TAROCCO:
Il Giudizio
ELEMENTO
DI
HALLOWEEN:
Pipistrello
GENERE:
Lievemente
horror, Soprannaturale
AVVERTIMENTI:
Tematiche
delicate, violenza, menzioni di torture,
RATING:
Arancione
RIASSUNTO:
Una
ragazza di
nome Sakura si ritrova a bordo di una misteriosa nave chiamata Falce
che Ride: con l'aiuto del Capitano della nave e del
suo equipaggio,
riuscirà a chiudere i conti col proprio passato. Sullo
sfondo, il Giappone
della fine della Seconda Guerra Mondiale.
NOTE: Partecipante al Contest di
Halloween indetto dal gruppo
FB SASUNARU
FanFiction Italia, Tarocco
scelto, Il Giudizio.
Quinta
classificata e vincitrice del Premio Bianconiglio (e ponte
più lucidato di
sempre)
WE AREN'T AFRAID OF THE HORIZON LINE
«Da
quella
parte!»
«No,
di là! Di
là! Sbrigatevi!»
«La
scogliera! È
laggiu, è laggiù!»
Grida,
esplosioni, spari.
Il
calore del fuoco sul viso.
I
piedi nudi feriti dalle rocce che lacerano la pelle nella corsa.
E
infine il vuoto vertiginoso, col vento che dona sollievo alla pelle
arrossata
prima dell'impatto gelido.
§§§
Aprì
gli occhi, sentendo qualcosa di leggero sul viso.
Aprì
gli occhi, trovando al tatto quello che sembrava un piccolo origami
sulla
fronte, creato da un singolo foglio di carta di riso dalle sfumature
lilla.
Sotto
le sue dita, tuttavia, l'oggetto si animò e, senza fare il
minimo rumore, si
alzò in volo: roteò per qualche secondo sopra di
lei, ancora frastornata e dolorante,
prima di sparire dal suo campo visivo.
Con
difficoltà, la ragazza cercò di muoversi su un
fianco nel tentativo di
rintracciarlo, salvo poi trovarlo appoggiato tra i capelli di un
giovane uomo,
che le sorrideva da una sedia posta accanto a quello che, solo in quel
momento,
aveva realizzato essere un letto, in una stanza sconosciuta, dalla cui
finestra
poteva riconoscere un lembo di cielo color carta da zucchero, intenso e
ricco,
bello da annegarci dentro senza alcun rimorso e rimpianto.
Il
giovane uomo le sorrise ancora, chiudendo il libro che stava leggendo
con uno
scatto della mano guantata: «Ben svegliata, come ti
senti?»
Lei
annuì, cercando di muovere il collo indolenzito ma tutto
quello che ottenne fu
una staffilata di dolore: «Senti dolore? È
normale, hai preso una bella botta.
Come ti chiami?»
Il
suo nome.
Buffo
come una richiesta così semplice fosse così
difficile da esaudire.
«Sakura...?»
Non
avrebbe voluto dare alla risposta quella sfumatura incerta ma la bocca
faticava
a collaborare, così come il cervello, faticava a richiamare
alla mente
informazioni basilari come il proprio nome e questo la faceva sentire
frustrata.
«Sakura-chan,
eh? Io sono Naruto, è bello vederti finalmente sveglia,
eravamo preoccupati.»
Sakura
scosse la testa e cercò di mettersi seduta: con un gesto
della mano, fermò il
proprio ospite che si era alzato per aiutarla e, puntellandosi sul
materasso
con l’altra, riuscì infine a sedersi:
«Cosa è successo? Dove sono?»
domandò lei
con voce roca.
«Questa?
È la Falce che Ride, la
mia nave,
siamo nell’infermeria.»
«La
tua nave?»
«Sì,
sono il Capitano. Ti abbiamo trovata la notte scorsa che galleggiavi.
Credevamo
fossi… ma quando ti abbiamo portata a bordo respiravi
ancora.»
«Siete
pirati?»
Naruto
la guardò interdetto per qualche secondo, poi
scoppiò a ridere di gusto –
Sakura notò solo in quel momento la scintilla che illuminava
i suoi occhi,
dello stesso colore di quel lembo di cielo visto poco prima -:
«Ma che dici, ti
sembro un pirata? No, siamo… viaggiatori, diciamo. Ma non
è il momento di
parlarne, ora! Se ti senti meglio, allora puoi mangiare
qualcosa.».
A
quelle parole, la giovane sentì il proprio stomaco
brontolare, non ricordava
bene quando avesse mangiato l’ultima volta; in
realtà, non ricordava neppure
cosa stesse facendo prima di finire in mare e aveva vaghi e nebulosi
ricordi
del luogo da cui proveniva.
«Sakura-chan,
ti serve una mano per alzarti dal letto?»
«No,
arrivo. Dammi un attimo.»
Con
Naruto accanto che la sorvegliava con l’attenzione di un
falco che scruta sotto
di sé alla ricerca della preda, spostò le gambe
doloranti oltre il bordo del
letto e, combattendo la nausea e la sensazione di vertigine, si
alzò in piedi;
le gambe faticavano a reggerla ma strinse i denti ed evitò
una rovinosa caduta
sul pavimento.
«Seguimi
allora, saranno tutti contenti di vederti in piedi.»
«Tutti?»
«Gli
altri dell’equipaggio. Dai, andiamo sul ponte»
Sakura
annuì e lo seguì lentamente fuori dalla stanza:
il corridoio su cui si
affacciava l’infermeria era illuminato dalla luce del sole
che penetrava dalle
finestre disposte ordinatamente lungo le pareti, alcune erano aperte e
da esse
penetrava la brezza marina, fresca e fragrante; ma non era quello ad
aver
attirato l’attenzione di Sakura, quanto piuttosto la presenza
della stessa
creatura vista al risveglio che, staccatasi dai capelli di Naruto, si
era
posata sulla sua spalla: «È un Koumori-chan[1].»
disse lui, aprendo la porta in fondo al corridoio e rispondendo al
contempo
alla domanda non detta che Sakura si stava facendo, «Si
affezionano facilmente
ma questo in particolare adora i miei capelli.» rise,
facendole strada lungo un
altro corridoio.
«Ce
ne sono altri?»
«Parecchi,
non so il numero esatto, se vuoi puoi chiedere a Hinata.»
Un
altro nome, un’altra persona senza un volto a cui associarlo.
Quando
infine attraversarono l’ultima porta, si trovarono
all’aria aperta e Sakura non
potè che strabuzzare gli occhi, incredula: che spettacolo
meraviglioso.
Erano
effettivamente a bordo di un imbarcazione in legno di medie dimensioni,
la cui
prua fendeva il mare mosso in volute bianche per la schiuma; i due
alberi erano
interconnessi tra loro da un tripudio di sartie e scotte, che
sembravano
vibrare nella frizzante aria del mattino mentre le vele, manovrate da
alcuni
marinai che si arrampicavano agilmente sugli alberi, si gonfiavano per
il vento
che spingeva l’imbarcazione.
