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Autore: niebo    09/12/2018    1 recensioni
Un conto alla rovescia verso un destino inevitabile, può essere il peso che ti lega a terra o il trampolino di lancio verso un'avventura.
Questa storia partecipa al "DIES SCRIBENDI" a cura di Landa di Fandom e Fanwriter.it
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Tre… Due… Uno…”





«Buh!»
Un volto familiare si interpose tra lui e l’acqua limpida della maestosa fontana, rendendo il suo mondo più buio per un secondo. Quella tranquillità perturbata lo fece subito sobbalzare, facendogli cadere per terra alcuni dei sassolini che teneva gelosamente in mano e che, fino a poco prima, aveva fatto saltare a pelo d’acqua.
«Elias!! Quante volte devo ripeterti di non comparire all’improvviso?!»
Il suo volto stizzito si spostò subito verso un giovane centauro, dai corti capelli mossi e biondi, chiari quasi quanto la sua pelle e quanto i suoi occhi azzurri. Uno sguardo attento si sarebbe anche accorto che il manto del ragazzo era però più caratteristico di un cerbiatto che di un cavallo. E, avendo altro tempo da perdere in osservazioni, si sarebbe anche accorto che, in verità, le zampe anteriori erano effettivamente quelle di un cervo mentre, quelle posteriori, erano quelle di un vero e proprio puledro.
«Scusami lo sai che non posso resistere ai tuoi bronci!» rispose l’altro ridendo e toppicchiandosi una treccia corposa che gli coronava il viso, da parte a parte, appena sopra la fronte; era un gesto che faceva sempre quando si sentiva in colpa, forse perché riconduceva quella parte di sé alla propria famiglia.
«Non sono imbronciato.» gli rispose l’amico senza rendersi conto di star tradendo le proprie parole con un’espressione corrucciata ed un lieve rossore sul viso.
«Andiamo?» aggiunse quindi alzandosi in piedi sulle zampe da lepre «Mamma mi ha lasciato delle consegne da fare e… insomma, non ho molto tempo.»
Elias lo guardò, comprensivo, e gli fece una carezza sulla testa, avendo cura di non toccare le sue piccole corna da cervo.
«Yuma, andrà tutto be…» ma non fece in tempo a finire la frase che l’altro zampettò via, in completo imbarazzo.
«Non trattarmi da bambino, anche se sei più alto di me, abbiamo la stessa età!!» gridò puntandogli il dito addosso.
Il giovane jackalope era sempre stato molto complessato dalla loro differenza di altezza, fin da quando Elias poteva ricordarlo. La sua imponenza, in quanto appartenente alla famiglia dei Centauri, gli conferiva una certa stazza, nonostante fosse ancora un ragazzino. Yuma, invece, poteva compensare un pochino con le proprie corna, ma la metà leprina non lo rendeva di molto più alto di un fauno.
«Avanti Yu, non fare così… guarda ho una cosa da farti vedere!» esclamò l’altro entusiasta nel tentativo di cambiare subito argomento, tirando fuori da una piccola borsa a tracolla un proprio “trofeo”.
Yuma aguzzò la vista per capire cosa fosse ma, proprio in quel momento, si rese conto che delle figure sgradite stavano per approcciare il suo amico.
«Eli attento!!» esclamò in fretta, ma un ragazzo tozzo e massiccio gli aveva già preso di mano l’oggetto che stava reggendo con tanta eccitazione.
«Ecco un altro inquietante cimelio dello “Strambo”!!» fece il giovane strisciando in avanti, viscido come la parte inferiore del suo corpo, che lo riconduceva subito alla nobile famiglia dei Basilischi.
Elias lo guardò, indispettito ed impaurito allo stesso tempo, cercando di dire qualcosa nella vana speranza che gli restituisse ciò che era suo.
«Ridaglielo brutto stronzo!!» gridò Yuma avvicinandosi, prima che l’amico potesse dire qualsiasi cosa.
«Oh guarda! C’è anche il suo amico coniglietto!» lo canzonò il basilisco vedendolo arrivare «Altrimenti cosa fai, eh? Mi tiri una zampata porta fortuna?»
«Altrimenti ti prendo a botte, brutta testa di cazzo!!» rispose il giovane scostando Elias con un braccio, per evitare che fosse coinvolto nella rissa.
«Ah sì? Sei sicuro di avere spazio libero per altre botte?»
