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Autore: The Custodian ofthe Doors    09/12/2018    2 recensioni
Albus Severus Potter, nome opinabile ma su cui non torneremo a discutere, non ama particolarmente le feste e questo è risaputo. La sua idea di Natale è mangiare il più possibile per andare in coma da cibo e rimanere incastrato tra la dolce zia Fleur che gli riempie il patto di ogni ben di Dio e lo zio Ron che parla di tutto, tutto, tranne che del fidanzato di sua figlia. Quando però suddetto fidanzato e suddetta figlia decidono di passare il Natale assieme ed il suddetto padre esce fuori di testa perché no, lui con quel dannato furetto non ci fa le feste, non potrà certo finire bene.
O semplicemente di come Harry Potter ha dovuto, ancora, fare l'eroe e Albus ci si è trovato in mezzo.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Altro personaggio, Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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★★ Calendario dell’Avvento 2018 by Fanwriter.it!
★ Data: 9 Dicembre
★ Rating/Avvertimenti: Harry Potter- NG. Verde.
★ Albus Severus Potter, nome opinabile ma su cui non torneremo a discutere, non ama particolarmente le feste e questo è risaputo. La sua idea di Natale è mangiare il più possibile per andare in coma da cibo e rimanere incastrato tra la dolce zia Fleur che gli riempie il patto di ogni ben di Dio e lo zio Ron che parla di tutto, tutto, tranne che del fidanzato di sua figlia. Quando però suddetto fidanzato e suddetta figlia decidono di passare il Natale assieme ed il suddetto padre esce fuori di testa perché no, lui con quel dannato furetto non ci fa le feste, non potrà certo finire bene.
O semplicemente di come Harry Potter ha dovuto, ancora, fare l'eroe e Albus ci si è trovato in mezzo.
★ Hashtag: #WritersCalendar #Fanwriterit #XMASwriter

 





 

 

 

 

 

A Natale stai con me dai suoi.

 

I

 

 

 

 

23 Giorni a Natale.

 

Il vento si era quietato da poco ma la neve continuava a mulinare vivace nell'aria, infilandosi in ogni angolo ed appiccicandosi ad ogni superficie disponibile.
L'appartamento dava su una tranquilla stradina secondaria nei sobborghi di Manchester, vicino ad una zona verde quasi mai troppo popolata dalle persone ma parecchio da piante di ogni genere. Era il luogo ideale per studiare, cercare e piantare erbe varie, tra tutta quella vegetazione incolta nessuno notava mai il ciuffo di una Mandragora o qualche insetto stecco troppo vivace ed intelligente. Certo con quella gelata non dovevano aver avuto vita facile quel Dicembre, ma se i suoi incantesimi di protezione funzionavano bene, e lo facevano, avrebbero dovuto resistere sino al prossimo disgelo e non costringerlo ad andare a Diagon Alley a procurarsi ingredienti per le pozioni.
Oltre il vetro sbiadito dal ghiaccio il sole era calato velocemente come ogni giorno d'inverno, creando un piacevole contrasto tra i toni cupi e freddi dell'esterno e quelli caldi a tenui dell'interno dell'appartamento.
Sul bordo della finestra e sul pavimento sottostante si poteva vedere il leggero alone che la neve sciolta e asciugata aveva lasciato sul legno ormai vecchio. Il gufo postino che gli aveva recapitato la lettera era tutto fradicio e ghiacciato quando lo aveva fatto entrare ed era scivolato per colpa delle zampe bagnate quando si era posato sul telaio della finestra. Era ridotto abbastanza male, ma non c'era da stupirsi, doveva essersi preso il vento più forte della giornata, non se l'era sentita di dargli la sua ricompensa e farlo uscire anche se il tempo si era vagamente quietato.
Aveva fatto accomodare il volatile sul divano vicino al piccolo camino che lo aveva convinto a comprare quella casa ed era anche riuscito ad involtarlo in una coperta per asciugarlo, non sapeva come avrebbe reagito ad un incantesimo d'asciugatura o di riscaldamento da parte di un estraneo, se non sbagliava i gufi erano abituati ad attaccare chi li incantava in qualunque modo e non aveva proprio voglia di confermare o smentire i suoi vaghi ricordi.
Il sofà su cui se ne stava appollaiato come una gallina quel pennuto una volta era in pelle, o meglio, lo era tutt'ora, per lo meno la sua struttura portante. Quando lo aveva trovato ad un mercato dell'usato i cuscini erano così lisi che mettendoci sopra una pila di libri li aveva rotti, uno strato di pelle così delicato da sembrare quello che va creandosi su una ferita ancora aperta.
Li aveva rivestiti tutti di una stoffa marrone scura e calda, il tessuto leggermente grezzo all'inizio gli aveva dato la fastidiosa sensazione di esser graffiato, ma dopo tre anni di uso intensivo e convinto era diventato piacevole al tatto come il vimini liscio. Poggiava le zampe tozze su un tappeto spesso e grande, un rettangolo dai toni sabbia che forse era l'unica cosa di buon gusto che sua nonna gli aveva regalato nel corso della sua onorevole vita. Tutti i maglioni informi, di svariate tonalità di verde, con una grande “A” ricamata sopra in grigio ne erano la prova schiacciante.
Un po' come lo erano le mutande che sua madre gli comprava da piccolo come dimostrazione della sua parentela con la nonna.
Strofinò i piedi sulla pietra calda del caminetto, un buco cubico grande a mala pena sessanta centimetri, perfetto per scaldare la casa ma assolutamente inutile come punto d'arrivo per la metropovere, a meno che non si fosse dei contorsionisti o dei nani, s'intende.
La frizione contro la scorza mezza levigata fu attutito dallo strato morbido dei calzini di spugna con un terribile motivo a renne che indossava e che gli aveva regalato sua sorella. C'era da dire che i calzini strani li adorava, quindi non era poi così giusto dire che fossero “terribili”, ma questo non lo avrebbe certo reso noto a quella piccola arpia nata dallo stesso utero da cui era venuto fuori lui, assolutamente no, ammettere di condividere il patrimonio genetico con i suoi fratelli era già abbastanza per farli gonfiare d'orgoglio come gli stupidi Grifondoro che erano.
Almeno i calzini erano abbastanza spessi ed elastici da poterci infilare i pantaloni e non farsi entrare spifferi freddi a tradimento sui polpacci.
Strofinò ancora i piedi sulla pietra e poi si rilassò con la schiena contro il bracciolo del divano, lo stesso lato su sui si era appollaiato il gufo. Stava rischiando abbastanza c'era da dire, ma era il posto più caldo del piccolo salotto.
Al suo fianco era poggiato un tavolinetto di leggo basso dalle gambe pieghevoli, uno di quelli che andrebbero messi sul letto o sul divano stesso ma che lui usava invece nei modi più disparati. Da quando era andato a vivere da solo aveva scoperto che ogni singolo oggetto aveva sempre un utilizzo alternativo e altrettanto ottimale rispetto a quello per cui era stata creato.
Oh, e che non si può comprare ogni cosa per la sua singola funzione. Già.
Sul legno chiaro e graffiato era posta la tazza blu e gialla a cui aveva riattaccato il manico almeno una decina di volte nel corso degli anni e a cui mancava un frammento alla base, rottosi talmente tanto bene da non esser potuto recuperare neanche con un bel reparo. Si abbinava bene con la teiera di ceramica decorata con un motivo di piume di zucchero che sua cugina aveva voluto regalargli a tutti i costi: l'aveva accettata solo perché Lucy era adorabile e perché era un malato di piume di zucchero, solo per quello. Almeno il celeste violaceo dei dolcetti prendeva in un qualche modo la sfumatura di blu oltremare smaltato della tazza.
Dal suo interno si levavano spire di caldo vapore, perfettamente visibili contro la luce scoppiettante del fuoco e quella più tenue delle lampade a pura magia che gli illuminavano le spalle. Se sua zia Hermione, ma forse anche sua madre sarebbe bastata, si fosse resa conto che non pagava le bollette come ogni “buon cittadino” ma che invece usufruiva bellamente di incantesimi d'illuminazione permanenti, probabilmente gli avrebbe attaccato una predica lunga quanto la tavolata di Natale su come non fosse corretto vivere tra i babbani e non integrarsi con loro, su quanto fosse importante fare esattamente ciò che ci si aspettava facesse perché non avrebbe mai destato sospetti e così non avrebbe messo a rischio lo Statuto di Segretezza, ma dopo tre anni di vita privata – vissuta non esattamente come ci si aspettava- poteva dire con certezza che i babbani non si accorgevano della differenza e se ne fregavano altamente del fatto che il postino non portasse bollette dell'elettricità anche a lui. Beh, in effetti non gli portava neanche quelle del gas e dell'acqua, ma di nuovo, non era necessario che qualcuno lo sapesse.
Quello che continuava a ricevere, pensò fissando il vapore del suo Darjeeling aromatizzato ai frutti gialli, era la posta “ordinaria” per così dire.
Ordinaria per un qualunque mago, certo.
Tirò indietro la manica del maglione con un gesto automatico, pensando solo vagamente a quanto fosse fastidioso che non esistesse una taglia intermedia tra S e M, prese la tazza di tea e la passò alla mancina, assaporandone il gusto dolce e l'aroma fruttato. Se si fosse concentrato solo sulla bevanda avrebbe anche potuto dimenticare la sua “posta ordinaria” e cercare nuove scuse per spiegare alla vicina perché aveva sentito delle esplosioni provenire dalla cucina. Temeva che la risposta “perché è l'unico posto in cui ho una cappa e posso aspirare i fumi tossici delle pozioni che preparo illegalmente” non sarebbe stata la più indicata, ma se gli avesse detto ancora che non era bravo a cucinare quella si sarebbe riproposta di insegnarglielo e, davvero, era una bella donna, per carità, ma lui aveva ventidue anni e non era proprio così propenso a farsi una madre di famiglia di quarant'anni. All'incirca l'età della sua di madre, tra l'altro.
Non era mica suo fratello, assolutamente no.
Strinse la tazza sbeccata nella mano sinistra e allungò alla cieca l'altra verso il tavolino basso, gli occhi puntati verso le fiamme.
Il fuoco disegnava luci e riflessi fluidi sullo specchio umido dell'iride, colorandola di giallo e di rosso e camuffando il suo colore in qualcosa di più caldo e affascinante.
E soprattutto completamente diverso dagli occhi di mio padre.

I suoi polpastrelli incontrarono la consistenza rigida e ruvida della carta da lettera, una busta bianca con dei decori ad agrifoglio, giusto perché sua sorella impazziva così tanto durante il periodo natalizio da infilarlo ovunque, figurarsi se avrebbe perso l'occasione di comprarsi anche delle carte a tema.
Non lo preoccupata tanto il fatto che la piccola e cara - non più così piccola e mai stata tanto cara- Lily avesse deciso di mandargli una lettera ad un paio di settimane da Natale, per carità, era del tutto normale e sicuramente avrebbe contenuto le solite minacce annuali sul ricordarsi di presentarsi in orario alla Tana e sul fare i regali a tutti senza dimenticare nessuno. Parlava bene lei, ancora sulle spalle di mamma e papà e con libero accesso all'enorme fortuna che i nonni paterni avevano lasciato al figlio, mica doveva metterci soldi ti tasca sua come faceva lui. E va bene che non pagava le bollette e che faceva un buon lavoro, ma anche lui doveva campare in qualche modo, tutti i loro parenti erano oggettivamente troppi a cui fare regali. Dannazione, si erano moltiplicati come conigli, erano peggio di una funzione esponenziale, il loro numero era direttamente proporzionale alla quantità di cibo che cucinava nonna Molly ad ogni dannata festa, perché non usavano un dannato preservativo? No, dovevano invadere la terra con i loro capelli rossi e del insopportabili lentiggini marchio Weasley.
In ogni caso, tutto questo, tutte queste minacce e questi promemoria, li avrebbe accolti come ogni anno, come ne riceveva da quando viveva da solo, come ne aveva ricevuti di verbali quando erano a scuola o per lettera quando Lily o lui ne dovevano ancora entrare o ne erano già usciti. Questo lo avrebbe sopportato benissimo se solo non ci fosse stato scritto un enorme “URGENTE” sopra e se quella non fosse la bella calligrafia vezzosa e svolazzante di Lily ma quella grezza e sbrigativa di James.
Bifolco analfabeta che impugnava una penna come impugnava uno degli spiedini del barbecue della domenica.
Ma se anche Mr.Sono-un-Auror-come-papà-solo-perché-lo-è-lui-e-lo-era-nonno-e-non-perché-ci-credo-davvero, doveva decisamente trovargli un altro soprannome, si sprecava a scrivergli e non si attaccava invece a quel loro stupido ed infantile vizio di spedirsi strilettere per il puro gusto di infastidire e imbarazzare l'altro sul posto di lavoro, voleva significare solo una cosa.
E non era che finalmente James aveva capito che a differenza sua non era stupido e non si faceva recapitare la posta sul lavoro ma solo a casa.
Posò la tazza sul pavimento, rischiando di rovesciarla mettendola per metà sul bordo del tappeto, guardò male la busta e le lettere maiuscole e palesemente allarmanti dell'unica parola scritta vicino all'intestazione e si decise ad aprirla.
Forse, se per una volta si fosse comportato davvero come suo fratello lo accusava di essere, un bastardo Serpeverde opportunista e menefreghista che fa sempre come gli pare e che come tutti quelli della sua casa è la reincarnazione del male in terra e bla bla bla…, non avrebbe fatto un soldo di danno.

Ma quando mai Albus Severu Potter aveva avuto fortuna?

 

La domanda risultava ironica persino alle sue orecchie visto che la dea bendata aveva ben pensato di non guardarlo neanche quando suo padre aveva deciso che tutti i suoi figli sarebbero stati monumenti viventi ai morti della battaglia contro Voldemort. Se ai suoi fratelli era andata bene, perché uno si chiamava James, come il nonno, Sirius, come il padrino super figo del suddetto padre, e l'altra si chiamava Lily, nome delicato e carino ereditato dalla famosa, bellissima e perfetta Lily Evans, e Luna, altro nome carino che oh, ma tu guarda, ha anche l'amabile qualità di non appartenere ad una persona morta, per una volta; lui aveva battuto tutti.
Tutti.
Neanche Hugo o Molly Junior o Frederick II lo superavano.
Quando era nato e l'infermiera lo aveva messo tra le braccia di sua madre questa era stata così stremata, perché si augurava che una tale cattiveria fosse passata inosservata solo per questo motivo, da lasciare che fosse suo padre a scegliere i suoi nomi. Che andiamo, la prima volta era stato bravo, James Sirius signori, era proprio il nome di due eroi, perché non doveva fidarsi anche per la seconda volta?
Poi, parliamo anche di questo, sua madre aveva chiamato il suo gufo Leotoldo, o Leotonto, o Leopollo, non se lo ricordava ma era comunque un più che valido motivo per non farle scegliere più neanche un nome in vita sua.

Fatto sta che suo padre che anche se gli voleva bene era stupido, lo doveva ammettere, aveva ben pensato di usare di nuovo, il nome di due eroi di guerra. Quindi si era fatto una lista: James e Sirius erano già andati. Di Malandrini restava solo Remus, ma già Teddy si chiamava Ted Remus Lupin, non poteva esserci un omonimo -come se usare nomi di gente morta non fosse creare un omonimo poi- quindi anche lui era da escludere. Di chiamarlo Peter neanche a dirlo. C'era poi, vediamo, oh, si, Fred! Peccato, già preso. E Ted! Preso anche lui. Avrebbe sempre potuto chiamarlo Dobby in fondo. Ma no. Di tutti i dodicimila nomi possibili immaginabili suo padre era riuscito a scegliere e ad abbinare proprio i peggiori.
Albus Severus.
Un incrocio infelice di due personaggi ancora più infelici che generavano con la loro unione un miscuglio tra un nome nobiliare interrotto a metà, un proclama medievale, una carica ufficiale ed un insulto con maledizione annessa.
Ce lo avevano preso in giro per una vita ed aveva solo complicato le cose quando era stato smistato in Serpeverde.
Mai quanto le aveva complicate il suo primo ragazzo.
Unico Serpeverde in una baraonda di mondo non suo, che essendo Grifondoro, quel dannato mondo, si credeva di base meglio di lui povera piccola serpe, amante delle pozioni, schivo e invisibile, sarcastico e tagliente e moro come Piton.
Scaltro, opportunista, manipolatore, doppiogiochista, attratto dal potere e gay come Silente. Okay, lui era bisessuale e non gay come il caro vecchi preside, ma andiamo, sembrava quasi che suo padre glie l'avesse tirata. E che si risparmiasse quelle cose da “sei identico a me” e “hai gli occhi di tua nonna”, che tanto non potevano saperlo con certezza perché nessuno dei due l'aveva mai vista.
Oh, e cinico come Piton, anche questo c'era da aggiungere. Assieme a quella fantastica filippica che gli aveva propinato il suo primo giorno di scuola, con tutte quelle belle parolone sul fatto che portasse il nome di due presidi di Hogwarts (grazie pa' così adesso mi prendono per il culo anche per questo) e che uno dei due era l'uomo più coraggioso che avesse mai conosciuto.
Puttanate, tutto qui.
Erano due uomini, due comuni mortali che avevano fatto scelte felici ed infelici, più le seconde c'è da dire, e che la gente la smettesse di mistificarli. Al prossimo che gli avrebbe detto che lo smistamento avviene troppo presto e che Piton sarebbe stato un Grifondoro, Al lo giurava, gli avrebbe prima dato una capocciata in faccia e poi lo avrebbe schiantato giù dalla finestra.
Ugh, il suo cinismo natalizio stava uscendo fuori un po' troppo presto, continuando di questo passo avrebbe sputato bile in faccia a suo fratello al cenone.
Oh, ma no, quale cenone? Non ci sarebbe stato nessun cenone, non gliene fregava niente, lui non ci sarebbe andato. No, già reggeva a mala pena le cene di famiglia alla Tana, se poi ora era “ufficiale” e ci sarebbe stata tutta la truppa la completo…
Cosa aveva detto Nott? Che andava a fare Natale alle Bahamas? Forse questo era l'anno buono che lo seguiva, insomma, aveva 22 anni, la neve gli faceva male alle ossa…
Sbuffò e sbatté la testa contro il bracciolo, la lettera aperta ancora in mano, gli occhi chiusi che spalancò solo per puntarli sul soffitto.
Non poteva farcela, non a Natale.
Se fosse andato tutto come sempre si sarebbero incontrati alla Tana e lui avrebbe potuto ignorare il problema fino alla fine della serata, un “buona sera” educato ed uno stanco e strascicato “notte”, questo sarebbe stato il massimo della loro conversazione, da quando aveva diciassette anni non doveva neanche più chiedere che gli passassero qualcosa, benedetta magia, anche per quello si evitava di parlare.
Si sarebbe piazzato tra zio Charlie e zia Felur, che nessuno voleva mai di fianco ma che invece era di una gentilezza ed una dolcezza devastante, era lei che gli riempiva sempre il piatto di quello che gli piaceva di più. Lo zio invece era il più amato di tutti, non ti faceva mai la predica e non ti rompeva mai le palle. Oh! E se lui fosse stato rubato dagli altri, magari dai nonni che lo volevano vicino per una volta, sarebbe andato bene anche zio Ron, dio, sarebbe stato perfetto lui!
Con un suono lamentoso piegò le gambe verso sé e poggiò un braccio sul ginocchio, usandolo d'appoggio per leggere ancora la lettera inizialmente ordinata scritta da Lily e poi incasinata e scritta palesemente da James.