Il
ponte di coperta, che Sakura poteva osservare comodamente dalla sua
posizione
sul cassero, era affollato, quasi nessuno stava fermo, c’era
chi si arrampicava
sugli alberi con un fascio di corde sottobraccio, altri che spingevano
barili
sulle assi in legno ma fu un capanello in particolare ad attirare la
sua
attenzione, un gruppo di una mezza dozzina di individui circondava un
uomo, in
piedi in mezzo a loro.
Questi
rideva con una luce folle negli occhi mentre giocava con una grossa
falce che
veniva roteata sopra la testa.
«CADE!»
Incantata
dalla sua abilità, Sakura non realizzò subito
l’accaduto se non qualche secondo
dopo averne visto la testa rotolare sulle tavole di legno mentre
l’equipaggio
attorno applaudiva entusiasta e gli uomini sugli alberi ridevano.
Anche
la testa rideva come se fosse stata ancora attaccata al collo e Sakura,
sconvolta, vide il corpo muoversi verso di essa tra il tifo dei
presenti.
Raccoltala,
l’uomo la riappoggiò sul collo e fece alcuni
movimenti come a saggiarne i
nervi.
«Hidan,
poi lo pulisci il ponte, vero?» chiese un altro membro
dell’equipaggio, che li
aveva raggiunti sul cassero.
Sakura,
con gli occhi sgranati, guardò prima il
decapitato-ora-di-nuovo-con-la-testa-sul-collo rivolgere un gestaccio
al
compagno appena apparso e poi il Capitano stesso, che rideva scuotendo
la
testa: «Lascia stare, Sasuke. Sai che non pulirà
mai.».
«Non
lo farò di certo io. E no, non ci pensare neppure.
D’accordo che è lo zio pazzo
che non teniamo nascosto nella stiva soltanto perché
scapperebbe subito e ci
decapiterebbe nel sonno ma non sarai tu a pulire il macello che ha
lasciato.»
«Èdivertente,
gli altri adorano la sua Ghigliottina. E poi non ci decapiterebbe
mai.»
«Spero
tu non abbia dimenticato quando, per
scherzo, ha decapitato e nascosto in giro per la nave le
teste di Ino e
Shikamaru, ci abbiamo messo una giornata intera per
ritrovarle.»
«In
effetti…»
«Ti
avverto, la prossima volta gli chiudo la falce nell’armeria.
E metto un sigillo
sulla polena per non farlo uscire.»
«Sakura-chan,
tutto bene?»
Naruto
le poggiò la mano sulla spalla e la strinse: «Non
preoccuparti, Hidan lo fa
sempre ma le uniche vittime sono le assi di coperta.» la
rassicurò lui.
«M-Ma
è un fantasma?!» balbettò lei.
«Si
offende se lo chiami fantasma, lui preferisce Non-Vivo. E comunque ha i
piedi.
Hidan è la nostra polena ma, quando non è al
lavoro, si diverte facendo il
cretino.» Sasuke guardò i compagni sul ponte e
indicò uno di loro, seduto a
cavalcioni del parapetto: «Kiba, turno di pulizie.»
gridò.
«Perché
io?» chiese lui seccato.»
«Perché
ti sentivo ridere da sottocoperta.»
«Che
palle!»
«Ordini
del Primo Ufficiale.»
«Tu
abusi del tuo potere, se ti scopi il Ca-»
Un’esplosione
interruppe le sue proteste mentre un altro scroscio di risate folli
riecheggiò
sul ponte: «Bomba in buca!» gridò
qualcuno con infantile entusiasmo.
La
nave tremò e, tra il fumo rosso che si era alzato sul ponte,
Sakura scorse la
sagoma apparentemente deforme di un uomo; quando il fumo finalmente si
diradò,
lasciando una nebbiolina rosata tutto attorno, ne potè
osservare il vero
aspetto, quello di un giovane uomo biondo senza un braccio e col kimono
nero
strappato che, come tutti, sembrava non potesse fare a meno di ridere.
«Deidara,
bastardo! Stai cercando guai?! Io non pulisco anche il tuo
bordello!» gridò
Kiba, visibilmente furioso.
L’uomo
scosse la testa e, senza smettere di sorridere in maniera inquietante,
riattaccò il braccio mancante, una bizzarra protesi dai
meccanismi complessi,
che fino a quel momento era rimasto attaccato all’obi[2]
attorno ai fianchi: «Hai il turno di pulizie, marmocchio.
Ordini del Primo
Ufficiale.» ripetè l’uomo,
«Vuoi disubbidire?»
«Me
ne frego! Sai quanto ci vuole a pulire le assi dalle tracce di polvere
da
sparo?!»
«Prima
inizi e prima finisci.»
Sbuffando
e imprecando sottovoce, Kiba fece l’ennesimo gestaccio,
rivolto questa volta a
Deidara, e si diresse verso un angolo del ponte: ritornò
dopo pochi minuti, con
un secchio metallico pieno d’acqua e alcuni stracci.
Un’altra
ragazza lo affiancò e, con mano gentile, ne prese uno prima
di inginocchiarsi a
pulire: «Ti aiuto io, Kiba.» sorrise lei.
«No,
Hinata, non preoccuparti.» rispose lui, riprendendosi lo
straccio: «Volevo solo
infastidire Sasuke. Anche se a Deidara una lezione non mi dispiacerebbe
dargliela.»
«Poi
ti pugnala nel sonno.»
«Non
è importante, tanto non posso morire di nuovo. Alla prima
occasione, gli
strappo la giugulare a morsi.»
«Credici.»
«Taci,
Sasuke!»
Sakura,
che nel frattempo aveva seguito Naruto giù per le scale che
portavano al ponte,
si sentiva stralunata: che razza di discorsi facevano?
Spaesata,
si guardò attorno: no, le persone che la circondavano
continuavano ad avere un
aspetto normalissimo, niente faceva presagire che fossero...
«Ma
dove sono
finita?»
Sakura non riusciva più a raccapezzarsi.
«B-Buongiorno.
È bello vedere che stai bene.»
Una
voce dolce e pacata la fece voltare, incrociando così gli
occhi bianco latte
della giovane che aveva visto poco prima; ora che poteva osservarla da
vicino,
notò che doveva avere pressappoco la sua età, dal
viso ovale e con lunghi
capelli blu tirati all’indietro da un cerchiatto di
tartaruga; indosso, aveva
un corto kimono lilla sbiadito e non portava scarpe.
«I-io
sono Hinata.» si presentò lei, tendendo la mano:
«Non volevamo spaventarti, ai
ragazzi piace scherzare.»
«Hinata?
