Serie TV > Teen Wolf
Segui la storia  |       
Autore: Antys    04/12/2018    5 recensioni
Derek con una mano teneva i manici del borsone e con l’altra si accingeva a chiudere il lungo portellone di metallo, pronto per dare un definitivo addio a quella vita che l’aveva privato di tutto quello che aveva amato e che aveva provato con tutto se stesso a ricreare e difendere.
[…]
«Lo so che ogni cosa qui ti ricorda i tuoi fallimenti ed errori. La famiglia e il branco che hai perso, i continui tradimenti che hai subito ed i sacrifici che hai fatto» articolò con precisione ed attenzione il figlio dello sceriffo con lo stesso dolore e afflizione che Derek aveva provato. «Sarebbe facile e meraviglioso andare in un altro posto e ricominciare. Ma io non sono abbastanza?» per rinunciare e restare. Per provarci.
[…]
Derek si sentì tirare un lembo dei suoi jeans della gamba sinistra, da una forza leggera e delicata, e si voltò confuso nell’immediato, incontrando degli occhi giganti dell’ambra più pura e spensierata; innocente. «Signore, sai dov’è la mia mamma?» domandò la piccola creatura con voce minuta ma squillante, educata e pulita.
«Stiles?» se Scott avesse sofferto ancora di attacchi d’asma, in quell’occasione un inalatore non sarebbe bastato.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

5° Capitolo

 

Derek aveva cominciato a portare ogni giorno Stiles da suo padre. Gli incontri erano sempre circoscritti al suo ufficio privato e non transitavano mai davanti casa Stilinski, anche se era la via più corta e principale. Derek si inventava sempre nuovi percorsi per ignorarla.

Insieme a quello, Peter passava ogni mattina, a detta sua, a dare un saluto, portando tempestivamente con sé due nuovi puzzle e qualche gioco a parte di enigmi; Stiles li adorava e trascorreva tutta la giornata a dedicarcisi senza stancarsi un attimo ed il lupo spesso era costretto a prenderlo di peso per farlo quantomeno mangiare. Era davvero diabolico e preoccupante come facilmente suo zio fosse entrato tra le grazie dello Stiles cinquenne, quando il diciasettenne se ne teneva alla larga il più possibile, benché Derek dovesse ammettere che le loro menti fossero spaventosamente affini. In fondo non erano sempre loro due a ideare i piani del branco?

A volte c’erano dei momenti che il mannaro non sapeva spiegarsi o era talmente influenzato ed intriso di speranza da vedere ciò che invece non esisteva.

La mattina Stiles era scompostamente seduto al tavolo da pranzo, le gambe incrociate sulla sedia e la mano che reggeva il cucchiaio, inserito dentro la tazza piena di latte caldo con rappresentata una volpe. All’interno vi erano i cereali al miele che Stiles amava. Erano delle piccole lettere dell’alfabeto di ogni colore possibile.

Stiles ci giocava in continuazione, le spostava da una parte all’altra e benché fosse al corrente che per la sua età sapesse già leggere discretamente, non riusciva a credere che fosse anche capace di comporre delle parole. Spesso compariva il suo nome, Derek, dal nulla. La d rossa, le e verdi, la r gialla e la k azzurra; le mescolava in continuazione, capovolgendole e cambiandone il verso, ma erano lì, a spiccare nella bevanda bianca. Di seguito si manifestava anche Stiles, con le s rosa e con tutti i colori che poi si ripetevano; a volte i nomi comparivano insieme, uno sopra all’altro, perché non c’era abbastanza spazio per farli stare accanto. Ma era tutto lì, insieme alle parole sole, luna e mare, nulla di troppo complicato, eppure Derek non riusciva a togliersi dalla mente che Stiles stesse in qualche modo comunicando con lui, che lo Stiles diciasettenne fosse lì in attesa, pronto a balzare ed a mostrarsi, ma non accadeva mai qualcosa che portasse alla svolta, probabilmente perché non c’era nulla di vero e Derek sapeva di stare impazzendo.

«Cosa facciamo oggi?» chiese il cucciolo d’uomo, immettendo il cucchiaio traboccante di latte e cereali nella bocca.

«Cosa vuoi fare?» Derek se l’aspettava, quella domanda di tanto in tanto spuntava. A volte gli veniva di getto chiedergli cosa fai di solito, ma non poteva, perché generalmente Stiles era a scuola, accompagnato la mattina presto dal padre ed atteso all’uscita dalla madre o viceversa, o magari era giornalmente la signora Stilinski a portare a termine i due compiti ed occasionalmente toccava a Melissa occuparsene, facendo in modo che Scott e Stiles potessero giocare insieme, passare il tempo nella compagnia reciproca. Anche l’argomento scuola era un tabù e Stiles non aveva mai provato a chiedere, né un accenno né una mezza sillaba, era troppo bravo a non metterli in difficoltà, consapevole che la sua situazione non fosse conforme alla normalità.