 

“ …non ce ne frega niente, quest'anno la storia è diversa. Lil ha detto che non potevamo dirtelo di persona perché avresti trovato un modo per ucciderci e nascondere i nostri corpi. Io volevo farlo, mi sembrava la cosa migliore, ma non mi date mai retta...”

 

Esatto Jimmy, domandati perché e datti una risposta.
Anche se questa volta aveva ragione.
Quel piccolo demonietto di sua sorella aveva deciso di scrivergli una lettera per costringerlo ad andare da lei a chiederle informazioni.
Tzs! Ma con chi credeva di aver a che fare? Se lei era finita tra i Grifondoro e lui a Serpeverde un motivo c'era, un grifone non può fregare un serpente.

E io ti scavalco, infame.

 

“… Il punto è che zio Ron è uscito fuori di testa. Zia ha dovuto chiamare papà perché diceva che neanche lei riusciva a farlo uscire dal tunnel, qualunque cosa significhi. Capito bro? Manco zia c'è riuscita. Pa s'è preso un permesso e è corso da zio che stava svalvolando. Poi a quanto pare ha svalvolato pure lui.”

 

Lo avrei fatto anche io visti i precedenti, papà avrà avuto paura di dover correre sulla scena di un omicidio la notte di Natale.

Un grugnito d'approvazione per la sua idea e lo sguardo gli cadde più in basso, sulla parte critica della lettera.

 

Fatto sta che zio gli ha chiesto di accompagnarlo. Lily dice che non è vero, ma lo abbiamo sentito tutti implorarlo di non lasciarlo da solo, che già sta male così, non può regge pure una cena tutta co quella gente.”

 

Non l'avrebbe retta neanche lui, ma non poteva scappare a quanto pareva.

 

Così papà gli ha detto che andrà co lui. Ma se ci va lui ci va pure mamma, quindi pure Lils e quindi pure te e io. Prima che me urli contro, ho chiesto e no non possiamo saltare e andare da qualcuno. Mamma dice ce se dici che hai detto a Nott che andavi con lui a fanculo dove va ti viene a prendere per un orecchio e ti ci porta di peso.”

 

La finezza di suo fratello era devastante ma non dubitava che sua madre potesse aver detto quelle esatte parole con tanto di “ a fanculo”.

La grafia di James lasciò di nuovo posto a quella di Lily, assieme ad un segnaccio d'inchiostro tipico di una lettera strappata di mano con ancora la punta della piuma sulla carta.

 

“… mi dispiace davvero tantissimo Al, ma volevamo che lo sapessi da noi, prima che te lo dicessero mamma o papà e ci rimanessi di sasso. Ti giuro che ci saremo noi a darti supporto morale, anche Hugo dice che ti aiuterà come potrà, anche perché Rose sta uscendo fuori di testa ultimamente, più del solito per inciso. Per di più sarà la prima cena di Natale ufficiale, capisci?
L'appuntamento è lì alle sette e mezza, la cena alle otto. Noi ovviamente andiamo tutti insieme da casa, vieni con noi vero? Anche perché credo che tu sia l'unico a sapere dove sta Malfoy Manor e zio Ron potrebbe sbagliare volontariamente fino a quando non sarà troppo tardi per presentarsi. O potrebbe spezzarsi di proposito pur di non sedere allo stesso tavolo di Malfoy Senior.”

 

Al sospirò ancora, non metteva in dubbio che suo zio Ron avrebbe preferito passare Natale al pronto soccorso del San Mungo piuttosto che a casa dei Malfoy, ma temeva che zia Hermione avrebbe preso provvedimenti anche per evitare questo. Non avrebbe permesso ai coniugi Malfoy di aver da che ridire su di loro. Ed aveva accolto l'avvento di suo padre come una manna dal cielo per tenere sotto controllo il marito e non fargli uccidere Draco Malfoy davanti al capo Auror.
Malfoy… ormai erano quasi quattro anni che non vedeva quell'uomo. Beh, che non vedeva quella famiglia ad essere sinceri.
E dire che vi aveva passato letteralmente anni con loro tra quelle mura decorate. Mandava loro ancora gli auguri per le feste e non si dimenticava mai di far recapitare un mazzo di fiori ad Astoria per il suo compleanno. Ma la verità era che non li vedeva più da troppo tempo.

 

 

 

 

 

 

 

 

King Cross, sette anni prima.

 

Albus spinse la porta del treno che si era richiusa e vi rimase poggiato, la sua figura ad occupare l'apertura rettangolare e lo sguardo perso tra la calca di studenti che si apprestavano a recuperare le proprie cose, raggiungere i genitori per poter tornare a casa ed immergersi nelle tanto agognate vacanze estive.
Respirò a pieni polmoni l'aria densa della mattina londinese e anche se non era pura come quella delle lande scozzesi gli parve la più buona del mondo, l'aria che si respirava quando si tornava in patria dopo aver viaggiato per tanto.
Nove mesi di scuola lo mettevano sempre in difficoltà e non solo per i compiti, gli orari serrati e tutte le altre beghe che potevano capitargli, ma era la lontananza dagli ambienti familiari e da tutte le sue comodità, era la sensazione appagante e al contempo stancante di poter fare ciò che si voleva, di essere un ragazzino spensierato il cui unico problema era convincere i genitori a lasciarlo andare in vacanza con gli amici.
Un sorriso sornione gli si aprì sul volto mentre con un colpo della testa si mandava indietro un ciuffo troppo cresciuto che gli oscurava la vista.
Lui quella fase l'aveva ampiamente saltata quando era stata la madre del suo amico a chiamare la sua e chiederle se potesse portarlo con sé in Costa Azzurra.
In Costa Azzurra!
E Jimmy e Lily a Villa Conchiglia con tutto il resto del clan!

 

<< Smettila di sorridere in quel modo soddisfatto, prova a mostrarti almeno un po' dispiaciuto per non poter passare tutta l'estate con i tuoi.>>
Una voce divertita e allegra lo riscosse dai suo pensieri. La mano bianca del suo migliore amico gli si posò sulla spalla e Al non poté far a meno di sorridere ancora di più.
<< Nà, se gli faccio vedere che sono dispiaciuto mamma lo userà come leva per togliermi giorni e farmi ritornare in Inghilterra prima del dovuto.>> si girò verso di lui e gli rifilò una poderosa pacca sulla spalla facendolo ondeggiare tra una risata e l'altra.
<< Va bene, mi fido. Ma temo che ti toccherà comunque andarli a salutare.>> ammiccò l'altro facendogli cenno di scendere nel mentre.
Albus sbuffò storcendo il naso. << Mamma mi stritolerà, me lo sento, mi riempirà di baci e Nott mi prenderà per il culo per tutta l'estate. >>
<< Che te ne frega, tanto stai in Costa Azzurra, non sei tenuto a rispondere alle lettere di nessuno.>> poi guardò oltre le spalle dell'amico ed individuò la sua famiglia. << Magari a quelle di tua madre sì, ha uno sguardo strano Al, secondo me ora corre qui, ti placca, ti impastoglia e ti smaterializza a casa dove ti terrà rinchiuso per tutta l'estate. >> fece accigliato con tono serio.
Il silenzio tra di loro durò poco e fu comunque riempito dei suoni del binario.
Al alzò un sopracciglio scettico: << Devo smetterla di farti leggere i miei fumetti, stai diventando melodrammatico a livelli impressionanti. Questo è stato Batman, non te li do' più.>> sentenziò.
Il ragazzo davanti a lui lo guardò sgranando gli occhi grigio-azzurri. Erano così grandi in quel momento che Al avrebbe potuto scambiare lui per uno dei personaggi dei suoi manga.
Lo vide scuotere la testa allarmato, i capelli biondi che si scompigliavano e poi tornavano a posto come succedeva sempre, quell'infame diceva di avere i capelli perfetti, la verità era che i suoi erano lisci e stavano a posto mentre quelli di Al erano mossi e facevano come gli pareva.
<< No! Andiamo, sto arrivando alla fine della serie di Pinguino!>> esclamò seguendolo quando cominciò ad avviarsi verso i suoi genitori.
Albus ridacchiò sadico. << Non è un mio problema, bello!>>
<< Sì che lo è!>>
<< E invece no. Hanno una brutta influenza su di te. Ciao Ma! >> salutò ponendo momentaneamente fine a quella conversazione.
Ginny Potter allargò le braccia ed inglobò letteralmente il figlio mezzano stritolandolo in un abbraccio spacca ossa.<< Ciao Albie, come stai tesoro? Quanto mi sei mancato!>>
Il ragazzino affondò i volto contro il petto della madre e lanciò, per quanto gli fu possibile, un'occhiataccia al fratello che rideva divertito.
<< Lo so che prima è toccato anche a te. >> borbottò come ogni adolescente scontroso.
James rise più apertamente e gli diede una pacca sulla schiena che somigliava molto più ad uno schiaffone e che fece quasi strozzare l'altro. Prima che un poderoso coppino lo raggiungesse dritto dietro la testa: e nessuno osasse dire che Ginevra Potter non avesse più la stessa forza che aveva quando giocava a Quidditch.
<< James!>>
James si massaggiò la testa imbronciato. << Ahio Ma, mi hai fatto male!>>
<< Così la prossima volta tieni le mani a poso.>>
<< Ma non ho fatto niente!>>
<< Jam, ascolta tua madre e Ginny? Lascia andare Albie, lo stai stritolando.>>
Harry sorrise bonario alla moglie e poi trascinò il figlio in un abbraccio più normale, mentre la donna posava lo sguardo sull'amico del ragazzo e gli sorrideva per nulla imbarazzata dalla scena.
<< Ciao caro, come stai?>> domandò cortese.
<< Salve Signora Potter, Signore, tutto bene grazie, voi?>>
Albus sbuffò a quello stupido scambio di convenevoli e si guardò attorno per cercare il resto della famiglia.
<< Stanno arrivando, a quanto pare Louis aveva messo il suo baule sotto tutti gli altri. >> spiegò il padre lasciandolo andare e guardandolo per bene. << Ti sei alzato?>> chiese tirandosi gli occhiali sul naso.
Al sbuffò ancora. << Magari.>>
<< No, è il solito tappo.>> sogghignò James mettendogli un braccio in testa. Il fratello lo spinse via sgarbatamente.
<< Togliti di dosso Jimmy.>> si sistemò inutilmente i capelli e poi guardò i genitori. << Beh, noi dobbiamo andare, me li salutate voi gli altri?>> chiese speranzoso, pur sapendo già la risposta della madre.
<< Assolutamente no, aspetti due minuti e li saluti tu.>> sentenziò quella smettendo di assillare il biondo e fulminando il ragazzino.
<< Ti pareva… >> borbottò mentre l'amico gli poggiava una mano sulla spalla.
<< Dai, io intanto vado a recuperare i miei, poi ti vengo incontro, okay?>> propose sorridendogli con fare consolatorio.
Al annuì e lui gli diede una pacca, una vera non come quelle di suo fratello, e salutò educatamente i suoi genitori prima di scomparire tra la folla.
Ginny perse subito la sua espressione serena e guardò il figlio seria. << Sei sicuro di voler andare? Puoi sempre ripensarci, lo sai, sì?>>
Albus alzò gli occhi al cielo, ignorando lo sghignazzare del maggiore e guardando la madre con fare scocciato. << Ma, ti prego, ne abbiamo già discusso a Natale e pure per lettera. Sì, sono sicurissimo di voler andare. Sarò al sicuro, non mi farò niente, non morirò, non verrò avvelenato e, a differenza di quello che dice sto deficiente qui, >> disse indicando il fratello che cercò di rifilargli uno spintone ma venne intercettato dal padre << non sto andando a farmi iniziare a qualche setta oscura. >>
La donna fece per ribattere più che decisa a chiedere per la millesima volta se ne fosse sicuro, ma la voce ben nota di suo fratello la interruppe.
<< Ho solo detto che- >>
<< Non mi interessa Ronald, non sono cose da dire ad un ragazzino di undici anni!>>
<< Ma lo ha chiesto lui!>>
Hermione Weasley si fermò vicino al cognato e lo guardò con fare irritato. << Il tuo migliore amico non crescerà mai. >>
Harry le sorrise. << Lo so.>>
<< È peggio di un bambino, immaturo.>>
<< Mh-mh. >>
<< Come fai a sopportarlo?>>
<< Tanto bene.>>
<< Non so come sia possibile. Sei palesemente di parte.>> soffiò guardando male l'uomo che si era avvicinato per abbracciare Albus.
<< Almeno io non l'ho sposato.>> le fece notare Harry facendo ridacchiare tutti.
Hermione alzò gli occhi al cielo e poi guardò il nipote sorridendogli. << Sei pronto Al? Mi hanno detto che ti farai una bella vacanza in Costa Azzurra.>>
<< E noi dovremmo stare tutti stipati a Villa Conchiglia. >> Hugo barcollò fino a loro strusciando i piedi per terra e facendo dondolare le braccia come se gli pesassero troppo. Stava crescendo a vista d'occhio ed era arrivato già alla stessa altezza di Albus, dopo quell'estate l'avrebbe sicuramente superato.
<< Sì, ma passa tutta l'estate con Malfoy!>>
Il ragazzino si voltò verso la voce schifata che gli era arrivata alle spalle, facendo passare la sorella che marciò verso Albus guardandolo con occhi clinico.
<< Sei proprio così deciso a farti venire l'ulcera?>> gli chiese retorica.
<< Certo che no. >> fece seccato Al, << Infatti passo l'estate lontano da qui. >>
Rose e Al si fissarono in cagnesco per una manciata di minuti, prima che il tornado rosso che era Lily Potter non giungesse a stritolare il fratello in un abbraccio simile a quello della madre, coprendo così il rimprovero sia suo che della zia Hermione.
<< Mi mancherai tantissimo!>>
Rose sbuffò, Lily fece una smorfia. << A lei no, ma non ti preoccupare per questo.>>
<< Se fosse un problema ora mi starei disperando non credi?>>
<< Se solo avessi un briciolo di buon senso ora lo saresti.>>
<< Ragazzi smettetela di mordervi!>> esplose Hermione esasperata.
I due cugini si guardarono ancora male mentre i loro padri si sorridevano con un velo d'imbarazzo che li aveva sempre colpiti quando i figli litigavano in quel modo.
<< Andiamo ragazzi, una volta eravate tanto uniti… >> provò Ron.
Rose sbuffò dal naso. << Prima che diventasse un vile traditore.>>
<< Primo, non sono un traditore perché non ho mai voltato le spalle alla famiglia, io. Secondo, non mi sono fatto autosmistare in Serpeverde e questo non fa di me un vile. Vuoi cominciare un'altra volta quello stupido discorso su chi è che ha tradito chi e di che Casa era?>> La sfidò a brutto muso.
<< Ecco!>> Hermione si voltò verso il marito per dargli uno schiaffo sul braccio. << Questa è tutta colpa tua! Se solo non avessi continuato a dirgli che Serpeverde è una Casa terribile!>>
I due coniugi cominciarono a bisticciare come ogni volta che il discorso veniva tirato fuori e Rose e Albus continuarono a guardarsi male finché non arrivò Dominique a salutare il ragazzo e augurargli buone vacanze.
Al si lasciò abbracciare da tutta la sua famiglia, mentre gli veniva ripetuto in continuazione di far foto e scrivere per far sapere come stava, quanto la nonna ci tenesse ad aver sue notizie. Si allontanò da loro che ancora gli urlavano dietro raccomandazioni più o meno intelligenti, dal “metti sempre la crema” di Hermione, al “pescami un'aragosta” di Louis, passando per il “attento a non affogare” di Jimmy ed il “divertiti” di suo padre.
Sospirò alzando un braccio per salutarli senza neanche voltarsi più e si ritrovò a sorridere come un cretino davanti alla figura del suo amico che parlava con i genitori.
Scorpius Malfoy non era la copia sputata di suo padre, come tutti dicevano, in effetti era molto più simile a sua madre se non fosse stato per i colori palesemente paterni di cui nessuno dei due era ancora riuscito a venir a ragione. Far discussioni sui geni recessivi dei colori chiari contro quelli scuri aveva portato loro solo un gran mal di testa e le risate sguaiate di Nott che faceva loro domande idiote solo per distrarli e fargli perdere il filo del discorso.
Esattamente come la madre, poi, Scorp aveva un sorriso accecante, che poteva contagiarti anche nelle situazioni più tristi, che era tanto amato da tutti e tante volte li aveva tolti dagli impicci. Dopotutto questo era il loro segreto: il sorriso di Scorpius e la sua bella educazione nobiliare, uniti al nome dei Potter e all'acuta ironia sagace di Albus.
Il loro sodalizio era sicuro e stabile dal primo anno di scuola ed ora che avevano appena finito il quinto, ora che i G.U.F.O erano solo un ricordo lontano e li aspettava un'intera estate insieme, Al si chiese se fosse possibile che le cose andassero ancora meglio.