Naruto parlava di te poco fa.» Sakura la guardò
per qualche istante, poi
allungò a propria volta la mano per stringergliela:
«Riguardo a queste buffe
creature.» e così dicendo indicò il
Koumori che continuava a occuparle la
spalla e a nascondersi dietro i capelli che le ricadevano
all’altezza del
collo.
Hinata
rise ed era una risata normale, non al limite della follia come gli
altri: «I
Koumori-chan sono un po’ le nostre mascotte. Li creo
io.»
«Davvero?»
«Sì,
al Capitano piacciono molto, penso tu l’abbia
notato.»
Sakura
guardò Naruto, che in quel momento stava giocando con altri
Koumori scesi
svolazzando dalle sartie: ora che li guardava più da vicino
e aveva la mente
più sgombra, si accorse che si trattava di piccoli origami
dalle sembianze di
pipistrello, la maggior parte era stata ricavata da frammenti di carta
di riso
lilla ma ce n’erano alcuni color crema: «Naruto li
adora e in generale tutti
quanti li amiamo, ce ne sono parecchi in giro per la nave, ci fanno
compagnia,
soprattutto se abbiamo il turno di guardia di notte.».
Guardandosi
attorno, Sakura notò che effettivamente parecchi membri
dell’equipaggio avevano
uno o due Koumori appesi ai vestiti o rintanati tra i capelli
incrostati per il
sale ma non sembravano infastiditi e anzi, poteva vedere parecchi
marinai
parlarci, come se si aspettassero una risposta.
Anche
Kiba, che sfregava il ponte con uno straccio intriso d’acqua,
ne aveva uno
accanto: questi, poggiato sul bordo del secchio, sbatteva di tanto in
tanto le
ali facendolo sorridere.
«Comunque
è raro ricevere visite che non siano della Foglia nel Vento,
a meno che… tu non
voglia restare con noi. Diventare una nostra compagna.» lo
sguardo di Hinata si
illuminò nel dirlo ma Sakura non sapeva cosa risponderle:
cose come «Non ho intenzione di
restare in questa
gabbia di matti» non erano un esempio di educazione.
«Vedremo,
Hinata-chan. Ci sono parecchie cose di cui discutere, prima, e
Sakura-chan
merita delle spiegazioni. Ora, non è che avresti un paio di
scarpe da
prestarle, nel frattempo? Ino le ha bendato i piedi feriti ma non
vorrei si
ferisse con le schegge di legno.» Naruto raggiunse le due
ragazze.
Hinata
annuì e, da una piccola sacca appesa al fianco, estrasse
delle babbucce di lana
grezza: non erano il massimo dell’eleganza ed erano anche
consunte sulla suola
ma per ora andavano bene.
«Provale,
dovremmo avere la stessa taglia.»
Indossatele,
Sakura le trovò comode: «Grazie, sono
perfette.» rispose lei, muovendo qualche
passo sul ponte.
Hinata
le rivolse un cenno del capo: «Se ti serve qualcosa, sono
qui.» e così dicendo
raggiunse Kiba, gli prese dalle mani lo stracciò e,
nonostante le sue proteste,
iniziò a pulire al suo posto.
Naruto
assistette alla scena con un sorriso sulle labbra: «A volte
sono ingestibili e
scalmanati ma-»
«Sembrano
brave persone.» completò Sakura.
«Già,
lo sono. E come Capitano, tocca a me proteggerli.»
dichiarò con orgoglio prima
di prenderla per il polso: «Andiamo nella sala comune,
lì staremo più comodi e
potrai mangiare qualcosa. Sasuke, quando avete finito con la randa,
raggiungici, ok?»
Sasuke,
ancora in piedi sul cassero, scrollò le spalle e
salì sulla balaustra: con un
salto, afferrò una cima lasciata libera e si
arrampicò fino alla crocetta più
vicina, sparendo nel bianco.
Sakura
si lasciò guidare da Naruto sotto coperta e quando infine si
fermarono davanti
a una porta – la ragazza non potè fare a meno di
chiedersi quante ce ne fossero
-, questa si spalancò senza che nessuno dei due
l’avesse toccata.
Con
un brivido, seguì il Capitano all’interno,
ritrovandosi in una stanza
circolare, con un tavolo rettangolare di legno al centro e numerose
sedie
sparpagliate qua e là.
Alle
pareti, librerie e armadi si alternavano con quadri impolverati e
cornici con
foto che Sakura, date le loro condizioni sbiadite, non riusciva a
esaminare da
quella distanza.
Tuttavia,
malgrado la porta si fosse aperta, nella stanza non sembrava esserci
anima
viva.
Eppure
qualcuno doveva esserci, non poteva essersi spalancata da sola.
Vero?
Naruto
le fece cenno di stargli vicino: «Non ti
spaventare.» le sussurrò all’orecchio,
prima di alzare lo sguardo verso il soffitto buio.
Sakura
vide qualcosa muoversi, che fosse un Koumori?
«Sensei,
ti sei addormentato?»
Un
istante dopo, una saetta argentea apparve nel campo visivo della
ragazza e un
uomo, apparentemente più anziano, cadde dal soffitto e
atterrò sul pavimento;
con l’eleganza di un gatto, questi si alzò in
piedi e, scrollandosi il corto
kimono verde, spostò lo sguardo prima sul Capitano e poi su
di lei: «Stavo
leggendo, Naruto. E lei chi è?»
«Sakura-chan,
l’abbiamo trovata in mare la notte scorsa ed è
nostra ospite. Non ti sei
accorto di nulla? Ci siamo fermati per un po’.»
Lei
fece un leggero inchino: doveva essere una… persona
– di sicuro era come gli altri, come li aveva chiamati
Sasuke? Un Non-Vivo? -
importante se Naruto lo trattava con tale rispetto.
«Sì,
l’avevo notato ma pensavo fosse al solito Hidan che ha perso
la testa in mare.»
Il
Capitano scoppiò a ridere e Sakura sbuffò nel
ricordare la testa rotolante e lo
spavento che si era presa, nonostante si trattasse di una situazione
incredibile non era da lei un atteggiamento del genere: «No,
anche se ho visto
biglie rotolare meglio.» rispose, cercando di dare alla
propria voce una
sfumatura decisa.
Bastò.
La
sua battuta strappò una risata all’uomo che la
guardò con interesse: «Hai un
umorismo interessante, Sakura. Io mi chiamo Kakashi. Cosa ti porta
qui?»
«Ne
dobbiamo parlare proprio ora, ci sono ancora dei mochi[3]?
Volevo offrirli a Sakura.» Naruto esaminò il
tavolo ingombro di oggetti.
«Li
ho messi sullo scaffale laggiù.» e così
dicendo Kakashi indicò un vassoio
posizionato sul ripiano più basso della libreria accanto
alla porta: «C’è anche
del thè freddo.»
«Allora
vado a prenderli. Sedetevi, torno subito.»
