Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Yellow Daffodil    03/12/2018    1 recensioni
Lui, lei, loro.
Lui: guerriero per scelta, idiota per nascita. Un cuore dietro all'armatura? Magari, dato che la principessa lo sta aspettando da anni!
Lei: cioè io, sopracitata principessa, rinchiusa nel castello del disagio e sorvegliata dal drago del trauma. Aspetto che un guerriero valoroso sovverta la maledizione che mi ha fatto innamorare di un idiota. Ma mi sa che è un circolo vizioso, vero?
Loro: un branco di brutte persone, ex compagni di classe, ma ancor meglio di vita, tutti talmente incasinati che, se inizierete questa storia, di sicuro incasineranno anche voi.
Pensate che non sia possibile? Solo due capitoli, e poi ne riparliamo.
***
Dall'origine del male, "Io e te è grammaticalmente scorretto", giungiamo al termine dell'evoluzione darwiniana di questa allucinante storia. Dopo "Io e te non è completamente sbagliato", arriva il seguito, nonché gran finale della trilogia: "Io e te è semplicemente complicato"!
Nulla è meglio di un ossimoro per descrivere ciò che avrete letto e leggerete. Con affetto e sarcasmo,
Yellow Daffodil
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Io e te'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
MxM3 19

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.



Stavolta ho esagerato. Il capitolo è abbastanza lungo, in media come al solito, ma anche in questo caso è suddiviso in tanti brevi paragrafi, cosicché avrete la bellezza di ben SEI break - un record. Abbiate pazienza con me: siamo talmente vicini alle fine che, esattamente come Nelli, sto impazzendo. Tuttavia, non tutti i break conterranno media e non vedrete le bellissime illustrazioni di Nicole e Angelica, perché non le ho avvisate e non mi sono preparata con sufficiente anticipo... scusate XD

Prima di lasciarvi alla lettura, comunque, volevo semplicemente ragguagliarvi sul fatto che siamo davvero agli sgoccioli, quindi ogni capitolo ora è importantissimo, quindi leggete con cura :)

Riassunto della puntata precedente (sarà lungo, ma non dovete perdervi nemmeno una virgola!): Magno e Gloria sono finalmente diventati marito e moglie, che gioia immensa! Il matrimonio si è svolto (quasi) senza intoppi, gli ospiti si sono divertiti e gli sforzi della classe sono stati pienamente ripagati. Certo però, che tutto il resto delle situazioni non è andato a finire ugualmente bene. Marco non ha ancora ritrovato il perdono di sua figlia, Sayid si è sentito rifiutare la proposta di convivere con Nelli nel bellissimo appartamento di New York e, se avete letto le due OS pubblicate dopo lo scorso capitolo, saprete che nemmeno per Silvia e Federica questa giornata ha portato molte gioie. I due che più hanno sofferto, tuttavia, non possono che essere i cari Nelli e Mattia, che, dopo aver sfiorato un incontro ravvicinato tra le lenzuola, sono sorprendentemente riusciti a portare a termine il loro discorso da testimoni con successo. Il dramma è avvenuto dopo: Mattia ha trascinato Nelli lontano dal matrimonio, di fronte alla fontana di Venere e Marte, dove le ha rivelato un segreto di cui lei, finora, non aveva sospettato nulla. Tutto il matrimonio è stato pensato e programmato per far sì che Nelli e Mattia potessero finalmente riavvicinarsi; una trappola vera e propria, dietro cui non si trovava solamente la classe, bensì la mente di Mattia e le braccia di tutti gli altri compagni, se non addirittura della famiglia Argenti. Nelli è scioccata dal tutto, ma ancora più arrabbiata per essere stata ingannata, oltre che rifiutata: non le è piaciuto essere stata messa segretamente alla prova e aver fallito in modo così palese. A sua volta, quindi, Nelli rivela a Mattia di aver origliato parte del confronto tra lui e Pierpaolo, qualche giorno prima, e di aver conseguentemente capito che ciò che lui vuole davvero non è stare con lei, ma partire per la benedetta missione in Siria. Mattia è sconvolto: per tutto questo tempo, quindi, Nelli si è comportata in modo strano affinché lui fosse libero di inseguire questa strada? Quanta percentuale di fantasia e quanta di realtà c'è nella loro storia d'amore? Quanto c'entra, nelle sue intenzioni, l'arrivo di Sayid? Trasportata dal litigio e dalle accuse di Mattia, Nelli gli dice, finalmente, dopo anni e anni, che ha fatto tutto quel casino perché lo ama, e Mattia... nemmeno risponde. Così il litigio volge al peggiore dei finali: Nelli provoca Mattia dicendo che probabilmente se ne andrà sul serio a New York, dove Sayid è l'unico che è stato in grado di darle qualcosa di concreto come una casa, e Mattia, per tutta risposta, le dice che non vuole mai più rivederla e che, comunque, è una pessima insegnante. Voi che ne pensate? Ma, soprattutto, CHE DIAVOLO SIGNIFICA QUEST'IMMAGINE NEL TITOLO???






"Io e te" è semplicemente complicato 

.

.

Image and video
hosting by TinyPic

Non gli ho mai detto che lo amo

.

"Et se sempre Marte fussi sottoposto a Venere, cioè la contrarietà de principii 

componenti a loro debiti temperamenti, nessuna cosa mai si corromperebbe."

- Pico della Mirandola, Commento sopra una canzone de amore

.

.

.



C'è qualcosa di ironico nel vederci tutti qui, attorno ad un tavolo, a fine matrimonio, con la stessa identica faccia sconfitta.

Federica, Marco e io non scambiamo più di una parola ogni dieci minuti; abbiamo il corpo abbandonato allo schienale della sedia e gli occhi fissi su un non-luogo sicuro, mentre la testa è assorta nei pensieri.

E sono così tanti, così caotici e così forti che ormai ci hanno assordato; non sentiamo più nemmeno loro, non sentiamo più niente.

La situazione è critica. 

Siamo tutti e tre completamente svuotati, stanchi e senza parole, mentre qualsiasi esibizione ci fosse sul palco è terminata e ora Davide e Sanjay si sono messi a riprodurre playlist malinconiche a tutto volume da Spotify. È così romantico che ci sia ancora qualche stoica coppietta che balla davanti alle casse... ma, come ho detto, è come se noi ci fossimo completamente alienati da tutta la festa, come se nemmeno li vedessimo.

Siamo solo noi tre, con i nostri infiniti disagi, e nient'altro.

"Hanno detto che ci potrebbero essere delle complicazioni."

I nostri occhi abbandonano il loro non-luogo sicuro per salire verso chi ha appena pronunciato, monocorde, questa notizia. E subito i tre disagiati diventano quattro.

Vedo Lorenzo, che condivide con noi l'arrendevolezza alla vita e che prende meccanicamente posto sulla quarta sedia libera del cerchio.

Marco lo squadra, incerto: "Complicazioni riguardo il ragazzo che dovrebbe donarti il fegato?"

"No, riguardo me."

Oh, ottimo.

Lorenzo posa i gomiti sul tavolino ancora adorno di pizzo e fiori, poi sospira.

"Gloria ha inviato le mie ultime analisi all'ospedale di Venezia e ora vogliono ricoverarmi il prima possibile." le sue nocche sono bianchissime. "Parto domani mattina."

"Che cosa c'è che non va?"

"Non è chiaro, ma ha a che vedere con i giorni che scorrono veloci e nessun miracolo che succede nel frattempo." sembrerebbe agitato, a un primo sguardo, ma è solo tremendamente rassegnato. "Il donatore è ancora in coma e io ancora malato."

"Coraggio..." sussurro, non credendoci più nemmeno io. "Domani andrai là, ti avranno sotto controllo ventiquattr'ore su ventiquattro e quando arriverà il momento del trapianto, sarai già pronto."

Lorenzo mormora qualcosa che non mi è chiaro, ma che giunge alle mie orecchie come un ovattato 'Se non sarò già morto'. 

Prendo atto dell'ulteriore dolore che tutto ciò adduce alla mia anima, poi decido di non rispondere, perché, purtroppo, stavolta, non ho nessuna risposta.

La nostre vite fanno così schifo.

Ritorno a rintanarmi nel mio limbo di malessere, dove posso essere liberamente frastornata e posso addirittura esserlo in compagnia dei miei amici. Io sto male per la mia intera esistenza in relazione a Mattia Zingaretti, Lorenzo per le ragioni appena esplicitate, Marco perché ha perso ogni speranza di recuperare il dialogo con Rachele e Federica perché è appena tornata dal faccia a faccia con Pierpaolo e, anche se non ha raccontato nulla, è proprio da come ne è uscita la sua, di faccia, che ho capito che è stato un vero disastro.

Nessuno dei quattro riesce a trovare consolazione per se stesso, figuriamoci per il resto del cerchio magico. Il massimo che possiamo fare l'uno per l'altro è... stare.

"Papà?"

Ancora una volta una voce fuori campo riscuote la nostra contemplazione.

Si tratta di Rachele che, a passo incerto e torturandosi le mani in grembo, si è avvicinata a noi e ha rivolto la parola a suo padre per la prima volta dopo giorni.

Infatti, Marco è talmente sorpreso che quando si volta per comprovare l'accaduto, per poco non ha un mancamento.

"Rachele?"

Solitamente chiama sua figlia Reginetta del mondo o Imperatrice della luce o altri nomignoli che inneggiano alla tirannide, ma ora lo sconvolgimento glielo impedisce.

La bambina tiene quegli zaffiri luminosi fissi sul padre, ma si morde il labbro per la tensione. È così carina, nel suo vestitino di tulle, coperto dall'elegante maglioncino giallo che Gloria ha fatto cucire appositamente per le damigelle.

"Io... volevo chiederti... " dà un colpetto di tosse e poi inspira. "Ti va di fare un ballo con me?"

"Porca mignotta." esclama allora Marco, educativo come non mai, il filtro tra bocca e cervello ormai andato da anni. "Cioè, volevo dire..."

Cerca di ripigliarsi, o almeno fare finta di ripigliarsi, mentre si rimette composto sulla sedia e spolvera il grembiule da cucina che non si è ancora degnato di togliere.

"Beh, certamente, tesoro." conclude infine, posando le mani sui manici della sedia.

Ma a quel punto c'è un tentennamento. Guarda noi, poi di nuovo la bimba, come temendo di aver capito male, o che sia solo un sogno.

Ma Rachele gli tende la mano e lui, allora, si illumina di riflesso.

Si alza dalla sedia con uno scatto energico, rivolgendoci un'ultima occhiata incredula, poi si lascia trascinare da Rachele al centro della pista.

Puntuali come un orologio svizzero, i dj fanno partire una canzone allegra, che non avevo mai sentito, ma in cui Marco si butta subito a capofitto, improvvisando una bachata con la piccolina. 

S'intitola Dance the Night Away di The Mavericks, scopro, shazammandola, e la aggiungo alla playlist "matrimonio Gloria e Magno" solo perché ho bisogno di farmi del male da sola. Tutta questa lista di canzoni, lo so già, mi perseguiterà fino a quando un giorno, a ottant'anni, starò facendo la spesa e ne faranno partire una agli altoparlanti e il mio cuore non riuscirà a reggere la malinconia. E morirò.

"Mattia mi ha detto tutto." snocciolo senza il minimo sentimento, posando il telefono sul tavolo ed evitando di guardare in faccia sia Lorenzo che Federica.

Ovviamente, lei è quella che per prima si preoccupa, per quanto il suo stato di salute mentale glielo permetta: "Tutto cosa?"

"Del matrimonio. Del grande piano." ripeto, come fosse una nenia. "Del fatto che era tutta una sua idea e che voi l'avete aiutato."

Fede si porta una mano alla bocca, al limite della catastrofe naturale, ma io decido di fermarla per evitare ulteriori sconvolgimenti. 

"Non sono arrabbiata con voi." dico.

"Ah no?"

Scuoto la testa: "No, non serve che vai in paranoia."

"Quindi ti ha raccontato il vero motivo per cui siamo tutti qui." riassume Lorenzo, racchiudendo scetticamente l'area circostante con gli indici.

"Già." schiocco la lingua. "Ma purtroppo i suoi sforzi non sono serviti a nulla. Lo scopo era quello di innamorarsi di nuovo di me per capire se andare in Siria o meno; a quanto pare, non ci è riuscito e ora se ne andrà per sempre. Tanto per cambiare."

Lorenzo e Federica si scambiano uno sguardo teso. È chiaramente un segnale per dirsi di stare attenti a ciò che potrei dire o fare di qui a poco e quanto possa portare allo sfacelo più completo e come diavolo arginare la furia che scatenerò per essere stata ferita così nel profondo da uno stronzo idiota, ma io, per una volta, voglio anticipare la loro preoccupazione.

Alzo i miei palmi aperti: "Volevo solo dirvi che è andata male, tutto qui. Non voglio farvi pesare nulla, è già abbastanza quel che dovete sopportare per conto vostro. Anzi..." mi soffermo, guardando i loro volti. "Grazie comunque per tutto."

Di nuovo i due si guardano esterrefatti.

Io non aggiungo una parola a quanto già detto e dopo pochi secondi in cui nessuno interviene, pare basti davvero così. 