La risposta, nascosta dietro al sorriso smagliante e caldo di Scorpius e di sua madre, nella piega compiaciuta delle labbra del padre che fissava da lontano il suo, orgoglioso che Al avesse deciso di passare le vacanze con suo figlio, poteva essere solo positiva.
In tutto quel tempo la loro amicizia era cresciuta e si era sviluppata al meglio, raggiungendo vette altissime, destinata ad arrivare ancora più su.

 

Peccato che quando si arrivi in cima si possa solo riscendere e che più si va in alto, più ci si fa male quando si cade.

 

 

 

 

 

 

 

23 Giorni a Natale.

 

Chiuse gli occhi massaggiandosi la sella del naso. Gli stava venendo mal di testa, quell'orribile e fastidioso mal di testa da nervosismo che preannunciava un'emicrania con i fiocchi e scoppi di risposte caustiche come ne dava sempre quando era arrabbiato.
Il gufo ancora appollaiato come una gallina da cova sul suo divano, infagottato nella coperta, tirò un lungo e acuto verso soddisfatto, come se starsene lì a far nulla invece di volar fuori con quel freddo gli piacesse.

<< E a chi non piace, bello?>> domandò a bassa voce, rivolto a nessuno in verità.
Certo, pensò lasciando cadere la lettera a terra, una volta erano stati tanto amici, così uniti. Albus si sarebbe aspettato come minimo che fosse uno dei due a dargli la notizia, non che gli arrivasse di traverso dai suoi fratelli e solo ed unicamente perché c'era di messo un stupida cena.
Gli avevano scritto “visto che è ufficiale”, ufficiale cosa? Lui non sapeva niente, non gli avevano detto una beneamata pluffa e invece i suoi fratelli lo davano per scontato?
Quando era successo? Avevano fatto una cena o un pranzo? Qualcosa in grande stile? E che cazzo.
Se solo ripensava a come le cose erano sembrate sistemarsi al loro sesto anno, come tutte quella schifosa rivalità si fosse placata… avrebbe dovuta capire perché lo aveva fatto, perché Rosie cara aveva smesso di vomitargli addosso tutto il suo astio. Astio che, per inciso, non aveva mai avuto verso di loro sino allo smistamento.
Albus era abbastanza sicuro che sua cugina non volesse finire a Grifondoro, che volesse dimostrare di essere più intelligente di sua madre e per ciò finire a Corvonero.
Glielo avevano ripetuto per una vita intera, quanto era intelligente la piccola Rose, come sarebbe stata una Corvonero perfetta… e invece era una boriosa e vanesia Grifondoro, piena di sé e convinta che la sua Casa fosse migliore delle altre.
Non che lui non lo avesse pensato al tempo e che non lo pensasse ancora adesso, ma il modo in cui l'aveva guardato malissimo quando il Cappello aveva decretato la sua appartenenza a Serpeverde...dio santo, neanche James l'aveva guardato così male. Lei sembrava volergli dire che l'aveva tradita, che si era venduto al nemico, ed in fin dei conti era quello che gli aveva detto quel Natale di troppi anni fa, quando l'aveva messa all'angolo e gli aveva chiesto perché lo avesse ignorato per quei primi tre mesi ad Hogwarts. L'aveva costretta a dargli una risposta, ponendole la domanda con sua madre presente che l'aveva fissata scioccata.
“ Rose, perché hai evitato tuo cugino? Non gli hai rivolto la parola? Che significa che non ti sei mai voluta sedere vicino a lui?”
Tutte domande molto interessanti che gli avevano acceso nel petto una scintilla di soddisfazione: ora voleva proprio vedere cosa avrebbe risposto Rose.
Sarebbe stato decisamente meglio non sapere, sbuffò riallungando le gambe, quelle rispostacce acide se le sentiva ancora in testa, ripetute con la voce acuta, infantile ed adirata della riccia.
O della stronza, come la chiamava dal suo secondo anno.
Scorp aveva proposto “Megera” come soprannome e Nott “puttana”, ma voleva evitare nomignoli troppo pesanti. Non per niente, ma perché già sapeva che se sua madre ne fosse entrata a conoscenza gli avrebbe fatto una bella lavata di capo, meglio non dire troppo chiaramente la verità.
Ma si, Rose era una grandissima puttana, non nelle sue abitudini, oh, lui non ne sapeva niente delle sue abitudini sessuali e continuava a non volerne sapere niente, quindi magari lo era ma lui non lo sapeva e- Ah! Andassero tutti a 'fanculo, a lui non interessava. Così come non gli interessava chi sarebbe andato a quella cena e perché dovevano farlo.
Non potevano costringerlo, era maggiorenne. Ci provasse sua madre a prenderlo di peso, voleva proprio vederla.

Si lasciò scivolare con stizza con la schiena a terra, alzando i piedi per poggiarli sul bordo superiore del camino e continuare in santa pace a borbottare come un calderone impazzito.
Decise che se ne sarebbe andato a farsi un giro per negozi, avrebbe comprato qualche cazzata babbana per suo nonno e poi qualcosa per i suoi amici, non avrebbe pensato minimamente a ciò che diceva quella lettera e a ciò che avrebbe comportato accet-

 

<< ALBIE!!>>
Il ragazzo saltò sul posto rischiando di infilare un piede nel fuoco. Il gufo postino starnazzò spaventato e volò lontano dal divano sbattendo rumorosamente le ali, andando a nascondersi sulla libreria, riuscendo ad infilarsi non sapeva neanche Albus come, nella Coppa di Quidditch che vinse al suo settimo anno. E che per inciso non avrebbe dovuto avere e che aveva sollevato un polverone quando la vecchia Mc si era resa conto che era sparita. Il semplice fatto che il Grifondoro avesse fatto un casino della malora dicendo che la suddetta coppa non la meritavano i Serpeverde ma loro, che l'allora capitano della squadra rossa, dopo la sconfitta schiacciante, avesse gridato loro “Ci riprenderemo la coppa! Non meritate di averla neanche per un anno!”, aveva immediatamente fatto dirigere i sospetti verso quei deficienti senza macchia e senza paura e permesso a loro di mettere la coppa in salvo e di chiedere un piccolo, piccolissimo, favore al padre di Nott per far sì che nessuno riuscisse a farli confessare.
Anche se forse farsi obliviare momentaneamente per superare gli interrogatori non era stata una grande idea, il giorno dopo erano stati tutti con un mal di testa epico. Lo avevano attribuito all'alcol e si erano visti togliere cinque punti a testa durante le lezioni perché erano distratti, ma Dio se non ne era valsa la pena…
Qualcuno bussò prepotentemente alla porta e il gufo lanciò un altro guaito.
<< E che cazzo. >> borbottò il moro alzandosi di mala voglia ed andando a controllare dallo spioncino della porta se chi stava cercando di sfondargli la porta fosse proprio quel coglione del fratello.
<< Al! Apri dai, per favore, lo sappiamo che sei lì dentro.>>
La voce che lo chiamò era però quella femminile, alta ed inconfondibile di sua sorella e se erano andati entrambi a cercarlo significava solo una cosa. Aprì la porta ma non si mosse di un millimetro, sicuro dei suoi incantesimi di protezione.
<< La mia risposta è no.>> disse lapidario fissandoli stordo.
Un ragazzone di circa un metro e ottanta, con la pelle colorita e costellata di cicatrici qui e lì, gli restituì lo stesso sguardo infastidito. Gli occhi castani lo squadrarono con stizza, mentre James incrociava le braccia gonfie di muscoli al petto.
<< Non fare il poppante. >> lo schernì storcendo il naso già di per sé storto.
<< Non posso, lo stai già facendo tu.>> gli ringhiò contro il minore, già carico di cinica acidità.
<< Per favore, evitate di metter su sempre la stessa scena?>>
Delle piccole mani bianche si posarono sulla spalla di James e lo spinsero via, guadagnandosi il posto davanti all'entrata della casa.
Lily era poco più alta di Albus e solo ed unicamente perché aveva i tacchi. Se no era di un rispettabile metro e sessantacinque. La giovane di bell'aspetto era una copia in miniatura di sua madre, con i capelli pel di carota classici dei Weasley ed il naso piccolo e delicato che, a quanto dicevano le foto, era stato di sua nonna Lilian. Le guance spruzzate di lentiggini erano arrossate per il freddo, probabilmente si erano beccati il vento che aveva tirato prima, visto che in quel quartiere non c'erano posti per smaterializzarsi se non in mezzo alla boscaglia.
<< Non potevi cercarti una casa a Londra, o vicino casa?>> la ignorò James riprendendo la sua postazione.
<< Questa è casa mia e me la sono scelta dove mi faceva più comodo.>>
<< Mi state ignorando di nuovo!>> la ragazza. << E facci entrare, per Merlino!>>
Albus alzò gli occhi al cielo ma poi si spostò, lasciando passare i due.
Che poi non avesse disattivato un paio d'incantesimi e i suoi fratelli si fossero beccati una specie di scossa elettrica che fece drizzare loro i capelli in testa fu del tutto casuale e fu anche ciò che ripeté a James mentre questo minacciava di appenderlo al muro.
<< Non ricordavo neanche più di averlo, non rompere il cazzo o giuro che attivo quello contro le persone sgradite e ti faccio schizzare fuori di qui alla velocità della luce.>> ringhiò infastidito allontanandosi dal fratello per controllare il gufo nella coppa.
Gli altri due seguirono il suo sguardo e si bloccarono.
<< Dimmi che non è ciò che penso che sia.>> cominciò Lily avanzando mentre cercava inutilmente di abbassarsi i capelli elettrici.
<< Se pensi che sia una copia perfetta della Coppa che voi avete rubato e probabilmente perso come dei deficienti nascondendola nella Stanza delle Necessità, allora sì, è proprio quello.>>
<< Vai al diavolo! Non l'abbiamo rubata noi!>>
<< E io ti credo sulla parola Jimmy, davvero.>> lo canzonò con voce irritante prima di tornare verso il divano e lasciarcisi cadere sopra. << La mia risposta non cambia, comunque.>>
<< Dovrai vedertela con mamma allora.>> gli ricordò la sorella spogliandosi del cappotto e lasciandolo sullo schienale di una sedia, James la imitò, Albus si strinse nelle spalle.
<< Le dirò che sarebbe come chiedere a lei di andare ad una cena con Cho Chang o di chiedere a zia Hermione di andare a prendere il tea con Lavanda Brown. >>
Lei alzò un sopracciglio. << Quindi hai intenzione di metterla sul piano sentimentale e dar ad intendere a mamma che un tempo tra te e Malfoy c'era quello che c'è stato tra papà e la Chang o tra zio Ron e Lavanda?>>
<< Quindi finalmente farai coming out?>> chiese invece James sorridendo furbo.
Albus alzò gli occhi al cielo, prima o poi si sarebbe tirato qualche nervo a forza di farlo.
<< Primo: ho intenzione di usare ogni mezzo possibile ed immaginabile per non andare a quella cena. Secondo, anche se sono pronto all'impossibile, non sono masochista e rischiare di vedermi piombare qui la stronza pronta ad accusarmi che la odio perché mi ha rubato l'amore della mia vita non rientra tra i miei piani per le vacanze. Terzo, ma non meno importante, James: Ho detto a tutti che sono bisessuale anni fa, era il compleanno di papà e per poco nonno non è morto d'infarto, te lo ricordi? Uno di quei magnifici giorni in cui sempre la stronza disse che c'era da aspettarselo che io fossi strano anche sotto questo punto di vista?>>

I suoi fratelli non osarono replicare a quel commento, scambiandosi uno sguardo d'intesa prima di sedersi sul divano, spostando la coperta e spazzando via le piume che il gufo si era perso nella fuga.
<< La situazione è piuttosto delicata, Al. Zio Ron sta davvero dando di matto, già non gli va a genio la storia tra Scorp e Rose, e dura da quasi quattro anni, figurati dover passare le vacanze con i Mafloy.>> provò Lily con tutta la diplomazia di cui era capace.
Albus sbuffò infastidito, rimettendosi seduto a terra vicino al camino. << Astoria è uno zucchero di donna, Narcissa è l'educazione e l'eleganza fatte persona, Draco è insospettabilmente ironico e Lucius ama raccontare aneddoti imbarazzanti sulle varie grandi personalità del mondo magico. Non sono loro il problema, è il sangue amaro che passa tra Malfoy e Weasley che rovina tutto.>>
<< Visto?>> proruppe allora la ragazza. << Li trovi anche simpatici! Al noi non sappiamo come comportarci con loro, tu li chiami addirittura per nome, li conosci, che fastidio di darebbe passare con loro il Natale?>>
<< Mi da fastidio passarlo con la mia famiglia, pensi che quella degli altri sia meglio?>> chiese lui retorico.
<< Questo perché sei un cazzo di Grinch.>> sbuffò James. << Smettila di sparar scuse idiote e dicci qual è il problema principale, perché sono sicuro che non sia il non passare il Natale alla Tana. Quindi?>>
Suo fratello lo fissò intensamente, non la minima traccia di vacillamento nei suoi occhi, era serio e concentrato sul suo obbiettivo e questo non era altri che Al.
Di tante cose che poteva dire a e di suo fratello, compreso che avesse fatto l'Auror solo per essere uguale al loro amatissimo padre, che era un bifolco che non sapeva impugnare una penna e che pensava con le connessioni nervose che si agitavano nel suo bassoventre, Al non poteva negare che James lo conoscesse, che lo capisse anche se la maggior parte delle volte preferiva non farlo e litigarci di brutto e che, cose essenziale, era sempre dalla sua parte.
Statuto Potter: qualunque sia il problema di uno dei fratelli Potter, se tale problema non è diretto verso un altro fratello, allora gli altri due saranno sempre e comunque dalla sua parte, a spada tratta, senza neanche dover sapere il perché.
Erano sopravvissuti per anni con questa regola, con Al e Lily che si schieravano davanti a James asserendo sicurissimi che no, non poteva esser stato lui a rompere -di nuovo- la finestra perché era con loro due, quindi probabilmente era stato Fred, o magari Roxy, o Dominique che cercava di imparare a palleggiare, chiunque ma di certo non James.
Lo stesso valeva quando i due fratelli si ritrovavano a proteggere la piccola di casa dalle accuse di una compagna, che fosse perché le aveva copiato il rossetto, i compiti o il fidanzato: il problema non sussisteva, Lily aveva ragione e gli altri torto.
Era stato così anche per tutte quelle volte in cui James aveva preso in giro Al, quando anche i suoi amici si univano agli sfottò e allora il maggiore si inviperiva e si rigirava verso gli altri perché solo lui poteva prendere per il culo suo fratello; o tutte le volte che Lily aveva accidentalmente schiantato qualcuno che lo accusa di avergli fatto perder punti, di aver fatto la spia.
Per questa regola unica e d'oro che tutti loro rispettavano, Albus sapeva che James non avrebbe mollato il colpo, che avrebbe usato ogni cosa in suo possesso per farlo parlare e che quando avrebbe finalmente ottenuto ciò che voleva, la verità, nulla di più, l'avrebbe aiutato in ogni modo, l'avrebbe difeso contro ogni cosa.
Gli occhi verdi di Albus, quelli tanto simili a quelli di Harry, si fissarono sul fuoco e lì rimasero, non aveva intenzione di dire una cosa del genere guardando in faccia i suoi fratelli, non voleva che vedessero quanto gli dava fastidio la cosa.
Prese un respiro e poi si chiuse ancora più in sé stesso, incassando la testa tra le spalle e stringendo le braccia attorno al busto.
<< Avete detto che è una cosa ufficiale.>> soffiò via a forza tra le labbra tese.
Quando non continuò a parlare Lily annuì, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
<< Esatto, sarà il loro primo Natale in famiglia, con tutte e due le famiglie.>>
<< Sì, ma… quand'è di preciso, che è diventata una cosa “ufficiale”?>>
A quella domanda entrambi i ragazzi si bloccarono.
Lily si morse il labbro voltandosi verso il maggiore, James scosse poco la testa e si tirò a sedere in modo vagamente composto.
Era quello il punto dunque?
<< Non ti hanno detto nulla?>>
Al non rispose.
<< Credevamo che non ti fossi presentato perché non volevi esserci, non perché non ti avevano detto nulla.>> disse piano sua sorella.
Una risata amara e forzata gli uscì dal naso, sbuffando un divertimento che non sentiva.
<< Quindi hanno tipo mandato delle lettere in cui annunciavano- cosa? Il loro fidanzamento ufficiale? Le ha dato un anello? Merlino, ditemi che non è stato così stupido, ha ancora tutta la vita davanti… e ditemi, c'erano tutti? Tutti quanti? Chissà cosa si sarà inventata con mamma, nonna e le zie, magari avrà detto loro che ho mandato indietro la lettera senza neanche aprirla… >>
<< No, non le ha messo un anello, non c'erano tutti e non è stata una festa. Hanno solo invitato i genitori, i nonni e, malauguratamente, anche noi ad un pranzo a casa loro. Sono andati a vivere assieme.>> rispose James.
<< Wow… questo sì che è un passo avanti… >>
<< Non ti hanno proprio- >>
<< No.>> Albus si alzò di colpo in piedi, continuando a dare le spalle ai fratelli e rimanendo con il volto ostinatamente puntato verso il piccolo camino. << Non mi hanno detto nulla, non sono stato invitato e non mi sono beccato neanche una sgridata da mamma, nonna o chi per loro. Non sapevo che fossero andati a vivere assieme e se proprio volete saperlo non so più niente di loro da anni.>>
Il silenzio che seguì quell'affermazione fece annuire cupi gli altri, poi Lily scivolò giù dal divano, si tolse le scarpe e avanzò a piedi nudi sino a lui, per stringerlo in un abbraccio caldo e poggiare la testa tra le sue scapole.
<< Non ti sei perso gran ché, solo zio ed il Signor Malfoy che si guardano dagli angoli opposti di casa…è stato più imbarazzante che altro.>> provò a consolarlo.
<< Non mi interessa.>>
<< Scorpius sembrava anche piuttosto spaesato, si vedeva che cercava l'appoggio di qualcuno.>>
<< Di certo non il mio.>>
<< Al...>> lo ammonì piano prima di venir stroncata ancora una volta.
<< Lascia perdere Lils, se non mi ha voluto nella sua vita sono affari suoi.>>
<< Ma è il tuo migliore amico.>> gli fece notare sospirando abbattuta.
<< Lo era, ma non lo è più da quattro anni a questa parte.>> sbuffò poggiando le mani su quelle della sorella ma senza girarsi.<< Io comunque non ci vado a quella farsa.>>
Anche la mano di James si posò su quella dei fratelli. Dall'alto del suo metro e ottanta guardò entrambi con sguardo serio, per poi sfoggiare uno dei suoi ghigni strafottenti che tanto gli erano costati da giovane.
<< Allora dobbiamo trovare una valida scusa per non farti venire e alle brutte pure un piano d'emergenza per coprirti le spalle se invece ti toccherà.>> disse sicuro.
<< Può sempre dire di avere la Sprozzolisi… >> propose Lily sorridendo al castano.
<< Troppo facile da riconoscere e da curare. Vaiolo del Drago?>>
<< Me la stai tirando Jam? Così invece di farmi Natale a casa in santa pace me lo faccio al San Mungo? Te la immagini la reazione di mamma e papà?>>
<< E allora cosa proponi? La febbre te la fa passare in un attimo, vuoi romperti un osso?>>
<< Più che un osso questa situazione mi ha già rotto il cazzo.>>
<< Vuoi provare?>>
<< Posso sempre fingermi morto.>>
<< Questo sì che è lo spirito giusto!>> scoppiò a ridere Lily stringendosi un po' di più ai fratelli.
 