Mentre
il Capitano si allontanava, entrambi
si
sedettero, l’uno accanto all’altra, e quando Naruto
ritornò, questi si accomodò
davanti a loro; poggiò il vassoio coperto da un leggero
pezzo di cotone e
sistemò lì accanto anche un bicchiere che doveva
aver visto giorni migliori,
tanto era scheggiato e impolverato, e una caraffa piena di un liquido
ambrato e
dall’odore zuccherino: «Fatemi indovinare, non
avete molti ospiti.» notò
Sakura.
Naruto
annuì imbarazzato: «Hai sentito Hinata-chan, se
non provengono dalla Foglia nel
Vento non abbiamo mai ospiti a bordo e anche a loro importa poco del
disordine.»
«Foglia
nel Vento?»
«Sono…
siamo compagni.»
«Quindi
ci sono altri come voi?»
«Che
scortesia, Sakura.» ridacchiò Kakashi sotto i
baffi: «Hidan ti ha ridotto a
brandelli i vestiti?»
«Si
fosse avvicinato a me con quel coltello troppo cresciuto, glielo avrei
gettato
personalmente in mare assieme alla testa.»
«Se
lo sarebbe meritato.»
Così
dicendo, Kakashi le sorrise e spinse verso di lei il vassoio e lo
scoprì:
«Mangia, puoi anche finirli se vuoi.».
Erano
i mochi più belli che lei avesse mai visto: belli pasciuti e
ripieni di
marmellata di azuki, avvolti ciascuno nella propria foglia di
bambù, la
consistenza era pressocchè perfetta, non ricordava di averne
mai mangiati di
così buoni, neppure prima, quando ancora-
Un
flash che somigliava ad un ricordo le attraversò il cervello
ma, ancor prima
che lei fosse riuscita a identificarlo e a trarne anche un frammento di
informazione, questi era già sparito, come se non ci fosse
mai stato.
«Sakura-chan?»
La
voce di Naruto la riscosse e lei osservò confusa sia il
Capitano che l’uomo
accanto a sé: il primo la guardava con preoccupazione.
«Tutto
bene?» chiese, una domanda che le era stata rivolta fin
troppe volte
nell’ultima ora, spingendola a porsi ella stessa degli
interrogativi al
riguardo: come mai a quegli individui stava così a cuore il
suo benessere? Cosa
spingeva quello che, in vita, doveva essere stato un uomo brillante e
dal
carisma indubbio a preoccuparsi per qualcuno che non era parte del suo
gruppo,
della sua famiglia?
Forse
era un pensiero egoista – non poteva sapere fino in fondo se
fosse dettato
dalla situazione che stava vivendo o se fosse qualcosa che abitualmente
pensava, non avendo ricordi di quanto accaduto prima di ritrovarsi a
bordo era
difficile fare un paragone – ma faticava a capirne
l’atteggiamento.
«Sì,
sto bene.» rispose lei con un cenno del capo prima di
portarsi il dolce alla
bocca.
Per
la fame, li ingurgitò tutti in pochi minuti.
Soddisfatto,
Naruto lo spostò da parte e si rivolse a Kakashi:
«Se non hai da fare, potresti
restare con noi, Sensei? O stavi leggendo il libro che ti ha spedito
quel
pervertito?»
«Sì,
ma posso finire dopo. Sasuke?»
«Sta
aiutando con la randa da rattoppare, appena avrà finito
verrà qui.»
«D’accordo.»
«Possiamo
iniziare senza di lui, comunque. Scommetto che Sakura-chan
avrà un sacco di
domande dopo aver visto Hidan e Deidara!»
«Ha
visto anche Deidara? Mi stupisco che non sia scappata a gambe
levate.»
Quelle
parole, pur se innocenti, infiammarono l’orgoglio della
giovane: «Mi spavento
con difficoltà, mi hanno soltanto colta di
sorpresa.» disse con tono secco.
Kakashi
le sorrise: «Che caratterino.».
«Puntualizzo
soltanto.»
«Naruto,
sembra di parlare con una copia più giovane di Tsunade, non
è che è una sua
spia?»
«Sensei,
la vecchia può venire qui quando vuole, non ha bisogno di
una spia. E se lo
fosse, sarebbe una di noi.»
L’uomo
la guardò in silenzio, visibilmente interessato e Sakura gli
tenne testa:
quello scontro muto durò una manciata di secondi, poi
Kakashi si concentrò su
Naruto: «Davvero molto interessante.»
affermò soddisfatto.
In
quel momento, la porta alle loro spalle si aprì cigolando e,
voltatasi, Sakura
vide entrare Sasuke: questi, senza dire nulla, andò a
sedersi accanto a Naruto:
«Sensei.» salutò.
«Ora
possiamo iniziare davvero. Allora, ti ho già raccontato
della Falce che Ride,
abbiamo parlato della Foglia nel Vento, hai altre domande?»
il Capitano
incrociò le mani sotto il mento per sorreggerlo.
«Una,
in verità. Come sono arrivata qui? Hai detto che mi avete
salvata, e di questo
vi ringrazio, ma non capisco come sia possibile che io fossi in
mare.»
«Questo
dovresti dircelo tu.» Sasuke intervenne prima che Naruto
potesse rispondere :
«Vicino al punto in cui ti abbiamo trovata, non
c’erano spiagge, solo un
promontorio a picco sul mare e degli scogli, il che spiegherebbe le tue
ferite,
ma non il perché fossi lì.»
«Sei
caduta? Oppure ti sei buttata?» nonostante il tono di Naruto
fosse dei più
amichevoli e gentili possibili, l’implicazione che faceva non
le piacque
«Cosa
vorresti dire?!» esclamò Sakura, alzandosi in
piedi: «Non mi sarei mai tolta la
vita! Non l’avrei mai fatto!»
«Calma,
Sakura.» Kakashi le poggiò una mano sulla spalla
per calmarla: «Naruto non
intendeva quello.»
Kakashi
scoccò un’occhiataccia al Capitano, il quale si
allungò verso di lei e le toccò
tentativamente la mano poggiata sul tavolo: «È
così. Ti chiedo scusa ma
vogliamo solo aiutarti; senza informazioni, però, non
possiamo fare nulla.».
Nervosamente,
lei annuì e si risedette con un sospiro; faticò a
calmarsi, quell’improvviso
scatto di rabbia - non era la prima volta e non sarebbe stata
l’ultima –
l’aveva lasciata prostrata: «Non so cosa sia
successo. Ricordo che eravamo
andati… a giocare a palla al lago? Forse c’era
anche Mikiko-sensei, ma è
strano...»
«Cosa?»
La
bocca della giovane si seccò e lei faticava sempre
più a respirare mentre
spalancava sempre nuove porte nel tentativo di raggiungere i propri
ricordi
sempre più distanti: in quella loro forma di frammenti di
vetro taglienti erano
difficili da rimettere insieme, sicuramente un effetto del trauma, una
conseguenza del violento schianto tra i flutti – a quel
pensiero si ritrovò a
tremare -.
