3.
**    lo dice nel capitolo 7; e nel capitolo 6, Cartwright è vago con Suor Maria e Miss Pony.
***   nei capitoli 3 e 6.
**** 2° capitolo, 12^ riga, nella mia visualizzazione, dell’ultimo paragrafo; quando avrebbe capito com’era fatto Neal, se non lo avesse conosciuto prima?
***** nel capitolo 19, verso la fine del 1° paragrafo, Harrison accenna a Candy che "gli ubriachi parlano troppo"; nel capitolo 5, secondo paragrafo, Harrison pensa: "o funziona o ciao ciao signorina Legan".






CONSIDERAZIONI DELL’AUTORE:
 
Nel secondo capitolo, inoltre, Harrison fa di tutto per non farsi vedere da Neal, nascondendosi dietro il divano, per non fargli capire che conosceva Albert: anche questo ci indica che Harrison e Neal già si conoscevano. Ancora nel capitolo 4, 2° paragrafo: "Tutti e tre si voltarono ad osservare il nuovo venuto: la madre si chiese chi fosse e cosa ci facesse lì quel giovanotto; i ragazzi si fecero solo la seconda domanda. Tutti e due". Si capisce, no? L’affare di cui parlavano Neal e Harrison, udito da Archie, nel capitolo 6, era quello della collana (Neal ricordava di avergli parlato solo di quello).
Mi scuso per l’uso eccessivo degli asterischi, ma ho voluto mantenere la coerenza con gli altri capitoli. Magari in futuro li sostituirò con gli apici numerici.

The Blue Devil

















Ringrazio tutti i lettori che vorranno imbarcarsi in quest’avventura, che neanch’io so dove ci porterà (se ci porterà da qualche parte)...
   
 
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