Alla fin fine, pensò Al mentre quegli altri due pazzi proponevano malattie sempre più improbabili e soluzioni al limite del possibile, se avesse dovuto davvero affrontare tutto quel calvario, l'avrebbe fatto con due ottimi compagni d'arme.
Ora doveva solo trovare il modo per non dover vestire l'armatura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

II

 

 

19 Giorni a Natale.

 

 

 

Aveva mai detto che era più sfigato della sfiga nera?
Evidentemente le parole “Albus”, “Severus”, “Potter” e “Fortuna” non potevano coesistere nella stessa frase se in mezzo non vi era una negazione.
Vedi: “Albus Severus Potter non può aver fortuna”.
Oppure: “ Ad Albus Seversu Potter la fortuna non sorride mai”.
E: “La Fortuna non ama Albus Severu Potter”.
Così come non lo amava suo padre e neanche l'addetto dell'anagrafe quando si era ritrovato davanti il suo documento di nascita, ma andare ad intavolare per l'ennesima volta la sempre tediosa e odiata diatriba sul perché suo padre avesse scelto quei nomi, perché proprio abbinati assieme, perché non avesse fatto scegliere a sua madre e soprattutto dove diavolo erano lei e tutta quella conigliata che si ritrovava di famiglia nel momento in cui suo padre era stato colto dalla folgore dell'illuminazione aulica, era del tutto inutile e mera fonte di dispendio di energie.
E l'energia era davvero una cosa di cui necessitava in modo assoluto in quel momento.
Nei giorni a venire aveva parlato con Nott e quello stronzo del suo miglior amico, perché purtroppo per lui il magico quartetto era -stato- composto proprio da lui, da Scorpius, da Adrian Nott e Malchia Zabini, il quale ultimo amabile infame se ne era andato in vacanza anticipata nelle Filippine e non si faceva vivo da un po' troppo tempo – le scommesse su come fosse morto si erano sprecate tra lui e Nott, ma purtroppo Malachia aveva una sorella e Marica ci teneva a ricordar loro che il fratello era vivo e vegeto e che prima o poi sarebbe tornato schifosamente abbronzato e felice- e in ogni caso Mal e Nott rimanevano comunque i suoi migliori amici. Anche quel cretino di Montague, attualmente disperso per le Dolomiti dai genitori della fidanzata, o la terribile accoppiata dei cugini Selwyn- Parkinson, erano suoi carissimi amici.
Con un salto olimpionico di ragionamento, flusso di Joice o qualunque altra cazzata avrebbero potuto sparare i babbani, Albus si rese conto che di amici da cui andare a nascondersi dopo quella che sicuramente sarebbe stata una serata disastrosa ne aveva parecchi. Ma come c'era arrivato lì? Oh, giusto, quel figlio di puttana del suo miglior amico.
Quando aveva parlato con Adrian il grandissimo stronzo era scoppiato a ridere come non faceva da un po'. Si era cappottato dalla sedia del bar e Al non aveva fatto assolutamente nulla per aiutarlo a rialzarsi, anzi, ad onor del vero l'aveva anche rispinto a terra quando si era tirato su in ginocchio per rimettersi seduto.
Non gli aveva dato grandi aiuti, prendendolo in giro e ridendo ogni volta che veniva nominata sua cugina, ma alla fine aveva avuto la decenza di dargli qualche informazione in più.
Un tempo loro quattro, con qualche aggiunta molto amata e gradita, erano stati terribilmente uniti, una cosa quasi “strana” per quelli della loro Casa, o almeno così dicevano i suoi. Il fatto che, in tutti quegli anni, il Cappello Parlante si fosse azzardato a dire che i migliori amici che si potevano trovare era tra i Serpeverde era del tutto irrilevante: per la sua famiglia era sorprendente che delle piccole serpi come loro fossero così affiatate.
Era stato così per tutti gli anni, sino al quinto l'equilibrio era stato perfetto e anche al sesto anno le cose erano ancora buone, anzi, parvero quasi migliorare ancora. Sul loro fidato ed unito gruppo era passata una folata di aria fresca, un sospiro di sollievo che aveva fatto rilassare qualcuno e storcere il naso ad altri.
Daisy ancora lo rinfacciava a tutti loro: lei quell'anno aveva fiutato puzza di bruciato ma loro altri avevano preferito fingere di non notarlo e godersi solo il calore delle fiamme.
Quello era stato l'anno in cui uno dei loro “nemici pubblici” era stato declassato di importanza, quando tutti loro aveva abbassato la guardia e così si erano fregati. A posteriori Albus avrebbe preferito continuare a star al gelo piuttosto che godere un singolo anno del fuoco che li aveva sfiorati.
Il loro rapporto si era sbriciolato, o almeno il suo con Scorpius. Con gli altri era rimasto vicino, più che vicino, ma vederli costretti a saltare da un lato a l'altro per stare un po' con lui ed un po' con Scorp era stato snervante, gli aveva fatto venir voglia di urlar loro di lasciarlo in pace, di andarsene tutti da Malfoy che tanto lui non aveva bisogno di niente e di nessuno.
Erano stati tanto uniti, una volta Albus avrebbe saputo subito tutto di Scorpius direttamente dalla fonte. Quell'anno si era dovuto abbassare a dover chiedere a Nott di spiegargli cosa fosse successo nella vita di quello che era stato il primo ragazzino a porgerli la mano ed offrirgli un sorriso sincero e gentile.
Secondo Adrian quella cena di Natale serviva per riparare all'inaugurazione di casa, una casa che avevano comprato a Settembre già perfetta ed arredata e in cui erano andati a vivere qualche settimana dopo il pranzo. A quello era stato invitato anche Nott, così come Zabini, i Selwyn e Montague, ma tutti, in un modo o nell'altro, avevano dato forfait.
Adrian e Malachia erano stati forse i più diretti, con i loro: “ La tua fidanzata ci odia, non credo che sia il caso.”.
Anche se la migliore era stata senza subbio Daisy, molto più onesta: “ La tua fidanzata mi odia e io odio lei, con tutto il bene che ti voglio Scorp non mi chiuderei mai per un'ora in una stanza con lei, figurati un pranzo con lei e famiglia.”
Al non se ne era stupito, lo sapevano tutti che la dolce Daisy aveva lo stesso caratteraccio di sua madre, buon sangue non mente dopotutto, ma a quanto ne diceva Nott, buone maniere o meno, avevano solo che fatto bene: non ci si infilava in un pranzo di famiglia quando suddetta famiglia si odiava a morte e non si reputava tale.
<< Che poi, come cazzo gli è venuto in mente di prendersi proprio una Weasley figlia di Ronald e Hermione Weasley. Senza offesa per i tuoi zii, eh, però dai, di sei fratelli ha beccato l'unica coppia che da piccola si lanciava maledizioni con tuo padre, sei proprio masochista.>> sbuffò il giovane.
<< Ricordati che quell'anno rinfacciava a me di averlo messo in trappola, che era colpa mia se si era preso “proprio quella cugina” e non un'altra.>>
<< Phf, stronzate. È solo stato stupido come uno schioppodo, avrebbe potuto benissimo aprire i suoi bei occhioni e rendersi conto che si stava firmando una condanna a morte.>>
<< Sembrava felice. >> gli ricordò con voce monocorde Al.
Nott annuì, << Lo credevamo tutti, tranne- >>
<< Tranne Daisy, sì, sì… rimane il fatto che ci ha fregati.>>
<< Mi stanno proprio sul cazzo gli amici che quando si fidanzano spariscono.>> borbottò il ragazzo rimestando il suo tea con il cucchiaino, neanche ci potesse trovar dentro le risposte a tutti i loro problemi. << Quindi ti hanno incastrato, eh?>> continuò.
Al grugnì infastidito. << Non dirlo così, ci faccio la figura dell'idiota più di quanto non sia già successo.>>
<< Come hanno fatto? Tua madre ti ha messo sotto imperio?>> domandò divertito.
L'amico gli diede un calcio sotto il tavolo facendolo sobbalzare ma senza perdere il sorriso storto che gli piegava le labbra fini.
<< No, avevo un bel po' di scuse per defilarmi.>>
<< Non so se sarebbero mai potute funzionare con una come tua madre… >>
<< Puntavano sui sensi di colpa e sulle sue esperienze passate.>> lo sfidò alzando un sopracciglio.
<< Okay, allora forse ci saresti riuscito. Ma invece?>>
<< Ma invece pare che quando la stronza ha informato il suo fidanzatino che oltre ai suoi sarebbero venuti anche i miei, quindi i miei fratelli e quindi io, Astoria sia rimasta del tutto entusiasta e abbia detto che non vede l'ora di rivedermi.>> ammise Al sospirando sconfitto. << Hugo dice che Rose aveva un diavolo per capello, pare che la dolce Signora Malfoy non abbia fatto altro che chiedere di me per tutto il pomeriggio, a lei o al suo degno futuro consorte.>>
Adrian lo guardò con attenzione, ampliando il suo ghigno e sporgendosi per battergli una mano sulla spalla. << E bravo Albie, ti sei fatto fregare così da Madama Malfoy, davvero notevole Mastro Potter.>>
<< Dillo di nuovo e ti do un pugno. Non mi sono fatto fregare è che non voglio deludere Astoria.>>
<< Solo quello?>> lo provocò.
<< E non voglio neanche perdermi la faccia della stronza quando arriverò al Manor senza bisogno d'aiuto.>> ammise poi.
<< Uh-uh! È vero! Scorpius c'ha raccontato che spesso deve uscire fuori dalla sua proprietà per andare a riprenderla perché ancora non si è imparata dov'è di preciso casa.>> ridacchiò prendendo un sorso di tea e stringendosi nelle spalle all'occhiata scettica di Albus.
<< O più semplicemente il Signor Malfoy non vuole ancora inserire Rose tra le persone che possono accedere alla casa. Credo che gli stia facendo una lotta serrata sotto questo punto di vista.>>
<< Ben gli sta.>> sentenziò il ragazzo annuendo alle sue stesse parole. << Con tutti i danni che ha combinato rimanere a ghiacciarsi le chiappe alla ricerca di un maniero inesistente è solo una piccolissima parte della punizione che il karma dovrebbe dargli.>>
Con un sorriso mesto Al fissò gli occhi in quelli chiari ed acquosi dell'amico e prese un respiro lento per poi sospirarlo fuori. << E pensare che c'era stato un momento in cui credevamo fermamente che il dannato karma ci stesse sorridendo dopo anni ed anni.>> mormorò piano.
Adrian non disse nulla, continuò a sorseggiare il tea senza staccare lo sguardo da quello verde ed accecante dell'altro, finché il bordo della tazza non lo costrinse a chiudere gli occhi.
Posò la ceramica sul suo piattino, girandola per il manico fino ad allineare i disegni che si ripetevano su entrambi i pezzi.
<< C'è stato un momento in cui siamo stati felici di averla tra di piedi, ma direi che quell'attimo di felicità non è durato neanche un decimo rispetto di quanto durino, ad oggi, tutte le pene che ci ha inferto.>>
<< La gente cambia, Adrian. Si cresce, si fanno le proprie scelte.>> gli disse senza troppa convinzione.
<< L'ho sempre detto che crescere è una fregatura e se questi sono i grandi cambiamenti e le grandi decisioni da adulti, allora sono proprio di merda.>>
Passandosi una mano tra i corti capelli castani Nott si lasciò cadere contro lo schienale della sedia e si dondolò pigramente. << Continuerò a prenderti per il culo fino alla fine dei tuoi giorni, ma se ti serve una mano, sai che ci sono.>> il suo tono uscì serio e sicuro, Albus non dubitò di quelle parole neanche per un secondo.

<< Sì, lo so. So che su di te e sui ragazzi posso sempre contare.>>

<< Siamo i sette Moschettieri di Serpeverde, no?>>
Albus non ebbe la forza di dirgli che un tempo, i moschettieri, erano otto. Ma si sa, D'Artagnan ad un certo punto della storia si perde e proprio per amore.

 

 

 

 

Hogwarts, sei anni prima.

 

 

Il dormitorio di Serpeverde gli era sempre sembrato il luogo più bello del castello.
Che fosse schifosamente di parte era ovvio, ma questo non significava che non avesse ragione.
Ogni singola sala di quel castello non era niente se confrontata con l'ampia camerata dai pavimenti di marmo bianco, i divani di pelle nera ed i tavolini di cristallo.
Le torce erano posizionate ad intervalli regolari lungo le pareti di nuda pietra, levigata e pulita, fredda come la morte ma mai umida. Quadri e busti si alternavano nell'abbellire quei muri secolari, tendaggi di varie tonalità di verde pendevano da sopra le cornici decorate,morbidi di fogge differenti e preziose.
Ma la cosa che forse Al aveva amato subito dal primo momento erano le imponenti, grandissime e trasparenti finestre, quelle viste privilegiate su un mondo oscuro e segreto come il Lago Nero, che l'aveva lasciato a bocca aperta, facendo ridacchiare i suoi compagni e costringendo l'allora Prefetto Shafiq a dargli un colpetto sulla spalla e, sorridendo orgoglioso dello stupore nel suo sguardo, spiegargli che quelle erano le finestre più belle della scuola, che non era un incantesimo ma puro e semplice vetro spesso e rinforzato di magia che conteneva l'enorme pressione dell'acqua.
Ad illuminare quelle vetrate c'era poi il grande lampadario che pendeva dal soffitto a volte. Un ottagono si apriva perfettamente al centro della Sala Comune e da lì pendevano lunghe catene a cui erano attaccate scintillanti sfere di luce.
Era un mondo incantato quello dei Serpeverde ed Albus, ogni anno, come fosse una tradizione tutta sua, rimaneva a fissare quel panorama sommerso neanche fosse la sala del trono di una divinità.
Si era sempre sentito al sicuro lì dentro, anche se faceva freddo alle volte, la temperatura non riusciva mai ad alzarsi al livello giusto e tutti i Serpeverde dovevano costantemente sopportare quei quindici gradi standard che invece le altre Case neanche immaginavano. C'era di bello che poi tutti gli altri andavano in giro infagottati come mocciosi alla prima neve mentre loro camminavano baldanzosi e tranquilli con la loro divisa invernale e, al massimo, la sciarpa tenuta molle attorno al collo. La Sala Comune ti temprava e ti rendeva più forte, questa era la sua idea.
Ogni anno Albus si sbrigava ad andare in Sala prima dell'arrivo dei bambini, si appollaiava su uno dei divani vicino al camino principale ma abbastanza discostato per poter vedere bene l'entrata e si godeva le faccette sorprese e stupite dei primini che si affacciavano per la prima volta alla loro bella casa.
Con i suoi amici seduti invece comodamente a chiacchierare, Al si perdeva spesso discorsi interi nel tentativo di individuare il più sconvolto da quel mondo di lusso ed eleganza, ma quell'anno, il suo sesto anno, non avrebbe dovuto neanche far la fatica di riallacciarsi alle chiacchiere leggere dei suoi compagni.
La sua bella spilla da Prefetto, sua e di altri tre meritevoli studenti, era stata il suo lasciapassare per un posto in prima fila sullo stupore di quei bambini. Quando era stato chiesto chi volesse scortarli sino alla Sala Comune e farli da guida nessuno si era stupito nel vedere la sua mano saettare in aria.
Guidare tutti quegli undicenni, ben dieci era quasi da record!, tra corridoi e cunicoli, fermarsi davanti al muro di pietra spoglio ed anonimo ed accostarvisi per mormorare la parola d'ordine, che il primo giorno era sempre qualcosa di altisonante per stupire ancora di più i bambini; aspettare che le mura si aprissero in uno splendido arco a tutto sesto e, con plateale solennità, dargli il benvenuto nella nella nobile e grande Casa di Serpeverde, era stato forse l'inizio dell'anno migliore della sua vita.
No, okay, forse vedere la Sala per la prima volta lo era stato. Però anche quella se la giocava bene. Merlino, non sapeva decidere.
Non avrebbe mai potuto immaginare nulla di meglio, nel modo più assoluto.
Neanche i ragazzi riuniti tutti in camera, comprese Daisy e Marcia, che lo prendevano in giro per il sorriso beato e soddisfatto che aveva ancora stampato in faccia avevano fatto vacillare il suo umore.
<< Quest'anno si preannuncia magnifico!>> aveva detto lasciandosi cadere a braccia aperte sul suo letto.
Scorpius gli si era seduto di fianco, dandogli qualche pacca sulla gamba per farlo spostare e lasciargli più spazio, il suo letto occupato da Garrent Montague e Conrad Selwyn.
<< Lo dici ogni volta che vedi le facce dei nuovi arrivati. Ti sfreghi le mani e dici che sarà un anno magnifico. >> gli aveva fatto notare l'amico.
Le risate degli altri avevano coperto appena il suo mugugnio di dissenso, ma non gli importava neanche d'esser preso bonariamente in giro da quei ragazzi.
<< Magari questa volta avrà ragione.>> aveva detto Marcia stringendosi nelle spalle.
Albus era scattato a sedere e aveva annuito. << Certo che sì! Andiamo, pensateci: viste le premesse, cosa può andare storto?>>

 

Il fatto che Albus fosse sfortunato era unanimemente risaputo ed accettato, ma che la sfiga se la chiamasse anche da solo fu una sorpresa di quell'anno.
Forse avrebbe dovuto capire il danno enorme che aveva fatto appena pronunciate quelle parole, o quella notte mentre dormiva con il gomito di Scorp impuntato tra le costole, o quando quella mattina Malachia era caduto rovinosamente dal letto per colpa di uno spintone di Adrian che aveva deciso di dormire con lui per lasciare il proprio letto alle ragazze. Fatto sta che Al non sospettò niente sino alla settimana successiva quando, purtroppo per lui, si ritrovò faccia a faccia con sua cugina.