Ma
quel dolore, quell’ansia che le stringeva il petto in una
morsa…
Non
capiva cosa potessero significare.
«Sakura,
non è necessario.» le disse qualcuno
all’orecchio ma lei scosse la testa:
qualcosa… c’era qualcosa che la turbava.
Qualcosa
che non riusciva a identificare e che, per quanto si sforzasse di non
darlo a
vedere, in cuor suo temeva.
A
mano a mano che si immergeva sempre più nei meandri della
propria mente, ella
sentì mancarle l’ossigeno ma si impose di andare
avanti; Sakura chiuse perciò
gli occhi e richiamò alla mente tutti i frammenti che si
agitavano nella sua
mente: «C’è una voce che non riesco a
riconoscere, metallica, che ci urla di
entrare in una stanza, poi un botto fortissimo e-»
Stava
iperventilando.
Piangeva
lacrime
roventi.
Rideva
di gusto
nel sole estivo.
Le
mancava
l’ossigeno, strappatole da un pugno nello stomaco.
Aveva
corso per
gioco fino a sentirsi il fiato mancare.
La
lama di un
coltello.
I
colori di un
aquilone fatto di stracci.
Le
grida di un
bambino.
Le
risate di
tanti bambini in cerchio attorno a lei che cantavano «Kagome,
Kagome[4]»..
Il
calore delle
fiamme.
Il
bacio del
Sole d’autunno..
Il
sangue sulle
mani.
L’acqua
fresca
del fiume dove immergevano i piedi al mattino.
Il
tocco
soffocante del male più puro sulla sua gola nella forma di
una mano adunca.
L’abbraccio
materno di-
«Sakura,
respira.»
Le
mani di Kakashi si poggiarono sulle sue spalle e lei, spalancati di
scatto gli
occhi, li trovò pieni di lacrime che non si era neppure
accorta di aver
iniziato a piangere, le faceva male il petto e non le arrivava
abbastanza
ossigeno ai polmoni, «Inspira ed espira, piano e
profondamente. Inspira ed
espira.»
Seguendo
le indicazioni di Kakashi, Sakura riuscì ben presto a
riprendere il controllo
e, mentre la pressione sul petto cominciava a sciogliersi,
cercò di puntellarsi
con la mano sul tavolo per aiutarsi ad alzarsi: «Siediti, non
alzarti così di
scatto.» la rimproverò il più anziano
dei tre.
Ma
lei scosse la testa e, seppur con la testa che le girava,
riuscì a mettersi in
piedi, seppure fosse traballante: «Devo tornare indietro,
devo andare a casa e
capire cosa è successo!»
«Il
Capitano non ti impedirà di tornare a casa, se vuoi, ma ora
devi calmarti.»
«Kakashi-sensei,
lascia fare a me.»
Naruto
girò il tavolo e raggiunse a passo svelto la ragazza prima
di sedersi sul
tavolo davanti a lei; ora, malgrado le modalità del tutto
peculiari del loro
incontro e il limitato lasso di tempo in cui avevano parlato e
interagito,
Naruto era sicuro di aver inquadrato abbastanza bene
quell’anima sperduta come
tutti loro, del resto, e in un moto - che Sasuke avrebbe definito
«infantile» -
si era istintivamente preso in carico la sua protezione e il suo
supporto.
Era
forte, senza dubbio, spiritualmente e fisicamente, e se le cose fossero
state
diverse, se la situazione non fosse stata così strana fin
dall’inizio,
probabilmente le avrebbe chiesto su due piedi di restare con loro, di
entrare a
far parte del suo equipaggio.
Ma
quella vita, o non-morte, era strana e incredibile, come il cielo color
ocra
nelle giornate di tempesta, quando la Falce che Ride, fregandosene del
buon
senso e del pericolo, navigava fendendo le onde con tutta la macabra
allegria
di cui la risata di Hidan sui flutti agitati era capace e Naruto una
cosa
l’aveva capita: in quella sua forza incredibile, si annidava
qualcosa di
strisciante come il Male, un tocco putrescente di morte.
No,
non suo – Naruto l'aveva percepito chiaramente – ma
era il tocco di
qualcun'altro, qualcuno che aveva lasciato la sua impronta fetida su di
lei,
marchiandola con un segno invisibile: una mano viva che puzzava di
sangue
altrui rappreso.
Naruto
poteva quasi toccare la sofferenza di quelle vite spezzate, bambini,
forse?
Donne e ragazzi... i deboli di ogni società, coloro che
avevano bisogno di
protezione: forse era quella percezione ad aver scatenato il suo
istinto.
Il
Capitano scosse la testa per schiarirsi le idee e riprendere il
controllo: non
era il momento.
Sotto
lo sguardo di Kakashi – anche lui doveva averlo percepito,
malgrado Naruto
avesse abbandonato le spoglie mortali da ben prima di lui, il suo
Maestro era
senza dubbio più sensibile – allungò
una mano e, fermandosi un attimo a
mezz'aria, incerto se accarezzarle la guancia o meno, la
poggiò infine sulla
spalla di Sakura, stringendo rassicurante: «Sakura-chan, va
tutto bene. Se vuoi
tornare indietro nessun problema. Solo ti chiedo di aspettare fino al
tramonto.
Giusto il tempo di tornare verso terra.».
Sasuke
alle sue spalle si era già messo in piedi, pronto per andare
a dare l'ordine.
«Ti
prometto che ti riporteremo a casa. E se avrai bisogno, ti
supporteremo.»
aggiunse lui, senza però interrompere il contatto.
A
sorpresa, Sakura alzò la testa – i suoi occhi
erano lucidi ma nessuno disse
niente – e la scosse: «Ho solo bisogno che mi
riportiate indietro. Per il resto
posso cavarmela da sola.»
Il
Capitano annuì e rivolse un cenno a Sasuke, che
sparì fuori dalla stanza in un
attimo: «D'accordo, come vuoi. Sasuke?»
Il
Vice-capitano annuì e uscì a passo svelto dalla
stanza.
Kakashi
non disse nulla e tirò fuori dalla tasca un libriccino dalla
copertina
arancione prima di alzare lo sguardo verso Sakura: «Non mi
dispiacerebbe un po'
di compagnia, sempre che tu non abbia altro da fare.».
Lei
scosse la testa e si accomodò sulla sedia che occupava
prima; Kakashi osservò
le assi del soffitto e sospirò prima di prendere a propria
volta posto; Naruto
diede a Sakura un paio di libri che nascondeva nel borsello di stoffa
azzurra
che dondolava appeso all'obi del suo kimono, Sakura notò
solo in quel momento
che il kimono fosse arancione con inserti bianchi, come fiamme dal
calore
incredibile: «Prendi questi, il tempo passerà
più velocemente. Me li ha dati
Hinata da leggere ma non mi interessa particolarmente la
lettura.» ammise lui
con un sorriso imbarazzato.