«Vorrei uscire, andare al parco» Stiles detestava rimanere troppo tempo nello stesso posto, rimanere rinchiuso dentro pareti di cemento, a meno che non fosse molto impegnato e concentrato. Gli piaceva l’aria aperta, guardare il cielo azzurro illuminato dai raggi solari ed assaporarne il calore naturale. «Ma non ci sono bambini in giro».

Stiles voleva socializzare, era nato per espandersi, anche se qualcosa gli tarpava costantemente le ali, erano le sue particolarità a renderlo asociale, privo di intenzione nell’esserlo e con il tempo era arrivata la diffidenza, la mancanza di fiducia e l’avere sempre ragione sugli altri. Ma doveva conoscere delle persone per plasmare i dati che raccoglieva su di esse, potendole giudicare senza errare. «Possiamo andare comunque» da quell’uscita il mannaro aveva avuto la conferma che il bambino comprendeva che mancasse il tassello scuola e che tutti i suoi coetanei la stessero frequentando in quel momento, come d’altronde stavano facendo Scott e tutti gli altri. Ma anche se non fossero stati nel pieno periodo scolastico, Derek sapeva che Stiles non avrebbe riconosciuto nessuna figura della sua età – ed onestamente si chiedeva quale scusa il branco si fosse inventato per giustificare l’assenza perpetua del figlio dello sceriffo. L’unica cosa che aveva percepito, era uno stage a metà dell’anno academico in una delle università a cui l’umano aveva effettivamente puntato. Stavano diventando eccessivamente bravi a mentire alle istituzioni pubbliche e lo Stiles di diciassette anni era impressionantemente capace di contraffare documenti.

Stiles non apparve per nulla convinto, continuò soltanto a rimescolare il suo latte, gettando di tanto in tanto nuove lettere di nettare e rinfoderando il cucchiaio per poter continuare la colazione.

Derek doveva cambiare approccio. «Cosa vuoi fare da grande?» era una banalità, ma era una cosa che spesso si chiedeva ai bambini.

«Il detective» l’aveva esclamato immediatamente con entusiasmo, senza pensarci un attimo e vagliare le proposte infinite su cui qualsiasi essere della sua età fantasticava.

Il mutaforma non ne aveva dubitato nemmeno per un istante. «Lo diventerai di sicuro» gli sorrise a mezza bocca, scompigliandogli scherzosamente la massa indomita di capelli.

Stiles accettò di buon grado quel gesto plateale, si lasciava toccare da Derek senza ripercussioni, senza mai scacciarlo e gli dedicò quelle labbra splendide incurvate verso l’alto. «Tu sei grande, vero, Der?».

«Dipende a chi mi paragoni» era una domanda interessante, ma capiva dove volesse andare a parare il suo interlocutore.

«Sei un uomo, giusto? Un adulto» era evidente che Stiles avrebbe voluto ribattere sulla parola grande, che le altre due gli fossero un po’ più ostili per esprimere il concetto che voleva rendere palese. Sei grande grande, come il suo papà, ma decisamente più giovane.

«Sì, sono un adulto» Derek si scioglieva un po’ alle sue difficoltà nelle cose più elementari, quelle che uno Stiles diciasettenne avrebbe espresso in modo totalmente diverso. Ma dopotutto Stiles non gli avrebbe mai posto quella domanda, conosceva perfino la data della sua nascita e non certo perché gliel’avesse chiesto personalmente, ma perché aveva la terribile abitudine di rubare cartelle private e spiare il computer del padre, la massima autorità nella legge.

«Che lavoro fai?» Stiles l’aveva osservato per un po’, chiedendosi se potesse o meno porre la richiesta, ma poi aveva decretato che potesse sganciare la bomba.

Prendermi cura di te e salvarti la vita, saltuariamente, lo Stiles diciasettenne avrebbe apprezzato quell’ironia tagliente, per poi rispondergli per le rime e mettere un broncio, perché a quanto pareva ci stava sempre bene, ma lo Stiles che aveva davanti non aveva ancora le capacità per comprenderlo appieno e capire cosa ci fosse dietro quella battuta che in tutta franchezza rispecchiava la verità. «In realtà non ne ho uno».

«No?» le grandi gemme d’ambrosia si spalancarono notevolmente e lo stupore crebbe. «Perché?».

«Non ne ho mai avuto il tempo» quando era arrivato il momento di dedicarsi a cercare un impiego o immergersi in un’attività lavorativa, Laura era scomparsa senza lasciare traccia e lui aveva abbandonato tutto per ritrovarla, per capire perché fosse andata via, lasciandolo a New York da solo.