Yuma, a quel punto, non ci vide più. I suoi scuri occhi a mandorla si assottigliarono, gli zigomi scavati divennero ancora più pronunciati e i denti si strinsero, insieme ai pugni delle sue mani.
Odiava gli sbruffoni, odiava gli sbruffoni che se la prendevano con i suoi amici ed odiava ancora di più gli sbruffoni che facevano riferimenti velati alla sua situazione familiare.
E si dà il caso che Ophidios, il giovane che gli stava davanti, fosse proprio una combinazione di tutte e tre le cose. Indirizzò una delle due mani strette a pugno alla sua pancia ma lo mancò, e si sbilanciò tanto da permettere all’altro di colpirlo al volto. Ophidios ritrasse la mano e la mostrò ai suoi amici disgustato.
«Guardate! Questa è una crema color carne, il coniglietto si è davvero truccato coi prodotti della mamma per nascondere le botte che gli lascia il paparino!»
«Maledetto, io ti ammazzo!!»
Al sentire quel nuovo urlo di rabbia, Elias si affrettò a mettersi in mezzo tra i due, a braccia larghe.
«Basta così…»
«Cazzo Elias spostati, lascia che gli rifaccia i connota…»
«No.» rispose l’altro lapidario «Vattene Ophidios. Non ci teniamo a perder tempo con dei piantagrane come voi.»
«Piantagrane? Uuuh avete sentito, ragazzi? Il mezzo centauro ci ha appena insultati!» lo apostrofò il basilisco avvicinandosi con fare minaccioso «Non saremo noi ad andarcene. Alzate i tacchi, pezzenti.»
Elias lo guardò in cagnesco, ma decise di non aggiungere altro. Il centauro si voltò, mentre il capo del gruppo di ragazzi li osservava soddisfatto.
Evidentemente però, non si aspettava di ricevere dritto in pancia un paio di zoccoli equini, di lì a pochi secondi. Il basilisco si sbilanciò e finì dritto nella fontana.
Anche Elias però era accasciato a terra. Spostando malamente tutto il suo peso sulle fragili zampe anteriori, si era riverso in avanti, facendosi del male a sua volta.
«Elias!!» gridò Yuma accorrendo dall’amico.
«Me le tira fuori quel bastardo…»
Il jackalope guardò l’amico allibito. Non lo aveva mai sentito parlare in quel modo così scurrile, e trovava la cosa talmente forzata, che gli scappò un piccolo sorriso fiero e divertito.
«Andiamocene…» gli disse aiutandolo ad alzarsi.
«Voi non andate da nessuna parte!!» gridò una voce alle loro spalle.
Ophidios si stava divincolando, la coda che sbatteva a destra e a sinistra come una frusta, mentre lui sguazzava come un pesce fuor d’acqua. I due amici si affrettarono, e riuscirono ad allontanarsi abbastanza da non essere raggiunti.
«E nemmeno la tua vita andrà da nessuna parte dannato mezzo centauro!! Ti estinguerai insieme a tutta la tua inesistente specie!!»
E, quasi a volersi prendere un’ultima soddisfazione, lanciò contro di loro il piccolo tesoro di Elias, che si frantumò in mille pezzi a contatto col pavimento.
Yuma si fermò di colpo, sentendo un altro moto di rabbia salire fino alla punta dei lisci capelli neri, che gli contornavano il viso. Si ricordò quindi di avere ancora stretti nel pugno alcuni piccoli sassi. Li lanciò a sua volta e sputò per terra imprecando, pur sapendo, o forse proprio per quello, che non gli avrebbe fatto nulla.


«Mi dispiace per il tuo “trofeo” Elias…»
Dopo essersene andati dalla piazza principale, i due amici si erano rifugiati sotto un grosso albero al limitare della città. Il loro albero preferito.
Era molto grande, un tronco importante con una corteccia scura dalle sfumature dorate, una chioma molto folta, ricca di foglie tutto l’anno e di rami intricati, da cui pendevano dei frutti che ricordavano le cabosse dei semi di cacao, marroni con dei cangianti riflessi blu.
Inoltre lì non sarebbe mai venuto nessuno a disturbarli, o ad insultarli.
«Tranquillo Yuma, era solo una Columbia Livia. Nulla di raro o introvabile!» sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi, per rassicurarlo «Tu piuttosto...»
«Nulla di più grave del solito.»