Lorenzo e Federica sono interdetti, ma il mio grazie è servito quanto meno ad alleggerire di un grammo le loro pene.

"Guardate." ci richiama Lorenzo, dopo poco. "Marco è così felice."

Federica e io ci sforziamo di prestare attenzione ai dintorni e ci soffermiamo sul punto che indica Lori. Rachele e suo padre stanno ballando senza disciplina, ma con due enormi sorrisi stampati in volto. Lui le tiene entrambe le mani e, ogni tanto, le fa fare piroette che lanciano, dal suo maglioncino giallo, un luccichio di paillettes tutt'intorno.

Mi volto verso Federica, le faccio un cenno soddisfatto, come a dire che per fortuna, almeno lui, qualcosa sembra averlo risolto.

Lei mi risponde con un'espressione concorde e una strana sfumatura dello sguardo.

Non saprò com'è andata con Pierpaolo finché lei non si deciderà a raccontarlo. E so che farà una fatica incredibile ad ammettere quanto l'abbia fatta soffrire. A me basta guardarla per capire che è stato così, ma per un'ammissione da parte sua dovrò aspettare giorni, forse mesi, finché questa storia inizierà a bruciare un po' meno nel suo stomaco.

Nel frattempo, posso solo intuire, con un certo sollievo, che per quanto pesante ci sia andato Scilla, c'è ancora un salvagente mezzo gonfio da qualche parte nel suo cuore, che è riuscito a non farla affondare. Ed è quello che interpreto dalla sfumatura insolita nel suo sguardo, già ormai svanita, nel tempo di un respiro.

"Ho bisogno di un po' d'aria, credo." comunica, staccando gli occhi dai Ravasi e alzandosi in piedi.

"Vuoi che veniamo con te?" si propone Lorenzo.

"No, grazie." lei sorride, riponendo la sedia e guardando verso il tramonto di fuori. "Volevo stare un po' sola con i pavoni di Magno. Prometto che non prenderò nessun cavallo e che non sparirò nel bosco. Solo pavoni."

Tutti e tre ridiamo appena alla battuta, ma capiamo il desiderio di Fede e la salutiamo dicendole di chiamarci se dovesse avere bisogno.

Non appena rimaniamo solo noi due, Lorenzo prende un sospiro: "Mi sa che è meglio se vado anch'io, adesso. Devo fare le valigie." 

"Aspetta." lo fermo, raggiungendolo in piedi. "Prima faresti una cosa per me?"

Gli occhi chiari di Lorenzo mi squadrano, curiosi: "Certo."

Allora gli tendo una mano, imitando la mossa di Rachele e tornando a sentirmi un pelino meno morta di prima: "Mi concederesti un ballo?"

La tristezza di Lorenzo si scioglie in un sorriso arrendevole e tutta la sua immagine appare di colpo più bella. In effetti, è davvero piacente quest'oggi, con le maniche della camicia arrotolate al gomito e l'immancabile cravatta in pendant. Lorenzo è sempre stato un ragazzo carino; adoro il suo viso dalle linee semplici e pulite, il fisico agile, l'aspetto sempre curato nel minimo particolare.

Anche se adesso, accidenti... si inizia a notare che è troppo magro. Davvero troppo.

Ci portiamo nel mezzo della pista, salutando un po' malinconicamente Marco e Rachele e poi posizionandoci vicini, quasi abbracciati, finché non parte una canzone ballabile.

Come sempre, stargli vicino non è propriamente comodo, perché è tutt'altro che un tipo morbidoso. Una volta conosciuti i suoi spigoli, tuttavia, non c'è pericolo di farsi male.

"In tutte le disavventure che mi sono capitate, sei sempre stato al mio fianco." gli sussurro, mentre muoviamo qualche passo a tempo. "A volte come spina, a volte come appoggio."

"Lo so. Anche io conosco una persona così. Non te ne sbarazzi facilmente." 

"Immagino che la sfortuna, quel primo giorno di scuola, si sia divertita con noi." dico, ironica.

"Credo che si sia divertita un po' con tutti." specifica, alludendo alla nostra classe.

"È così sicuramente." confermo, appoggiando la testa contro il suo petto e iniziando ad entrare in sintonia con il lento e con il suo respiro. "Ma per quanto abbia incasinato la mia vita, io rifarei tutto."

Lori ridacchia: "Perché sei masochista?"

"No." sussurro, sentendo scendere una lacrima. "Perché senza di voi, non sarei semplicemente io."

E mentre il lento prosegue con la successione di note un po' dolci e un po' amare, io penso che aver realizzato tutto questo, dopo la mia crisi post-maturità e cinque anni di vagabondaggio tra Italia e America, sia veramente un enorme, e forse il mio più grande, successo.

***

PRIMO BREAK

Nelli, nonostante tutto, ha veramente fatto un notevole progresso, da questo punto di vista. Siete d'accordo? Se pensiamo all'inizio della storia, dove non era altro che una ragazza impaurita dalla sua stessa ombra, direi che possiamo essere fieri. Quindi pensiamo ai successi e le soddisfazioni... di tempo per preoccuparci del resto ce ne sarà un sacco. 

Image and video
hosting by TinyPic

Conoscevate la canzone dei The Mavericks? Vi piace? E, per curiosità, quale lento abbinereste a quest'ultimo ballo di Nelli e Lorenzo?


***

L'alba è da brividi, qui a villa Magna.

In primo luogo perché c'è freddo e poi perché è bellissima. Si riflette sull'acqua del laghetto, bacia le punte degli alberi, definisce gli angoli del giardino, illuminando senza scaldare.

Oggi, ahimè, mi sembra tutto crudamente congelato. A partire dal mio cuore ed estendendosi poi per l'intero ambiente, la sensazione di freddo non mi ha mai abbandonato, da ieri sera, per tutta la notte e ancora in questo momento.

Mio Dio, non mi passerà mai più.

"Ok, direi che ci sta un bel selfie prima di partire!" Cristiana, leader positiva, che spera sempre di trovare il modo per stemperare la tensione, estrae il cellulare e si posiziona a regola d'arte per prendere tutto il gruppo nello schermo.

Quindi, i presenti si sentono obbligati a partecipare, per non lasciare una povera ragazza incinta in mezzo al prato in una posa ridicola.

"Dite cheese!" 

Nessuno sorride veramente, forse solo lei, e ne esce una foto di gruppo dalle facce tirate e gli occhi lucidi.

Eddai, è inutile ostentare positività. Nessuno è felice in questo momento.

In particolare non dev'esserlo Lorenzo, che è il primo di noi a tornarsene a Venezia, nonché colui che sta per subire un trapianto di fegato. La partenza vera e propria è prevista per domattina, cioè tra ventiquattr'ore, ma Lori ha dovuto chiaramente anticipare, per cause di forza maggiore.

Ho parlato con Davide e deciso assieme a lui che resteremo qui fino a domani per aiutare a sistemare il disastro post-matrimonio (anche perché non avevo partecipato al torneo di calcio a tre squadre, ricordate? Questo mi obbliga a far parte del team pulizie, per punizione). Poi, saliremo sul taxi che ci condurrà a casa, sistemerò le mie cose e la mia prima mossa sarà trasferirmi temporaneamente all'ospedale dove ricoverano il mio amico, in modo da potergli stare accanto finché non avrà un fegato da far invidia.

Perché lo avrà, lo so.

Cristiana mi sbatte il telefono sotto il naso, assordandomi con un gridolino esageratamente eccitato: "Ma hai visto che belli che siamo?"

Osservo l'immagine nel complesso, dubbiosa: "Cris, non c'è nemmeno un quarto degli invitati."

"Ma sì, perché sono tutti dei dormiglioni, ma chi dorme non piglia pesci e noi, stamattina, abbiamo pigliato l'opportunità di comparire in questa bellissima selfie."

Fisso la mia amica senza dire nulla; un po' perplessa, un po' rassegnata.

"Giusto." l'accontento, infine, sforzandomi di non commentare anche il fatto che abbiamo tutti delle occhiaie spaventose e le espressioni irrigidite per il freddo.

"Se gli avessi fatto dire cazzo, oppure El Vallinator colpisce ancora, sarebbero stati più belli." osserva Diego, molto convinto delle proprie parole.

"D'accordo, ragazzi. Ci vediamo presto." Lorenzo raccoglie la sua valigia firmata, fingendo di lottare con il manico del trolley, solo per non far vedere che gli sono salite le lacrime.

Federica, che si è presentata qui con una faccia da notte insonne, si lascia intenerire dalla scena, così coglie l'occasione per aiutare Lori e e poi avvolgerlo in un super abbraccio. È strano vederla così affettuosa; dopotutto, è più una da pacche sulla spalla, ma penso negli ultimi giorni la barra della sua sensibilità abbia vacillato al punto di renderla più umana del solito.

In questo momento, partono a ruota i saluti personalizzati e gli 'in bocca al lupo' e i 'sì, assolutamente, ci vediamo prestissimo' e mentre tutto ciò si verifica, io non riesco a smettere di guardarmi in giro, perché gli amici più stretti di Lorenzo, seppur pochi, sono già presenti... ad eccezione di uno.

Lo so.

Lo so che non dovrei nemmeno preoccuparmi e non mi devo aspettare che lui sia dove sono io e da oggi in poi devo mettermi in testa che tutto è cambiato, però è davvero presto e a meno che Mattia non si sia svegliato alle cinque per salutare Lorenzo prima di tutti, non può essersi perso la sua partenza.

Dalla litigata di ieri sera, non l'ho più visto.

Così, negativa e agitata come non mai, mi avvicino a Pierpaolo, con il quale ho evitato il dialogo per giorni e giorni. Sì, mi rendo conto anche di questo; non è che abbia mantenuto un gran comportamento, ma dopo aver capito che si era schierato contro di me e aver sofferto un sacco per questa sua presa di posizione, non sono più riuscita nemmeno a guardarlo in faccia.

Se ora lo sto facendo, è perché è l'unica persona che potrebbe saperne di più sul microcefalo. Anche se ciò non mi ferma dal ripudiarlo per aver voltato le spalle a me e, ancor più recentemente, alla mia migliore amica.

"Ehi, Pier."

Lui alza lo sguardo, alla parvenza triste e pensieroso come quello di tutti, stamattina. Si accentua ancora di più, appena vede che a parlargli sono stata io.

"Ehi, Nel."

È difficile farlo, ma vado dritta al punto, perché altrimenti farei solo figuracce: "Senti, ma... Mattia? Non viene?" chiedo, indicando con la testa Lorenzo e le sue valigie pronte sul vialetto.

La risposta di Pierpaolo arriva prima della realizzazione di quanto mi faccia male: "No."

"Ah... no?"

"Mi dispiace, Nelli." Pierpaolo stacca gli occhi dai miei e deglutisce, prima di aggiungere un dettaglio peggiore. "È andato via."

"Come??"

Pier non sa in che modo affrontare il discorso e nel frattempo a me sembra di svenire. 

La mia testa fa un giravolta e le braccia strette al petto per il freddo si stringono ancora più forte per reggere il colpo.

"Dov'è andato? Quando? Perché? Pierpaolo!"

Le domande che vorrei fare spuntano a tonnellate nella mia testa e penso già di sapere le risposte di ognuna di loro, ma comunque, le pongo a Pierpaolo nella speranza che lui smentisca ogni mio sospetto e tutto si riduca all'ennesima recita da parte dell'idiota per farmi prendere un colpo e possibilmente amarlo ancora di più.

Ma Pierpaolo vanifica ogni speranza aprendo le mani e sospirando un rassegnato: "Non lo so."

Aggiunge che quando si è svegliato, poco fa, la stanza di Mattia era già vuota e lui non c'è e non risponde al telefono e che, ovviamente, gli dispiace. Un sacco.

A me viene solo da vomitare, però.

"Ti aspetto, Nelli, ok?" prima che lo faccia per davvero, la mano di Lorenzo si posa sulla mia spalla e mi riporta alla realtà.

"Oh, sì... certo." gli sorrido, alzando la testa verso di lui e sforzandomi di riprendermi dalla batosta. "Ci vediamo domani sera."

"Non pensavo così presto." ridacchia, allora, nervoso.

"Titanic non attende." ribatto, alludendo alla promessa che gli ho fatto di portare con me il portatile e una tonnellata di film d'amore che io, lui e Fede guarderemo fino a voler annegare nelle lacrime. Sempre per restare in tema.

"Ok." sorride, e poi tira il suo trolley fino al taxi che lo aspetta sul cancello della villa.

Vi risparmio il saluto collettivo perché credo che siamo già a un livello preoccupante di fragilità. Io nel mio piccolo, rivolgo un enorme e incoraggiante sorriso da fattona a Lorenzo, mentre dentro di me scendono a fiotti milioni e milioni di lacrime per Mattia.

Fai sul serio, Zingaretti?

Avevo capito che quello di ieri era un addio, ma non credevo che fosse quello definitivo.

Sei davvero uno stronzo.

E io ti odio.

***

SECONDO BREAK


Ogni altro insulto nei confronti di Mattia è bene accetto XD

In questo caso, come vi dicevo all'inizio, non ho nessun momento social da inserire, ma ne approfitto per consigliarvi una piccola pausa e, magari, se avete un pacchettino di Kleenex, di assicurarvi che siano a portata di mano per i prossimi paragrafi.