Voleva soltanto riportarla a casa, continuare a vivere insieme, crescere ed andare avanti come avevano cercato di fare, lasciandosi l’odore della cenere dietro le spalle, anche se non ci sarebbero mai riusciti del tutto, soprattutto lui che non le aveva mai raccontato la verità sulle sue colpe. Ma l’aveva trovata morta, squartata in due. Anzi, era stato Stiles a trovarla per primo, trascinandosi quel bonaccione di Scott per una sua pazza e folle avventura di adrenalina. Subito dopo, nel momento in cui Stiles aveva distolto l’attenzione, lasciandolo in solitudine per non metterlo nei guai, sperando tornasse a casa, Scott era stato morso da un’Alpha. Un Alpha che aveva appena sottratto il ruolo di capo branco dal sangue caldo di sua sorella brutalmente uccisa. E quell’Alpha impostore non era altro che Peter, suo zio, l’uomo che aveva venduto e strappato la vita della sua stessa nipote per ottenerne il potere.

Il resto era stato consequenziale, Derek era solo, nutrito di vendetta e non si era più liberato di quel duo stravagante che gli faceva saltare i gangheri. Non si era più liberato del ragazzino logorroico ed iperattivo che sapeva fronteggiarlo senza paura, sprovvisto di qualsiasi protezione per difendersi da una creatura della notte in carne ed ossa.

Stupidamente aveva deciso di lasciarlo, non prima di averlo distrutto per bene, e Stiles si era rotto tutto d’un pezzo.

Il bambino rimase in silenzio per qualche attimo, assimilando il significato di quelle parole, rielaborandole nel suo dispositivo cerebrale. «E cosa volevi fare da grande?».

Che cosa avrebbe voluto fare? «Non lo so, non mi ricordo».

A Stiles non sembrò piacere la risposta, ma non protestò. «Non c’è qualcosa che ti piace?».

Derek non si soffermava su ciò che gli piaceva da molto tempo. «Qualcosa».

Il figlio dello sceriffo lo guardò ancora, la tazza con la volpe svuotata di metà, la bevanda fredda e piena di colori annacquati; il bianco era un antico ricordo. «Hai finito la scuola?».

Oh, ecco che saltava fuori la parola che implicitamente si era aggiunta ai tabù. Stiles si doveva essere soffermato molto sulla possibilità di spingersi a tirarla fuori o a tenerla segregata. «Tutti i cicli, sì».

«Anche quella dei grandi?» era evidente che non riuscisse a ricordare come si chiamasse e si spremesse le meningi per essere chiaro.

La scuola dei grandi, sembrava essere trascorsa un’eternità. «Il college? Sì».

«Ed hai finito anche quella?» Stiles sembrava notevolmente meravigliato, come se lo vedesse un traguardo troppo distante a cui non sarebbe mai arrivato. Che ironia, Stiles era ad un passo dall’entrare nell’università che aveva adocchiato da un decennio. Ancora uno ed avrebbe realizzato i suoi desideri.

«Sì, l’ho finita» e subito dopo la sua laurea appena ottenuta e festeggiata eccessivamente da Laura, lei era svanita.

«E cosa hai scelto?» la curiosità di Stiles era incontrollabile, ma preferiva quelle domande a raffica che il silenzio attanagliante di un bambino che invece doveva riempire ogni suono del mondo. Stiles ci riusciva in qualunque sua forma.

«Tu cosa sceglieresti?» toccava a lui indagare un po’ ed il mannaro voleva ritardare ancora di qualche attimo il tornare indietro con le memorie.

«Il crimine» il cucciolo d’uomo ne era certo, senza alcuna titubanza, esattamente come aveva risposto sul suo voler diventare un detective.

Crimine, non era una parola che un bambino della sua età avrebbe dovuto conoscere, ma purtroppo Stiles era nato in mezzo a quell’unione di sillabe, al continuo utilizzo di quel vocabolo ed era certo che avesse passato una notevole quantità di tempo alla centrale di polizia. Non era destinato a dover servire la legge, l’amore per la criminologia era incondizionato, ma spesso si chiedeva come sarebbe stato se non avesse avuto un rapporto così ravvicinato con la morte. «Letteratura».

L’umano dimenticò totalmente la sua tazza e l’attenzione era nuovamente tutta su di lui. «Letteratura?» masticò per la prima volta quella nuova parola, cercando di carpirne il significato. «Lettere? Libri? Ti piacciono i libri?».

Era affascinante come riuscisse a tirare fuori i misteri nascosti dietro una parola composta, estraendone la radice. «Sì, mi piacciono molto. Qualcuno dice che sono antiquato» glielo diceva Stiles stesso in realtà, scimmiottando la sua repulsione verso la tecnologia, la sua incapacità di adattarsi all’avanzare degli eventi ed il dover sempre occuparsi lui della parte tecnica. Derek era conoscenza accademica, Stiles era quello che raccoglieva le informazioni e ne traeva ogni vantaggio possibile, mettendo in moto gli ingranaggi e trovando le soluzioni. Erano sempre stati una squadra vincente, anche se non avrebbero mai voluto ammetterlo. Gli sarebbe servita quella parte di Stiles per riportarlo indietro.