La
giovane li accettò, esaminandoli con attenzione, concentrata
sui dettagli delle
copertine dipinte a spessi blocchi di inchiostro nero: Favole
e leggende, ne lesse il titolo.
«Sì,
sono vecchie storie che la vecchia deve averle dato... quando si
è unita a
noi.»
«Allora
ci vediamo dopo, Naruto. La accompagnerò sul ponte non
appena la vedetta
indicherà l'arrivo.» Kakashi fu sbrigativo nel
congedare il Capitano, che
salutò entrambi con un rapido inchino prima di seguire
Sasuke all'esterno.
Nella
stanza restarono solo loro due, in un silenzio che niente aveva di
imbarazzato
o forzato e che anzi era confortante: l'uomo ben presto si immerse
nella
lettura e anche Sakura, dopo essersi guardata attorno, aprì
uno dei volumi per
venirne subito catturata.
Fu
così che trascorsero tutto il pomeriggio.
Quando
infine udirono la voce di Kiba annunciare l'avvicinarsi delle
scogliere,
staccarono gli occhi dalle pagine e si scambiarono un lungo sguardo
silenzioso;
col rumore delle onde infrante sulla chiglia della nave che entrava
dagli oblò
lasciati aperti, Sakura sentì uno strano calore invaderle il
petto: sapeva
istintivamente di aver già provato una sensazione simile in
passato ma davvero
non riusciva a ricordare quando e come.
A
disagio, distolse lo sguardo e mise a posto i libri, impilandoli in
ordine e
avvicinando il bicchiere alla caraffa mezza vuota.
Kakashi
ripose il libro e si avviò verso la porta: lo
seguì e assieme uscirono nel
corridoio.
§§§§
«Allora,
Hinata-chan. È tutto chiaro?»
Appoggiati
al parapetto della nave e intenti a osservare l'alta scogliera che si
ergeva di
fronte a loro, maestosa e ripida, i due sembravano occupati in una
fitta
conversazione.
La
ragazza annuì, gettando un'occhiata di sbieco alla folla al
lavoro alle loro
spalle; certo, era stato un lungo pomeriggio ma erano riusciti a
portare a
termine il loro programma con relativa facilità:
«Ho capito, Naruto-kun.» disse
lei con un sorriso rassicurante, «Non preoccuparti, non
fallirò.»
Il
Capitano scosse la testa: «Non mi preoccupo che tu fallisca.
Voglio solo che
siate al sicuro.» chiarì lui.
«E
lo saremo, se ci atteniamo al piano andrà tutto
bene.»
«Mi
fido di te.»
«Non
ti deluderò.»
All'improvviso,
la voce di Kiba li interruppe mentre il ragazzo – che recava
con sé un pennello
che per poco non gli arrivava al mento – li raggiungeva di
corsa: «Hinata! Ci
serve aiuto per gli ultimi segni.».
«Allora
vai, Sakura-chan sarà qui tra poco e ci sono ancora alcune
cose di cui
occuparci.»
§§§§
Mentre
il Sole scendeva sul mare, Sakura uscì sul ponte, preceduta
da Kakashi.
Avevano
trascorso il pomeriggio insieme a leggere e, nonostante non avessero
parlato
granchè, era stato un momento di pace rinvigorente; ma, allo
stesso tempo,
qualcosa di simile alla malinconia le attanagliò lo stomaco.
Non
erano tenuti a salvarla eppure l'avevano fatto.
Non
erano tenuti ad aiutarla eppure Naruto si era impegnato a farlo.
Malgrado
tutto, l'idea di lasciarli e tornare indietro la faceva sentire a
disagio: ma
doveva tornare, qualcosa doveva essere accaduto, qualcosa di grave, e
non si
sarebbe mai perdonata non essere stata presente ad aiutare la sua gente.
Certo,
i ricordi erano ancora confusi e lei per prima faticava a interpretare
i
frammenti che di tanto in tanto le affioravano alla mente ma non poteva
lasciarsi fermare: nonostante si sentisse scissa, doveva tornare a casa
ed
essere di aiuto, chiedere scusa per essere scomparsa così
all'improvviso e
aiutare il più possibile.
«Ehi,
Sakura-chan!»
La
voce del Capitano riecheggiò sul ponte di coperta, gremito
di persone e di
Koumori-chan – alcuni stavano appesi a testa in
giù dalle sartie, altri
svolazzavano tra le vele al lasco – che per la maggior parte
erano assiepati
sulle ali di un altro, enorme Koumori-chan che sostava sulle assi di
legno:
attorno a lui, Hinata, Naruto, Sasuke e un altro ragazzo, che Sakura
non aveva
mai visto, avevano ciascuno un grosso pennello in mano, più
o meno della loro
stessa altezza o, nel caso di Hinata, di poco più grosso di
lei.
A
cavalcioni delle ali della creatura di carta, il ragazzo sconosciuto
tracciava
con maestria spessi blocchi di inchiostro nero, gli uni accanto agli
altri, ce
n'erano già parecchi che luccicavano alla luce morente del
giorno.
Spessi
kana
な[5]
si
avvicendavano in una spirale che andava a chiudersi sul dorso della
creatura.
«Che
te ne pare?» esclamò Naruto, il cui kimono era
attorcigliato in vita,
lasciandogli spalle e busto scoperti; anche gli altri tenevano il
kimono nella
stessa maniera per evitare macchie di inchiostro.
«È
incredibile.» ammise Sakura, sinceramente ammirata, prima di
rivolgersi a
Hinata, «È molto più grande degli
altri. A cosa servirebbe?» domandò.
«Useremo
Okoumori-chan[6]
per farti tornare a casa, lo abbiamo anche decorato per renderlo
visibile il
meno possibile ed evitare di causare il panico; tra il buio e i disegni di Sai
andrà bene.»
disse Hinata, sistemandosi la veste, «Io sono pronta a
partire.»
«Verrai
anche tu? Guarda che non è necessario, posso farcela da
sola.»
«Sakura-chan,
fidati.» Naruto si avvicinò a loro seguito da
Sasuke: «Non è la prima volta che
ne crea uno. E poi, è più sicuro
così.»
«Quella
scogliera,» Sasuke indicò il massiccio roccioso
davanti a loro: «è battuta da
forti venti e Hinata è seconda soltanto a Deidara a
capacità di volo. Ma almeno
un Koumori-chan non rischia di esplodere.»
«D'accordo,
se ci tenete tanto. Grazie, Hinata.»
La
giovane annuì con un sorriso: «È stato
un piacere. Ma devi ringraziare anche
Naruto-kun. È stato lui ad avere l'idea e a farla mettere in
pratica.»
«Abbiamo
collaborato tutti, nessuno escluso.»
