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Autore: Helena Hufflepuff    06/12/2018    0 recensioni
In un momento di crisi di Hogwarts, lo Smistamento viene affidato a un Cappello magico. E la prima persona Smistata vedrà la sua vita segnata per sempre...
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cosetta Corvonero, Godric Grifondoro, Helena Corvonero, Salazar Serpeverde, Tosca Tassorosso
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Il Primo Smistamento


Quella notte non riuscivo a dormire. Esasperata dai cupi pensieri che mi tormentavano, aprii gli occhi e mi guardai attorno. Le tende di velluto blu attorno al letto erano aperte, permettendomi d’avere una visuale completa della stanza vuota.

La veste della sera era ripiegata con cura sulla cassapanca, e il mazzolino di nasturzi lì accanto indicavano che la mia madrina era passata di lì; ormai era l’unica per la quale contavo qualcosa. La luna nel suo primo quarto illuminava la stanza, e il vento fischiava insistentemente dalle fessure della finestra che dava sul parco del castello. Presi la vestaglia leggera dai piedi del letto, me la infilai e per un po’ mi beai della vista superba e falsamente tranquilla che si godeva dalla torre che mia madre aveva scelto come ala di sua proprietà.

Non riuscivo a stare lì. L’ansia mi pervadeva, quindi feci l’unica cosa che trovai sensata: uscii dalla mia camera, e decisi di darmi alla perlustrazione del castello. Ero in vestaglia, ma che importava? Ero Helena Corvonero… essere figlia di uno dei fondatori voleva pur dire qualcosa! Se qualcuno si fosse lamentato, peggio per lui.

Mentre mi dirigevo verso l’appartamento della mia madrina, passai accanto a una stanza da cui arrivavano delle voci. Mi infilai nell’aula accanto e sbirciai da un buco della porta di comunicazione.

“… ha minacciato un’altra volta di andarsene, e temo che questa volta la cosa sia definitiva” stava dicendo mia madre. “Godric, non è logico”.

“Sciocchezze, Rowena. Non ha firmato alcun contratto col sangue; se se ne vuole andare, tanto meglio: è un pazzo; più lontano va e meglio sarà per tutti”

“Spero solo che la scuola resti in piedi anche senza di lui” mormorò Helga. Alzò lo sguardo verso la porta dietro la quale ero nascosta e mosse impercettibilmente la mano. M’aveva vista. “Tutti coloro che appoggiano i suoi ideali… Godric, non sbuffare; giusti o sbagliati che siano, sono ideali… dove andranno, che fine faranno?”

Mia madre, che creava canarini dal nulla, disse: “Dobbiamo trovare un modo affinché, anche in nostra assenza, le nostre Case continuino a perpetuare i nostri valori”

“Certo, perché noi leggiamo nella testa degli studenti” sbuffò Helga.

“La testa…” mormorò Godric. Velocemente si tolse il cappello a punta che indossava e disse: “E se creassimo un oggetto, che legga davvero nella testa dei ragazzi? Rowena, tu sei una grande incantatrice, donagli la facoltà di parola; Helga, sei versata nella Legilimanzia quanto Salazar, dona la tua capacità al Cappello; io gli darò il carattere di cui ha bisogno per i secoli a venire”

Non parlarono per dei minuti, continuando a muovere le bacchette attorno a quel cappello di feltro che si illuminò con una sorta di alone iridescente. Quando ebbero finito tutti e tre si appoggiarono le bacchette alla tempia e poi la tirarono via, lasciandovi attaccato come un lungo capello argenteo, che con una mossa aggraziata si posò sul cappello ancora cangiante che li assorbì. Infine Godric si diresse verso un bacile di pietra cui mia madre era molto legata, estrasse un filo anche da lì e lo mise sul cappello. Fece più fatica ad essere assorbito, ma alla fine anche quello sparì.

“E… e ora?” chiese Helga, guardando preoccupata il cappello che non smetteva di brillare.

“Lo lasciamo riposare” rispose Godric.