Lo so cosa state pensando: Daffy brutta, Daffy cattiva.

Ma aspettate di arrivare alla fine... lì sì che darò il meglio di me! XD

***

Me ne sono andata da villa Magna.

Ma no, non definitivamente, tranquilli.

È solo che non ce la facevo più a rimanere lì, avevo bisogno di uscire, di trovarmi qualcosa da fare. Aiutare i miei compagni a sistemare non era sufficiente, perché ogni tanto qualcuno di loro se ne usciva con la fatidica domanda "Ma Mattia dov'è?" e allora mi sentivo direttamente chiamata in causa, senza la più pallida idea di come motivare il tutto senza scoppiare in lacrime.

A quanto pare, il microcefalo è sparito veramente senza avvisare nessuno, o almeno ha dato ai miei compagni specifiche direttive per farla sembrare così, dato che abbiamo recentemente scoperto quanto sia bravo ad essere regista di trappole alla The Truman Show. In ogni caso, il concetto è ben chiaro: ha detto che non mi avrebbe mai più voluto vedere e si è accertato che così fosse veramente.

Mattia se n'è andato, e non tornerà.

Mattia non c'è più.

Mentre ancora non volevo crederci, ho addirittura rubato il telefono di Davide, scorrendo maniacalmente tra le chat di Whatsapp, sperando che avrei trovato qualche indizio di lui. E a un certo punto, infatti, mi ci sono imbattuta.

Avevo poco tempo, prima che Davide mi beccasse, ma sono riuscita a leggere gli ultimi messaggi del gruppo chiamato Intelligence, dove a giudicare dai membri (tutti tranne io) Mattia deve aver coordinato il matrimonio per tutto questo tempo. Difatti, sono riuscita a leggere di questi ultimi giorni in cui Fede e Davide scrivevano di non preoccuparsi per Sayid e gli altri rispondevano scetticamente, finché non sono arrivata all'ultimo messaggio, di ieri sera, scritto da Lorenzo: "Beh allora, com'è andata??"

E poi: Mattia Zingaretti ha abbandonato il gruppo.

Da quel momento, penso che Mattia abbia bloccato il telefono, perché ho furbamente tentato di contattarlo con il numero di Davide, ma non suonava nemmeno, né riceveva i messaggi.

Capite perché ho bisogno di distrarmi?

Ho addosso una rabbia e un'ansia talmente potenti che non riesco nemmeno a camminare diritta. Non so se vi è mai capitato, eppure è come se nelle ultime ore, a partire dalla litigata di ieri sera, la vita mi fosse scorsa davanti mostrandomi le peggiori pieghe mai immaginate, senza che io potessi fare nulla per recuperarla, ma solo aggravarla.

Non volevo che finisse così, no, assolutamente, ma è successo così in fretta, così inesorabilmente che adesso non trovo altra soluzione del salto temporale. Solo tornando indietro, potrei cambiare le cose; è l'unico, fantascientifico, improbabile modo. Ma dovrei come minimo tornare alla terza superiore ed è così impossibile e così cretina come cosa, che mi ritrovo tristemente e semplicemente senza equilibrio nella gambe, senza speranze in vita e sopratutto... senza il mio Mattia.

Per sforzarmi di avere altro di cui preoccuparmi, almeno per qualche ora, sono andata alla riserva vinicola di Benigni. Comunque avrei dovuto parlare con lui prima di andarmene, domattina, così ho pensato che avrei fatto meglio a rendergli visita. Dopotutto, è stato così gentile con me e voglio che sappia la verità.

Almeno a lui, un comportamento civile lo devo.

"Madame Marinella Argenti, ma che piacere vederla!" mi accoglie a braccia aperte l'ometto, uscendo per darmi il benvenuto, come se stesse aspettando con ansia il mio arrivo.

"Signor Benigni." lo saluto andando per stringergli la mano, ma ritrovandomi chiusa in un suo abbraccio.

"Allora, mi dica com'è andato il matrimonio di ieri." si entusiasma, guardandomi con le guanciotte rosse. "Ho sentito che è stato un successone. Era buono il mio Brunello di Montalcino?"

"Eccezionale." annuisco, pur non avendo bevuto nemmeno un goccio. "È anche merito suo se il banchetto è stato così apprezzato."

"È merito vostro. Sapevo che avreste fatto un gran lavoro." mi indica la porta con entrambe le mani. "Prego, si accomodi nel mio studio, Argenti. Dobbiamo discutere di affari, non è vero?" mi fa un occhiolino divertito.

Ma io devo dolorosamente smorzare il suo entusiasmo: "A dire il vero, signor Benigni... io... dovrei parlarle di una cosa."

L'uomo si allarma all'istante, puntandomi l'indice addosso: "Non vorrà mica rifiutare il lavoro, Argenti. Non mi dia questo dispiacere."

Sospiro, imbarazzata e in difficoltà, ancor più del mio solito.

Benigni non ci mette molto a captare lo sconforto che abita in me, così reinventa la situazione, offrendomi gentilmente il suo braccio e spronandomi: "Coraggio, lasci che la ospiti nel mio ufficio per una chiacchierata e un buon bicchiere. Magari... facciamo un bicchiere di analcolico, eh."

Quest'uscita allusiva dovrebbe stendermi ancora di più, invece lo seguo volentieri all'interno e mi lascio coccolare dal succo d'uva, rigorosamente privo di alcol, che mi versa nel bicchiere.

"Allora, signorina Argenti, mi dica." esordisce, appena l'atmosfera si è sufficientemente riscaldata. "Che cosa c'è che non va?"

"Non è facile." metto subito le mani avanti con un sorriso teso. "Ma avevo bisogno di dirle la verità, perché lei è stato così gentile con me e ora le cose si sono fatte... complicate, diciamo."

"L'ascolto." mi incoraggia.

E io inizio a raccontargli per filo e per segno quali sono state le quinte dietro al sipario che gli ho mostrato dal fatidico colloquio fino ad oggi. Ovvero; avergli mentito il primo giorno in cui l'ho conosciuto, decantando qualità che non avevo nemmeno nella mia più fervida immaginazione, farmi passare per intenditrice di vini, solo per sperare di ottenere un lavoro, continuare a mantenere in piedi la recita per poi contrattare la mia posizione e riuscire a diventare segretaria. Tutto perché a New York non ero riuscita a costruire un bel niente e ai miei erano anni che non davo una soddisfazione.

Ad essere sincera, mi sento davvero meschina nel ripetere le mie malefatte ad alta voce, ammettendo di aver preso in giro una persona così buona e di aver coinvolto anche qualcuno che non c'entrava e che non avrebbe mai voluto prendere parte a tutte le mie cagate quotidiane; ai secoli, Mattia Zingaretti.

Gli svelo anche che nel momento in cui mi è stato dato il lavoro, io nemmeno l'avevo capito, tant'ero ubriaca ed effettivamente inadeguata al posto che mi era stato offerto. Qui capisco davvero di essere una persona orribile, ma almeno specifico che in tutto questo tempo, sono stata indecisa se accettare e continuare la stupida farsa, oppure rifiutare, ammettendo le mie colpe. 

L'epilogo è ovvio, ma in realtà ciò che più pesa è il rimpianto per aver gestito tutto così male e dunque non aver mai meritato da Benigni non solo il lavoro, ma in generale, il rispetto.

La sua reazione a tutto questo popo' di confessioni tarda anche troppo ad arrivare.

Per diverso tempo mi soppesa, le mani congiunte davanti alla bocca e la sedia di pelle che oscilla leggermente, producendo un'inquietante scricchiolio.

Poi, un sorriso: "Dispiace anche a me, Marinella."

"Lo so, ne sono pienamente consapevole, lei ha tutto il diritto di odiarmi."

"No, non pensi che sia per quel motivo." precisa. "Mi dispiace per tutto ciò che sta vanificando nel rifiutare quest'offerta."

Che cosa?

Se sto interpretando correttamente la sua frase, lui sta ancora considerando che esista un'offerta. E che io non abbia nemmeno perso la libertà di accettarla o rifiutarla.

Anzi, dopo un'ulteriore analisi, sembra che sia sfavorevole a un mio rifiuto.

Non ci posso credere... vuole che accetti comunque il lavoro? Dopo tutto quello che gli ho raccontato?

"Che cosa vanificherei, rifiutando?" ribatto, infatti, perplessa e incredula. "Non ho fatto nulla di buono per ottenere il posto."

"Non esattamente, ma vede..." si piega in avanti, facendo scricchiolare nuovamente la sedia. "Nemmeno a lei è stata raccontata tutta la verità, a quanto pare."

Guardo i suoi occhi con curiosità.

Non ditemi che questa già pessima giornata riserva altre pessime sorprese.

"Io non le ho mai dato il lavoro." snocciola, provocandomi una convulsione interna. "Parlando con lei la prima volta, avevo capito che non se intendeva per niente di vini e facendole fare il colloquio, non ho ottenuto altro che una palese conferma."

Alla mia espressione mortificata, lui incrocia le braccia, soddisfatto: "Che cosa crede, che qui siamo un branco di scemi a cui piace accerchiarsi di dipendenti incapaci? Riserva Benigni è un marchio, non un rifugio per alcolisti anonimi."

Allargo gli occhi, sconvolta. Al di là del fatto che queste velate accuse da parte del buon Benigni mi abbiano ferita, non avevo la minima idea che avesse sospettato di me fin da subito.

"Lei ha confermato le mie teorie ubriacandosi come una pivella al colloquio di lavoro e io mi sono sentito oltraggiato. Quando l'ho detto ad Alessandro Magno, al colmo dell'indignazione, lui non sapeva se scusarsi per l'inconveniente o ridere di gusto. 'Mi spiace, Benigni, ma è la solita Nelli e noi le vogliamo bene così', cito le sue parole."

"Ah."

"È fortunata, sa, perché io farei di tutto per i Magno e loro per me. Se non ci fossero stati loro alle sue spalle, l'avrei liquidata il giorno stesso in cui ci siamo conosciuti."

Non mi sto raccapezzando in tutto ciò.

"Ma... mi scusi." lo interrompo, confusa e mortificata. "Mattia mi aveva detto che... beh, lei stesso mi aveva detto che sperava che io accettassi il lavoro! Quando sono venuta per prendere i vini del matrimonio, ben dopo quel disastroso colloquio, lei era contento di avermi in azienda! E anche Mattia mi aveva detto che ero assunta, sono state le sue esplicite parole quello stesso giorno!"

"E certo che lo sono state!" Benigni si erge in piedi, posando entrambe le mani sulla scrivania e guardandomi animatamente. "Perché quel giorno, quando io le ho detto in faccia che non l'avrei assunta e lei, vergognosamente in preda ai fumi dell'alcol, mi ha accusato di molestia sessuale tramite uso di bottiglie in vetro, il suo amico mi ha comunque implorato di darle una possibilità!"

"Che cosa?"

La vita non vuole smetterla di regalarmi infarti.

"È stato il signor Zingaretti a farla assumere; se non fosse per lui, lei non sarebbe qui."

Mentre io mi affosso nella sediolina in pelle, Benigni prende a girarmi intorno, con le braccia incrociate.

Sta notando il mio shock, quindi prosegue nella spiegazione, prima che sia io a riempirlo di domande: "Ha sbagliato a compilare tutte e tre le schede che le avevo dato. E lo sa perché? Perché non erano nemmeno vere; la metà di quegli indici che vi avevo scritto non esistono. Era chiaramente un test, basato sui miei sospetti riguardo la sua inettitudine, totalmente fondati e sufficientemente confermati." è ancora risentito per tutto ciò, ma la parte bella è quella che sta per arrivare. "Tuttavia, mi sono sorpreso di come fosse riuscita a fornire un'analisi semi-decente nonostante si trovasse in uno stato di alterazione preoccupante. Era umanamente impossibile che ci fosse riuscita da sola. Quindi, quando poi il signor Zingaretti mi ha raccontato della vostra collaborazione, ho capito molte cose."

"Quindi lei sapeva già tutto?" pigolo, accusando malamente la perdita di grandiosità della mia confessione di prima.

"Ma certo. Quello che mi ha raccontato oggi non è nulla di nuovo e sapevo anche che prima o poi mi avrebbe raccontato la verità, perché lei è fatta così. Zingaretti mi ha detto anche questo."

"Le ha detto parecchie cose mentre ero ubriaca, eh?" sussurro con il nodo alla gola.

"È stato conciso, ma efficace." riassume Benigni, finendo dalla parte opposta della stanza, ma senza staccare mai gli occhi dai miei. "Io, signorina Argenti, sono un uomo molto molto intelligente, ma per sua fortuna, ho un punto debole, ed è questo." si indica la parte sinistra del petto, dove risiede il cuore.

"Magno mi aveva avvisato che lei non sarebbe venuta sola al colloquio. Mi aveva detto che l'avrebbe mandata assieme a un giovane che teneva davvero molto a lei, come d'altronde lo stesso signor Magno teneva al fatto che prima o poi, forse, sareste diventati una coppia. Non mi spiegavo perché tutto il disturbo da parte di un ragazzo già abbastanza impegnato come Alessandro, ma quando vi ho visti insieme, ho capito perché." annuisce, ripercorrendo il passato con nuova intuizione. "Il signor Zingaretti era molto determinato a convincermi, signorina. Senza suppliche, ma con poche e ben scelte parole, mi ha fatto capire quanto avrei perso, se non l'avessi assunta. E io gli ho creduto, nonostante avessi davanti la riproduzione vivente del Bacco Ebbro che mi accusava di abusi sessuali."