La famiglia di Yuma era molto conosciuta in città per diversi motivi.
Si era fatta una grande nomea nel mondo della produzione di unguenti naturali e preparati di ogni tipo per la cura del corpo, e si era abituata ad uno stile di vita piuttosto agiato. Purtroppo però, col passare degli anni e delle crisi del loro paese, i prodotti erano diventati sempre meno richiesti, e i guadagni erano calati drasticamente.
Pur non avendo comunque problemi di denaro, questo aveva creato una forte tensione psicologica nel padre del ragazzo che, diventato terribilmente avaro, aveva iniziato a mettere costantemente tutti i membri della famiglia sotto pressione. La sorella maggiore di Yuma era partita non appena aveva potuto, ed ora il peso era completamente sulle spalle della madre e del figlio minore.
La gente era al corrente della situazione, nonostante loro facessero di tutto per nasconderlo. Erano anche al corrente del fatto che madre e figlio spesso non uscivano illesi da quelle discussioni, ma nessuno diceva nulla, perché le chiacchere sono belle finchè non creano problemi.
Elias gli sollevò lo sguardo, puntato a terra per la vergogna.
«Giuro che questa volta non me n’ero accorto.» disse gentile risistemandogli un po’ il trucco con i polpastrelli e pulendogli un piccolo rivolo di sangue accanto alla bocca.
La coda da lepre dell’amico si mosse un pochino.
Poteva sembrare offensivo come commento… ma conosceva bene Yuma e sapeva che avrebbe apprezzato quella piccola osservazione, perché in realtà ci teneva molto al fatto che nessuno se ne accorgesse. Inoltre era davvero bravo con i trucchi, ed Elias sapeva che infondo gli piaceva occuparsi di quelle cose. Erano i genitori che non sopportava, non ciò che gli avevano insegnato.
E proprio perché sapeva che ci teneva molto all’aspetto, rimaneva sempre molto colpito dal suo mettersi in mezzo per difenderlo, pur sapendo che sarebbe stato ancora picchiato, ancora e ancora.
Ci sono abituato…
Rispondeva ogni volta alzando le spalle.
Ma lui al suo affetto, non si sarebbe abituato mai.
«Quello stronzo… ti ha detto di estinguerti, vero?»
Elias annuì.
«Tranquillo, non ci sono rimasto ma…»
«Cosa dicono i tuoi?» lo interruppe brusco Yuma.
Lo sguardo dell’amico incrociò il suo, e vide nei suoi occhi la stessa preoccupazione che celava nel proprio cuore. Avrebbe dovuto dirgli la verità? O sarebbe stato meglio rassicurarlo con una bugia?
«Come al solit…»
«Non mentire.»
«Yuma…»
«Vai sempre a caccia di tesori quando sei preoccupato. Stanno insistendo, vero? Continuano con le loro stupide pressioni, non è così??»
Sospirò.
«Continuano a dirmi che devo partire. Che ne va dell’onore della famiglia. E che…» esitò per un attimo al pronunciare quella frase «Se non me ne andrò con le buone, lo farò con le cattive.»
Il pelo grigio delle zampe di Yuma si rizzò, e la sua bocca si spalancò, pronta a partorire ogni genere di imprecazione.
«Fermo, fermo fermo!! So cosa stai per dire!» esclamò Elias poggiando entrambe le mani sulle sue guance, e premendole un po’, tanto da farlo sembrare un pesce.
«Non posso nascondermi qui per sempre…»
«Certo che puoi!! Io porterò il cibo e ogni altra cosa, e starò con te!!» esclamò l’altro quasi disperato liberandosi dalla stretta «Non puoi partire!! Moriresti, lo capisci?!»
Purtroppo lo capiva molto bene.
Esattamente da quando era stato abbastanza grande da capire che cosa fosse. Nato da centauri, ma evidentemente c’era qualcosa che non andava in lui. Perché quel manto e quelle zampe da cerbiatto?
Chissà chi lo aveva deciso.
Non era l’unico a cui era accaduto una cosa del genere. Accadeva spesso di nascere con un destino segnato.
Le cose da loro non funzionavano molto diversamente che in altri posti.
C’erano i nobili, ovvero tutti i mezzi umani nati da un essere mitologico. Erano puri, erano… perfetti.
Solo altri esseri rarissimi erano al di sopra di loro, quei mezzi umani che portavano le caratteristiche di più di un animale mitologico.  Qualcuno, si narra, che esista al di fuori della città, ma non è dato sapere.