Rose non l'aveva vista per tutta l'estate, solo al compleanno di suo padre ad essere onesti, ma a quella festa partecipavano talmente tante persone che era stato un gioco da ragazzi defilarsi e nascondersi. Avrebbe voluto trascinarci anche Scorpius ma c'era sempre quel piccolo particolare che i loro padri non si potevano vedere e che invitando lui Harry sarebbe stato costretto ad estendere l'invito anche alla famiglia, quindi era rimasto bellamente solo con i suoi fratelli ad evitare i raid di nonna Molly che gli rifilava piatti stracolmi di cibarie e discorsi noiosi ed imbarazzanti di gente che voleva parlare a tutti i costi con i figli del Salvatore del Mondo Magico.
I suoi cugini li aveva visti a mala pena, persi in quel marasma di persone, così com'era successo alla piattaforma del treno, Al non aveva mai benedetto così tanto quel ritardatario cronico di suo zio Ron, che aveva fatto uscire la famiglia di casa con ben dieci minuti di ritardo rimanendo imbottigliati nel traffico.
Quindi lui, Rose, non la vedeva da Giugno e gli ci era voluto un attimo per rendesi conto di chi fosse quell'ammasso di ricci cespugliosi che si erano abbattuti contro il fianco di Scorpius che, per non cadere, si era aggrappato a lui portandoselo dietro in un incontro ravvicinato con il pavimento.
Realizzata l'identità di quella piaga e scambiatosi uno sguardo allarmato con Malachia, che era rimasto tutto il tempo immobile, indeciso se ridere prima e congelato dall'orrore poi, non aveva fatto in tempo a dir nulla: Scorpius si era messo a sedere, aveva controllato che lui stesse bene e poi, ignaro del pericolo che stava per correre, aveva chiesto alla ragazza se si fosse fatta male e se stesse bene.
Albus odiava già di per sé le stupide commedie rosa, non credeva nel colpo di fulmine ma sicuramente in quello della sfiga e quando Rose alzò lo sguardo per puntarlo in quello grigio del suo amico, con orrore Al si rese conto che era arrossita, che aveva sgranato gli occhi e che balbettava frasi sconnesse tra cui c'erano dei piccoli e dolci “sì, tutto bene”, “no, non è colpa tua”, “sono stata sbadata”, “scusami, ti ho fatto male?” e altre cose che lasciarono a bocca aperta tutti. Tutti. Persino il povero Scorpius che non era minimamente abituato alla buona educazione di sua cugina.
Quello, quello era stato l'attimo preciso in cui Albus aveva sentito una scossa ma in cui l'aveva anche ignorata, sorpreso dalla gentilezza che Rose stava sfoggiando con il suo miglior amico, senza insultarlo o altro.
C'erano stati cori angelici? No, non c'erano stati, solo il vago eco delle catene del Barone e questo gli sarebbe dovuto bastare.
Ma come Daisy amava ricordar sempre loro, aveva visto la scintilla di una fiamma che avrebbe potuto riscaldare i loro rapporti ormai freddi e aveva fatto di tutto per alimentarla, forse sperando inconsciamente ed ingenuamente che tutto potesse tornare com'era prima di Hogwarts.

 

Rose aveva iniziato a salutarli timidamente quando si incontravano per i corridoi, a farlo a lezione, a chiedere loro una penna se le mancava o se avevano bisogno di qualche appunto che lei prendeva sempre così diligentemente. Era arrivata a portargli – a lui! Proprio ad Al!- una tazza di tea durante una ronda perché faceva particolarmente freddo.
Come l'alba lenta a salire nelle sue prime battute e poi veloce ed accecante, il suo rapporto con Rose era letteralmente fiorito, riacquistando con impacciata ma costante fermezza quell'amicizia che un tempo li aveva legati tanto anche al di là della loro parentela.
C'era imbarazzo, c'era sempre il timore di dire qualcosa di sbagliato, di rievocare vecchie liti e scenari apocalittici che solo loro conoscevano, ma c'era anche la volontà di cambiare, di recuperare. Persino i loro fratelli e cugini ne erano rimasti sconvolti e piacevolmente sorpresi.
Ma la cosa più bella di tutte, a parer suo, era che mentre si riavvicinava a lui, mentre gli domandava se amasse ancora la cannella sulla panna del cioccolato o il burro sul pane tostato, Rose aveva porto un ramoscello d'ulivo anche ai suoi amici.
Non era stato facile e neanche immediato, tutti loro dubitavano di lei e delle sue azioni, ma non potevano negare che stesse cercando di comportarsi in modo educato e quanto mento civile. Scorpius, che da sempre era quello più politicamente corretto e che, per altro, sembrava improvvisamente non esser più “l'indesiderabile numero uno” di Rose, era stato anche il primo a dargli man forte.
Albus l'aveva apprezzato tantissimo, il modo in cui di tanto in tanto gli chiedesse se voleva invitare sua cugina a fare i compiti con loro, o una passeggiata nel parco, come lo difendesse quando Daisy gli diceva, acidamente, che non doveva cascarci con tutte le scarpe come stava invece facendo.
Il suo comportamento così aperto e propositivo, tipico del giovane Malfoy per altro, aveva finito per contagiare anche gli altri.
A Dicembre Rose Weasley sedeva con tranquillità, ed ancora un poco di imbarazzo, tra ben otto Serpeverde, invitava i suddetti a bere qualcosa assieme ai suoi di amici quando andavano ad Hogsmade e chiudeva un occhio quando li beccava in ritardo per il coprifuoco.
Natale del suo sesto anno era stato magnifico, aveva portato gioia sui volti di tutti i loro parenti, specie dei loro padri che davvero non avevano mai capito come i loro amati figlioletti potessero odiarsi quando invece loro si volevano così bene.
Il fatto poi che quell'anno i regali da Malfoy Manor per la Tana fossero stati due e non uno, aveva reso orgogliosissima anche zia Hermione, che era stata a parlare di nuovi inizi e di sotterrare l'ascia di guerra per tutta la sera.

 

Tornare ad Hogwarts non era mai stato così strano. Darsi appuntamento con Rose per incontrarsi nel loro scompartimento per chiacchierare un po' prima di rimettere piede a scuola gli era parso surreale ed impossibile.
James gli aveva battuto una mano sulla spalla e gli aveva detto che non li faceva così maturi, nessuno dei due. Lily aveva riso soltanto quando Al aveva fatto notare al fratello che non credeva che lui conoscesse una parola tanto importante come “maturità”.

L'unica persona che aveva continuato a guardare con sospetto e freddezza Rose, che si vedeva chiaramente fosse divisa tra l'imbarazzo e la voglia di risponderle a tono, era la cara Daisy Selwyn, amabile fotocopia caratteriale di quella vipera di sua madre Pansy Parkinson in Selwyn; ma Al era troppo felice per discutere con lei e si limitava a dirle di dar una possibilità a sua cugina.
 

<< Quando smetterà di essere così schifosamente gentile e si mostrerà per quello che è, per quello che è stata per cinque anni consecutivi, io vi dirò solo che ve l'avevo detto.>>
<< Non fare così, magari è cambiata durante l'estate...>> aveva provato Malchia.
<< E ha dovuto aspettare di andar a sbattere contro Scorp per chiedere scusa al cugino di tutte le stronzate che gli ha fatto nel corso degli anni e per dimostrare di essere cambiata?>> aveva rimbeccato la gemella.
<< Non mi stai aiutando così.>>
<< Non sto cercando di aiutarti.>>

 

La conversazione usciva sempre fuori in un modo o nell'altro, specie la sera, quando erano tutti attorno al fuoco o nella camera di qualcuno.
La svolta epocale era arrivata a metà Gennaio, quando una Rose rossa in faccia aveva chiesto a Scorpius se non potesse aiutarla con i compiti di Pozioni.
Quello era stato l'unico momento in cui Albus aveva vacillato, in cui aveva capito che qualcosa non quadrasse, forse perché la cugina era andata a chiedere aiuto al suo miglior amico quando era risaputo da tutti che il più bravo, in Pozioni, fosse proprio Al stesso.
Conrad lo aveva guardato con attenzione, gli si era avvicinato e gli aveva messo una mano sulla spalla. << Al?>> aveva detto solo in tono interrogativo. Ma in quella domanda, Albus lo sapeva, c'era un mondo di sottintesi e parole non dette.
C'era un “tutto bene?”. Un “cosa c'è? Di che ti sei reso conto?”. E ancora un “qualcosa ti fa dubitare? Stai pensando che Daisy potrebbe aver ragione?”.
Lui aveva scosso debolmente la testa, senza staccare gli occhi dai due davanti a lui, dal rossore di Rose e dalla leggera sfumatura rosata che si era impossessata delle guance di Scorp quando la ragazza gli aveva detto che pensava fosse il migliore in quella materia, la persona giusta a cui chiedere.

 

<< Noi donne siamo spietate. Ricorda che in amore e in guerra tutto è concesso. Io te l'ho detto, Al. La stronza fa la stronza per tutta la vita, poi sbatte contro Scorpius, lo guarda in faccia e di punto in bianco ti si riavvicina?>> Le parole di Daisy erano marchiate a fuoco nella sua mente, lo erano state per tutto quei due mesi in cui aveva visto Malfoy e Rose avvicinarsi sempre di più, ogni volta che Scorp diceva loro di andare alla prossima lezione, che lui avrebbe aspettato Rosie prima. Quando chiedeva che turno di ronda avesse la ragazza e si proponeva per farlo con lei o vice versa. Quando gli aveva detto che non poteva rimanere a fare una partita a scacchi con lui, come facevano sempre, perché aveva un impegno ma non aveva voluto dirgli quale.
Daisy aveva detto chiaramente cosa pensava di quella situazione, gliel'aveva spiegata anche se non parlando in modo diretto. Per una volta la sua amica aveva cercato di essere più delicata nella sua risaputa indelicatezza, ma il suo cervello si rifiutava di accettare la verità.
Per lo meno non fino a Febbraio.
Erano negli spogliatoi dopo gli allenamenti di Quidditch, Adrian si era ritrovato spalla a spalla con Scorpius e trovandoselo così vicino se ne era uscito con tranquillità:

<< Diamine amico, ma questo sei cresciuto quest'estate? Stai mettendo su delle spalle da nuotatore, mi toccherà fare sollevamento pesi se voglio rimanere al passo con te e non farmi rubare tutte le ragazze!>>

Seduto sulla panca, intento a spalmarsi la pomata sullo stinco, lì dove Flin gli aveva dato una mazzata lisciando il bolide, Al era rimasto pietrificato, incurante delle risate dei suoi compagni. Aveva voltato lo sguardo verso Malfoy e si era ritrovato a fissare la sua schiena ampia, pallida e perfetta, su cui spuntavano a mala pena due piccoli nei, uno sulla scapola destra ed uno vicino alla spina dorsale, sopra la fascia renale.
Avevano passato l'estate assieme, l'aveva visto in costume tutti i giorni, aveva dormito con lui, avevano fatto escursioni e cercato di affogarsi a vicenda. Era possibile che non si fosse reso conto di quanto si fosse alzato, almeno cinque centimetri ad occhio e croce, e anche di quanto il suo fisico fosse cambiato.
Certo, per lui che l'aveva avuto costantemente al proprio fianco era facile non notare quei piccoli cambiamenti, ma per gli altri, magari per una ragazza che non lo vedeva da un'estate e che non aveva mai avuto interesse nel guardarlo davvero, doveva esser stato lampante.
Si era trovato così a cercare nuovi particolari in quel fisico sempre più da uomo e meno da bambino, scoprendo la linea più decisa della mascella, gli zigomi più appuntiti, l'arcata sopraccigliare più alta. Il velo di barba bionda che gli aveva colorato le guance a macchie da quando aveva quattordici anni ora era più uniforme, i suoi modi di fare più sicuri, la sua postura più rilassata.
Come aveva fatto, Albus, a non rendersi conto che il suo miglior amico stava diventando un uomo?

Ancora una volta, sibillina ed infame, la voce di Daisy gli aveva sfiorato la mente.

Al non se ne era accorto, non si era reso conto di che bel giovane stesse diventando Scorp, ma evidentemente a Rose -alla Stronza- non era sfuggito.

 

 

 

 

 

10 Giorni a Natale.

 

 

 

Le strade di Diagon Ally erano sempre popolate in modo indecente, figurarsi a ridosso delle feste di Natale. Al aveva però un disperato bisogno di trovare un regalo per sua sorella e, purtroppo per lui, anche per i loro ospiti.
Camminare per le vie lastricate sarebbe stato decisamente più difficile se al suo fianco, rispettivamente una a destra e l'altra a sinistra, non vi fossero state Marcia Zabini e Daisy Selwyn.
Era da anni che le sue amiche lo consigliavano per i regali ai membri femminili della sua famiglia, ma l'idea di Daisy di regalare un'acromantula gigante alla Stronza – che aveva riacquistato il suo nome al loro settimo anno e si era guadagnata anche la maiuscola- non poteva esser messa in pratica per tre fondamentali motivi:
<< Dove la dovrei prendere un acromantula gigante?>> chiese storcendo il naso.
<< Nella Foresta Proibita, no?>>
<< Magnifico Daisy, perché non c'ho pensato io? E come me la porto in giro, secondo te?>>
<< Basta che la stordisci e la rimpicciolisci momentaneamente. Poi la infili in una scatola e la incanti in modo che torni alle sue dimensioni originarie quando lei apre il pacchetto.>> argomentò Marcia alzando le sopracciglia curate alla perfezione. << Magari fai anche qualche foro alla scatola, così non soffoca.>>
<< Ma si, preoccupiamoci della salvezza di una bestia gigante mangia uomini.>> borbottò Al.
<< Beh, per far effetto dev'essere viva, no?>>
<< A me farebbe schifo anche morta.>>
<< Ragazze, per favore. Non posso regalarle un'acromantula. Non è giusto nei miei confronti che dovrei andare a cercarla rischiando la vita, non lo è nei confronti dell'acromantula stessa e soprattutto non lo è verso mio zio. Già rischierà l'infarto solo ad entrare a Malfoy Manor, vorrei evitare che morisse di paura per colpa mia. Zio è aracnofobico peggio di Rose.>>
Le ragazze fecero una smorfia identica e infastidita.
<< Va bene.>> Concesse Daisy, << Ma solo perché tuo zio ci è simpatico.>>
<< Dici così solo perché si ostina a mettere i bastoni tra le ruote alla figlia.>>
<< E per cos'altro dovrebbe esserlo se no?>>
<< Non mi state minimamente aiutando.>> fece notar loro.
<< Lo sappiamo!>> gli risposero in sincrono.