«Che cosa vuol dire?» il piccolo abitante lo chiese con grande interesse, non comprendendo appieno cosa volesse indicare.

«Che mi piacciono le cose vecchie» che era un po’ un affronto, un grosso affronto, ma era il modo più chiaro con cui avrebbe potuto spiegarglielo.

«I libri non sono vecchi» protestò con ardore il piccolo inquilino, arricciando il nasino ed aggrottando la fronte. Appariva davvero arrabbiato con un’entità invisibile. «I libri sono belli. Mi piacciono».

Derek non riuscì a trattenere un sorriso spontaneo ed immerse le dita nelle ciocche castane, accarezzandogli il cuoio capelluto. «Se usciamo, potremmo comprarne uno».

«Un libro, nuovo?» Stiles si era già rianimato così, bastava talmente poco per renderlo attento ed impaziente di completare una nuova avventura.

«Anche due» ed il lupo doveva ammetterlo, corrompere Stiles era il suo unico fine.

Il cucciolo d’uomo meditò per qualche istante, osservando una tazza che non avrebbe più voluto perché fredda, ma se l’avesse chiesto a Derek, lui gliel’avrebbe nuovamente riscaldata ed allora sarebbe tornato a mangiare e finire i suoi beneamati cereali glassati di miele. «Possiamo andare al parco dove ci sono le anatre?».

Un altro desiderio, Derek aveva intenzione di realizzarne ognuno. «Compreremo anche del pane, allora».

Stiles si illuminò di tutto cuore e filò via a saccheggiare i cassetti che Lydia ed Allison gli avevano riempito. Derek sapeva di non riuscire a resistergli, ma quando Stiles sarebbe ritornato alle sue fattezze originali, si chiese come avrebbe fatto a tornare a vivere senza quel fagotto adorabile nel suo quotidiano.

 

Ne avevano comprato cinque di libri e Stiles era stato dubbioso tutto il tempo, temendo di star andando troppo oltre ed approfittarsene in qualche modo. Era ancora umile e fin troppo consapevole del valore degli oggetti.

Quel pomeriggio si erano radunati tutti al loft, senza alcun avviso o almeno il provare a bussare, ma se non si prendevano la briga di farlo in passato, difficilmente avrebbero cominciato da quel momento avendo ancora più via libera considerata la presenza di Stiles.

Si divertivano un po’ troppo per i gusti di Derek, ma almeno il bambino era in buona compagnia.

Mettergli sottosopra l’appartamento era il loro gioco preferito ed il padrone di casa poteva ringhiare ed ucciderli con gli occhi quanto desiderava, non li avrebbe mai arrestati. Di conseguenza il loro vociare fin troppo alto e sconsiderato diventava soltanto più grande. Derek si chiedeva quand’è che avesse perso la sua autorità.

«È tutto più frizzante adesso» Lydia gli si era seduta accanto, senza problemi, senza porsi interrogativi o tergiversare; semplicemente si era piazzata lì ad osservare l’intero assetto che quel monolocale prendeva quando erano tutti insieme a divertire e distrarre il cucciolo umano.

Derek non doveva spremersi molto le meningi per capire a quale aspetto della loro vita si riferisse, al grande cambiamento che era avvenuto. «Già» a prescindere da tutto, avere Stiles nella sua tenuta odierna rendeva la propria vita eccessivamente agitata, ricca, piena di rumori ed echi; uno straparlare continuo anche del nulla più assoluto, ma era tutto tangibile, visibile e pieno, il mannaro ne era stato talmente sopraffatto e non era riuscito a gestirlo. Ma avere uno Stiles di cinque anni che correva per casa, ridendo, riempiendo le pareti con la voce cristallina ed acuta che si ritrovava, urlando deliziato e pieno di gioia, scappando per gioco dai lupi cattivi che volevano mangiarlo, era tutto un altro paio di maniche. A quel suono non si sarebbe mai potuto abituare.

«È una piccola gioia in questo mare oscuro» realizzò la banshee, mettendo a nudo i suoi pensieri e l’effetto positivo che quella minuscola presenza creava, dopotutto. Dopotutto quello che significava avere a che fare con un bambino invece di un ragazzo.

«È l’effetto di Stiles» e Derek non si riferiva affatto a quell’unico momento, a quella creaturina di cristallo che illuminava le sue giornate, anche se ogni singola volta provava un profondo e perfido senso di nostalgia.

«Sì» la bionda fragola lo confermò in un silenzio inesistente, carica dello stesso sentimento consapevole del mannaro. «È così diffidente».

«Lo è sempre stato» non c’era stata una volta in cui Stiles non gli avesse mostrato la sua inesistente fiducia nelle persone o nel genere umano; Stiles doveva conoscere, testare, avere in mano le prove dell’autenticità di essi e sapere come avere a che fare con loro. Derek non aveva conquistato la fiducia di Stiles, era stato Stiles a conquistare la sua, ma non aveva mai saputo quand’era giunto il momento in cui le cose si erano ribaltate. In cui tutto era diventato altro. C’era stato? Esisteva quel momento? O era stato talmente tutto contorto, affrettato, drammatico e con perdite una dietro l’altra, che nessuno dei due aveva individuato quand’era accaduto?