Ci sono poi i mezzi umani nati dall’unione di uno o più animali.
Gli animali terrestri non sono considerati puri come gli animali mitologici e quindi, da quanti più animali nasci, minore sarà il tuo rango nella società.
Quelli considerati ai margini della collettività sono coloro nati da tre o più animali fusi insieme.
Elias e Yuma erano in una fascia media, Elias leggermente più alta, quindi non avevano mai avuto grandi difficoltà.
Il problema stava nel fatto che Elias, nonostante venisse dalla famiglia dei centauri, era nato con delle caratteristiche nuove, mai viste nella sua linea evolutiva.
Questa è quella che in poche parole viene chiamata “nascita di una nuova specie”. Ed essere il capostipite di una nuova specie viene considerato, tanto un onore quanto una disgrazia.
Come in natura non tutte le specie sono destinate alla sopravvivenza, lo stesso avviene tra i mezzi umani.
Il capostipite dovrà affrontare un viaggio che porterà alla consacrazione della propria specie una volta superato. Se verrà superato. E questa non era una cosa che Elias voleva fare, anche se l’alternativa era morire abbandonato e dimenticato. Yuma però, lo aveva quasi convinto a fuggire. A fingersi morto e a tentare di sopravvivere. Cercava di resistere alle continue pressioni ma, più si facevano insistenti, e più quella proposta sembrava allettante. Ma spesso… molto spesso… faceva fatica a distinguere quale delle due alternative fosse quella coraggiosa e quale quella da codardo.
Avrebbe voluto solamente stare tranquillo…

Un tonfo sordo improvviso interruppe la loro discussione.
«Ma cosa…»
Yuma non fece in tempo a stupirsi di quel rumore inaspettato, che una bacca dell’albero gli cadde in testa.
E subito dopo una persona gli cadde in testa.
«Che cazzo???»
«Scusami, scusami, s c u s a m i!!! Non era previsto cadessi, mi dispiace!!»
«Cosa significa non era previsto, che minchia ci facevi lassù, eh?? Ci spiavi?!»
 «No!! Sì… Ma non ero qui per quello!!»
Riuscì finalmente a levarsi di dosso lo sconosciuto, e solo allora si accorse che si trattava di un altro ragazzino. Aveva la pelle molto scura, di un mulatto molto intenso, i capelli rosso fuoco che si aprivano quasi ad ombrello ai lati della testa, per poi ricadere in qualche rado ciuffo sulle sue spalle. Gli occhi erano gialli, di un color nocciola molto acceso, e portava addosso dei gioielli dorati, al collo, alle orecchie e ai polsi. Una tunica con dei motivi verdi e blu gli copriva le gambe fino al ginocchio, ma non abbastanza da nascondere la loro forma di zampe da uccello.
«Ma che diavolo sei?!» domandò infine Yuma esasperato, dopo averlo squadrato da capo a piedi.
«E’ un Simurgh!» rispose una voce alle sue spalle.
«Come dice lui!»
Il giovane jackalope guardò alternativamente Elias ed il nuovo arrivato.
«Lo conosci…?»
Il mezzo centauro si alzò pian piano e si avvicinò a loro.
«No… ma leggo molti libri!»
Era vero. Elias aveva un grande interesse per gli animali e per qualsiasi creatura esistente, tanto che spesso gli capitava di avere una concezione di pericolo un po’ troppo labile.
«Sono Elias, piacere. E questo è Yuma.»
«Non parlare per m…»
«Io sono Samir, piacere mio!!» rispose il ragazzo con sincero entusiasmo, afferrando le loro mani per stringerle con forza.
«Non mi toccare…» mugugnò Yuma sotto voce «Sei un nobile, vero…?»
Samir alzò le spalle indifferente.
«Tecnicamente…»
«Ti sei fatto male Samir?» domandò Elias sinceramente preoccupato.
Yuma gli lanciò uno sguardo scioccato. Perché si stava preoccupando di quel tizio? Poteva essere pericoloso! E poi anche lui si era fatto male!!
«Sto bene, grazie! Ci vuole ben altro per mettermi ko!» commentò tirando in fuori il petto «Comunque meglio se torno sull’albero, probabilmente qui vi sarei solo di disturbo…»
«Sì.»
«No affatto!»