Al sbuffo rassegnato alzando lo sguardo al cielo. Era pallido e basso, prometteva la stessa neve che già sporcava le strade di tutta Londra.
Quell'inverno così freddo pareva esser arrivato a pennello solo per rendere ancora più terribile il Natale. Al non lo soffriva troppo, anzi, quasi per niente, ma le sue piante non erano forti come lui e gli incantesimi di protezione non assicuravano una copertura così duratura e ampia. O almeno non come li lanciava lui, se invece avesse avuto un regolare permesso per coltivare quelle erbe magiche allora avrebbe potuto anche richiedere gli incantesimi del Ministero e delle serre convenzionate, ma molte di quelle piante erano illegali se coltivate da privati cittadini in ogni caso, quindi doveva affidarsi alla sua più che buona magia e continuare a fare i piccoli miracoli che faceva da cinque anni a quella parte.
Si estraniò dai discorsi delle sue adorabili amiche e scandagliò le vetrine davanti a cui passavano. L'idea di presentarsi a mani vuote e dire “scusa, ma visto che sono cinque anni che non mi rivolgi la parola non so proprio quali siano i tuoi gusti” era forte, ma affianco a quella parte di sé che inneggiava l'anarchia dei doni natalizi c'era anche la parte razionale che gli diceva quando non volesse darle l'opportunità di criticarlo ancora. Per di più non voleva fare una brutta figura con i signori Malfoy.
Quell'anno gli sarebbero mancati terribilmente i bei bigliettini anonimi di auguri, l'unico sprazzo di contatto che ancora si permetteva con sua cugina.
A bene pensarci se non gli avessero detto che i due erano andati a vivere assieme avrebbe fatto una doppia figura di merda: nel momento in cui a casa Malfoy e Weasley-Granger fossero arrivate le due lettere, che auguravano un felice natale a tutti i membri della famiglia, i rispettivi genitori si sarebbero resi conto che nella lista vi erano anche i figli. Quegli stessi figli che non vivevano più con loro.
Certo, oltre alla figuraccia si sarebbe goduto anche le urla di zia Hermione che litigava con Rose sul perché suo cugino ignorasse il fatto che non abitava più con loro. Si sarebbe perso l'occhiata gelida di Astoria e la semplice domanda “Tesoro, perché Albus ha mandato i suoi auguri di Natale per te qui e non a casa tua?”, ma quella se la sarebbe persa in ogni caso.
Gliel'avrebbero raccontata i gemelli Zabini in direttissima quando la madre, Daphne, la sorella di Astoria, avrebbe raccontato tutta concitata dell'increscioso “problema” sorto alla sorellina.
Perché il fatto che la Signora Zabini godesse di tutti quegli eventi da telenovelas come faceva la sua più che degna amica, la Signora Selwyn, era risaputo da tutti.
Magari avrebbe potuto invitare le due donne per un tea e farsi raccontare tutto da loro, senza passare per il filtro cinico di Daisy, per quello disinteressato di Marica e per quello ritardatario e scanzonato di Malachia.
Tutto ciò non sarebbe mai successo però, Albus aveva la malaugurata abitudine di mandare i suoi auguri esattamente una settimana prima di Natale e quindi non aveva avuto il tempo di sbagliare. Questo non significava che, a quella stupida cena, non si sarebbe dimostrato sorpreso e del tutto inconsapevole della bella nuova della dolce coppietta.
Sospirò, lasciandosi trascinare a destra e manca da quelle due bamboline arrampicate su tacchi stratosferici che le facevano svettare su di lui di dieci centimetri buoni. Era sempre stato un po' bassino, colpa di suo padre ovviamente, sia mai che un po' di geni Potter non li avesse dai anche a James, no, a suo fratello l'altezza Weasely e a lui niente, ma camminare tra due ragazza appena uscite da una boutique di alta moda, che sfilavano con sicurezza sulle pietra levigate delle stradine di Diagon Ally, portandoselo dietro come fosse un cucciolo, non era poi una cosa che gli andasse troppo a genio.
Le guardò entrambe di sottecchi, cercando di capire com'erano arrivate a parlare di uno dei colleghi di Marica, quando la sua attenzione fu catturata dalla vetrina di Mielandia.
L'apertura del famoso negozio in una nuova e scintillante sede, proprio vicino ai Tiri Vispi Weasley, aveva suscitato la gioia di molti. Al ancora se la ricordava l'apertura, avvenuta che aveva a mala pena nove anni, così come ricordava tutti i pomeriggi passati tra le fila di dolci e scatole colorate.
Proprio una di queste spiccava al centro della vetrina, bella e lucida, piena di decori natalizi.
Un rettangolo di forse trenta centimetri d'altezza, con il tappo stondato su cui spiccava una maniglia rotonda, era posizionato su un disco girevole, per permettere a tutti di ammirarlo da ogni angolazione. La latta di un azzurro violaceo era leggermente opaca, su di esser era disegnato un motivo di piume celestine, delicate come fossero vere.
Albus inchiodò di punto in bianco con gli occhi sgranati fissi sulla grande confezione di piume di zucchero, un edizione limitata aromatizzata all'acqua viola.
Marica e Daisy non ebbero bisogno di pensarci troppo o di scambiarsi uno sguardo: rafforzarono la presa attorno alle sue braccia e con un secco “no” lo trascinarono lontano da lì.
<< Andiamo ragazze! Solo una sbirciata! Sarò velocissimo!>> provò ad implorarle facendo resistenza.
<< Assolutamente no.>> disse la Selwyn con risolutezza, << L'ultima cosa che ci manca è un Albus sballato di zuccheri.>>
<< Ma sono un'edizione limitata! C'è scritto che saranno disponibili solo per le feste natalizie!>>
<< Nel modo più assoluto, no.>> parafrasò con sicurezza Marcia.
<< E la scatola? Non vedete quanto è bella? Starebbe divinamente in cucina da me!>>
<< Non ci fregherai neanche così, Potter. Il buon gusto fa un passo indietro contro la nostra salute mentale e lo stress che ci provochi quando mangi troppe piume.>>
<< Okay, okay. Allora facciamo così: >> insistette il ragazzo divincolandosi. << Entro, ne compro una sola e poi esco. Vi porto lo scontrino, così controllate. O meglio! Venite dentro con me!>>
<< NO!>>
<< Ma sono all'acqua viola!>>
<< A te neanche piace! E poi devi fare il regalo a tua sorella, alla Stronza e visto che ci siamo anche alle signore Malfoy.>>
A quell'affermazione Albus si arrese, abbassando la testa e sospirando. << Però per andare a cercare il regalo per Rose un po' di zuccheri mi servono.>> tentò un'ultima volta.
<< Albus, conosco almeno altri quattro modi per dirti in modo differente che assolutamente, in nessuna situazione, ci abbasseremo a farsi ingerire più glucosio di quanto tu già non faccia.>> lo sguardo severo di Marcia lo inchiodò facendogli storcere il naso.
<< Preferisco di gran lunga tuo fratello, quando torna Mal?>>
La ragazza alzò gli occhi scuri al cielo, ravvivandosi i capelli e sistemando il bavero del bolero. << Oh, certo, ora che ti serve mi domandi quando torna, però con Nott scommettete su come è morto.>>
<< La più quotata è ancora la morte per avvelenamento alimentare o è passata in testa quella da morso di serpente acquatico?>>
<< DAISY!>>

 

 

Seduto sul divanetto di pelle color testa di moro Albus attendeva con pazienza che le ragazze finissero di provarsi i vestiti che Madama McLain, o meglio sua figlia, aveva portato loro.
Tra le mani stringeva un pacchetto perfettamente confezionato dalla sarta in cui vi era una stola per Narcissa, che da quel che ricordava adorava drappeggiarsi quei lunghi scialle sulle spalle e fermarli con le sue belle spille antiche.
Era riuscito a trovare il regalo per sua sorella, una giornata nella Spa più famosa della street magica, un bel mantello pesante per sua madre e la solita, stupida, scatola piena di cianfrusaglie che lui e Jimmy si scambiavano ogni anno, ricolma di cose inutili ma divertenti che servivano solo a ridere e di cui, forse, solo un paio di oggetti erano degni di nota.
Alla lista mancavano sempre la Stronza, Lady Astoria e Montague, a cui però sapeva già cosa fare. Oh, e qualcosa di babbano per nonno Artur, anche quello, sì.
Reclinò indietro la testa sino a poggiarla sullo schienale e si domandò se per caso non dovesse far un regalo anche ai signori Malfoy, tutti e tre, o se bastasse farlo allo loro dolci (quasi tutte) metà.
Il problema con gente come loro era che potevano aver di tutto, qualunque cosa desiderassero, quindi era praticamente impossibile trovar qualcosa che gli mancasse. Certo, anche Astoria e Narcissa rientravano nello stesso modello, ma le donne, a detta di Albus, erano molto più facili da accontentare perché i loro spaziavano in ogni direzione e perché, soprattutto, spesso non ne avevano mai abbastanza di qualunque cosa.
Sì, aveva deciso, per Lucius Malfoy sarebbe bastato un buon vino, e c'era proprio un sommelier a cui aveva procurato una certa pozioncina che gli doveva un favore, gli avrebbe chiesto la sua bottiglia e si sarebbe fatto fare un ottimo prezzo. Per Draco invece avrebbe decisamente puntato su quella piuma in metallo che aveva visto a Manchester. Certo, era un oggetto babbano, ma con un paio di modifiche e qualche incantesimo ben piazzato sarebbe stata perfetta e poi il signor Malfoy, checché ne dicesse o sapesse la gente, adorava le penne stilografiche babbane.
Per Scorpius… Merlino, non lo vedeva da così tanto tempo che non sapeva più neanche che farli. L'ultima volta che gli aveva comprato un regalo di Natale… l'ultima volta neanche glielo aveva consegnato.
Aprì gli occhi fissando il soffitto decorato del negozio.
Era passato troppo tempo, probabilmente aveva cambiato i suoi gusti, forse ora odiava ciò che un tempo aveva amato, e poi che figura avrebbe fatto? Forse era meglio scegliere qualcos'altro o magari fare un regalo per la casa, ad entrambi, in un colpo solo.
Il periodo delle feste lo snervava ancor più di quanto non facesse il caldo soffocante dell'estate, i temporali primaverili e i venti autunnali. Il Natale gli risucchiava tutte le energie, era questa la triste realtà dei fatti. Anche se un tempo l'aveva tanto amato ora non faceva altro che dargli noie, problemi, dolori e rabbia.
C'era stato un periodo in cui festeggiare Natale era stato tutto ciò che aveva aspettato durante l'anno, quando era diventato abbastanza grande per scegliere di non tornare a casa, che il suo cenone sarebbe stato consumato alla lunghissima e per una volta unica tavolata della Sala Grande.
Probabilmente il suo ricordo più bello era legato a quel tavolo e agli amici che vi sedevano attorno, a sua sorella che era riuscita a convincere i genitori a farla restare, a James che aveva fatto lo stesso solo “per tenerli d'occhio”, quando invece si erano tutti messi d'accordo per passare un Natale solo loro, senza tensioni e problemi famigliari. Quando studenti di tutte le Case si erano mescolati e avevano riso e scherzato sino a tarda sera senza che vecchie e stupide dispute venissero a galla se non quelle su chi riusciva a mangiare più ali di pollo o ad infilarsi più marshmallow in bocca senza soffocare.
Gli mancavano quelle feste, quei momenti passati a pensar a nulla se non divertirsi.
Adrian aveva ragione da vendere, crescere era un'immane fregatura, era di gran lunga meglio rimanere piccoli per sempre, ignari dei mille problemi che gravavano fuori da quelle magiche mura.
Albus spesso pensava che sarebbe stato capace di andar a chiedere un posto come insegnate di pozioni solo ed unicamente per poter festeggiare ancora una volta il Natale ad Hogwarts. Invece quell'anno avrebbe dovuto festeggiarlo tra le mura fredde e aristocratiche di Malfoy Manor, circondato da tensione pura e spirito omicida e tanti auguri e cento di questi giorni!
Richiuse gli occhi e sospirò ancor più pesantemente: se le ragazze non fossero uscite dai loro dannai camerini entro due minuti si sarebbe addormentato e che Daisy non andasse a sparargli cazzate sul fatto che essendo bisessuale aveva in sé una metà d'animo gay e quindi doveva esser più propenso alle cose femminili. Gay o etero ad una certa tutti si rompevano le palle.
Grugnì ai suoi stessi pensieri, riaprì gli occhi, si guardò attorno, si tirò a sedere. Si sentiva annoiato ed inquieto, star tutto quel tempo fermo gli stava dando i nervi ed uscire da lì, chiedendo gentilmente alla commessa di avvisare le signorine che sarebbe andato a cercar altri regali nel frattempo, gli sembrò la soluzione migliore.
 

Camminare era sempre stata una cosa che l'aveva rilassato. Avanzare ad agio, un passo dopo l'altro, circondato dal brusio del mondo ma sostanzialmente solo nel proprio vagare lo faceva sentire meglio, lo aiutava a mettere in riga i pensieri, ad organizzare le cose.
Schivare la gente era un po' più difficile ora che non aveva più quelle due giganti munite di tacchi vicino, ma lo faceva mimetizzare meglio tra le persone, gli bastava abbassare la testa e lasciare che i capelli troppo lunghi gli nascondessero il viso ed impedissero a tutti di vedere i suoi maledetti occhi verdi.
Verdi come quelli di suo padre, come quelli di sua nonna. Lo stesso verde dei prati Irlandesi e delle colline Scozzesi. Era il colore della vita per molti, per tanti altri quello della morte, per tutti quello dell'invidia.
Quest'ultimo sentimento era forse quello che più gli si addiceva e che l'aveva animato dall'Aprile del suo sesto anno sino alla fine del settimo, quando stanco e arrabbiato, deluso ed un po' ferito, aveva gettato la spugna e si era arreso.
Perché Albus Potter, pensò mentre si fermava davanti alla vetrina del Ghirgoro a fissare la sezione babbana del negozio, era tante cose, ma certo non uno stupido e sapeva capire -ed accettare- quando era stato sconfitto.

 

 

 

 

 

 

Hogwarts cinque anni prima.
 

 

L'aria era fresca e frizzante, c'era ancora uno strascico delle ultime nevicate di quel gelido inverno che permeava ogni cosa, ma la luce del sole di Aprile era forte e calda. Era la classica giornata in cui rischiavi di scottarti senza rendertene conto perché il vento soffiava fresco e ti sollevava dalla calura bruciante di quei raggi così forti dopo tanti mesi di nuvole dense che ne schermavano la forza.
Seduto sul bordo della grande fontana nella piazza principale, Al si stava poco onorevolmente congelando il sedere, nell'attesa che tutti arrivassero al punto d'incontro.
O meglio: che gli ultimi due arrivassero al punto d'incontro.
Di fianco a lui Adrian stava giocando pigramente con il bordo della sciarpa, mentre Malachia, con le mani sprofondate nelle tasche e lo sguardo perso verso il terreno, batteva il piede ad un ritmo scoordinato.
I cugini Slewyn si erano proposti di andar a prendere qualcosa di caldo da bere e Marcia sbuffava annoiata, poggiata contro Montague che invece chiacchierava con Flint del più e del meno.
Avrebbero dovuto vedersi quasi mezz'ora prima, orario a cui tutti si erano attenuti, anche chi era sceso in paese in solitaria, senza aspettare il gruppo più nutrito. Dovevano solo prendersi qualcosa da bere assieme, parlare un po' passare la giornata come facevano ogni volta per poi dividersi, andarsi a fare gli affari propri e rincontrarsi il pomeriggio sul tardi, per un'ultima burrobirra prima di tornare a scuola. Com'era possibile che ben otto persone su dieci ci fossero riuscite e due sole si fossero perse? Due persone che, per altro, non condividevano neanche lo stesso dormitorio e che erano sempre puntigliosamente puntuali.
Quando quella mattina Scorpius aveva detto loro che sarebbe sceso dopo, che avrebbe aspettato Rose, Albus aveva storto il naso ma non aveva detto nulla. Si era sinceramente domandato quale fosse il motivo per tale scelta, mica c'erano dodici piazze e altrettante fontane ad Hogsmade, le indicazioni su orario e luogo d'incontro erano piuttosto chiare e Rose aveva giù partecipato alle loro “seconde colazioni” della domenica. Eppure non aveva fiatato, si era limitato a guardarlo per un lungo momento ed annuire.
Se solo non fosse stato così lesto a distogliere lo sguardo, sicuro che se l'avesse fissato un po' di più Scorpius avrebbe potuto leggergli in faccia tutto il suo disappunto, avrebbe scorto una scintilla di sensi di colpa e di dispiacere.
Che il suo amico sapesse già da principio che quella mattina non l'avrebbe passata con loro, che sarebbe arrivato in schifoso ritardo e che questo avrebbe provocato solo polemiche e litigi, Al non poteva dirlo, ma alla fine fu proprio ciò che successe.

Rimasero ad aspettarli per quasi un'ora, preoccupandosi anche che fosse successo loro qualcosa, finché Garrent non si era rotto le palle, aveva bloccato il primo Grifondoro che gli fu capitato sotto mano e gli aveva chiesto se avesse visto Rose e Scorpius.
La fortuna volle che la ragazza fermata fosse Denise Thomas, compagna di stanza di Rose e sua amica d'infanzia. La giovane guardò il Serpeverde stupita e poi ridacchiò maliziosa.
<< L'ultima volta che li ho visti erano schiacciati dietro una colonna ad amoreggiare, non credo che verranno all'appuntamento.>>
Al quelle parole non le aveva sentite, tanto era impegnato a discutere con Flint delle mazzate che Scorp si sarebbe dovuto prendere in testa per quel dannato ritardo che aveva fatto gelare il culo a tutti; ma Malachia e Adrian, così come Daisy che si voltò con una rapidità ed uno sguardo omicida da far invidia ad un gufo a caccia e Marcia che aveva seguito Montague sin dall'inizio, loro lo sentirono eccome.
Non glielo avevano detto, se ne erano usciti con una scusa come “hanno avuto un contrattempo con un prof, servivano due prefetti” e per tutta la giornata avevano continuata a tenere la bocca chiusa, prendendo solo da parte Patrik per metterlo al corrente della situazione.
<< Altro che mazzate sugli stinchi, se ne beccherà una dritta sul ginocchio, guarda se non gliela distrutto a rotula, tanto per volare le ginocchia non ti servono.>>

 

La situazione aveva sfiorato il ridicolo.
Albus aveva davvero creduto alle parole dei loro amici, l'aveva fatto così tanto che a sera, una volta tornati a castello, era andato a chiedere che guaio epico avessero combinato i più piccoli per costringerli entrambi a rimanere lì.
L'imbarazzo dei due, lo sguardo palesemente colpevole di Scorpius e quello invece più contento di Rose lo avevano spiazzato, facendogli accendere un campanello d'allarme nella testa.
Perché ancora una volta, Albus era tante cose ma non stupido.

Aveva capito che qualcosa non quadrasse, da come gli altri avessero sempre una soluzione per la scomparsa improvvisa di Scorpius, per tutte le volte che non andava a studiare con loro, per i turni che si faceva cambiare quando erano di ronda assieme. Così come non gli sfuggì il modo in cui a lezione Scorp avesse cominciato a sedere sempre vicino a sua cugina, come Daisy e Marcia si volessero invece sedere sempre vicino a lui e lo riempissero di chiacchiere non appena provava a sporgersi verso l'amico.
A tavola c'era sempre una discussione comune che gli impediva di parlare solo con Scorpius, Nott e Zabini gli si affiancavano neanche fosse la fottuta regina d'Inghilterra e non gli permettevano di sedersi vicino al biondo, bloccandolo tra loro due e distogliendo l'attenzione con l'auto di Conrad e Garrent. Persino Patrik Flint e Jonas Smith, entrambi suoi compagni di squadra, avevano preso l'abitudine di proporsi loro per gli allenamenti a coppie.
La sera, in Sala Comune, Scorpius c'era poco o niente. Tornava a tarda sera con la scusa delle ronde e di altre cazzate ed Albus, davvero, non sapeva più che pesci prendere.
Non capiva perché tutti si comportassero a quel modo, perché facessero di tutto e di più per non lasciarli soli, neanche fossero nemici giurati pronti a saltarsi al collo alla prima occasione.
Non lo capiva proprio, o meglio, non voleva capirlo.
Se anche i suoi amici provavano a nasconderlo, a distogliere la sua attenzione, Albus notava comunque i cambiamenti, lo sfiorarsi di mani quando nessuno li guardava, i sorrisi complici, l'allontanamento dal gruppo, un impegno che capitava sempre, per entrambi, quando dovevano vedersi tutti assieme. Aveva perfettamente capito che tra Scorpius e Rose c'era qualcosa, non voleva accettarlo pubblicamente forse, ma c'era arrivato da un pezzo, in sé. Ciò che proprio non riusciva a concepire era perché non dirglielo.
Insomma, era palese che tutti sapessero, che tutti non approvassero pienamente la cosa e che non volessero farglielo scoprire, ma perché?
Dio santo, neanche fosse una ragazzina con il cuore infranto, si stava parlando del suo migliore amico e di sua cugina, una cugina con cui per altro aveva anche recuperato i rapporti, non dell'amore della sua vita.
Era del tutto prevedibile quindi che un giorno avrebbe sbroccato malamente a tutti e li avrebbe obbligati a spiegarsi.