«Ma mai con me» disse la ragazza con risentimento e con quell’espressione imbronciata che voleva nascondere, ma che le sporcava irrimediabilmente le labbra rosse. «Si è lasciato andare un po’ con tutti, ma non con me».

Era vero, con Lydia aveva ancora delle riserve, non voleva mai rimanere da solo con lei ed in realtà non le parlava affatto. Era sempre silenzioso, guardingo e l’osservava con tanto d’occhi giganti; quasi scappava. «È solo intimorito da te».

«Perché?» era evidente che non le andasse giù, Stiles aveva sempre avuto una vera adorazione per lei.

«Ti trova eccessivamente bella» quell’adorazione non era sparita per nulla e Derek ne sorrideva.

«Oh» le parole volarono via e tutto era inaspettato, incredibile, fuori dalla sua immaginazione. Le gemme di smeraldo si depositarono sulla piccola figura che si intratteneva con gli altri membri del branco, giocando inspiegabilmente con Isaac e forse era quella la parte più impensabile di tutte; quei due non erano mai riusciti a tollerarsi. «Certe cose non cambiano mai».

Derek voleva scacciare l’allusione poco velata indirizzata nei suoi riguardi.

Incontrò il sorriso saputo e compiaciuto della rossa ed a Derek non piacque minimamente.

Un rimbombo attraversò le quattro pareti, interrompendoli e richiamando la loro attenzione, gli occhi verdi di entrambi che si catapultarono a seguire il suono ed a decifrarne la provenienza.

Isaac stava ringhiando con falsa intenzione di attaccare il bambino, inseguendolo in ogni angolo insieme a Scott, mentre Allison si teneva circospetta nel caso dovesse intervenire per una qualche ragione, Derek aveva smesso di preoccuparsene diversi giorni prima. Ma qualcosa si stava manifestando in modo differente, anomalo, portando un’ombra diversa nel monolocale.

Isaac aveva mostrato i suoi occhi, delle gemme incandescenti gialle, quel dorato unico che mostrava il suo stato di appartenenza. Erano lì, tangibili, evidenti, in tutta la loro forma, davanti ad un bambino di cinque anni che non conosceva affatto quella natura, rivelandogli un segreto che lo Stiles adolescente aveva compreso prima dei diretti interessati, ma che quello con cui si trovavano a relazionarsi in quel periodo non poteva e doveva sapere.

Stiles rimase immobile, fermo davanti allo spettacolo misterioso, le iridi ambrate che abbracciavano tutta la loro essenza. «Sono veri?».

Isaac precipitò nel mutismo, conscio dell’errore che aveva commesso, dell’azzardo che aveva compiuto trascinato dal gioco. Con Stiles nessuno di loro aveva mai dovuto nascondersi. «No, è un trucco».

«Un trucco?» domandò di rimando il cucciolo d’uomo, inclinando leggermente il capo come ad avere una prospettiva diversa. «Sembrano veri».

Ah, mentire a Stiles in genere era una condanna che lo portava a smascherare l’inganno in poco tempo, ma mentire ad un bambino che era anche Stiles appariva davvero un peccato capitale. 

Le iridi dorate sparirono così come si erano manifestate, lasciando il posto all’azzurro di Isaac ed era come se l’intera manifestazione non fosse mai avvenuta. «Anche Scott sa farlo» Allison gli lanciò un’occhiata di rimprovero, ma ormai il danno era fatto.

«Davvero?» chiese di riflesso il figlio dello sceriffo, esaltandosi nel suo modo incontrollato e capace di investire chiunque lo circondasse, voltandosi verso quello che era il suo migliore amico ed aspettandosi l’autenticità di quelle parole.

Scott non era affatto entusiasta di quello stravolgimento ed era sicuro che ad un certo punto Derek se lo sarebbe mangiato vivo.

Le iridi di fuoco si materializzarono, cancellando il nocciola dei suoi occhi, ed il Vero Alpha si mostrò in tutta la sua natura ad un bambino cinquenne che non poteva comprendere con cosa avesse a che fare.

«Sono diversi» constatò Stiles, rimanendone impressionato ed affascinato, spostando lo sguardo da un mannaro all’altro. «Puoi farli anche tu così, Sac?».

Non era cattiveria, ma Stiles in qualche modo sapeva sempre come fare stare tutti gli altri al loro posto di appartenenza, nella gerarchia dei lupi era ancora più lampante, ma il fagotto non ne era al corrente. «No, soltanto Scott può averli rossi».

«Oh» soffiò Stiles, intrigato e smanioso di conoscere di più. «E Scott non può farli gialli?».