“Mi sembra una mossa poco saggia… e se col tempo il potere del cappello diminuisse, fino a svanire del tutto?” ribatté zia.

“Mi sa che l’unica è sigillare l’incantesimo” mormorò Rowena. “Subito, finché l’incanto è ancora potente” Così i tre misero a fare complicati arabeschi attorno al cappello, uno alla volta; alla fine il cappello si illuminò e poi si spense, all’apparenza uguale a prima.

“Bene, ora vado a letto. Se vedete Salazar potete spaccargli il muso da parte mia?” domandò scherzosamente (ma neanche troppo) Godric.

“Ceeeerto, come no, Godric!” rispose Helga sarcastica. “Se proprio ci tieni gli deturpiamo la faccia con una fattura…”

“E’ impossibile, signore: con la faccia da schiaffi che si ritrova, peggiorare il suo aspetto è assai difficile” ribatté Godric con studiata serietà, facendo ridere Helga e facendo addirittura sorridere mia madre (miracolo!). “Buonanotte!”

“Buonanotte, Godric!” risposero le due all’unisono.

Helga recuperò il suo mantello nero dal bordo dorato dallo sgabello su cui l’aveva appoggiato e, prima di uscire, chiese a Rowena: “Va tutto bene con Helena? Ultimamente la vedo agitata”

“No che non va bene! È scostante, aggressiva… non la capisco”

“Ha un carattere forte, ed è intelligente” disse Helga, sorridendo. “Avete solo due caratteri che si scontrano, tutto qui”

“Ne abbiamo già parlato, Helga, e oggi più che mai sono convinta di aver fatto un errore tenendo mia figlia con me, nella mia Casa. Insomma, sempre meglio che nelle mani di Salazar, quello proprio non l’avrei accettato… ma talvolta mi pare di aver messo troppo cuore in quella decisione, dovevo essere più ponderata e…”

“Rowena, piantala di essere così razionale! Non è uguale a te, ma io avrei fatto lo stesso, avrei tenuto i miei figli vicini. Dai, vieni… ti offro una camomilla nel mio appartamento.”

“Grazie mille Helga, sei proprio un’amica” disse mia madre, e seguì la mia madrina giù, verso la scala che le avrebbe condotte nel Seminterrato, dove Helga viveva con i suoi ragazzi e gli elfi domestici che aveva salvato da padroni troppo crudeli.

Ero di nuovo sola, ma nuovi pensieri mi frullavano in mente a causa della rivelazione di mia mamma.

Sono convinta di aver fatto un errore tenendo mia figlia con me.

Mia madre dubitava della mia appartenenza alla sua Casa. Non mi considerava degna più dei suoi figli di elezione. Oh, Helga avrebbe cercato di farla ragionare, e l’indomani se gliene avessi parlato avrebbe negato tutto, e probabilmente mi sarei beccata anche una bella lavata di capo per aver gironzolato nel castello di notte e senza l’abbigliamento adatto. Ma non cambiava la cosa… sembrava assurdo, ma io, Helena Corvonero, stando a colei che m’aveva dato la vita, non ero degna di essere Corvonero.

Sempre meglio che nelle mani di Salazar.

Davvero mia madre vedeva in me elementi che sembravano adatti a quell’ala umida e buia del castello? Sapevo che non era così; ero legata alla sua casata per vincoli di giuramento e di sangue. Come potevo dimostrarle che sbagliava?

Mentre facevo questi pensieri, il mio sguardo cadde sul cappello di Godric, appoggiato mollemente sul tavolo di legno scuro, come se fosse stato dimenticato lì da un ragazzo distratto.

Mi guardai attorno, i sensi all’erta: era sicura come cosa? Non sapevo quali sarebbero stati i risultati della mia mossa, senza contare che non sapevo quale sarebbe stata la reazione dei tre fondatori, anche se potevo immaginarla.

Sono convinta di aver fatto un errore tenendo mia figlia con me.

Fu questa frase a farmi decidere. Senza tergiversare oltre, quindi, presi il cappello e me lo posi sul capo.