Yuma guardò di nuovo Elias sbalordito.
«Fanculo, perché lo vuoi qui?? Non sappiamo nulla di lui a parte che è un nobile. E poi ci stava spiando!!»
«Non vi stavo spiando!! Devo stare su quell’albero e buttare giù dei semi ogni tanto, ok?? Ho tirato un calcio al tronco per farlo, ma ho perso l’equilibrio e sono caduto!!»
La risposta di Samir gli parve così buffa ed esasperata che ad Elias scappò da ridere sotto i baffi.
Yuma la notò e si zittì.
Quindi lo straniero… lo rendeva contento?
Incrociò le braccia al petto e sbuffò.
«E va bene, va bene rimani. Ma tu ti siedi qui, e noi torniamo là.»
«Mi sta bene!» rispose il simurgh con un mezzo ghigno soddisfatto.


Parlare a distanza era davvero molto buffo.
Sembrava di giocare al telefono senza fili, ma tenendo il tono di voce alta.
Fortunatamente Samir aveva un accento squillante, e si riusciva a capire tutto nonostante i metri che li dividevano. Il tutto a discapito di Yuma che, mentre gli altri due conversavano allegramente, si era messo ad intrecciare campanule nella coda di Elias.
«Ehi Yu! Che stai facendo?» domandò d’un tratto Samir per coinvolgerlo nella conversazione.
«Non chiamarmi Yu.» mugugnò l’altro in risposta
«Ehi Yu…ma! Che stai facendo?»
«Sto intrecciando dei fiori. Lo faccio sempre. Ad Elias piace.»
«Davvero??»
«A dir la verità non ti ho mai detto che mi piace…» intervenne il diretto interessato «Non è che sei tu l’amante dei fiori?» osservò l’amico sottecchi, in attesa della sua reazione.
Yu lo guardò a bocca aperta e, in pochi secondi, la sua pelle chiara iniziò a diventare rosea, soprattutto le guance e la punta delle orecchie.
Elias scoppiò a ridere e si voltò per abbracciarlo e schioccargli un bacio sulla guancia.
Yuma affossò lo sguardo imbarazzato nella sua spalla, mentre la sua codina iniziò di nuovo a muoversi.
Samir li osservò soddisfatto, sdraiato a pancia in giù, reggendosi il mento con il palmo delle mani. Sorrise loro, fino a che l’abbraccio non si sciolse.
Un altro tonfo sordo interruppe le loro chiacchere.
«Non è colpa mia questa volta!!» fece subito il simurgh alzando entrambe le mani.
«E’ un uccellino!!» esclamò Elias tirandosi in piedi e andando verso il punto da dove proveniva il rumore.
«Oh!! Un uccellino!!» fece coro Samir alzandosi per seguire l’altro.
«Asp..!» ma la parola morì in gola a Yuma, sostituita da un piccolo ghigno.
Perché avvertirlo?
Sarebbe stato divertente…
Elias, arrivato sul posto, sollevò da terra un uccellino, entusiasta.
«Guarda che piumaggio!! Non ha nemmeno alcun segno di ferita, è completamente intatto!!» continuò mostrando al rosso l’uccellino morto.
«Oooh bellino!» rispose toppicandolo «Ma aspet…» un’espressione terrorizzata si dipinse sul suo viso.
«Ti piacciono gli uccelli morti??»
«Tutti gli animali in realtà…» rispose Yu da sotto l’albero, ghignando «Ha l’hobby della tassidermia.»
Samir tornò a guardare Elias che, se gli occhi fossero state stelle, beh… non avrebbe saputo dire se in quel momento li avesse luccicanti o infuocati.
«Mi piace! E’ un po’ come fermare il tempo… come una fotografia!»
Yuma si era sempre chiesto, se gli piacesse tanto proprio perché una delle sue paure più grandi era lo scorrere del tempo… e ne era sempre più convinto.
Tornati a sedersi ai loro rispettivi posti, lo sguardo ancora sbiancato di Sam, fu proprio il centauro a riprendere la conversazione, notando una cosa solo ora che Samir aveva cambiato posizione.
«Quella non è una tunica, vero?» domandò indicandolo.
Sorrise felice che lo avesse notato.
«No! E’ la mia coda! Queste sono piume di pavone… e cresceranno ancora!» rispose soddisfatto.
«Perché che diamine di motivo usi la tua coda come tunica…» borbottò il moro tra sé.