«Prima poteva, adesso non più» lo stato di Alpha Scott se l’era guadagnato con il tempo, ma non si era mai concretizzato, finché ad un certo punto, nel momento in cui più gli serviva quel potere, aveva preso corpo e l’aveva adoperato per salvare tutti ancora una volta.

Stiles sembrò assimilare la notizia, farla sua, archiviarla da qualche parte con un’etichetta di qualche genere. «Chi altri sa farlo?».

Stiles e le domande spinose. Il silenzio cadde nel loft e nessuno proferì un solo mormorio.

«Non guardare me» Allison spezzò l’aria carica che era caduta senza una vera ragione; non c’era motivo di nasconderglielo, ma nemmeno di rivelarglielo.

«Nemmeno me» si affacciò la bionda fragola, sorridendo saputa e provocatrice, liberandosi dal fardello.

«Der?» ma Stiles non le stava nemmeno considerando.

«O sì, Der, mostra i tuoi begli occhioni» il sarcasmo pieno di burla di Lydia era evidente e Derek le rifilò uno sguardo incendiario, ma lei non si scompose di un millimetro.

Era evidente che Derek non volesse prestarsi al gioco e Stiles si avvicinò al divano, salendo sulle gambe del padrone di casa come se fosse una cosa naturale che compiva abitualmente – il che era vero –, portandosi ad altezza delle gemme boscose. «Me li fai vedere, Der?».

Quel bambino giocava sporco, sporchissimo ed il licantropo non poteva credere che riuscisse a metterlo nel sacco così facilmente. Ogni tuo desiderio è un ordine e per Derek valeva come una promessa sacra.

Le iridi di smeraldo furono sostituite da un blu ghiacciato, freddo, talmente brillante da abbagliare il cucciolo umano ed il tempo si arrestò.

Gli occhi d’ambrosia erano fissi nei suoi, pieni di sorpresa e stupore, la scoperta di un altro nuovo colore e tutto sembrava prendere una valenza diversa.

«Sono più belli» elargì il figlio dello sceriffo, incantato, ammirato e con una cadenza speziata che Derek non sapeva spiegarsi bene. L’immobilità che li aveva accerchiati era talmente strana e piena di significato da soffocarlo, riusciva a vedere quella scintilla nelle gemme di miele che ogni tanto, in particolari momenti, voleva prendere il sopravvento, mostrarsi e dire io sono qui. Erano i momenti in cui Derek credeva che lo Stiles diciasettenne lo stesse osservando e giudicando e che gli comunicasse di riprenderselo.

Lydia ridacchiò al loro fianco, annientando quell’inquadratura privata che si era creata, quella particolarità fatta solo di Derek e Stiles. «La voce della verità».

Derek non afferrò subito a cosa alludesse, che fosse rimasta ferma al discorso precedente che non avevano approfondito, la creatura della notte era soltanto stregata dal piccolo esserino che gli sedeva sulle ginocchia, che non aveva occhi che per lui e che non conosceva il significato di quel blu metallico, cosa gli si celasse dietro e quanto male avesse portato. Quanto Derek lo avesse odiato e ne fosse diventato indifferente con il tempo, come per tutto il resto.

«Ehy, vacci piano con le preferenze» sboccò Scott teatralmente offeso, difendendo il suo ruolo di Vero Alpha.

«Non c’è storia con Derek» proferì Isaac del tutto rassegnato, ma per nulla sorpreso.

«Torniamo a giocare, Cappuccetto Rosso?» domandò la cacciatrice, completamente disinteressata al siparietto che si era presentato, riacchiappando l’attenzione del piccolo inquilino.

Stiles non se lo lasciò ripetere due volte, abbandonò la sua seduta comoda sugli arti inferiori di Derek in un baleno, sgambettando verso la figura della ragazza che ammoniva gli altri due. «Me li mostrate ancora?».

«Il ragazzo vuole giocare pesante» proferì sarcasticamente Isaac, ghignando maliziosamente ed accendendo gli occhi dorati, lasciando partire un ringhio che divertì oltremodo il pargolo di casa.

«Diamogli filo da torcere» accettò la sfida il messicano, mostrando un’espressione diabolica che non convinceva nessuno, ma che creava ilarità sconfinata nel figlio dello sceriffo. Un attimo dopo avevano ribaltato tutto il monolocale.

«Come dicevo, certe cose non cambiano mai» ed ancora una volta Lydia non si riferiva affatto all’inferno che quei tre scalmanati stavano scatenando, tenuti sotto tiro dalla cacciatrice nel caso avessero esagerato.

 

Stiles ronfava splendidamente sul torace di Derek, mentre i tre dell’apocalisse sistemavano l’appartamento e Lydia continuava a non volerlo lasciare un momento.