“Benvenuta, giovane Helena!” La voce che invase la mia mente sembrava senza sesso, accento o età: era inquietante, ma al contempo gradevole; vi sentivo il risentimento di mia madre nei miei confronti, ma anche la voce cullante di mia zia quando andavo da lei piangendo dopo un altro litigio in Torre; c’era un qualcosa del roboante della voce ruggente di mio zio e la nota ipnotica dei discorsi che faceva Salazar.

“Chi sei?” domandai mentalmente.

Il Cappello poteva davvero leggere nella mia mente; non avevo bisogno di esprimere a voce i miei pensieri, lui li sapeva. Mi rispose: “Mi stai chiedendo chi sono? Ragazzina, mi hai visto mentre nascevo, sai perfettamente cosa sono! Santo cielo, e io dovrei guardare in menti come la tua per tutti i secoli a venire? Che le stelle me ne scampino!” Oh sì, questo era decisamente un tocco da Grifondoro.

 

“D’accordo, so che sei un Cappello Parlante e tutto quello che vuoi, ma non t’ho indossato solo per impedirmi la vista. Se parli e senti, avrai anche ascoltato quello che ha detto mia madre, Rowena Corvonero, a mia zia, Helga Tassorosso. Dimmi, Cappello, ha ragione? Sono davvero Serpeverde, o in fondo Corvonero è la mia Casa, checché ne dica quella spocchiosa?”

“Sì” rispose lui.

“Sì, cosa?” sbottai io, spazientita. Il suo essere criptico era fin troppo Corvo per i miei gusti.

“Ehi, miss, è il mio Primo Smistamento, devo ancora affinare la pratica!” mi rimbeccò lui, inalberandosi.

“D’accordo, lo accetto” acconsentii. “Ma mi piacerebbe essere tornata a letto prima che sorga il sole, sai com’è”.

“Giovani d’oggi, sempre di corsa” sbuffò lui, ma dopo un po’ cominciò a dire: “Sei una ragazza fondamentalmente buona, ma la saggezza di tua mamma te l’ha resa estranea: quando tu volevi una mamma, ti scontravi con la maestra; quando volevi un abbraccio, tua madre era impegnata in altro. Questo t’ha condotta a stare molto tempo con Helga, che ti ama fin troppo, facendoti credere che tutto t’è dovuto. Ti manca tuo padre: l’hai conosciuto poco, ma la voragine lasciata dalla sua morte non s’è mai riempita. Godric t’ha istruito, Salazar t’ha corteggiato, ma questo buco t’ha congelato il cuore, e tu hai gonfiato la tua vita con l’invidia, l’invidia per tua mamma, per la sua saggezza che sembra tanto superiore alla tua, per ciò che l’ha tenuta distante, rendendo la perdita di tuo padre una perdita assoluta. Per riuscire a liberarti del pericolo di rimanere sempre all’ombra di tua madre, per diventare più di lei, sei pronta a tutto… oh sì, ragazza mia, hai molto dei…”

Non volli sapere altro. Capii quello che dovevo fare.

Avrei tolto di mezzo quello che separava mia madre da me. Senza quel maledetto diadema mi avrebbe voluto di nuovo bene. Dovevo liberarmene, e io non sarei più stata solo la figlia di Corvonero, ma molto, molto di più…

 

Guardo i bambini in fila, in attesa di sentire le parole vuote di quell’oggetto malefico. Ha confuso le idee a più di un ragazzo, dal giorno di quel primo Smistamento. Per colpa sua ho perso la mia vita, il mio giovane innamorato vaga come anima dannata, mia madre è morta chiedendomi perché senza ottenere risposta, e la storia di Hogwarts s’è srotolata lungo i secoli.

E io sono qui, senza poter mai sapere cosa sono. Né viva né morta, né amata né odiata, né Corvonero né Serpeverde… solo una Dama Grigia, giunta all’atto sbagliato per colpa di un Cappello.
   
 
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