Alzo una mano per coprirmi gli occhi, dalla vergogna, il rammarico e il senso di smarrimento che questa rivelazione mi sta dando.

Perché non l'ho mai capito?

"Lei non ne aveva la minima idea, deduco."

"No..." mi esce, tremulo.

"E che fine ha fatto, ora, il signor Zingaretti, se posso permettermi?"

Levo la mano da davanti agli occhi e guardo in quelli di Benigni con uno strato di lacrime che li appannano: "Se n'è andato in Siria."

Benigni apprende con un sospiro grave e profondo.

Rimaniamo in silenzio a contemplare la drammaticità della situazione. Poi, il mio capo mancato muove qualche passo verso l'altro lato della scrivania.

"Mi dispiace, signorina Argenti." conclude, prendendo di nuovo posto. "Sappia che la mia offerta per lei qui è ancora valida. Mi sono lasciato convincere riguardo le sue qualità e... ho fatto bene." annuisce, approvando la mia faccia rossa e rammaricata. "Mattia mi ha riferito che nonostante lei combini un sacco di guai, è mossa da una devozione e una bontà d'animo incommensurabili. E oggi... l'ho visto."

Prende uno dei vari fogli tra le scartoffie e lo gira verso di me. "La riserva Benigni vorrebbe una segretaria così e, nell'eventualità, cerchiamo anche un magazziniere. Poi, semmai conoscerà qualcuno che veramente se ne intende di vini, mi faccia sapere."

Ormai incapace di nascondere gli occhi lucidi, do un'occhiata al foglio e vedo che c'è davvero stampato un bellissimo contratto. Un contratto di lavoro... serio... tutto per me.

Tuttavia, mi costringo a tornare con i piedi per terra e faccio scivolare quel bellissimo foglio di nuovo verso di lui: "La ringrazio infinitamente, ma per ora credo che avrò solamente la forza di tornamene a casa." 

"Capisco." annuisce, mentre trattiene malinconicamente il contratto tra le mani, prima di decidersi a riporlo nel cassetto.

Sicuramente avrà dedotto che tra me e Mattia non è andata per niente; difatti, anche se gli dispiace per il lavoro, non infierisce. È deluso dal mio no, ma è altrettanto convinto dalle motivazione che ci sono alle sue spalle. Sul fatto che sia un uomo intelligente e di buon cuore, non ho assolutamente il minimo dubbio.

Mi asciugo gli occhi velocemente, poi mi alzo in piedi, raccogliendo le mie cose: "Anche se non ho mai effettivamente lavorato per lei, è stato un enorme piacere conoscerla. Mio padre sarebbe fiero di tutto questo; sa... tra tutte le stronzate che lo raccontato, quella che anche lui si occupa di vini è una storia vera. Lui sì che è sul serio un intenditore. Il migliore che conosca."

Benigni si alza in piedi e mi tende la mano: "Spero che un giorno ci conosceremo."

Ricambio la stretta ed evito di dirgli ciò che penso davvero e cioè che non accadrà mai: "Lo spero tanto anch'io. Arrivederci, Benigni. E grazie."

***

TERZO BREAK

Eh sì, la vita, e Mattia Zingaretti, non finiranno mai di stupirci. Soprattutto in questa storia.

Ora per permettervi di riprendere un po' il fiato, vi riporto questa bella conversazione Whatsapp, la stessa che ha spiato Nelli dal telefono di suo fratello. Vi raccomando di approfittarne per un bel pit stop; manca ancora un bel po' alla fine del capitolo!

Image and
video hosting by TinyPic

Image and video
hosting by TinyPic

Image and
video hosting by TinyPic

Image and
video hosting by TinyPic

Image and
video hosting by TinyPic

Image and video
hosting by TinyPic



***

Quando arrivo alla villa sono più sconvolta che mai.

Tutto mi aspettavo fuorché che Mattia mi avesse garantito pure un lavoro. 

Sono così confusa...

La mia testa sta per esplodere.

Difatti, butto tutta la mia roba sul letto, e poi la seguo a ruota.

Mi prendo la fronte tra le mani e lascio che un lungo grido si sprigioni dal mio petto.

Perché diavolo se n'è andato via, se ha fatto tutto questo per me?

"Mattia mi ha riferito che nonostante lei combini un sacco di guai, è mossa da una devozione e una bontà d'animo incommensurabili."

Allora lo sai, Mattia. 

Se gliel'hai detto, vuol dire che lo sai.

E quindi perché diavolo mi hai ignorato, quando ti ho detto che ti amo, nonostante tutti i miei errori?

Mi alzo, irrequieta e mi appoggio alla finestra, come se guardando di sotto, potessi vederlo arrivare, come se non fosse già a Modena a fare armi e bagagli per poi sparire per ventiquattro mesi. 

Come se parlare direttamente a lui nei pensieri fosse lo stesso che parlargli nella realtà...

Sorrido, appannando il vetro con il mio sospiro.

Ricordo ancora quando la mia paura più grande era che potesse morire. Ora capisco che cosa volesse dire il suo ragionamento, quel giorno in cui ci siamo ritrovati a litigare in mezzo a un'arena per il paintball.

È peggio aver paura di perdersi o essersi già persi?

La seconda. Decisamente la seconda, Mattia.

Mio Dio... perché ha dovuto essere tutto così complicato? Perché abbiamo sbagliato ogni singolo passo? 

Lui non vuole più vedermi, eppure si è inventato un intero matrimonio per potermi riavvicinare. Che cosa è andato veramente storto? Io, lui, la missione, oppure... noi? Che cosa? Che cosa c'è che non va? Mi sembra di impazzire.

Se ripenso a com'è andata e a tutto quello che avremmo potuto fare in modo diverso, voglio ridere e piangere contemporaneamente. Davvero... in questo momento sto facendo entrambe e nessuno riuscirebbe a fermarmi.

Non di certo come quando volevo andarmene da qui perché avevo saputo che ci sarebbe stato anche il microcefalo e sebbene fossi davvero, davvero incavolata, mi sono lasciata facilmente convincere a restare. Mio Dio, che scenata... ero praticamente caduta nella fontana e lui aveva recitato benissimo, come se fossi sul serio la sorpresa delle sorprese. 

Beh... un po' dev'essere stato sconvolgente anche per lui, rivedere il mio viso dopo cinque anni.

Ma solo ora mi rendo conto di quanto allusivo e divertito sia stato, sin dall'inizio. Lui sapeva benissimo che il suo piano non avrebbe fallito, che io non me ne sarei andata davvero, ma sarei rimasta, perché in fondo non ho mai avuto il coraggio di andarmene davvero.

E lui lo sapeva, sì, perché nessun'anima su questa Terra mi ha mai capito meglio di lui... doveva solo trovare il metodo giusto per mettermi alle strette e farlo realizzare anche a me stessa.

"Cinque anni che provo disperatamente a parlare con te. Se sapevo che sarebbe bastato un matrimonio, avrei chiesto a Gloria e Magno che si sposassero prima."  

Mio Dio, Zingaretti, sei davvero un equinocefalo divertente, devo proprio ammetterlo.

"Ok. Allora parleremo in prima persona plurale. Ma secondo te dovremmo iniziare ringraziando per essere stati scelti come testimoni o sarebbe meglio mettere i ringraziamenti alla fine?"

"Forse è meglio non ringraziare proprio."

"Perché?"

"Sarebbe un po' ipocrita, Argenti."

Ci ha pensato così bene che non ho realizzato nulla finché lui stesso non me l'ha sbattuto in faccia. Eppure, avrei dovuto capirlo molto prima, a monte, il giorno stesso di quella lettera d'invito e ogni volta in cui Federica, Marco e Lorenzo mi indirizzavano verso la verità.

"Avrei voluto parlare con Mattia, oggi. Ma quando è con te, non c'è per nessun altro. Sta scrivendo per mezz'ora e poi non mi arriva alcun messaggio. Quindi stai tranquilla, non c'è ragione per cui dovremmo esserci accordati contro di te, non è questo che ti stiamo nascondendo."

"Quindi nascondete comunque qualcosa?"

Ma in ogni caso... che differenza avrebbe fatto?

Tutta questa invenzione di Mattia ha se non altro provato un punto molto importante: non c'è storia per noi due. Arriverà mai un momento della mia vita in cui riuscirò ad accettarlo?

La finestra è troppo fredda, perché ormai è sera e perché, comunque, davvero, la sensazione di gelo non mi è mai passata. Così mi stacco da lì e prendo a camminare a caso nella stanza, come il primo giorno qui, in cui l'agitazione era a mille, prima che arrivassero tutti. E mi sforzo di non pensare, davvero, ma non ce la faccio... sta tornando tutto; inesorabile, come lo tzunami dopo il terremoto.

"Infatti, non fermatela. Si sta esibendo in ciò che le viene meglio fare."

"Che cosa, Zingaretti, sentiamo?" 

"La bambina."

"Sarò pure una bambina, ma tu sei ancora il solito idiota."

Ricordi su ricordi, come se questi ultimi quindici giorni fossero stati intensi quanto i cinque anni perduti.

"Sayid... ehm... ecco, be'. Chi è? Chi è Sayid?"

"Non lo so. Se lo sapessi, non te lo starei chiedendo."

"Be', nemmeno io lo so. Sarà... sarà qualche marocchino che ti ha venduto dei tappeti contraffatti. Che ne so."

Scoppio a ridere di nuovo, da sola. Certi sono davvero esilaranti, se non altro. 

"No, Filippo, sto guidando. Ma zia Marinella potrebbe davvero usare il fiato per scopi più nobili, quindi vi può sposare lei. È il genere di casino che potrebbe sottoscrivere senza problemi."

Certi altri, tristi...

"In pratica sono cinque anni che ti corro dietro! Cinque anni che provo a farmi ascoltare da te, ma tu sei come i miei genitori! Non mi stai a sentire, mai! E lasci che tutto vada a rotoli facendomi annaspare nella mia stessa impotenza!"

"Non mettermi sullo stesso piano dei tuoi genitori. Perché loro non ti hanno amato sempre. Io invece sì."

"È una dichiarazione bellissima. Grazie, Marinella. Ne avevo proprio bisogno."

"Beh, invece lo è! Ma ovviamente a te non fa né caldo né freddo! Tu sei un soldato, per la miseria!"

Mattia non mi ha mai creduto... non si è fidato delle mie parole, nemmeno una volta.

"Se ti fossi fidata di me, avremmo sempre potuto essere una squadra. Ma questo è quello che succederà finché continuerai a non capirmi e a respingermi. Ci avvicineremo alla felicità, la toccheremo con mano, ma alla fine non taglieremo il traguardo insieme." 

Che storia, la nostra... con tutto quello che abbiamo condiviso, nel bene e nel male, è davvero questa la fine che merita?

"Ecco perché sin dal primo giorno in cui ti ho rivista ti ho detto che per me sei una bambina; perché, di fatto, non sei mai cresciuta. A volte sembra di sì, in rari momenti in cui quella tua testa ritorna in mezzo agli umani, ma poi faccio un rapido confronto con gli altri, e con me stesso, e per vedere a che punto sei tu, devo sempre voltarmi indietro."

C'è qualcosa che non mi torna, dei tasselli che secondo me sono caduti nel posto sbagliato e hanno fatto crollare tutto.

"Per cinque anni ho cercato di raggiungerti, non ho mai cambiato idea su di noi, non ho dimenticato niente. Forse non riuscirci era la vera punizione che meritavo, ma non mi sono mai arreso."

Perché non può veramente essere finita così. Non avrebbe... non ha senso.

"Mattia, quello che ti ho detto tutte le volte in cui abbiamo litigato, anche se ti sono sembrata una pazza in preda a crisi di isterismo, è vero. Io non voglio perderti, non di nuovo."

"E saresti disposta a rinunciare a tutto?"

"Sì."

"Marinella, così mi metti ancora più in confusione. Mi fai pensare che davvero tu mi... Che tieni a me più di quanto tu tenga a qualsiasi altra cosa, o persona."

"È così grave?"

"Molto grave." 

...con un 'ti amo' gridato all'aria e un 'non voglio rivederti mai più' come risposta.

"Sii, sincero, Mattia, non dirlo per accontentare me o per paura che mi arrabbi. Vuoi davvero rinunciare?"

"No che non voglio, cazzo, Pierpaolo! Non voglio e non vorrei per nessun motivo al mondo, lo sai! Ma dopo ieri e stamattina, io... come diavolo ne esco?"

"Sai benissimo come puoi uscirne."

"Sì, lo so, restando per una volta sulle mie orme, non lasciando che delle cazzate mi influenzino. Ma vorrei che provassi a starci tu un secondo con lei; ti ubriaca di cazzate. E il suo ex pure! Magari ho sbagliato tutto fin dall'inizio, non dovevo nemmeno venire qui."

...con le gelosie e le incomprensioni che si generano ogni volta da degli stupidi errori, con cui questa volta, però, non siamo riusciti a scendere a patti...