Il cucciolo d’uomo era crollato poco dopo cena, stremato e all’apice del divertimento. Si era avvicinato con il sorriso sulle labbra, con l’intenzione di coinvolgerlo in uno dei suoi giochi, ma nel momento in cui aveva poggiato il capo sul petto del lupo, farfugliando qualche parola a cui Derek aveva risposto, non aveva più aperto gli occhi e tutti si erano concentrati nel cercare di non fare rumore.

«Sei veramente innamorato di questo bambino» proferì la banshee con melodia, la voce tenue e moderata, gli occhi lievemente addolciti che si godevano la scena.

Derek non rispose, ignorò perfino di averla udita, ma accarezzò la schiena dell’esserino con le nocche, tenendolo in modo che non potesse cadere e rotolare dal divano.

Lydia non se la prese in alcun modo, era un’osservazione che andava fatta. «Quindi, siamo sempre le sue due persone preferite».

«Dove vuoi andare a parare, Lydia?» Derek odiava quei giochetti, l’essere manipolato per una qualsiasi ragione, anche la più insignificante. Nel suo tono di voce c’era ammonimento e quel fastidio perenne che difficilmente andava via.

«Stiles è sempre Stiles» era chiaro e lampante, la rossa ci era inciampata un po’, tentando di relazionarsi con quel bambino al meglio delle sue possibilità, ma quello che aveva raggiunto il risultato migliore era stato proprio quel lupo scorbutico negato per la socializzazione. «I suoi gusti, le sue preferenze continuano ad essere le stesse. Non ti fa riflettere?».

«Riflettere su cosa?» domandò implacabile la creatura della notte, inarcando un sopracciglio e fissandola con il dubbio sulle sue capacità intellettive. «Che gli piaccia la stessa ragazza di cui è innamorato da anni?».

La bionda fragola sbatté le palpebre varie volte, come se fosse stata punta sul vivo e non sapesse come opporsi. «Sì» era innegabile dopotutto. «Ma vale anche per il ragazzo».

Derek la guardò storto, quasi fulminandola sul posto e Stiles russò adorabilmente.

«Stiles ti ama, non è semplicemente innamorato di te» dichiarò Lydia senza alcun pelo sulla lingua, mettendo nero su bianco qualcosa che tutti sapevano, ma di cui nessuno parlava. «Non è cotto di te, non ha una sbandata, è amore».

«Lo sai che è innamorato di te da quando aveva otto anni?» Derek era completamente sordo alla ragazza, ribatteva soltanto a tono.

«E tu come lo sai?» Lydia lo osservò tutto occhi, incredula, ma anche intenzionata ad investigare.

«Chi non lo sa» il mannaro scosse le spalle, rispondendo retoricamente ad una realtà che era sempre esistita e di cui l’intero pianeta era a conoscenza. Stiles non era mai stato quel tipo di persona che teneva la bocca cucita ed i pensieri per sé, lasciava spazio a tutto quello che lo investiva in un determinato momento ed onestamente non aveva mai tentato di nascondere ciò che provava per la ragazza più popolare della scuola, al contrario aveva cercato in ogni modo possibile di attirare la sua attenzione.

Per Lydia invece era stupefacente che Derek conoscesse certi aspetti di Stiles. «Io».

L’occhiata che il mutaforma le dedicò non era lusinghiera. «L’hai ignorato per troppo tempo».

Il bambino si mosse tra le braccia dell’uomo che lo proteggeva come se fosse il reperto più antico dell’immensità del creato, voltò la testolina e tornò a dormire tranquillamente sotto il collo del suo letto fatto di carne e ossa. Il mannaro allentò la presa quel tanto che gli bastava per sistemarlo meglio sul torace, abbassare l’orlo della maglia che si era alzata, lasciando scoperto il fianco del cinquenne, e depositandogli un bacio impercettibile tra i capelli spettinati.

«E tu, Derek, non l’hai ignorato?» Lydia era stata testimone di molte cose, era quasi impazzita quando il sovrannaturale si era manifestato nella sua vita ed il potere da banshee si era risvegliato, pensava che nulla avrebbe più potuto spezzarla, ma le si scioglieva il cuore davanti alle premure che Derek dedicava interamente a quell’esserino estremamente prezioso.

«Sì» l’aveva ignorato eccome, per molteplici ragioni ed una più sbagliata dell’altra. Non l’aveva mai voluto ascoltare, fin dalla prima volta che l’aveva incontrato nel bosco, ed aveva continuato a farlo nell’anno successivo, testardo, irremovibile, ostile fino al midollo. Stiles non gli aveva reso le cose facili, non si era mai arreso, mai tirato indietro; aveva puntato i piedi, l’aveva affrontato a viso scoperto ed aveva mostrato i denti. Se Derek voleva sbarazzarsene, Stiles si piazzava davanti a lui e lo riempiva di talmente tante parole da perdere il senso dello scorrere del tempo, della testa che diveniva piena e confusa, un mal di testa che un licantropo non avrebbe nemmeno dovuto provare.

