Prologo
La guerra era ormai terminata da 5 anni, la Grande Alleanza degli Shinobi aveva trionfato su nemici quasi onnipotenti come Madara Uchiha e Kaguya Otsotsuki grazie alla determinazione incrollabile e alla forza di Naruto, grande eroe di questa battaglia. Egli non solo aveva sconfitto il male, ma era riuscito a salvare e a proteggere tutti i suoi amici, oltre che l’intero mondo ninja.
Almeno, quasi tutti.
Come spesso accade infatti, accanto a grandi vittorie albergano eguali perdite e sacrifici; Hinata e Neji si erano sacrificati per salvare Naruto. Sasuke, invece, alla fine della guerra, si era rivoltato ancora una volta contro il Villaggio della Foglia.
Forse è proprio questo il rischio di indugiare per troppo tempo nell’oscurità, non riuscire più a scorgere le speranze per il futuro, come se quest’ultime fossero luci troppo abbaglianti per essere sostenute con lo sguardo. Allo stesso modo in cui, dopo essere stati troppo tempo al buio si distoglie lo sguardo da sorgenti luminose riponendolo verso l’oscurità, Sasuke non riusciva a sostenere i propositi del suo compagno di team.
Naruto, d’altro canto, non aveva indugiato nell’oscurità per un solo momento da quando era diventato uno shinobi, rimanendo fedele al suo "nindo", il suo scopo era sempre chiaro come il sole: proteggere a tutti costi i suoi amici ed il suo villaggio.
Non si era perso d’animo nemmeno quando la furia omicida del suo migliore amico si era scagliata contro i suoi amici e Naruto dovette, per salvarli ancora una volta, terminare la vita di Sasuke.
Questo, però, segnò profondamente il ninja di Konoha. Qualcosa, qualcosa di diverso, infatti, si era insinuato nella sua mente. Non era né dubbio né oscurità (non era nella sua natura dubitare di se stesso) ma, piuttosto, una maggiore maturità e consapevolezza dell’animo umano.