«Goditi
i complimenti che ti fanno, dobe.»
«Ma
è stato uno sforzo di gruppo!»
«Il
solito scemo.»
«Dopo
faremo i conti, teme!»
«Oh,
basta! Se volete sfogarvi, andate a limonare dietro il
quadro!», Kiba, fatto un
passo avanti, rivolse un sorriso a 32 denti a Sakura: «Non
sei male come
compagna, sai? Non mi dispiacerebbe se restassi.» disse lui.
«Non
sei male neppure tu, ogni tanto troviamo dei cuccioli inselvatichiti in
giro
per il bosco. Ti prometto che il più fastidioso di tutti lo
chiamerò Kiba.»
«Sarebbe
fantastico!»
Kiba
la abbracciò con affetto e Sakura sentì di nuovo
quella lancinante malinconia
bloccarle in respiro in gola.
«È
stato bello averti con noi, Sakura-chan.» disse Naruto,
allungando la mano:
«Anche se per poco, sei-»
Il
Capitano venne interrotto da un abbraccio soffocante, sentì
il viso di Sakura
nell'incavo del proprio collo e udì un singolo singhiozzo.
Senza
dire nulla, ricambiò l'abbraccio e avvicinò la
bocca al suo orecchio: «Sei
stata una nostra compagna e lo sarai sempre, nonostante le differenze.
E noi
non lasciamo soli i nostri compagni. Ricordalo.»
Sakura
annuì e si staccò, sul suo viso c'era solo
determinazione: «Grazie, Naruto.»
Quando
infine il Koumori-chan decollò tra le luci delle lanterne
appena accese,
l'intero equipaggio era assiepato alle murate per salutarla, la
guardarono
salire di quota con Hinata al comando.
Nel
momento in cui la creatura scomparve, inghiottita dal buio che calava
rapidamente, Sasuke si avvicinò al Capitano e
così anche Kiba, Hidan e Deidara:
«Sicuro che non sia stata l'idea più stupida del
secolo,?»
«No,
Hinata-chan ha i suoi ordini.»
«È
un peccato, però. Era simpatica, sarebbe stata un'ottima
compagna.» disse
Hidan, passando le dita sulla lama della falce.
«È
ancora viva, è ingiusto privarla della
possibilità di scelta.»
«Ma
non è stato così per noi.»
«È
vero, Deidara. Ma lei può ancora decidere.»
«Ma
quello che ho visto oggi dopo il volo di ricognizione...?»
«Per
questo ho mandato Hinata-chan con lei. È tutto sotto
controllo, Deidara,
ragazzi. Nessuno farà ancora del male a Sakura-chan, ve lo
prometto.»
§§§§
«Guardate...
è
tornata. Chiamate i soldati!»
«Ma
cosa-»
«No...NO!»
«Sakura-chan! Dobbiamo andarcene! Stanno arrivando!»
«Ma-
L'istituto...»
«Non
c'è tempo,
andiamocene!»
«Ma
Mikiko-sensei... Gli altri...?»
«Sono
morti,
Sakura-chan, l'edificio è in rovina, sono le tracce di un
incendio.»
«Sono
stata io?»
«Sì,
sei
scappata dai miei uomini poco prima dell'esperimento finale ma ora che
sei
tornata possiamo terminare quello che abbiamo iniziato.»
«Ah,
no, voi non
toccherete Sakura-chan!»
«Ce
lo impedirai
tu, signorina?»
Hinata
estrasse il tanto[7]
dalla manica del kimono e fece da scudo a Sakura che, inginocchiata
davanti a
ciò che restava dell'orfanotrofio dove era cresciuta,
stringeva forte le mani,
con le unghie infisse nella carne.
Ricordava...
Ricordava tutto... E le veniva da vomitare.
«Ci
avete radunati... Portati nelle cantine... Dottori,
siringhe...» Sakura era
sotto shock, gli occhi sbarrati vedevano soltanto il sangue dei suoi
amici, dei
fratelli non biologici con cui era cresciuta in quell'istituto tra le
montagne, che
scorreva dalle loro bocche
dopo l'ennesimo esperimento fallito, dopo l'ennesimo atto di tortura.
Dopo
la violenza a cui venivano sottoposti i loro corpi, in una guerra
parallela a
quella che squassava il mondo.
Una
guerra fatta di bisturi che strappano gli organi, di siringhe che
succhiano il
sangue e di fiale dai colori incredibili, veleni sperimentati su di
loro, che
come unica colpa avevano quella di essere rimasti soli, non voluti,
delle vite
senza valore.
«Deidara-jiichan
vi ha visti, oggi pomeriggio, e Naruto-kun mi ha mandata qui apposta
per
aiutare Sakura-chan e voi non ve ne andrete impuniti.»
esclamò Hinata, nella
notte oscura tra gli alberi sulle alture del villaggio, circondate da
soldati
in divisa e dalle voci metalliche che gridavano ordini.
Ma
la giovane sembrava spaventosamente calma, in piedi, col tanto
sguainato e pronta ad attaccare; scartando indietro col
piede, si mise in posizione, con i muscoli tesi per lo scatto.
L'ufficiale
davanti a loro sorrise, estrasse una pistola e gliela puntò
addosso: «La terra
di questa montagna ha già bevuto molto sangue, le foglie
sono rosse non per
l'autunno in arrivo ma per i cadaveri seppelliti sotto gli alberi.
Tutte queste
vite non sono che un piccolo prezzo da pagare per vincere questa
guerra.» così
dicendo, mosse un passo in avanti verso Hinata, «E dovreste
essere onorate di
perdere la vita per il vostro Paese.», alzò la
canna della pistola su di lei.
Tuttavia,
Hinata non sembrava turbata; inginocchiandosi accanto a Sakura - senza
però
perder di vista gli avversari – le passò il
braccio libero dietro le spalle e
strinse forte: «Io non riconosco questo Paese come
mio.» disse lei estremamente
calma, «Sono membro dell'equipaggio della Falce che Ride, il
mio Capitano è
Uzumaki Naruto, e Sakura-chan è una mia compagna. E come
dice sempre il mio
Capitano, noi non abbandoniamo i nostri compagni.».
L'ufficiale
sparò.
Subito
dopo, ci fu un'esplosione.
«All'attacco!
Non lasciate vivo nessuno di loro! Fatelo per Sakura-chan!»
§§§
Fu
un massacro.
Di
quel villaggio che aveva venduto la propria anima e i propri figli alla
malvagità di soldati che avevano dimenticato il loro compito
primario – quello
di proteggere i deboli della loro Patria – non rimase
più nulla alla luce del
giorno, soltanto cadaveri, pile di cadaveri sfigurati da esplosioni e
con le
teste mozzate, case in rovina e pezzi di carne bruciata sparpagliati
per tutto
il bosco.
In
quel villaggio che nessuno più ricordava esistesse,
trasformato in un luogo di
violenza, era rimasta soltanto la Morte.