Derek aveva ignorato la sua presenza, la sua persona, il diritto che aveva di appartenere al branco che si era creato intorno a Scott senza che se ne rendesse minimamente conto.

Ma Derek sopra ogni cosa aveva ignorato i sentimenti che erano sbocciati in Stiles. Aveva volutamente ignorato ciò che di autentico Stiles provava per lui. Esistevano un’offesa ed un peccato capitale peggiore di quelli?

Lydia sospirò senza nemmeno provare a nasconderlo, spostandosi a gambe incrociate sul divano e ponendosi davanti al fianco che gli si presentava. «Quello che prova per me e quello che prova per te sono due cose completamente differenti. Io sono il suo sogno idilliaco, mi ha idealizzata e sono la sua più grande fantasia. Ma tu, tu sei reale» lo guardò attenta, non lasciandosi scappare alcuna reazione che il mutaforma potesse esternare, ma Derek era sempre stato un campione nel mostrarsi imperturbabile ed un blocco di ghiaccio. Tranne quando qualsiasi cosa o persona attentasse alla vita di Stiles. «Non ha mai avuto qualcosa di reale e tangibile come te. Non sei un immaginario nella sua testa, non sei uno scenario nella sua mente su cui può limitarsi a fantasticare, sei ciò che vuole davvero, disperatamente, inequivocabilmente e concretamente. Stiles non smetterebbe mai di combattere per te».

Non smetterebbe mai di combattere per te, sì, ma Derek al contrario l’aveva fatto. «Dovrebbe invece» non aveva nemmeno mai cominciato.

«Lydia» la banshee fu ammonita prima che potesse ribattere in qualche modo ed iniziare una battaglia verbale all’ultimo sangue.

La bionda fragola si voltò verso la fonte che l’aveva bloccata, incontrando la serietà della cacciatrice. «È tempo di andare».

Scott ed Isaac erano già davanti al portellone scorrevole, pronti ad aprirlo e sparire dietro di esso, osservando la scena con lo spessore ed una profondità di chi non si fosse perso una sola parola, comprendendone ogni sfumatura.

Allison non era dalla parte di Derek, Lydia ne era cosciente; più che altro era una presenza arbitraria, che non si schierava da nessuna parte se le circostanze non lo richiedevano, ma sapeva sempre quando intervenire e fermare l’azzardo, chi stava andando troppo oltre. Derek non aveva bisogno di essere assalito in quel modo.

La rossa annuì con un unico colpo del capo, quasi invisibile e si alzò dal divano, lasciando spazio alla cacciatrice che si intrattenne in una fugace carezza piena d’affetto sulla testa scompigliata del batuffolo fanciullesco. «Buonanotte, Cappuccetto Rosso».

Stiles mugolò in assenso nel sonno, se fosse stata una vera risposta o un gesto involontario sarebbe rimasto un mistero, ma Allison non arrestò il sorrisetto che le si dipinse sul volto.

Un attimo dopo la porta fu spalancata e varcata quasi da tutti gli ospiti. Lydia indugiò sull’uscio, incontrando un Derek per metà assente ed indeciso se condurre il figlio dello sceriffo subito a letto, sperando di non ridestarlo o optare per rimandare quella pratica più avanti. «Questo bambino, Stiles» e agitò le braccia per disegnare vagamente la fisionomia del ragazzo diciasettenne, sovrapponendola a quella dell’esserino che ronfava, dando una chiara idea di ciò che voleva comunicare. «Ha scelto te ad occhi chiusi nel suo momento più vulnerabile, non ignorarlo anche questa volta».

Lydia si dileguò in un istante dietro il portellone che veniva sigillato e nell’eco creato dallo scorrimento sui binari, in un tetro silenzio giudicante, tutto ciò che rimaneva a Derek era venire assordato da quelle parole indesiderate ed abbracciare la piccola vita addormentata che si affidava a lui senza tentennamenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

Qualcuno qui ha lanciato molte bombe, non si è risparmiato. Ma partiamo con ordine.

Derek ha la sensazione che lo Stiles di diciassette anni sia lì di tanto in tanto, che gli mandi dei segnali, che lo guardi e gli indichi in qualche modo la via; ne è quasi certo, eppure sente di stare impazzendo. Sarà così, il frutto della sua mente pressata?

Il branco ha un modo tutto suo di intrattenere il piccolo Stiles e ci riesce alla grande, così tanto bene che non riescono minimamente a contenere uno dei segreti più importanti e che lo Stiles diciassettenne conosce molto bene; questo li indebolisce molto. Derek certamente non salva la situazione, in realtà non ha molta scelta, Stiles riesce a primeggiare su di lui perfino a cinque anni.

Ma in tutto questo c’è un confronto diretto tra Lydia e Derek, le due persone più amate da Stiles, quanto meno dal lato romantico. Sarebbe interessante conoscere la vostra opinione sul loro scambio.

Quante cose ci faranno vedere ancora? Lo scopriremo tra sette giorni,

Antys

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: Antys