Samir fece finta di non sentire il suo commento.
La verità era che si vergognava moltissimo delle sue zampe. Non le amava per nulla, le trovava sgraziate e antiestetiche. Per quanto avesse in apparenza una buona autostima, certi punti deboli erano in grado di farlo crollare come niente.
«Come funzionano quelle zampe poi? Hai le ginocchia al contrario…»
Il simurgh si fece stranamente silenzioso, e si grattò la testa, cercando le parole adatte a dire qualcosa di sensato.
«A me non piacciono molto le mie zampe» intervenne Elias di punto in bianco «Sono diverse e sono fragili… non so gestire bene il peso del mio corpo e non posso correre molto perché mi sbilancio e mi stanco facilmente.»
Alzò lo sguardo verso l’altro per fargli capire che non era il solo a sentirsi così. Questo trasmise a Samir un po’ più di coraggio, e si sentì abbastanza a suo agio da rispondere a sua volta.
«Neanche a me piace correre. Sembro una gallina!»
Qualcuno rise sotto i baffi.
Era Yuma.
Dopo di lui però anche Samir stesso si unì alla risata, e infine Elias.
Quest’ultimo si rivolse poi al colpevole di tanta ilarità.
«E tu Yu?»
Il ragazzo interruppe la risata e si fece subito un po’ più composto e serio.
«Beh nemmeno… a me piace correre.» rispose senza sbilanciarsi troppo sul perché.
«Perfetto!! Abbiamo tutti in comune qualcosa che ci mette in difficoltà!!»
Seguì un altro momento di risate, fino a che non calò un silenzio inusuale.
«Comunque…» riprese Samir d’improvviso «Io credo che dovresti partire.»
Yuma ed Elias lo guardarono stupiti.
«O meglio… perché non partire tutti? In tre non sarebbe un viaggio così difficile da sostenere!»
Elias si rabbuiò, sentendo riaprire quel discorso un po’ spinoso.
«Questi non sono affari che ti riguardano. Non ci conosci nemmeno.» rispose il moro vedendo l’altro intristirsi «E poi perché tu dovresti andare via? Sei un nobile, hai tutto ciò che vuoi!!»
«Non ho amici.» rispose l’altro interrompendolo «Non posso scegliere con chi stare… hanno tutti paura che io venga influenzato, e che non rispetti i miei doveri. Come buttare giù i semi da quell’albero…» indicò la pianta sopra di sé, con un’espressione annoiata «E non posso nemmeno scegliere chi amare. A quanto pare ho già una sposa che mi attende…»
Alzò le spalle rassegnato.
«Pensano forse che io non sia in grado di conquistarmele da solo le persone che mi interessano?» rimarcò poi voltandosi verso Yuma e soffiando verso di lui un bacio.
«Disgustoso…» rispose quello mentre Elias riprendeva a ridere.
«In ogni caso…» continuò Sam sdraiandosi a pancia in su «Se il problema è che non ci conosciamo abbastanza, sono disposto a chiedervelo ogni volta finchè non riterrete che sia passato abbastanza tempo.»
Gli lanciò quindi uno sguardo di sfida.
«E’ una promessa.»


Guardarono davanti a sé, in cerca dell’orizzonte, ma l’unica cosa che potevano scorgere era una fitta boscaglia scura. Il confine tra la loro terra e quello che c’era fuori.
Attraversarla voleva dire lasciarsi indietro tutto.
Famiglia, casa, amici…
In cerca di un qualcosa.
In cerca di un’identità.
In cerca di nuove possibilità.
Samir, che ora stava tra loro due, li prese per mano.
«Tre… Due… Uno…»
Alla fine del conto alla rovescia prese a correre all’impazzata.
La successiva imprecazione di Yuma era segno che la cosa, evidentemente, non era prevista.
Elias inciampò e cadde.
Ma si rialzò in fretta e riprese a galoppare.
Yuma iniziò a correre su due zampe, ma gli era quasi impossibile senza sbilanciarsi.
Dopo aver fatto qualche saltello a piedi uniti, si lasciò cadere a terra e prese ad inseguirli a quattro zampe, sbucciandosi il palmo di entrambe mani.
E Samir…
Beh credetemi.
Samir sembrava davvero una gallina.
Ma forse…
Forse la cosa migliore era davvero correre oltre i propri limiti per arrivare ad un nuovo inizio.
  
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