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Autore: Stephaniee    03/12/2018    1 recensioni
Seguito di Primo ed Ultimo.
"Siamo stati qualcosa.
Siamo stati tante cose, a dire il vero. Siamo stati qualcosa quando non parlavamo ma ci guadavamo e capivamo comunque.
Siamo stati qualcosa quando ancora non sapevamo che stavamo per cambiarci le vite, almeno un po’. Siamo stati qualcosa di misterioso quando noi per primi non sapevamo cosa fossimo, chi fossimo. Siamo stati la sicurezza quando invece eravamo certi che nonostante tutto, come ci brillavano gli occhi quando eravamo insieme, non avrebbero brillato con nessun’altra.
Siamo stati un amore mancato"
(grazie #caratempesta per la citazione.)
Genere: Malinconico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Primo ed ultimo la Trilogia'
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Chapter eleven
Forget your past, forgive yourself, and begin again

 

Guardavo fuori dal finestrino della mia macchina, mio padre si trovava alla guida, mia madre era seduta sul sedile anteriore ed io dietro, sola insieme al mio iPod.

Erano le 6:45 del mattino, il freddo era pungente, ma nulla a che vedere con il gelo che mi aspettava una atterrata nella mia nuova dimora. Osservavo il paesaggio circostante entrando nell’ottica che quando lo avrei rivisto, sarebbe stata primavera inoltrata.

Nonostante fosse presto, era impossibile riaddormentarsi o pensare di rilassarsi.
Ero tremendamente agitata, inquieta ma sopratutto felice e speranzosa di ciò che mi attendeva. Sentivo già la mancanza delle mie amiche, ma ero convinta che ne avrei fatte di nuove.
Partivo con il cuore ferito, quasi lacerato dall’incostanza e la mancanza di tatto di Luke. Più passavano gli anni, meno riuscivo a capire il suo atteggiamento nei miei confronti. A chiunque tentassi di chiedere un opinione venivano i capelli bianchi nel tentativo di dare una spiegazione a tutto ciò che ci era successo negli ultimi tre anni.

L’unica cosa di cui ero certa, era che passando tre mesi lontano dalla mia realtà sarei riuscita a fare un passo indietro e osservare la mia vita con più obbiettività.

Da lontano scorsi il Terminal dell’aeroporto, eravamo arrivati. Spensi la musica e mi sporsi verso i sedili anteriori:

Ci siamo mamma” esclamai. Avevo preso un sacco di aerei prima di quello, a quattordici anni ero stata due settimane a Dublino a studiare inglese facendo tappa sia ad Amsterdam che a Bruxelles, qualche anno dopo prima a Londra , recentemente ero tornata in Spagna, prima di nuovo a Barcellona, a Valencia, per poi terminare con le Canarie.
Però quella volta era diverso. Quella volta partivo sola (tralasciando quel week-end con mia madre) e avrei dovuto imparare ad usare i mezzi di trasporto, a orientarmi e ad abituarmi ad una nuova città.

Il pensiero di Luke mi tormentava ad ogni passo che facevo con le mie valige. Si poteva arrivare a fuggire per amore, perché ero cosciente che stavo cercando di scappare dalle mie emozioni, in un altro stato?

Io credevo che certe cose esistessero solo nei film, avete presente quando la protagonista è delusa, triste ed amareggiata e parte improvvisamente per un lungo viaggio e il suo lui compare magicamente alle porte del gate, per dichiararle amore eterno? Be’ io non avrei avuto niente di tutto ciò e almeno di questo ero sicura.

 

 

Un cappuccio e una brioche, integrale frutti di bosco. Grazie.” era il mio ultimo caffè decente, ed avevo intenzione di gustarmelo a pieno. Avevamo appena consegnato le valigie al check-in e stavamo aspettando che il gate aprisse. Per fortuna l’aeroporto a quell’ora era abbastanza tranquillo. Stava albeggiando, si prospettava una giornata serena. Saremmo arrivate ad Amsterdam Schiphol alle 10:00 ed il monitor segnalava neve.

Assaporai la mia ultima colazione italiana molto lentamente insieme a mia mamma, sorrisi al pensiero di avere in valigia la mia moka e due confezioni caffè italiano, caffè di cui avrei fatto uso moderatamente.