§§§
Sakura
cadeva nel vuoto.
Era
fuggita subito dopo l'esplosione che aveva squassato il silenzio della
notte,
tra le fiamme e il fumo era riuscita a scappare via, mossa soltanto da
un
imperativo, quello di sopravvivere a qualunque costo, lo stesso che
l'aveva
spinta a correre a perdifiato la notte in cui era stata ritrovata da
Naruto e
dai suoi; era scappata senza guardarsi indietro, terrorizzata e con le
orecchie
che rimbombavano delle grida di Hiroshi, Makoto, Ren, Yamamoto, Haruko,
Junko... Di quei bambini, di quei ragazzi, che erano stati la sua
famiglia e
che aveva perso per la malvagità dell'uomo.
Di
quella famiglia che le era stata portata via.
Nella
sua corsa folle, non aveva prestato attenzione a nulla, concentrata
unicamente
sulla fuga, e non si era accorta di essersi nuovamente diretta verso la
scogliera.
Sakura
cadde nel vuoto e, malgrado il vento le sferzasse la pelle e sentisse
sul volto
gli spruzzi gelidi dell'oceano a mano a mano che si avvicinava
precipitando, si
sentì stranamente serena e in pace mentre lacrime bollenti
si portavano via gli
ultimi scampoli di dolore che ancora albergavano in lei.
Chiuse
gli occhi, preparandosi all'impatto con l'acqua.
Fu
in quella frazione di momento, che percepì come dilatata
all'infinito, che si
trovò davanti a una scelta: dalla parte più
profonda di sé scaturì una luce che
prese lentamente forma, quasi fosse argilla maneggiata da un mastro
vasaio,
trasformandosi.
Davanti
agli occhi della mente, apparvero due diversi gruppi di persone in due
diversi
ambienti: e se vide da una parte le persone del suo passato giocare,
come
facevano un tempo, nel cortile dell'istituto - prima che scoppiasse la
guerra
-, dall'altra sentì il proprio cuore esplodere di gioia nel
vedere una nave
solcare il mare, con l'equipaggio assiepato alle murate, intento a
salutarla
con gioia e affetto, riconobbe Naruto in mezzo a tutti, e poi Sasuke al
suo
fianco, Hinata, Kiba, perfino Deidara e Hidan.
E
infine lassù tra le vele, seduto sulle crocette e intento a
leggere, Kakashi.
Il
gruppo di bambini e ragazzi, con le educatrici, la guardarono con
affetto e
malinconia, agitarono silenziosamente le mani come fossero farfalle
pronte a
spiccare il volo nel cielo d'estate, e sulle loro bocche si
formò un'unica
parola.
Vivi.
Naruto,
dal parapetto della Falce che Ride, allungò la mano verso di
lei: «Sakura-chan,
sei salva. Non avere più paura.»
Lei
sorrise al suo passato e, determinata, fece la sua scelta.
Afferrò
le dita di Naruto poco prima dell'impatto violento con l'acqua.
§§§
Seduta
sul mucchio di fasciami a poppa della nave, Sakura osservava
l'orizzonte che si
arrossava per l'alba imminente.
In
piedi accanto a lei, Hinata le sfregava le braccia: non tanto per
riscaldarla
quanto per tranquillizzarla, dimostrandole che era al sicuro, che
nessuno le
avrebbe più fatto del male.
Sul
ponte, intanto, gli schiamazzi degli altri membri dell'equipaggio che
festeggiavano la vittoria accompagnavano la navigazione mentre si
allontanavano
a tutta velocità dalla scogliera; alcuni erano ancora
sporchi di sangue
rappreso, altri stavano ripulendo le armi ma l'umore generale era
eccellente.
«Sakura-chan,
ti senti meglio?»
Naruto
si fece strada tra i sottoposti e la raggiunse sorridendo:
«Hai bisogno di
qualcosa?»
Lei
scosse la testa e gli sorrise: «Grazie.» disse solo.
«Te
l'avevo detto, no? Noi non abbandoniamo i nostri compagni.»
«Non
eravate tenuti a farlo.»
«Ma
è stato utile, no? Hai superato la prova,
Sakura-chan.»
La
ragazza annuì, gli occhi pieni di lacrime: «Non
piangere.» Hinata, al suo
fianco, le passò un fazzoletto lillà,
«Sono sicura che anche loro sarebbero
felici di vederti con noi.»
«Sì,
posso assicurarvi di sì.»
Un
paio di Koumori-chan si posarono sulle sue spalle e lì
restarono, muovendosi
come fossero stati degli uccellini: «Guarda, anche loro sono
contenti di
vederti con noi.» disse Naruto, «È anche
merito loro, dopotutto.» disse,
accogliendone uno sulla mano.
«In
che senso?»
«Hinata
ha rimandato indietro Okoumori-chan per chiedere aiuto e siamo accorsi
il prima
possibile, Deidara-jiichan ha raso al suolo il villaggio con le sue
bombe e noi
abbiamo massacrato tutti, se lo meritavano.» Kiba
giocherellava con una corda:
«Dopo quello che hanno fatto a te e agli altri.»
Sakura
sorrise e si strinse nelle spalle: «Non so come ringraziarvi,
davvero.»
«Non
è necessario. Più tardi ti faremo vedere la tua
stanza, per ora riposati.»
Naruto alzò lo sguardo verso le crocette dove si trovavano
Sasuke e Sai:
«Stringete di bolina, sfruttiamo al massimo il vento e
allontaniamoci da questo
posto!» ordinò.
Il
Vice-capitano annuì e, dall'alto, diede pochi e concisi
ordini: l'equipaggio si
affrettò a eseguirli e ben presto la Falce che Ride prese
ancora più velocità,
diretta verso sud.
Sakura
non si voltò a guardare la scogliera, restò
concentrata sul sole che sorgeva.
Con
la coda dell'occhio, vide Hinata allontanarsi; venne sostituita da
Kakashi che,
sceso dal cassero di poppa, si mise al suo fianco.
L'uomo
le poggiò una mano sulla spalla, non disse nulla ma nel suo
sguardo era
evidente l'orgoglio.
Sakura
sorrise e si spostò di lato, avvicinandosi
impercettibilmente a lui.
[1]
Koumori, in giapponese, è
il pipistrello
[2]
L'obi è la cintura del
kimono
[3]
Dolcetti giapponesi fatti
di pasta di riso
[4]
Si tratta di un gioco che
i bambini giapponesi fanno tra di loro.
[5]
Questo kana, carattere
dell'alfabeto sillabico hiragana, si legge Na.
La scelta deriva dalla presenza di un pipistrello,
è una citazione da pop-culture,
una sorta di Easter Egg.
[6]
Okoumori significa Grande
Pipistrello
[7]
Si tratta di un corto
pugnale che i samurai tenevano nella manica del kimono.