"Ha detto che ha comprato un appartamento a New York. Non uno qualsiasi, altrimenti la cosa non mi sfiorerebbe nemmeno, ma uno che stavo tenendo d'occhio da un po' e che mi faceva letteralmente commuovere. Sai, un bilocale di quelli in stile industrial, ma reso moderno dall'arredamento e con una vista pazzesca. È al ventunesimo piano di un edificio, ha un terrazzo grande come il mio ex appartamento."

"Wow, quindi Sayid è uno sceicco e non te l'ha mai detto."

"Non è ricco. È solo che stava risparmiando da un po' per fare questa follia."

"Una follia non ha motivazioni consistenti alla base. Evidentemente è una scelta ben pianificata, dato che non è nemmeno un monolocale. Casualmente."

"No, infatti. L'aveva presa per noi, o meglio per farmi una sorpresa, convinto che ci saremmo rimessi assieme. Che stupidaggine."

"È un azzardo molto grande."

"Una mossa stupidissima."

...con mille parole dette e mille ancora da dire, perché tra noi non capiamo mai, eppure ci capiamo perfettamente.

"Mi mancherai."

"Mi mancherai anche tu, Mattia Zingaretti."  

E se invece fosse tutto, per sempre, veramente, finito?

***

QUARTO BREAK


E' sempre la parte più dolorosa, quella delle prese di coscienza e di realizzazione della realtà, specialmente quando sei Nelli e di realtà non ne vuoi nemmeno sentir parlare.

Secondo voi, quale può essere la risposta alle domande di Nelli? O comunque... esiste una risposta, o rimarrà con questo dubbio per sempre?

C'è qualcuno a cui si potrebbe rivolgere per alleviare le sue pene?

Io credo di sì.

***

Non riesco davvero a darmi pace; non riesco a capire.

Pensieri di mille nature diverse si stanno sovrapponendo nella mia testa e l'angoscia che segue la realizzazione degli eventi mi sta letteralmente schiacciando sotto il suo peso.

Ho bisogno di parlare con qualcuno che porti chiarezza.

Ho bisogno del mio insegnante con la i maiuscola, l'unico e irripetibile, maestro di vita.

Non riesco a capacitarmi di ciò che è accaduto, figuriamoci riuscire ad accettarlo! E se non ne parlo con lui, so che potrei impazzire del tutto.

Ormai si è fatto tardi e ho saltato la cena. Tutti sono nelle loro stanza a finire di preparare le valigie e completare ciò che hanno lasciato in sospeso qui a Cecina.

Quindi anche io cerco di provvedere.

Esco nel giardino e ritrovo Ai Zu esattamente nel luogo in cui prevedevo che fosse. Ora che il gazebo è smantellato e la distesa d'erba finalmente libera da ogni tavolino, il buon vecchio sensei ci si è seduto esattamente nel mezzo.

La sua carrozzina giace abbandonata a pochi centimetri da lui, mentre disteso accanto alla sua figura vi è un bastone con cui si è sicuramente aiutato a sistemarsi per terra. Quindi se ne sta seduto in posa meditativa, baciato dai primi raggi lunari e apparentemente caduto in un sonno profondo. Il suo corpo si posa su una minuscola stuoia di paglia, che protegge il suo sedere dall'erba umida, mentre le mani riposano sulle ginocchia mimando quello strano cerchio tra indice e pollice che si assume spesso in preghiera.

È di spalle e io cammino pianissimo sull'erba per non disturbarlo.

Ma sarà perché è tutto molto mistico e io sono sfasata che mi aspetto di vederlo librarsi in volo da un momento all'altro.

Tuttavia, la mia aspettativa non viene soddisfatta, così dopo cinque minuti di rispettoso silenzio, decido di dare un leggero ed educato colpetto di tosse.

"Marinella-san."

E sono questi i momenti in cui mi fa paurissima.

"Sensei." mi introduco avvicinandomi a lui e ammirando la sua abilità di riconoscere le persone anche senza averle davanti agli occhi, o sentirle parlare. "Come sapeva che ero io?"

"Ho avvertito il tuo respiro quando sei arrivata, sei minuti e cinque secondi fa."

Wow, lui è un supereroe e io un master dell'anti-sgamo.

"Ah."

"Vuoi sederti a meditare per un po'?"

"Ehm..." ci penso un attimo, poi scrollo le spalle. "Sì, certo."

Ai si fa leggermente da parte, come se non ci fossero chilometri e chilometri di prato libero attorno a noi. Non si spreca ancora ad aprire gli occhi, ma sorride non appena sente che prendo posto sull'erba.

"Ti si bagnerà il fondoschiena."

"Sinceramente, sensei, a questa intuizione ero arrivata anch'io, pur non essendo così mistica come lei." noto, sarcastica. "Comunque non mi importa. Non è che debba farmi vedere da qualcuno, stasera."

Ai apprende con un minimo gesto e poi torna a non calcolarmi.

Io posso tranquillamente già sentire le mutande bagnate, ma come ho detto, non è che me ne freghi. L'unico che sapeva farmi sentire la più bella del mondo, indipendentemente da come fossi conciata, o meglio, ridotta, è Mattia.

Quindi tanto vale che da oggi in poi sia sempre brutta. 

"C'è un'aura negativa attorno a te, Marinella-san. Mi sbaglio?"

"No, lei non si sbaglia mai." sospiro.

Ai Zu sorride: "Non è vero. Tutti sbagliano e io adoro quando mi succede. In questo caso, però, credo tu sia venuta da me proprio a causa dei pensieri che ti turbano."

"Corretto di nuovo, prof." incrocio le braccia al petto, attorno alla mia felpa profumata di ammorbidente, ma non di quell'odore di cui vorrei impregnare qualsiasi mio capo. "E mi dispiace averla interrotta, è solo che..." altro enorme sospiro. "Avrei tante di quelle cose da dirle."

Ai Zu finalmente apre gli occhi e li sposta su di me, prendendosi tutto il tempo che ritiene necessario: "Io sono qui per ascoltare, Marinella-san."

"Beh, allora si metta comodo, perché le sto per raccontare la più lunga e travagliata non-storia d'amore di tutti i tempi e di come sia finita egregiamente di merda, facendomi soffrire come non mai in tutta la mia esistenza." 

"Possiamo evitare le parolacce?"

"No, quelle sono parte integrante delle storia. Danno più pathos."

Ai Zu sorride - beato lui che è contento - e io comincio a parlare a ruota di libera di tutto quello che è accaduto, dall'inizio alla fine delle superiori e fino al presente, includendo particolari di cui lui, in qualità di professore, non è mai stato al corrente e stupendo addirittura me stessa per quanto apertamente stia divulgando le mie esperienze.

Espongo al mio insegnante ogni sfaccettatura dei miei pensieri, delle mie emozioni, dei rimpianti e i rimorsi che ho sempre provato. Ma lo rendo partecipe anche della rabbia e della frustrazione e, infine, non meno importante, dell'amore verso Mattia, che tutto questo, facile e difficile, ha scaturito.

L'amore non è giusto, non è equilibrato e non è semplice. Ma, paradossalmente, è quello che più si avvicina alla giustizia, all'equilibrio e alla semplicità. L'amore è semplicemente complicato.   

"Siete due ragazzi davvero incredibili." è il responso di Ai Zu, quando finalmente ho finito di annoiarlo con la mia autobiografia.

"Devo prenderla bene oppure male?"

Le sue rughe si moltiplicano, perché ora inizia il discorso da vero saggio: "Le vostre anime sono ricche e profonde. Sono due anime grandi, potenti... perché si uniscano è necessaria un'enorme energia. Ma l'energia si crea solo dall'interazione di queste due anime. E allora è un paradosso, Marinella-san. Dai paradossi non è facile uscire."

"Sta dicendo che Mattia e io siamo un paradosso?"

"Esattamente."

Questo è il viaggio mistico che accompagna il protagonista verso il suo finale: la mia storia prenderà un risvolto fantasy, alla faccia dei colpi di scena.

"Ma credo che tu non capisca cosa intendo." mi smonta Ai Zu.

"Certo che capisco!" mi difendo. "E sono d'accordo con lei! Difatti io non sono mai riuscita a trovare una spiegazione a tutto questo, mai! Dalla prima volta in cui ho visto quel ragazzo e il mio cuore ha iniziato a battere a una velocità folle all'ultima volta in cui l'ho visto, ieri sera, e il mio cuore ancora batteva così."

"Una spiegazione, in questo caso, non è facile da trovare."

"Ma è comunque possibile trovarla?" domando al sensei, guardandolo come se fosse davvero l'unica fonte attendibile a questo mondo, la conoscenza suprema, il non plus ultra della verità.

"Non lo so." mi sorride lui. "Sono solo un uomo."

"Che palle!" mi lamento, dando un calcio all'erba.

"Marinella-san." mi richiama pacatamente il vecchio. "Per te questa situazione è tutt'altro che risolta, mentre per lui, mi sembra di capire che lo sia."

"Beh, se non è già salito su un aereo per la Siria, è la prima cosa che farà domani, quindi sì, per lui è tutto molto risolto. Scommetto che non se ne sta qui ad arrovellarsi come me, o a soffrire come me, o a-"

"Ora basta con queste sciocchezze." la mano di Ai Zu si posa sul mio braccio. "Non eri riuscita a capire che questa storia ha ferito sia te che Mattia-san? Per quanto tu possa avere le tue personali pene, questo non significa che lui non abbia le proprie. O che la soluzione scelta sia stata altrettanto dolorosa."

"Ma io gli ho detto-" l'obiezione mi esce con rabbia, forse anche troppa. Cerco di contenermi e stringo i pugni sotto le ascelle per la frustrazione che affiora. "Io gli ho detto che lo amo. Gliel'ho detto in faccia. E lui non mi ha nemmeno risposto."

Ai Zu alza un sopracciglio: "Ah sì?"

"Beh, non proprio direttamente in faccia, dato che era di spalle, ma comunque non mi ha minimamente calcolato, ha fatto finta di nulla!" esclamo, infuriata. "In quelle due parole c'era tutta me stessa, tutti i miei ultimi anni di vita, e lui l'ha semplicemente ignorato."

Ai Zu mi fissa per un attimo, poi drizza di nuovo il volto verso il paesaggio e chiude gli occhi.

Io me ne rimango così, fisicamente e mentalmente tesa, aspettando che qualcun altro si indigni esattamente allo stesso modo, o che... sì, insomma, che qualcuno faccia del casino, che gli dia dello stronzo, perché è quello che è, dopo non aver neanche preso in considerazione una dichiarazione così potente, così diretta.

Ci avevo provato mille volte a farglielo sapere, indirettamente o addirittura inconsciamente, ma quella... oh quella era la volta e dico, la volta, in cui avrebbe dovuto voltarsi e baciarmi fino a che non ci fossero sanguinate le labbra, perché mio Dio, non so se abbiate mai conosciuto la forza di questo sentimento, ma vi assicuro che non lo batte nient'altro in tutto il mondo. E non è facile ammetterlo per la prima volta senza giri di parole. Non è mai facile.

"Marinella-san." sussurra Ai Zu, muovendo appena le labbra. 

"Sì?" rispondo, piena di aspettativa e in struggente attesa di un'illuminazione.

"Hai pensato che forse non ha semplicemente sentito?"

Mi ritraggo, presa in contropiede da questa domanda.

"Beh... no." farfuglio. "Cioè, no non ci ho pensato, perché... beh, perché è semplicemente improbabile che non abbia sentito."

"Improbabile sì." afferma. "Ma è comunque possibile?"

Quest'uomo mi lascia interdetta.

"Beh... anche se fosse, comunque..."

"Anche se fosse, sarebbe potuta comunque finire così, o diversamente. Nessuno può dirlo con certezza." conclude, allora, facendomi il favore di interrompere i miei deragliamenti. "Ma se questo è il pensiero che ti impedisce di andare oltre il vostro confronto, beh... considera che potrebbe semplicemente non aver sentito il tuo 'ti amo'. E di conseguenza, lui potrebbe pensare che tu non gli abbia mai nemmeno detto che lo ami."

Fisso la faccia di Ai Zu per un lungo, lunghissimo tempo, facendo lavorare così tanto i neuroni che credo che la mia testa possa fondersi.

Poi, dopo chissà quanti minuti di ipotesi e controipotesi (tra cui anche quella che Ai sia migliorato un sacco nella padronanza dell'italiano), richiamo la sua attenzione picchiettandogli sul braccio e costringendolo così a ricambiare il contatto visivo.

"Lei crede che aver sentito o meno quel 'ti amo' possa aver influenzato la scelta di Mattia?"

Io spero di sì, perché allora si spiegherebbe tutto. Allora forse avrei ancora un barlume di speranza di tornare indietro nel tempo, in un certo senso, e cambiare le nostre sorti. Basterebbe ridirglielo, no? E lui stavolta sentirebbe e si comporterebbe da persona dotata di buonsenso.

"Onestamente, credo di no." mi delude, invece, Ai. "Ma potrei sbagliarmi."

Un sospiro frustrato si leva dalla mia gabbia toracica: "Ma insomma, riesce a dirmi qualcosa di utile oppure no?"

Mi pento all'istante di questo sfogo e mi catapulto in ginocchio, quasi come a pregare il mio vecchio preferito di scusarmi: "Oddio, mi dispiace, non intendevo rivolgermi così a lei, io..."