Kat, andiamo. Hanno aperto il gate”

 

 

Mi ha scritto che arriverà a breve qualcuno” sospirai cercando di tranquillizzare mia mamma “stai tranquilla, adesso qualcuno ci aprirà questa dannata porta”

Kat sarei più tranquilla se non ci fosse un metro di neve” sbraitò lei isterica.

Effettivamente, si era fatto mezzogiorno passato tra l’arrivo ad Amsterdam, il treno per Utrecht e l’autobus per arrivare fino alla casa ed iniziavamo ad accusare la stanchezza. Il tutto era condito da un manto di neve bianca, purissima. I fiocchi erano enormi e di quel passo il giorno seguente sarebbe stato difficile aprire la porta di casa. Ironico perché non stavamo riuscendo ad aprirla comunque, con o senza neve.

Ad un tratto, da lontano apparve una dea bionda in bicicletta, si presentò subito: si chiamava Hedy ed abitava nel monolocale sopra al mio. Fu molto gentile e finalmente entrammo, l’abitazione era piccola ma strutturata bene: all’ingresso vi era un piccolo soggiorno con un divano grigio, una tenda separava la zona giorno dalla zona notte, dove emergeva un letto alla francese con televisione, un piccolo armadio con all’interno la lavatrice.

Invece, alla sinistra del soggiorno trovavamo un piccolo tavolo per due, una scrivania, il bagno con doccia e lavandino e subito dopo il bagno solo con il water. Questa cosa mi stranì subito, ma mi piaceva l’idea che fossero separati. Infine l’appartamento terminava con un piccolo cucinotto dotato di porta finestra ed un minuscolo terrazzo.

Era un monolocale spazioso tutto sommato. Non sarebbe stato difficile viverci in due, gli spazi erano ben suddivisi. Presi subito a disfare le valigie e posizionai le mie cose. Nonostante il tempo, dovevamo per forza uscire se volevamo mangiare qualcosa e fare un minimo di spesa.

 

Le strade erano completamente diverse da quelle a cui ero abituata. Lunghe scie di biciclette sfrecciavano sulle piste ciclabili, che erano dotate pure di semafori. Non era assolutamente possibile camminare al di fuori del marciapiede: ogni mezzo aveva la sua corsia, dai pedoni, alle bici alle macchine. Per sbaglio ero finita sulla ciclabile ed una bici mi aveva suonato all’impazzata, capì subito che lì tutti utilizzavano le proprie corsie senza intralciare gli altri. Mi piaceva molto.

Girovagammo diverso tempo per i supermercati a causa dei prezzi elevati, mia mamma alla fine si arrese e capì che era il costo della vita ad essere elevato, proporzionato chiaramente agli stipendi dei cittadini. Terminata la spesa, tornammo a casa per riposarci. Il giorno seguente, neve permettendo, avremmo continuato la nostra esplorazione della città.

 

 

Quella sera crollammo praticamente subito. Eravamo stravolte dal viaggio e dalle intemperie. Il termometro segnalava meno sei gradi all’esterno, faceva veramente freddo, ma aveva smesso di nevicare, dunque il giorno seguente sarebbe stato possibile girare alla scoperta della città.

Ed io non vedevo l’ora di conoscere Utrecht.

 

Il mattino seguente quando mi svegliai, notai subito che il riscaldamento dell’abitazione funzionava a meraviglia: in casa si stava bene, c’era un bel calduccio ed i termosifoni erano bollenti. Con il clima che mi sarei subita da febbraio a maggio, quella era senz’altro una nota positiva.

Mi trascinai già dal letto e misi su la moka con il caffè, andai in bagno, dove ormai alloggiavano tutte le mie cose.

Mentre attendevo il caffè, e con il caffè anche mia mamma, collegai finalmente il telefono al Wi-fi della casa, subito mi arrivarono una valanga di notifiche, sopratutto messaggi da Francy, Emma e Julie…

Mi mancavano già da morire.

 

Guardai fuori dalle immense finestre e fu in quel momento che realizzai davvero quanto quell’esperienza stava per stravolgermi la vita.

 

 

 

   
 
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