 

L'occasione era capitata una sera di inizio Maggio, quando Scorpius aveva il turno di ronda proprio lo stesso giorno di Rose, che coincidenza.
Al si era alzato dal suo letto, sul quale era seduto anche Conrad, si era avvicinato alla porta e sotto lo sguardo curioso dei suoi amici l'aveva chiusa a chiave.
<< Ora noi parliamo un po'.>>

L'inizio della fine, la fine dell'inizio o qualunque altra cazzata la gente avrebbe voluto sparare. Albus non aveva voluto sentir storie e alla fine gli altri avevano confessato: stringendosi nelle spalle Nott aveva solo detto che non voleva fargliela prendere a male.
<< Ma ti paio per caso un'eroina romantica pronta a struggersi l'anima per sta stronzata? Andiamo, a per chi mi avete preso? E soprattutto che cazzo vi passa per la testa? Pensate che non me ne sarei accorto?>>
<< Non dico questo, dico solo che non volevamo... mh… aiutino?>> chiese Adrian rivolto agli amici.
<< Non volevamo che ci rimanessi male.>> venne in suo soccorso Garrent, << Sapevamo che te ne saresti accorto, dopotutto Scorp è il tuo miglior amico, ma speravamo solo di fartela sentir meno sta' cosa, tutto qui.>>
<< Far sentir meno? Ma si può sapere che vai blaterando?>>
<< Quello che Montague sta cercando di dirti è che pensavamo che ti avrebbe dato fastidio.>>
<< Perché?>> chiese voltandosi verso Marcia.
La mora lo guardò con fare eloquente. << Davvero?>>
<< No, per finta! Marcia, dai!>>
<< Beh, se io sapessi che Garrent se la fa con mia cugina senza dirmi niente mi roderebbe il culo e anche parecchio.>> s'intromise Conrad indicando prima il suo miglior amico e poi Daisy.
<< Esatto, è tipo un po' un tradimento.>> incalzò Malachia facendo annuire gli altri.
Tutti tranne Daisy.
<< Quindi è per questo? Pensavate che mi sarei sentito tradito perché quei due stanno insieme e non mi hanno detto nulla?>>
<< Sì.>> dissero in cinque.

<< No>>
L'attenzione volò tutta sulla Selwyn, che scosse con veemenza la testa e mandò al diavolo il cugino quando le fece cenno di star zitta.
<< Non credo che te ne freghi qualcosa del fatto che stanno insieme e non credo neanche che ti darebbe fastidio nello stesso modo in cui ne darebbe a Cornad se fosse al posto tuo. Anzi, scommetto che neanche te ne frega molto, sbaglio? Non è il “fidanzamento” in sé, il problema.>>
disse sicura.
Albus la guardò per un lungo istante, poi annuì. << Mi da molto più fastidio che non me l'abbia detto. Da Rose potevo anche aspettarmelo, ma non capisco perché Scorp non mi abbia detto niente. Si vedeva lontano un miglio che si stessero avvicinando, e certo, non mi aspettavo una cosa scritta o un ufficiale “Albus posso chiedere il tuo permesso per uscire con tua cugina”, ma almeno un “ehi amico, ultimamente sto passando sempre più tempo con Rose e la cosa mi fa molto piacere” sarebbe bastato.>>
<< Specie visto che gli ha detto peste e corna dietro per cinque anni… >> borbottò Marcia prendendosi una gomitata dal gemello.
<< Chiudi quella bocca.>>
<< Ma è la verità! Gli ha vomitato contro per anni finché non si è resa conto che è diventato un figo di Morgana e allora si è sciolta nei suoi stessi ormoni ed è diventata improvvisamente mansueta. Fossi stata al posto di Al anche io mi sarei fatta girare, è normale essere gelosi.>>
Quella sola parola aveva fatto mugugnare e piagnucolare tutti quanti, tutti eccetto Albus che si era ritrovato ad osservare i suoi amici con tanto d'occhi.
<< Scusate? È questo che pensate? Che io sia geloso di loro?>> chiese sconvolto.
<< Ma no, non di loro. Solo di Scorp.>> spiegò Marcia peggiorando solo la situazione.
<< Mar!>> sibilò il fratello dandole uno spintone che la fece quasi volare fuori dal letto.
<< Non mettermi le mani addosso, deficiente e poi non è colpa mia se sono l'unica che ha il coraggio di dire ciò che tutti pensiamo. Albus, vuoi forse dirci che non è così?>>
Il moro scosse la testa frastornato, tornando a sedere sul suo letto.
<< Pensate che io sia geloso di Scorpius.>>
Gli altri annuirono.
<< Non mi avete detto niente perché pensavate che c'avrei sofferto.>>
Ancora assenzi.
<< Ditemi solo una cosa: se fossi stato etero vi sareste posti questo problema?>>
<< Erh.. ecco… >> Nott si morse il labbro in cerca della risposta giusta, probabilmente senza trovarla, << Tu e Scorp avete sempre avuto un rapporto un po' particolare… >> provò cauto.
<< Sì, al primo anno vi prendevate sempre per mano quando dovevamo correre a lezione.>>
<< Avevamo undici anni e lui aveva le gambe più lunghe delle mie, mi trascinava per questo mi prendeva per mano!>>
<< Dormite insieme quando siamo tutti nella stessa stanza.>> disse Malachia.
<< Questo perché non ci sono abbastanza letti. Tu lasci sempre il tuo alle ragazze, Scorp lascia il suo a Conrad e Garrent e così voi due venite a dormire con me e Adrian! Che vuol dire? Che voi due avete un rapporto segreto, così come Gar e Conn o come Mar e Daisy? Non dire cazzate!>>
<< Io e Gary però non dormiamo abbracciati.>> gli fece notare Selwyn.
<< Se è per questo io non faccio il bagno con Scorp come 'sti due cretini.>> disse Albus indicando i compagni di stanza.
Malachia alzò le mani in segno di resa. << Siamo amici d'infanzia, sai quante volte è capitato che le nostre madri ci costringessero a far il bagno assieme perché c'eravamo rotolati nel fango?>>
<< Non mi pare una valida argomentazione!>>
<< Sì che lo è!>>
<< RIMANE IL PUNTO!>> urlò sopra tutti Daisy, << Rimane il punto che tu e Scorp siete sempre stati molto affiatati e sì, forse non c'è mai stato nulla di romantico tra di voi e noi abbiamo solo preso un'enorme cantonata, ma abbiamo avuto paura che potessi rimanerne ferito.>>
Glielo disse con tutta la fermezza, la sincerità e la delicatezza di cui era capace e Albus non poté controbattere.
La verità era che rendersi conto di come Scorpius gli avesse tenuto nascosta una cosa del genere l'aveva davvero ferito, più di quanto non avrebbe voluto ammettere neanche a sé stesso.
<< Te l'ho detto, ci sono rimasto male solo perché non mi ha detto nulla.>>
<< Solo per quello, Al?>> provò piano Conrand poggiandogli una mano sulla spalla. << Senti, non saremo bravissimi a fare quei discorsi a cuore aperto come i Tassorosso o quei coglioni di Grifondoro,>> disse strappandogli un sorriso perché sì, i Tassorosso erano davvero i migliori nei discorsi a cuore aperto e i Grifondoro erano davvero dei coglioni, lui ne aveva una famiglia piena, poteva confermare. << ma per questa volta ci impegneremo, okay? Niente prese per il culo, niente da rinfacciare nei secoli a venire e amen. Sei sicuro che sia solo quello che ti ha dato fastidio?>>
Albuso guardò l'amico, i suoi freddi ma lucidi occhi azzurri e poi fece una smorfia senza sapere cosa rispondere.
<< Non sono una dama ferita, ve lo ripeto.>>
<< Non stiamo dicendo questo, solo che, magari, c'è qualcosa in più tra di voi e tu non te ne sei mai reso conto… >>
<< Perché? Secondo voi è così?>> indagò curioso.
Adrian, nel letto davanti al suo, si strinse nelle spalle. << Forse, insomma, te l'abbiamo detto, avete sempre avuto un rapporto un po' particolare, persino la tua ex, Olive, era gelosa di Scorp, e pure la sua di ex era gelosa di te.>>
<< La cosa è un po' ambigua.>> annuì Malachia.
<< Lo è solo perché sono bisex, se non fosse così non ve le sareste fatte tutte queste seghe mentali.>>
<< Forse, okay, magari non ce le saremo fatte, però tu pensaci bene.>>
<< Nott, se continui di questo passo mi ci farai credere anche se non è vero.>> brontolò Al ormai esasperato.
<< E non lo è?>>
<< No, non lo è.>> disse allora sicuro. << Voglio un bene dell'anima a Scorp ma tra di noi non c'è mai stato nulla di più di questo, amicizia. Che alla gente paia così o meno.>>
<< Sarà.>> disse il ragazzo facendo spallucce, << Ma quando mi sono fidanzato io con la Parker e non vi ho detto niente nessuno di voi l'ha pensato fosse necessario nascondere la cosa a qualcun altro. E nessuno l'ha presa male come te.>>
<< Non l'ho presa male!>>
<< Al?>> la voce di Garrent si rifece sentire dopo tanto che aveva taciuto, l'amico lo fissò dritto negli occhi e poi semplicemente disse: << Sono tre settimane che non vi parlate.>>
<< Sono tre settimane che non ci fate parlare.>> precisò lui.
<< Sono tre settimane che lo cerchi con lo sguardo ovunque ma che lui scappa sempre. Noi cerchiamo solo di non fartelo notare e di distrarti. Se solo potessi vederti in faccia ogni volta che accampa una scusa diversa capiresti perché siamo così preoccupati.>>
Quelle parole avevano sancito la fine della discussione per quella sera.
Ragazzi 1- orgoglio ferito di Al 0.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

III

 

1 Giorno a Natale.

 

Impacchettare per bene ogni regalo era una cosa che gli aveva insegnato a fare suo padre.
Quando era piccolo ne aveva fatti a centinaia di quei magnifici e perfetti pacchetti, sua zia Petunia pretendeva che fossero belli come usciti da un film di Natale e Harry aveva imparato ad eseguire quelle pieghe e quegli involti proprio in quel modo.
Al aveva fatto regali per tutti quell'anno, ognuno singolarmente, forse per perdere tempo e non pensare a come avrebbe passato il Natale.
Nonna Molly era stata molto contrariata del fatto, con voce lacrimosa aveva detto che era così che si cominciava, andando a festeggiare una festa a casa degli altri per poi dimenticarsi della propria. Se persino la vigilia ci si perdeva di vista quando si sarebbero ritrovati tutti assieme come un tempo? Era riuscita a tenersi vicini tutti i figli e ora erano i nipoti a distruggere quella tradizione?
Se Al avesse ghignato malignamente nel sentire quelle parole o nel vedere come zia Hermione cercasse di assicurare a Molly che, non sarebbe stato così, che era capitato solo quell'anno, mentre sua madre gli dava manforte e zio Ron faceva il melodrammatico moccioso di cinque anni battendo i piedi ed impuntandosi perché Molly aveva ragione, non potevano distruggere così le tradizioni decennali degli Weasely, beh, nessuno avrebbe potuto dirlo con certezza.

In piedi davanti allo specchio del bagno di casa sua, intento a scegliere quale cravatta si abbinasse meglio al suo maglione, Al sospirò pesantemente, già stanco di quella giornata che doveva ancora iniziare.
Si era svegliato con il piede sbagliato, aveva dormito male ed era quasi inciampato sulla coperta di Bilbo, il gufo postino che alla fine aveva adottato perché non voleva più andarsene da casa sua.
Il racconto di come fosse dovuto andare all'ufficio postale a denunciare il fatto, come gli addetti gli avessero detto che quel gufo era scorbutico e di come, colto nel vivo del proprio cuore di due taglie più piccole giusto per il Natale e ugualmente scorbutico, Albus avesse chiesto se poteva adottarlo, se lo sarebbe tenuto di riserva per quella sera.
Sbuffò infastidito nella direzione del volatile che se ne stava bellamente appollaiato sul braccio della doccia, appeso a testa in giù neanche fosse un pipistrello.
<< Se mi fissi così mi metti pressione, non sceglierò cosa mettermi più in fretta in questo modo.>>

Bilbo, detto anche il demoniaco pennuto da James che si era ritrovato due belle beccate sulla mano alla prima volta che aveva provato a toccarlo, per tutta risposta brontolò un bubolare forte e cupo del suo “uh-uh” migliore.
<< Grazie bello, come ho fatto senza di te per tutto questo tempo? Dovevo chiamarti Smeagol, altro che Bilbo.>>
Uscì dal bagno marciando verso la camera, ignorando l'albero completamente verde sotto cui erano accatastati tanti pacchetti altrettanto verdi e si infilò in camera sua.
Sembrava una donna in crisi d'abito o come diavolo di diceva, che se ne andava a destra e sinsitra provando abbinamenti e sbuffando infastidita nel non trovare qualcosa che la convincesse.
Il suo maglione grigio ferro, quello con i classici ricami natalizi bianchi, gli offriva la possibilità di scegliere una cravatta di qualunque colore, tanto anche la sua camicia era bianca, era matematicamente impossibile mettersi qualcosa che fosse un cazzotto ad un occhio. Eppure non riusciva a trovare nulla di accettabile.
Di solito a Natale vestiva di verde solo ed unicamente per infastidire suo fratello che invece, fin da quando era entrato ad Hogwarts, si ostinava a mettersi stupidi maglioni rossi ed oro. E non è che i suoi di maglioni fossero più intelligenti, sia ben chiaro, anche lui aveva le sue belle renne ed i motivi geometrici, ma il verde pino e l'argento gli sapevano decisamente di più classe rispetto a quell'orgia di toni di rosso che James ammucchiava assieme. Per altro, la scelta dei maglioni, si sposava con la sua testardaggine nel voler incartare i regali solo con carte verdi e fiocchi argentei, altro motivo di fastidio per il fratello che si vendicava incartando il suo di regalo di oro e rosso.
Erano stupidi, lo erano veramente tanto, soprattutto perché si tenevano attaccati a questa tradizione anche ora che non andavano più a scuola, ma quella volta non si trattava solo di ripicche infantili su Case e orgoglio personale.
Per una volta aveva la possibilità di indossare colori che avrebbero trovato approvazione anche negli altri commensali, senza ricevere battutine su come fosse “vestito da serpe”.
Ugh, doveva dire a James di non uscirsene con questa storia o Malfoy Senior l'avrebbe ucciso sul posto.
Forse però sarebbe sembrato un lecchino se si fosse presentato in quel modo?
Oh, al diavolo! Tanto sua cugina avrebbe trovato ugualmente di che ridire, sia che si presentasse come suo solito sia che evitasse di farlo.
Deciso e convinto delle sue stesse parole aprì l'armadio e cercò una bella cravatta sui toni del verde smeraldo, ricordava distintamente di averne una proprio di una bella sfumatura cupa, lucida di seta, sarebbe stata perfetta!
La trovò quasi sotto a tutte le altre, nella sua scatola nera e pregiata. L'accostò al maglione ed annuì soddisfatto apprestandosi ad annodarla con precisione. Sì: era decisamente la cravatta giusta.
Ora doveva solo venir a ragione dei suoi capelli, prendere tutti i suoi bei pacchetti verdi, messi sotto il suo bell'albero verde, indossare il cappotto scuro e la sua sciarpa verde e cercare di non ripetersi ancora i mente la parola “verde” perché stava cominciando ad abusarne, decisamente.

Si sistemò i capelli alla ben e meglio, spingendoli indietro e pettinandoli con cura per dar almeno l'impressione di averci provato seriamente. Poi si infilò il giaccone lungo e nero, felice del suo interno foderato in pelliccia e dell'ampio cappuccio sfoggiava, i regali di Marica erano sempre i più eleganti ed utili. Si mise davanti allo specchio per sistemarsi anche la sciarpa di lana pesante e poi, con un colpo di bacchetta, fece levitare tutti i regali.
Davanti a lui sfilarono una serie di pacchetti di varie dimensioni ma tutti sui toni dello stesso colore che no, non avrebbe rinominato anche se ci stava già ripensando, dannazione!- Le scatole si divisero ordinatamente in più gruppi, quelli per i suoi amici, che ritornarono sotto l'albero per fiondarsi nel camino al giusto momento e comparire magicamente dai loro proprietari sparsi per il mondo; quelli per i suoi famigliari che avrebbe visto il giorno dopo e che, ugualmente sarebbero saltati tra le fiamme verdi – non poteva evitare di pensarlo qui- anche loro al momento opportuno; ed in fine quei tredici regali che avrebbe dovuto consegnare lui stesso ad ognuno dei commensali di quella grottesca cena.
Rimase però a fissarne un quattordicesimo, che galleggiava a mezz'aria come faceva quasi tutti gli anni.
Albus lo metteva sotto l'albero ad ogni Natale, forse pensando che quella sarebbe stata la volta buona per consegnarlo, ma poi tentennava e lo lasciava lì, solo a terra, finché non era ora di smontare le decorazioni e pensare alla prossima festività.
La carta che avvolgeva quel pacchetto rettangolare e fine era leggermente diversa dalle altre, forse perché per una volta di verde c'era solo il fiocco e la carta era invece grigio acciaio, invertendo così la solita cromaticità che ogni regalo fatto da lui aveva.
Il colore però era leggermente sbiadito, per quando Al lo avesse sempre tenuto dentro l'armadio come ogni buon regalo da nascondere, si vedeva che era più vecchio degli altri e forse non era stato una buona idea fargli vedere ancora la luce.
Ma ormai era lì, aveva la possibilità di sbarazzarsene una volta per tutte e comunque, in ogni caso, non aveva niente da perdere.