Ai Zu mostra un'espressione del tutto serena, quando rompe finalmente la sua posa meditativa e ruota il busto verso di me: "Non preoccuparti, Marinella-san."

Mi sbatto in faccia una mano, esausta: "Sto davvero uscendo di testa, sensei, mi deve perdonare, la prego, io non sono nemmeno in me a causa di tutta questa storia..."

Le mie scuse si trasformano in un lamento che poi ben presto si trasforma in un pianto e rieccoci qui, per la milionesima volta dopo ieri sera, ma in generale in questi giorni spesi a villa Magna, in cui ho versato così tante lacrime che quasi mi stupisco dei miei serbatoi naturali.

Per anni, dalle superiori, sono riuscita a trattenere bene le emozioni, dando loro sfogo saltuariamente e accontentandomi di quali occasioni mi venivano date per farlo nella realtà. Nella mia testa, invece, era tutto il contrario, ma adesso, qui, ci sono cose che non riesco più a tenere dentro. Sembra che la mia landa di viaggi mentali, per quanto vasta, abbia esaurito lo spazio per certi tipi di situazioni. E guarda caso, si tratta di quelle direttamente collegate a Mattia; belle o brutte che siano.

Mi sono sentita così estremamente felice che i picchi di tristezza inversamente proporzionali rasentano livelli preoccupanti, facendomi ogni volta perdere il controllo e dire parole e fare gesti che mi rendono umana nei più primitivi aspetti del termine.

"Oddio, Ai, scusami..." mormoro, mentre l'annunciata ondata di pianto mi travolge pienamente.

Ai Zu non dice nulla di saggio, o nulla di quello che tutti a questo punto vorrebbero sentire, ma fa qualcosa che mai aveva fatto, né nei miei confronti né in quelli di nessun altro, almeno finché ho avuto il piacere di condividere il mio tempo con lui.

Allunga una mano e la posa delicatamente dietro la mia testa, poi fa una leggera pressione per tirarmi a sé e lascia che io mi abbandoni sulle sue gambe incrociate.

Non me lo faccio ripetere due volte; faccio tesoro di questo posto rannicchiandomi sul suo grembo in posizione fetale, nemmeno fossi andata a piangere da mamma e papà, o dai nonni. Ma in fondo Ai lo è un po', il mio nonnino. Non quello che ho perso, certo, ma ha uno spirito talmente saggio e buono che non può rappresentare altro che una figura portante, affettuosa e, soprattutto, vissuta, nel senso che della vita lui se ne intende davvero.

Passo tutto il resto della sera a piangere in braccio ad Ai Zu, perdendo anni ogni minuto che passa, tornando la Nelli giovane adulta della vacanza in Grecia, poi la Nelli adolescente delle superiori, la Nelli ragazzina delle ripetizioni, la Nelli bambina dei giochi con gli amichetti, la Nelli neonata che, anche se potesse cambiare il suo futuro, non lo farebbe, perché non vorrebbe perdersi nemmeno una delle persone che ha incontrato lungo il suo cammino.

Infine, quando sono troppo spossata anche solo per rialzarmi in piedi, Ai Zu chiama gentilmente suo nipote Sanjay e lui provvede a riportarci entrambi all'interno, solo che appena mi distende sul divano, io sono già crollata nel mondo degli incubi e non mi alzo fino al mattino.

***

QUINTO BREAK

Spero che abbiate ascoltato il mio consiglio e che abbiate i fazzoletti a portata di mano, perché da ora... serviranno.

Comunque, ora vi propongo qui questo disegno, frutto di alcune mie ispirazioni notturne. Vi voglio ricordare, per chi non lo sapesse, che ho avuto la mano bloccata per un po' di tempo, in quest'ultimo mese e che scrivere, cosicché disegnare, non mi esce ancora del tutto comodo. Quindi sì, è una patetica scusa per dire che se il disegno fa schifo è perché i miei movimenti erano limitati. Per il capitolo, invece, non ho scusanti. Se fa schifo, fa schifo e basta, non è la mano che sceglie cosa digitare sulla tastiera XD

Comunque, ecco, queste sono le possibilità creative che io e PicsArt vi offriamo. Non sarà mai come il talento di Angelica e Nicole, ma ci accontentiamo XD 

Image and video
hosting by TinyPic

Com'è carino, comunque, il nostro amorevole Ai <3

***

"NO!"

Mi sveglio all'improvviso, rizzandomi sul divano e gridando quella piccola parolina con una grande intensità, usando tutta la voce che ho.

Mi guardo intorno, destra e sinistra, poi mi porto una mano sul cuore.

Sta battendo all'impazzata, spaventato, terrorizzato, mentre nel mio cervello sono ancora impressi l'ultima immagine e l'ultimo suono del mio incubo; uno sparo di arma da fuoco e Mattia che se lo prende in pieno petto, cadendo all'indietro. Quello sconsiderato imbecille.

Prendo un respiro tremante, sollevata di essermi svegliata in una realtà in cui ciò non è accaduto, ma appena giro di nuovo il viso verso le finestre di villa Magna, lo vedo.

Non è svanito un bel niente; Mattia è lì, steso supino sul prato, nello stesso punto dove io e Ai Zu eravamo seduti ieri sera.

Così il cuore riprende il suo martellio, mentre io calcio via le coperte e mi libero da ogni impedimento, affannata come se stessi per annegare.

Mi alzo in piedi, traballando, correndo senza grazia, prendendo contro ogni ostacolo lungo il mio cammino, ma non curandomi dei danni che potrei fare a me o agli oggetti della villa. La mia priorità è raggiungere Mattia.

Così sbatto addosso al tavolino in vetro dove si era seduto quella notte in cui avevamo parlato del mio colloquio con Benigni, poi arrivo alla porta e la spalanco.

"Mattia!" grido, notando con orrore che il suo petto è rosso di sangue. "Oh mio Dio!"

Nonostante le ginocchia molli, mi lancio in una corsa a perdifiato, considerando che questo diavolo di giardino è molto più grande e dispersivo di quanto sembri. Corro, corro, corro, perdendo il respiro, sentendo dolori lancinanti al costato, ma alla fine arrivo e mi getto a terra, sul corpo immobile del mio compagno.

"Oh, no..." sussurro, osservando il sangue che si sparge su di lui e poi sul verde dell'erba, creando uno sconcertante contrasto di colori.

"Mattia..." lo richiamo, ansimante, terrorizzata dai suoi occhi chiusi e dalla possibilità di non poter vedere altro verde che quello della stupida erba umida. "Mattia!"

Il suo petto si alza appena; respira male e poco, come quella volta in cui stava per soffocare a causa dell'allergia al gatto. Mi inginocchio e sollevo delicatamente la sua testa, posandola sulle mie gambe e accarezzandolo con le dita che tremano: "Mattia, mi dispiace. Che cosa posso fare per salvarti? Mattia!"

Quella volta era uguale: lui morente e io nel panico. Ma poi, non si sa come, l'adrenalina mi ha spinto a reagire. L'ho salvato da morte certa, quel giorno? No, non credo, ma ricordo comunque l'incredibile sensazione di sollievo, quando ha ripreso a respirare correttamente e mi ha rivolto uno dei suoi sorrisetti da idiota microcefalo.

"Nelli..." Mattia schiude appena gli occhi e mi guarda, abbozzando quel maledetto e meraviglioso sorriso.

"Oh, mio Dio." gemo, sentendo le lacrime salire e la gola chiudersi. "Perché sei andato via? Non vedi che cosa è successo?"

"È colpa tua."

"No, ti prego non dirmi così!" grido, impaurita, stringendolo più forte. "Io non volevo che accadesse niente di tutto ciò. Te lo giuro, Mattia, so che ho sbagliato ogni cosa, perché sono fatta così, sono Nelli, combino guai dalla mattina alla sera, ma ti prego... resta con me, ti prego."

Mattia tossisce e il suo viso si contrae in un'espressione di dolore.

Il proiettile l'ha colpito al cuore, esattamente nello stesso punto in cui lui aveva colpito me, il giorno in cui stavamo per vincere al paintball.

"Non può finire così..." piango, disperata e impotente. Mi volto indietro e guardo la villa: "Federica! Lorenzo! Marco!"

Nessuno mi sente.

"Ai! Diego! Pier! Ragazzi, dove siete? Correte, vi prego, aiutatemi!"

"Nessuno verrà." mi informa Mattia, la voce sempre più flebile. "Sono tutti dalla mia parte. E hanno capito che non mi ami."

"Che cosa?!" lo guardo, sconvolta. "Non è vero, Mattia! Io ti amo! Non ascoltare gli altri, non ascoltare Sayid, io ti amo! Hai capito, Mattia? Ti amo! Ti amo! Mattia? Mattia?!"

Ma niente. Non c'è niente da fare.

Mattia si è lasciato andare tra le mie braccia, non più una goccia di vita nel corpo, non più un secondo per ascoltare le mie parole, né l'ultimo sorriso idiota per me e il tanto sperato "Anch'io".

I suoi occhi si sono chiusi: non rivedrò mai più quel bellissimo verde.

Mi abbandono a un pianto straziante, mentre stringo il suo corpo esanime e realizzo che l'ho perso davvero, per sempre.

"Io ti amo, Mattia..." singhiozzo tra le lacrime. "Ti amo... ti amo..."

E continuo a ripeterlo all'infinito, anche se lui non c'è più, anche se non lo sentirà e mai lo saprà, anche quando una mano mi scuote e, finalmente, apro gli occhi.

*

L'impatto con la realtà è traumatico e doloroso, ma l'essermi svegliata mi permette quanto meno di riprendere il respiro. Difatti, inspiro una grossa boccata di ossigeno, come se fossi emersa da un mare di acqua ghiacciata, e mi guardo intorno spaesata, mentre il distacco tra sogno e realtà si afferma come sempre in maniera disorientante.

Ho le palpebre così gonfie che la mia visuale risulta ridotta, ma, per lo meno, quel poco che vedo mi consola.

Appena passa la cecità dovuta all'abbondanza di luce, riesco a delineare le tende bianche, il caminetto, le poltrone e il tappeto. Un viso, molto vicino, molto familiare, contornato da una leggera barba e dai raggi del sole.

"...Sayid?"

"Scusami, bab- ehm, Nelly." parla piano ed ha una mano posata sul mio braccio.

Sono ancora distesa sul divano di villa Magna, avvolta dalle coperte e, a occhio, svegliata dal qui presente principe azzurro libanese, non con un bacio, ma con un'energica scossa. Grazie al cielo.

Appena metto in fila queste poche informazioni, mi metto di colpo seduta e mi stropiccio gli occhi per disappannarli del tutto: il primo luogo in cui dirigo il mio sguardo è fuori dalle finestre, verso il giardino.

Verde, luminoso e vuoto.

Grazie a Dio, era solo un incubo. O meglio, un incubo nell'incubo.

E spero che questo non sia un incubo nell'incubo nell'incubo, vista anche la presenza del mio ex. 

Nah... penso, tirando un sospiro di sollievo; a meno che non mi trovi nel film Inception, stavolta è tutto sufficientemente reale, per farmi rilassare sul fatto che sono finalmente tornata nel mondo degli svegli e Mattia non è veramente morto. Non ancora, per lo meno.

Già, molto rilassante.

"Non ti avrei svegliata." dice Sayid, ritirando la mano e posando una tazza di caffè sul tavolino in vetro. "Ma ti stavi agitando e gridavi nel sonno."

"Oh..." prendo atto, non stupendomi.

Mi sento talmente scossa che riprendo a fatica il filo della realtà: che giorno è, il 27 aprile, giusto? Il matrimonio è stato l'altro ieri, ieri abbiamo sbaraccato tutto e oggi si torna a casa... oggi si deve già tornare? Oh mio Dio. E oggi è anche il giorno della partenza per la missione in Siria.

Un conato di vomito mi prende lo stomaco.

"Nel... tutto bene?" mi domanda Sayid, preoccupato. "Ti ho fatto il caffè, ma se vuoi posso preparare un tè caldo."

"No, grazie." tento di sorridergli come posso. "Ti ringrazio per avermi svegliato. Ho avuto un incubo orribile."

"Lo so." annuisce, evitando di guardarmi.

E di colpo ricordo anche l'ultima chiacchierata tra me e lui: santo cielo, perché deve fare tutto così schifo?

"Continuavi a gridare 'no, no' e poi 'ti amo, ti amo'." spiega, fissando il suo caffè, mentre io mi sento un senso di colpa umano per tutte le mie malefatte in vita. 

L'incubo mi ha uccisa e ora non vedo altro che frutti dei miei errori tutt'intorno.

"Ah, e..." aggiunge Sayid, prendendo apposta una pausa così da rendere il tutto ancora più grave. "Il nome di Mattia. Lo stavi gridando come una pazza."

Sayid si alza senza mai guardarmi negli occhi, mentre io mi stringo le braccia, atterrita ed enormemente triste.

"Mi dispiace..." pigolo a mezza voce.

Sayid si mette ad armeggiare in cucina, non troppo distante da me, e cerca di usare toni amichevoli, seppur ancora inevitabilmente risentiti: "Se è così importante, perché non vai a dirglielo?"

"Perché oggi se ne va." rispondo, mesta. "Parte per una missione in Siria, quella che darà un'ulteriore spinta alla sua meravigliosa carriera di soldato."

Sayid si affaccia al salotto, posandosi sullo stipite della porta e guardandomi finalmente in faccia: "Fermalo." dice, semplicemente.

La cosa mi turba e avendo il cervello ancora sofferente per il sonno disturbato, non riesco a dare una pronta risposta. Infine pronuncio un semplice: "Non posso."

"Non puoi o non vuoi?"

Sayid, diamine. 

So che sta cercando avidamente un minimo segno di titubanza in me, ma tutto ciò risulta, a suo svantaggio, una mera provocazione per la sottoscritta e un ennesimo motivo per ricevere pesci in faccia.

"Non posso perché non è possibile." spiego meglio. "Non saprei come fare, dove andare... il tempo per fermarlo l'ho avuto fino a l'altro ieri, ma non ci sono riuscita. E poi, non l'ho mandato via io; è stato lui a farlo, dicendomi chiaramente che non mi avrebbe mai più voluto rivedere. Anche se mi presentassi di fronte al suo aereo a braccia aperte per impedirgli il passaggio, mi scanserebbe con una grassa risata e salirebbe senza nemmeno voltarsi."

Sayid sorseggia il suo caffè senza dire nulla.

"So che stai pensando che non mi sono impegnata abbastanza per tenermelo stretto." dico, liberandomi dalle coperte e cercando di ridarmi una parvenza umana. "E so anche che la cosa ti piace e un po' ti fa sperare. Ma se non ci sono riuscita, è perché sono un'enorme combina guai, non perché non lo ami veramente. E anche se magari lui non mi ha sentito quando gliel'ho detto espressamente, perché è sordo, o anche solo idiota, beh... comunque doveva capirlo. Doveva capirlo dagli anni che ho passato a volere sempre e solo il suo bene, da tutto quello che ho fatto, anche goffamente, per lui, dal fatto che la mia fantasia è così sfrenata perché deve sopperire a una realtà dove io e lui non siamo mai riusciti a stare insieme. Ed è una realtà orribile, fidati."

Questo discorso mi ha fatto emozionare di nuovo, come se dalla scorsa mattina fossi salita su una giostra che non si ferma mai ed è in continua salita e discesa, talvolta con degli spaventosi giri della morte.

Sayid ha ormai svuotato la sua tazza e l'ha posata nel lavandino, senza commentare le mie parole o fare espressioni a riguardo. Così, mentre io ripiego la coperta e mi preparo per salire in camera a completare le valigie, lui pulisce le stoviglie e aspetta che entrambi siamo pronti a lasciare il salotto.

Dunque si porta nei miei pressi e, senza esagerare con la vicinanza, mi si ferma di fronte con un sorriso sincero: "Volevo solamente dire che quando ami davvero qualcuno, Nelli, devi tentare il tutto per tutto. Anche se quella persona ha desideri diversi, progetti diversi e probabilmente non ti dirà che ti ama allo stesso modo. Ma ne vale la pena... fidati."

Con questo, lui se ne va e il mio rispetto per me stessa crolla a picco nell'ennesima ripida discesa di quest'estenuante montagna russa, mentre quello nei confronti di Sayid, parallelamente, sale.

***

SESTO BREAK

Coraggio, non ditemi che anche stavolta odiate Sayid! Credo sia stato molto altruista e, chi lo sa, magari ha dato a Nelli una spinta che le serviva.

Lo vedremo nel prossimo paragrafo.

Ma non odiate Sayid; è un patatone libanese simpatico :) 

Coooomunque, ecco svelato il senso del disegno che accompagna il titolo di questo capitolo. Come avrete capito, quel disegno è opera mia (si vede) ed è stato usato come banner solo per spaventarvi perché sono brutta e cattiva. Ma era tutto un sogno, come qualcuno aveva già capito. Certo, ho letto altre interessanti teorie, come quella secondo cui Nelli voleva uccidere Sayid, ma aveva inavvertitamente sbagliato mira e copito Mattia XD Giuro, a volte siete in grado di far vacillare le mie decisioni, per seguire questi grandiosi spunti di ispirazione.

Ma ora bando alle ciance.

Questo era l'ultimo break, quindi noi ci rivediamo a fine capitolo, quindi forza e coraggio e... buona lettura. Questa parte è davvero fondamentale.

***

Il rumore del taxi che sfreccia in autostrada non è nemmeno paragonabile al tumulto che sta avvenendo nel mio cervello. Ronzii di ragionamenti accavallati e sovrapposti, rombi di idee ed intuizioni, stridii di ricordi che si convertono in rimpianti. Le gomme sull'asfalto sono solo un accompagnamento e l'aria che gratta le lamiere, nonostante i novanta orari sul contachilometri, è comunque meno veloce dei miei pensieri.

Abbiamo salutato tutti circa tre ore fa, poi io e Davide siamo saliti in macchina e fra non molto arriveremo a Venezia.

Io non so come lui possa dormire in questo momento, ma tant'è. Si è appoggiato alla mia spalla e ha sbavato senza ritengo dal minuto stesso in cui siamo partiti. Ovviamente, con le cuffiette in testa e i Muse sparati a tutto volume.

Per questo resoconto, ho volontariamente glissato sui saluti collettivi, di nuovo, perché sono troppo strappalacrime e perché, comunque, li ho vissuti in modo distaccato, troppo coinvolta dal mio monologo interiore, che ha preso le mosse dall'insinuazione di Sayid ed è cresciuto sempre di più, facendomi prendere consapevolezza gradualmente, a piccoli passi.

Questa mattina ho provato nuovamente a chiamare Mattia, non solo con il mio cellulare, ma anche con altri, senza ottenere risposte. Allora, da brava stalker, ho bombardato ogni profilo social del microcefalo con audio e messaggi.

Gli ho detto quello che il suo cervello atrofizzato non ha ben capito, cioè che lo amo e che se se ne va pensando il contrario, allora è un idiota: gliel'ho scritto a caratteri cubitali, gliel'ho urlato in audio lunghi minuti. Ho anche trovato dei bellissimi sticker di messenger con le scritte fatte ad animaletto e appena ho scoperto che ha Telegram, l'ho importunato pure lì.

Se avesse ricevuto anche solo uno di quei messaggi, o le mille email, o uno squillo, avrebbe saputo che non me ne importa niente del suo 'non voglio mai più rivederti'. Ma Mattia è irraggiungibile, se non addirittura sparito.

Comunque, se lui e villa Magna non li rivedrò mai più per davvero, almeno ho la magra consolazione di rivedere per certo i miei compagni. Quasi tutti si riservano un po' di tempo prima di ritornare ai propri impegni, perché c'è Lorenzo all'ospedale e un giorno in più può fare la differenza. Almeno, quello di poco fa non è stato un addio al cento per cento: potrò sempre radunare i miei amici alla fine di questa schifosissima giornata e piangere disperatamente con loro nella speranza che mi risparmino un millesimo di sofferenza.

Ho imparato dai miei errori; questa volta non abbandonerò la classe.

Quel che mi è immensamente dispiaciuto abbandonare, invece, è la maestosa cancellata di villa Magna, con le iniziali dorate che tanto avevano stupito Davide al nostro arrivo. Mi sono sentita nostalgica dei profumi di natura, del laghetto, del bosco e sì, anche dei pavoni. Non l'ho realizzato fino a quando non sono salita in auto, ma stando a villa Magna hai sempre la sensazione di non essere del tutto solo. Anche quando ti ritiri nell'anfratto più isolato dell'area, i pavoni sono comunque nei dintorni, silenziosi e misteriosi, ma presenti. Soprattutto Bucefalo. O il suo spirito. O, comunque, i suoi eredi.

E poi, beh... come dimenticare la fontana?

Quella fontana che è servita a me e Magno per rompere il ghiaccio all'inizio, quella fontana in cui per poco non facevo il bagno quando ho rivisto Mattia dopo cinque anni, quella fontana su cui io e lui ci siamo seduti per ammettere finalmente che ci eravamo mancati da morire, quella fontana davanti a cui ci siamo rivelati i più profondi sentimenti, per poi dirci addio. Quella fontana che rappresenta il mito dell'amore... sì, ma quell'amore un po' stronzo che sembra non dover esistere per nessuno, ma che invece è così potente da rendere immortali, come lo sono Venere e Marte. Bellissimi, passionali, fatti l'uno per l'altra. Che lo farebbero alle spalle di chiunque, ovunque, tipo... anche in una barca o in un mulino, perché si piacciono, perché si ritengono semplicemente perfetti a vicenda, complementari, come l'amore e l'odio, come la pace e la guerra.

"No, sono serio. Fisicamente, ci sono delle cose che non mi piacciono di me e che non mi sono mai piaciute. Ma il fatto che tu mi abbia sempre apprezzato, sempre, nonostante tutto, è uno dei motivi per cui sto così bene quando siamo assieme. Prova a vederla allo stesso modo, ok? Mi piaci tutta."

Venere... Venere che ha voltato le spalle al suo matrimonio per stare con Marte, che rappresenta l'amore in tutto e per tutto, ma che trova il suo equilibrio solo accanto al dio della guerra. E poi Marte... Marte che è geloso e combattivo, apparentemente incurante, ma in realtà protettivo nei confronti della sua Venere. Marte, invincibile, il cui unico punto debole è lei.

Quella fontana è davvero grandiosa e io devo smetterla di farmi viaggioni guardando due statue. Sul serio, sono molesta persino per me stessa.

Anche perché, ora come ora, la mia preoccupazione è rivolta a ben'altro, ovvero all'ipotesi di non aver tentato il tutto per tutto, di non aver sfruttato anche l'ultima, misera, speranza di cambiare il mio destino.

Accidenti a Sayid al suo instillarmi ulteriori dubbi alle nove di mattina, dopo un incubo indecente. 

E se avesse ragione? Se ci volesse davvero una pazzia?

I miei messaggi hanno ancora solo una spunta, le chiamate non partono, il tempo è così poco e Mattia così irremovibile nella sua drastica decisione. 

Così, alla lunga, dando ascolto un po' a Sayid e un po' al più folle dei miei istinti, compongo il numero dell'Accademia, chiedendo direttamente di poter parlare con Zingaretti Mattia.

Naturalmente, i miei interlocutori hanno dei bastoni infilati nel retto. Da bravi soldatini, mi fanno muro prima di subito: mi chiedono chi sono, cosa voglio, perché telefono e mi buttano giù la cornetta. Una categoria di simili che Mattia può certamente apprezzare, non c'è che dire. Ma io non mi do per vinta; esploro il loro sito, provo a raggiungere qualsiasi contatto vi trovi, racimolo informazioni persino dalla ditta che offre il servizio mensa ai militari.

Quando mi ci metto, sono un drago in queste cose, lo sapete.

Dunque, mentre l'autista del taxi isola il retro, stanco di sentirmi blaterare, e Davide non si accorge di nulla, perso nei suoi sogni, io chiedo del luogotenente Stella, della missione, di quando si parte e da dove e se mi fanno parlare con Mattia Zingaretti, oppure vogliono una denuncia dato che mio padre è il ministro della difesa italiana.

Ovviamente esagero un filino nell'ultima parte, ma mi conoscete.

Alla fine trovo qualcuno che potrebbe fare al caso mio, che risponde a non so nemmeno che numero, trovato consultando un sito sui corrieri che spediscono pacchi di Amazon ai missionari di guerra. Ma anche se potrebbe non saperne nulla, il tizio ha una voce giovane e un po' spaesata, come se fosse un impiegato alle prime armi piazzato al centralino per mancanza di personale, dunque inesperto e facile da raggirare grazie alla mia padronanza dell'ars stronzatoria.

Gli parlo, lo imploro, mi fingo la solita moglie incinta il cui marito sta per partire e finalmente, riesco a farlo cantare. Il ragazzo è veramente un impiegato dell'accademia, che si occupa dello smistamento bagagli e che, guarda caso, sta gestendo le partenze odierne. Quella per la Siria, mi spiega - in totale confidenza, dato che sono informazioni top secret - è ancora in preparazione.

Gridolino interiore di felicità. 

Ma ci sono due partenze, però, devo fare attenzione: una è già avvenuta alle cinque di ieri pomeriggio, l'altra, con il secondo gruppo, è prevista fra tre ore. Esatto: l'ultimo bus parte da Modena verso l'aeroporto fra esattamente tre ore, dopodiché addio.

Il che significa che l'equinocefalo potrebbe già essere in Siria a fare l'eroe, oppure che potrei prendere follemente un biglietto alta velocità per Modena, andare in accademia e gettarmi a braccia aperte di fronte al bus per impedirgli il passaggio.

Sempre che Mattia faccia parte del secondo gruppo, cosa che il mio interlocutore, ovviamente, non è in grado di comunicarmi. 

Alla fine, lo ringrazio comunque infinitamente e termino la telefonata, dando una scossa a mio fratello per svegliarlo.

Il taxi, in tutto questo tempo, ha imboccato l'uscita dal ponte della Libertà verso piazzale Roma, che vuol dire che siamo praticamente arrivati a Venezia. 

Sono passate quattro ore dalla partenza, e il mio cuore e il mio cervello ancora non si sono messi d'accordo su che diavolo fare. Il tempo è praticamente scaduto.

Sto pensando...

Se Mattia non ha veramente sentito quel "ti amo"... se dirglielo di nuovo, stavolta assicurandomi che lo senta, facesse la differenza, se...

Oh, ma quali se? - mi chiedo, mentre la mia città si mostra al mio sguardo, dandomi una botta di buonsenso.

Deve essere così, realizzo. Deve per forza essere andata così.

Ai Zu ha sempre ragione, per la miseria, e quello stronzo non può avermi volontariamente ignorato, non dopo quello che ci è successo, non con tutto quello che ha fatto per me!

Mattia non lo sa e io glielo devo urlare in faccia, glielo devo gridare chiaro e tondo a due centimetri da quella stupida faccia da idiota che lo amo e che non se ne deve andare.

Appena il taxi frena in piazzale Roma, davanti all'entrata dell'hotel Santa Chiara e il ponte di Calatrava, salto giù, fremente e bersagliata da pensieri e impulsi.

E a questo punto non posso che fare qualcosa di estremamente idiota, perché d'altronde, Mattia... siamo davvero due idioti, io e te.

Sotto lo sguardo attonito di Davide che scarica le valigie e l'autista che vorrebbe al più presto congedarsi da noi, lascio che le mie gambe mi guidino verso il ponte di Calatrava, l'unico che collega il piazzale alla stazione. 

"Nelli, che fai?" sento mio fratello chiedermi, mentre scanso malamente le persone e ci prendo contro come con gli ostacoli nel mio sogno di stamattina.

"Ehi, Nelli! Sei impazzita?!"

Ma il mio passo si fa sempre più veloce, la voce di Davide si sente appena. Quando mi trovo davanti alla gradinata, affiancata dalle guardie militari che stanno sempre a monitorare la situazione e che mi ricordano dannatamente, ulteriormente, che cosa potrei perdere, mi butto finalmente a capofitto in questa pazzia. 

Mi do la spinta per correre e inizio a salire i gradini del ponte a due a due, facendo slalom fra turisti e veneziani, universitari e lavoratori. Mentre il cielo terso appare alla sommità del Calatrava, sovrastando il canale e le barche, inspiro una boccata di casa e ricordo quando tutto è successo, qui a Venezia.

Sui ponti, tra le calli, su una gondola... mi sono innamorata di quel ragazzo così follemente che ora non solo corro come una scema, ma sorrido pure nel farlo, perché so che sto facendo una cosa giusta, rincorrendo la persona giusta.

...e anche la più idiota che conosca, ma dettagli.

Percorro tutto il Calatrava, mentre mio fratello si lancia all'inseguimento, incredulo delle mie gesta. Ma io ho il vantaggio e corro, corro... mi infilo in un tunnel che porta direttamente ai binari, sorpasso la gente senza curarmi di loro o del freddo che passa sotto la mia giaccia che non ho fatto in tempo a chiudere, e poi, spettinata e senza fiato, raggiungo la stazione.

Mi blocco per un attimo di fronte a quel binario maledetto, il numero 14, quello da cui Mattia è partito cinque anni fa, davanti a cui abbiamo avuto un dolorosissimo litigio, quasi quanto quello di fronte i nostri dei adulteri preferiti, a villa Magna.

L'ansia e il rimpianto e la paura e la preoccupazione sono quasi insopportabili, ma non mi fermo. Mi volto verso la biglietteria, augurandomi che Trenitalia, almeno questa volta, mi aiuti nell'arrivare in tempo.

E a quel punto mi lancio verso il primo sportello libero, ordinando alla signora un biglietto di andata alta velocità per Modena. Mio fratello arriva in questo momento alla mie spalle, quindi mi volto, ci penso un attimo e... beh. 

"No, faccia pure due." mi correggo.

Davide è altrettanto a corto di fiato e sconvolto: si rivolge a me, senza essere più di tanto ascoltato, mi insulta e mi domanda che diavolo mi prende, mentre io osservo febbrile le dita della bigliettaia battere velocemente sulla tastiera per stampare i biglietti.

Mi giro verso il quadro delle partenze: la nostra è fra meno di venti minuti. Se tutto va bene, fra due ore siamo a Modena. Ce la posso fare.

Prima che possa esalare un lungo sospiro intriso di speranza e adrenalina, il mio telefono squilla.

Non controllo nemmeno il numero, tanto sono impegnata a fissare quei biglietti in fase di stampa, ma rispondo comunque distrattamente, nel dubbio che possa essere l'equinocefalo che finalmente ha ricevuto i miei infiniti 'ti amo' e mi comunica che pure lui sta per prendere un folle cambio di rotta verso Venezia.

"Pronto?"

Beh... purtroppo, mi sbagliavo.

*

Premo la cornetta rossa e lascio cadere la mano lungo il fianco, il cellulare trattenuto dalle dita per miracolo, dato che hanno appena iniziato a tremare.

"Nelli?"

Gli occhi che incontro sono quelli grandi e caldi di mio fratello. Per quanto familiari, nemmeno loro riescono a fornirmi un appoggio: mi sento cadere, mi sembra di non avere più i piedi ancorati al suolo.

"Nelli, chi era al telefono?"

Ma la sua voce giunge ovattata, come anche i rumori in sottofondo. Il fischio di un treno in partenza, le voci dei passanti, le monetine di resto che vengono sparate fuori dalle macchinette. Esattamente come in quelle scene di guerra in cui tutto rallenta, si sfoca, e si sente un terribile eco di spari.

Davide mi prende per le spalle e mi scuote: "Nelli! Chi diavolo era al telefono? Che cosa ti hanno detto?" indugia un secondo sul mio viso sicuramente molto pallido. "Chi è morto?"

A quel punto decido di agire, ma mi muovo come una macchina.

Mi giro verso la bigliettaia, le mani di mio fratello ancora sulle spalle, e le dico: "Mi scusi, signora. Annulli pure l'acquisto."

La donna mi fissa per un po', perplessa, poi lascia uscire un sospiro: "No, mi scusi lei, signora. Mi ha appena fatto stampare due andate per Modena e ora mi comunica che non le vuole?"

"Non servono più." rispondo, semplicemente, e sento Davide trascinarmi lontano, mentre si scusa con la bigliettaia e le spiega che c'è stato un imprevisto.

Poco dopo mi trovo in mezzo alla stazione, Davide che mi fa domande a raffica e parla a due centimetri dal mio viso, preoccupato. Ma io non lo vedo e non lo sento.

Sto solo pensando, in questo momento.

Pensare.

Una delle uniche cose che mi riesce davvero bene.

E penso, in mezzo a tutta questa confusione, a Mattia. Come non farlo? Ho mai pensato ad altro, da quando l'ho conosciuto?

Una fitta di dolore attraversa il mio cuore e si irradia in tutto il corpo. È così ingiusto.È tutto così... sbagliato.

Anche il fatto che io stia pensando a questo, anziché rispondere a mio fratello, anziché fare qualcosa, è sbagliato. Non doveva andare così... nulla doveva andare così, a partire da quando ancora eravamo in questo stesso posto, tempo fa, prima che Mattia partisse per l'accademia.

Avrei dovuto far andare le cose diversamente allora, e così avrei evitato tutto questo.

"Marinella!"

Non è la voce di Davide a riscuotermi, ma il suo gesto. Mi ha appena dato uno schiaffo e ora mi guarda con occhi imploranti: "Scusa. Non volevo farti male, però rispondi. Ho sentito che al telefono dicevano che qualcuno è morto. Chi, Nelli? Chi è stato a chiamarti? Chi è morto?"

Finalmente decido di rispondergli e non ho il coraggio di osservare la sua reazione.

Mi giro, gli do le spalle, poi mi copro la bocca con una mano.

Penso di nuovo a Mattia. E me. A quanto siamo stati idioti, da sempre.

Il semplice ragionamento è questo: tutti, ma proprio tutti, hanno fatto in modo che tra di noi dovesse andare così. Prima Lionel, poi Silvia, poi i suoi genitori, i nostri compagni,... io e lui, in cima alla lista, ogni volta che forse avremmo potuto essere felici. Ora, ci si è messo anche il destino.

Proprio quando si era aperto uno spiraglio, proprio quando, finalmente, avevo forse trovato un accordo tra il mio cuore e il mio cervello, è accaduto ciò che speravo non accadesse mai, ma che in fondo mi aspettavo.

E mentre una lacrima scende, sul mio volto spunta un sorriso amaro.

Non gli ho mai detto che lo amo.

E ora è troppo tardi.


***


ANGOLO AUTRICE

MACCIAO, persone che mi vogliono uccidere! :)

Suvvia, è finalmente giunto l'epico momento di ricongiunzione astrale tra la storia e il prologo, non siete contenti??

Se ripensiamo a quanto è passato da quel 21 agosto 2017, sembra quasi incredibile.

Ce l'abbiamo fatta, ce l'ho fatta, e sembra davvero una cosa assurda. Personalmente parlando, quando ho pubblicato quel prologo, vedevo il suo raggiungimento come una landa lontana e adesso... eccoci qui. E' molto commovente, ve l'assicuro, sebbene nei vostri cuori non ci sia altro che istinto omicida, ora come ora, me ne rendo conto.

Daffy, avresti almeno potuto piazzarlo in mezzo al capitolo e non alla fine, per farci sapere che cosa succede dopo!

Eh no. Sono un'autrice maledetta. Sarebbe stato troppo magnanimo da parte mia.

Cioè, l'ipotesi l'ho pure valutata, e ho testato quanto avreste potuto odiarmi per questo facendo un rapido sondaggio nel gruppo Telegram. Vi ho visti mediamente piuttosto rassegnati ormai, alla mia crudeltà, quindi ho deciso di seguire la strada più dura. Un giorno, mi ringrazierete.

In fondo, lettori amati, manca veramente un niente alla fine. Ve lo assicuro. Non voglio dirvi il numero esatto di capitoli, perché non voglio far nascere ulteriori e dolorose speculazioni, ma potrebbero essere anche solo due. O solo uno. Boh... tutto è possibile, allo stato attuale delle cose.

In ogni caso, vedetela così: nel prossimo capitolo, saprete con assoluta certezza che diavolo è successo. Chi è morto, se qualcuno è veramente morto, se è Mattia, se è Lorenzo, se è Ai Zu, se... hanno solamente sbagliato numero? Tutto è possibile, anche che Nelli non si sia mai veramente svegliata da quell'incubo e che apra gli occhi in una realtà in cui all'ultimo Mattia ha cambiato idea, è tornato a villa Magna ed è pronto a tornare a Venezia con lei.

Naaaah. Sarebbe troppo dantesca come cosa. E non ve lo direi di certo così direttamente, no?

Aaaah, sono proprio una brutta persona.

Passando alle informazioni serie, comunque, vi volevo avvisare che siamo in dirittura d'arrivo anche con la raccolta di os. GIOVEDI' 6 DICEMBRE pubblicherò l'ultima OS della raccolta, che verrà così chiusa e dichiarata completa. Avevo previsto che ci sarebbero state circa 10 os in tutto; chiuderò con un totale di 8 e sono pienamente soddisfatta. Innanzitutto, mi sono divertita immensamente a scriverle, e poi sento di aver approfondito tutte le trame che richiedevano uno sguardo più nello specifico. Rimarranno comunque delle occasioni per qualche altro pg, che potrò sempre aggiungere a quella raccolta in futuro.

Per il momento, nell'attesa della pubblicazione dell'ottava nonché ultima OS, vi chiedo... su quali personaggi pensate che sarà concentrata? Illustratrici, per voi è vietato rispondere U.U

In quanto all'amata "Io e te 3" e quindi al seguito di questo estenuante capitolo, non ho già date fissate, ma vi avviso che intendo concludere tutto entro della fine dell'anno. Quindi sì, non manca molto; gennaio mi servirà libero per studiare e per riprendermi dal trauma; dicembre vedrà "Io e te" ricevere il suo gran finale e... niente. Piango.

A presto, ragazzi. Non credo servano le mie domande; leggerò con piacere i vostri commenti e le vostre teorie, solo per rispondere in tutta onestà quando non correrò il rischio di darvi spoiler indesiderati. Se non ho potuto interagire molto con voi in questa storia, è perché io so cose che voi umani...

E' molto difficile, credetemi. Sembro sempre molto spavalda, ma in realtà soffro con voi e non vedo l'ora di poter sclerare assieme per tutto.

Vi voglio bene,


Daffy

P.S: se qualcuno se lo fosse perso, avevo pubblicato nel gruppo Facebook, un breve video che ripercorre la disperata corsa di nelli dal ponte di calatrava alla stazione, di cui avete letto proprio in questo paragrafo. Se vi va di vederlo, vi lascio il link a cui lo potete trovare, chiaramente essendovi prima iscritti al gruppo (dovete attendere la mia approvazione, ma arriva sicuramente!): https://www.facebook.com/YellowDaffodil/videos/2284196578318679/


***


Contatti:

Facebook

Gruppo "Grammaticalmente Scorretti" di Facebook

Wattpad

Ask

Goodreads

Instagram (cercate daffyefp)

Amazon (per comprare "Io e te 1" cartaceo o Kindle)

Link per "Io e te 2" su EFP

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Yellow Daffodil