Un movimento pigro del polso e i regali divennero tutti abbastanza grandi da infilarsi nel taschino interno del cappotto.
Spense le luci e rimase a fissare tutte le decorazioni che brillavano fuori dalle finestre. Stette immobile per una manciata di secondo mentre dentro di sé il bambino che era stato un tempo tornò a piangere di voler rimanere a casa, lo studente a mangiarsi le pellicine per l'ansia da prestazione. Fu solo un attimo però, poi scosse la testa, chiuse persiane e tende, inserì gli incantesimi di protezione e salutò Bilbo il Malvagio che si era riappropriato della sua cuccia nella Coppa di Quidditch.
<< Buona Natale bello, tu che puoi passa una serata tranquilla.>>
Senza neanche un rumore si smaterializzò fuori da casa, dritto in pasto alla bestia.

 

 

 

 

 

 

 

 

Quattro anni prima.

 

 


<< No, io- Non sto dicendo che non mi va bene!>> disse alterato a quel punto, muovendo le mani senza sapere dove metterle.
<< E allora qual è il punto?>> gli chiese Scorpius con la stessa foga che stava animando lui.
<< Volevo solo esserne partecipe! Dannazione non mi hai detto nulla!>>
<< Non sei mia madre, Al, non devo venire a dirlo a te che cosa voglio fare della mia vita.>>
<< Pensavo di essere il tuo migliore amico! Io te lo dico cosa voglio fare, ti parlo delle mie idee e dei miei piani per il futuro! Non prendo decisioni su due piedi così, a cazzo!>>
<< Non ho preso decisioni su due piedi e non le ho prese tanto meno a cazzo! Ed il fatto che tu vada a dire a chiunque cosa vuoi fare uscito di qui non implica che lo debba fare anch'io. >> gesticolò il biondo alzando le mani al cielo.
L'espressione di Albus si fece più dura. << Non vado a dirlo a tutti, io di solito di queste cose parlo con te e i ragazzi, con i miei amici. Non usare quel cazzo di tono con me.>> gli disse serio.
Detestava quando le persone lo facevano passare per un moccioso che non capiva nulla, che batteva i piedi e non andava più un là del suo naso. Era una cosa che davvero non sopportava e Scorpius lo sapeva, lo sapeva perfettamente.
Lo vide infatti vacillare un poco ma poi riprendersi, alzando il mento proprio come faceva suo padre quando voleva rimanere della sua opinione anche se aveva capito d'aver sbagliato.
<< Ne ho parlato con qualcuno, non sono così stupido da buttarmi in qualcosa del genere senza aver prima chiesto consiglio.>> gli disse infatti cambiando approccio.
Al sospirò, chiudendo gli occhi e passandosi la mano sul volto: bene, almeno non aveva deciso di andare ad ammazzarsi senza aver sentito il parere di qualcuno.
<< Con chi hai parlato? Con Vittius? Con la Preside? Di solito è sempre molto disponibile per parlare dei futuri extrascolastici, soprattutto se si parla di lavori di Ministero. Mi auguro che tu abbia chiesto informazioni anche a Barnabes, si presume che il professore di Difesa sia il più informato su questo fronte.>> cercò di calmarsi, di fare dei respiri profondi e di comportarsi da persona matura. Ma il silenzio dell'altro lo costrinse ad aprire gli occhi e fissarli in quelli grigio-azzurri dell'amico.
Sensi di colpa, altri sensi di colpa. Scorpius sapeva di aver sbagliato di nuovo e non aveva il coraggio di dirglielo.
Con una smorfia divertita Al cercò di stemperare la tensione. << Dimmi che non l'hai deciso dopo aver avuto una visione dalla Cooman. Per Merlino Scorp, quella si fa di oppiacei pesanti, non devi darle retta!>>
Il biondo però non rise, non accennò neanche ad un sorrisetto. Tenne lo sguardo perso nel vuoto e poi bisbigliò a mala pena qualcosa.
Qualcosa che congelò il sangue nelle vede ad Albus e gli fece sperare vivamente di aver capito male.
<< Come?>> chiese con voce gracchiante.
<< Ne ho parlato con Rose.>>

BUM.

 

Se si era sentito un rumore forte per tutta Hogwarts era il colpo di pistola che Scorpius aveva appena sparato in pieno petto all'amico.
<< Come?>> chiese ancora, senza riuscire a dir altro.
<< Ne ho parlato con lei. Dice che mi ci vedrebbe benissimo a fare l'Auror, che secondo lei sarei perfetto e che è un lavoro che da tanta soddisfazione. È uscito fuori mentre discutevamo dei nostri studi fuori da qui… se lei riuscisse a diventare avvocato e io fossi un Auror saremmo una coppia inarrestabile.>> disse con voce bassissima.
Albus lo guardò senza riuscire a vederlo davvero, senza riuscire a sentire nulla che non fosse l'eco infinito di quella frase condita con troppi “lei”, “ha detto”, “crede”, “pensa”. Tutto Rose, faceva tutto Rose in quella coppia, persino pensare.
<< E tu?>> provò debolmente.
<< Io cosa?>> domandò Scorpius senza capire, forse non aspettandosi una risposta del genere.
<< Tu cosa pensi?>>
Il ragazzo sgranò gli occhi, boccheggiando in cerca di una risposta che, Al lo sapeva, non aveva.
Un modo di rabbia gli scosse il petto, Albus fece un passo avanti, minaccioso anche nel suo metro e sessantacinque scarso, con le braccia rigide lungo i fianchi ed i pugni serrati,
<< TU, cosa pensi di tutto ciò? Che ne pensi dell'idea di andare a far un lavoro che non ti permetterà di star a casa come una persona normale, che ti costringerà a turni sfiancanti, ad allenamenti serrati e pericoli costanti? Che ti farà saltare i weekend in famiglia ed i compleanni dei tuoi figli? Che ti costringerà a spiegare a tua madre che no, non puoi festeggiare il Natale con loro perché sei di scorta da qualche parte e che non puoi ricevere e mandare lettere perché sei in missione? Cosa ne pensi della maledizioni che rischierai di prenderti quando rincorrerai maghi oscuri di ogni libra, delle giornate al San Mungo o in un ospedale di qualche paese sperduto di cui non conosci neanche la lingua ma in cui sarai costretto ad andare durante gli inseguimenti extra-continentali? Uh? Tu, Scorpius Malfoy, TU, che ne pensi invece?>>
Scorpisu indietreggiò ad ogni domanda, ad ogni punto. Al lo vide deglutire a vuoto e stringere i denti, un blando e sbiadito riflesso della propria rabbia si accese dentro all'amico, ma non era neanche lontanamente forte come quello che il moro covava in petto.
<< Me l'aveva detto. Rose mi aveva detto che non dovevo dirti nulla perché se no avresti cercato di farmi cambiare idea.>> lo accusò senza vergogna.
Al sgranò gli occhi proprio come prima aveva fatto l'altro, ma la scintilla di magia che illuminò le sue iridi non prometteva stupore quando furia.
<< Davvero? È questo che ti ha detto? Che ti avrei fatto cambiare idea? Oh, ma come mi conosci bene, Scorpius, davvero bene, sei proprio il mio miglior amico. Allora facciamo così, visto che ti avrei fatto cambiare idea chiedendoti cosa Tu pensi di questa storia, dimmi un po' cosa ne pensa la tua cara Rosie del tuo sogno di diventare Direttore del Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici?>>
Malfoy storse il naso, lasciando cadere le spalle e voltando la testa di lato.
<< Crede che sia una baggianata, che posso ambire a molto di più… >>
<< Dio Santissimo Scorpius! Ma ti senti? È da quando ti conosco che dici di voler entrare in quel dipartimento! Di voler studiare tutti i fenomeni magici che avvengono tra i babbani e che i problemi derivati dalla magia involontaria sono i più interessanti e divertenti! E adesso invece vuoi diventare Auror? Sei serio? Ma vuoi diventarlo tu, o è Rose che vuole un fidanzato Auror?>>
A quella domanda l'altro riportò la sua attenzione si Albus, mantenendo la mascella serrata e lo sguardo furente.
<< Non è come dici tu!>>
<< Oh, no, per carità divina! Sei solo tu che un giorno, dall'oggi al domani, ti sei alzato e hai deciso di buttare nel cesso anni di preparazione e sogni per seguire una carriera che hai sempre schifato perché troppo pericolosa e non adatta a te.>> gli fece il verso.
<< Sì, esatto, è una mia scelta! E se non ti sta bene non sono affari tuoi, di cosa faccio della mia vita non ti devi interessare!>>
<< Sei il mio cazzo di migliore amico! Ti voglio un bene dell'anima, non posso non interessarmi a quello che fai se decidi di andare a morire perché la tua ragazza vuole che il vostro futuro si concretizzi come Lei ha deciso! Se fosse stata davvero una tua idea ti avrei dato il massimo del mio appoggio, ma così no- >>

<< E CHI LO VUOLE IL TUO APPOGGIO!>>
Il grido a pieni polmoni che Scorpius lanciò fu probabilmente udito da tutto il sotterraneo e lo lasciò senza fiato per un attimo. Poi tornò alla carica.
<< Dici che lo fai per me, che mi vuoi bene e tutte quelle puttanate lì, ma a me sembra proprio il contrario. La verità è che non ti va bene che io stia andando avanti, che abbia al mio fianco una persona che mi ami ed un futuro diverso da quello che abbiamo ideato da bambini! Beh! Notizia dell'ultima ora Potter: La gente cambia! Va avanti! Cresce! E se tu invece non ci riesci, se rimani indietro a rincorrere i tuoi sogni infantili non vuol dire che lo debba fare anche il resto della gente! Rose ha ragione, non te ne frega un cazzo del mio essere felice o voler fare qualcosa di grande, sei solo invidioso marcio di quello che Io ho e tu non hai. Hai sempre odiato tua cugina e ora che sta con me mi dai contro solo per dar contro anche a lei! Cresci dannazione! Non ho bisogno che tu mi tenga la mano, che mi dica se ciò che sto facendo è giusto o sbagliato, non devo dirti niente, non ti devo niente! E se voglio fare l'Auror allora lo faro, che ti piaccia o meno! Per quanto mi riguarda le tue belle parole puoi anche mandarle a 'fanculo perché più che i mio migliore amico mi sembri solo un egoista del cazzo!>>

 

Il silenzio era stato pensate e denso, come le parole che erano appena state dette.
Il fuoco che bruciava dentro il petto di Albus si ritirò spegnendosi in un solo colpo. Il dolore del tradimento non era mai stato così forte come in quel momento, così terribile, così faticoso da sopportare.
In un'altra situazione gli avrebbe urlato contro. Se quella discussione fosse avvenuta un anno prima avrebbero continuato a sbraitarsi addosso sino a finire a far a pugni. Finita la foga si sarebbero ritrovati stesi sul pavimento a riprendere aria, ognuno di loro avrebbe rifiutato l'aiuto dell'altro ma poi sarebbero stati meglio, avrebbero avuto dentro meno rabbia cieca e sarebbero stati in grado di ricominciare a parlare, di affrontare il problema.
Albus lo sapeva, Scorpius lo sapeva.
Malfoy si aspettava che da un momento all'altro Al gli saltasse contro, pronto a picchiarlo a sangue sino ad aver ragione, ma c'era qualcosa di inquietante negli occhi verdi di Albus, qualcosa che gli suggeriva che quella non volta non sarebbe stata come le altre. Che nessuna volta sarebbe stata come le altre.
Al non disse nulla, la luce spenta nelle iridi cupe. Rilassò le mani, svuotato di ogni energia risucchiata da un buco nero al sicuro nella sua cassa toracica.
Incedette verso di lui e Scorpius, forse, non ebbe mai così paura di quello che era stato il suo più caro amico sino a quel momento.
Ma Albus neanche lo sfiorò, neanche lo guardò, passò solo oltre per arrivare alla porta della loro stanza, di quelle quattro mura che una volta erano state il suo porto sicuro.
<< Va bene. Buona giornata.>>

 

Quando la porta si richiuse Scorpius crollò a terra stremato dalla tensione accumulata. Oltre la solida lastra di legno il rumore di una grande quantità di magia rilasciata tutta assieme fece tremare i corridoi.
Albus e Scorpius non si parlarono più e se nelle notti a venire Al chiese asilo politico a Conrad e Garrent nessuno ebbe nulla da ridire.

 

 

 

 

IV

 

5 Ore a Natale.

 

 

 

 

Si era smaterializzato davanti a casa sua, o meglio, dei suoi, trovandoli tutti sul vialetto ad aspettare probabilmente che sua madre controllasse di aver chiuso tutto come sempre.
Lily se ne stava tutta ritta sui suoi tacchi altissimi, neri ed eleganti come il cappottino blu marina che indossava. I capelli aranciati erano un perfetto contrasto di colore e si abbinavano alla zazzera dello zio Ron, tutto imbronciato, probabilmente dopo aver perso l'ennesima battaglia contro la moglie per sabotare la cena, e con quella di Hugo, che aveva proprio la faccia di uno che moriva dalla voglia in infilarsi in una trappola per orsi come si preannunciava la serata.
Fu proprio il cugino il primo a vederlo, svettando con il suo bel metro e ottantacinque su tutti gli altri. Diede una pacca sulla spalla a James e lo fece voltare verso di lui.
<< Ohi! Ce l'hai fatta alla fine!>> disse ad alta voce
Nel vederlo Ron fece una smorfia contrita. << Al, anche tu? Perché sei venuto? Se mancavi non saremo mai potuti arrivare a quel postaccio.>> si lamentò. << Non che abbia qualcosa contro di te.>> recuperò subito all'occhiata sbieca della moglie.
<< Temo che sarebbe comunque venuto qualcuno a prendervi.>> gli fece notare avvicinandosi per salutare.
Nel mentre sua madre era uscita di casa, annunciando che era tutto al proprio posto.
Hermione sospirò. << Ho dovuto fare il giro di casa diciotto volte ed impastoiare Ron per non fargli accendere il gas o Merlino sa cosa. Preferirebbe far esplodere casa pur di avere una scusa per scappare dalla cena con i Malfoy.>> disse a bassa voce alla cognata.
Ginny annuì. << E chi non vorrebbe?>>
<< Oh, per favore Gin, non mettertici anche tu. Già devo combattere contro Don Chisciotte, qui, non ho bisogno di altri mulini a vento. Che ci piaccia o no quella presto sarà anche la famiglia di Rose e- >>
<< Nooo… 'Mione ti prego, non dirlo ad alta voce, per favore…. >> piagnucolò ancora il rosso.
<< Sì, 'ma, così porti sfiga.>> gli diede manforte il figlio.
Harry intanto si era allontanato da quel quadretto che, visto dall'esterno e senza conoscere le storie pregresse delle due famiglie, poteva apparire anche molto divertente, e si accostò al mezzano dei figli.
<< Pronto per quest'avventura? Dobbiamo impedire un omicidio e mantenere la calma.>>
<< Se la tua paura è che zio uccida il signor Malfoy o vice versa, mi offro io come cadavere.>>
Harry sorrise, << Di la verità: quella di fingerti morto era una delle possibilità per scampare alla cena?>> domandò sapendo già la risposta.
Albus grugnì. << Prima c'erano la Spruzzolisi, il Vaiolo del Drago, qualche osso rotto, amnesia improvvisa e rapimento. Ma sì, l'ultima era la finta morte. Sarei volato nelle Filippine da Malachia e sarei rimasto lì fino alla fine delle vacanze. Poi avrei finto un'amnesia da trauma cranico dovuto a rapimento e sarei tornato in patria.>>
Suo padre gli diede una pacca consolatoria sulla spalla. << Bel piano, ma ora che me lo hai detto non potrai più metterlo in pratica.>>
<< Se, come no pa', lo so che me lo ruberesti tu e che, in caso decidessi di usarlo, non mi tradiresti in modo così barbaro.>>
<< Concesso.>> sorrise ancora l'uomo. << Forza, prima iniziamo prima finiamo.>> aggiunse alzando la voce.
<< Non è vero! Questa volta prima arriviamo e più dura il supplizio!>>
<< Ronald! Smettila di frignare!>>
Con un sospiro sconsolato Albus distese le braccia davanti a sé per permettersi a tutti di reggersi e lasciarsi guidare nella smaterializzazione congiunta.
<< Ron, ricordati che siamo tutti uniti e che se ti spacchi tu ci spacchiamo tutti.>> disse Ginny stringendo un braccio attorno a quello del marito ed una mano sul polso del figlio, già impegnato a reggere quella di Hugo.
Hermione annuì alle parole dell'amica rafforzando la stretta sul marito. << Jimmy tieni stretto tuo zio.>> intimò al nipote.
Per tutta risposta il ragazzo afferrò la spalla del fratello e guardò lo zio con dispiacere. << Scusa zio, ma se ti lascio scappare me la vedrò davvero nera.>>
Quando anche Lily ebbe stretto le braccia attorno alla vita del fratello, abbracciandolo da davanti, Albus chiuse gli occhi e si smaterializò portandosi dietro tutti e sette i suoi famigliari.
Con un certo orrore si rese conto di non aver dovuto neanche ripescare nella memoria la posizione del Maniero, era stata la cosa più naturale che avesse fatto quel giorno.

 

 

 

 

 

 

 

 

Quattro anni prima.

 

 

Aveva socchiuso poco la porta e aveva sbirciato al suo interno, nella stanza non c'era nessuno se non Raganella, il gratto soriano di Malachia.
Al entrò di soppiatto neanche fosse un ladro, neanche quella fosse camera di quattro sconosciuti e non la sua. Si avvicinò al proprio baule e vi rovistò dentro alla ricerca dei regali per i suoi genitori e per James.
Quel Natale, così come quello precedente, l'avrebbe passato ad Hogwarts, non aveva la minima intenzione di rinfilarsi in un clima teso e avvelenato com'era tornato ad essere quello tra lui e Rose. Era bastato così poco, una piccola ed insignificante parola detta per sbaglio, un accenno alla stupidissima carriera al Ministero che Scorpius
non avrebbe intrapreso e puf! Sei anni d'amicizia ed uno di tregua per poi veder tutto distruggersi in quel modo.
Non voleva pensare al fatto che avesse sperato, avesse davvero creduto, che i rapporti con sua cugina si fossero finalmente appianati, né che quelli con il suo migliore amico, pardon, ex amico fossero precipitati in quel modo. Doveva solo prendere i regali per i suoi, arrivare alla gufiera per spedirli e poi tornare nella camera che ormai colonizzava da un mese abbondante per fare i compiti assieme a Garrent.
Poggiò i regali per gli uomini di famiglia a terra e infilò il braccio nel baule magicamente ingrandito per trovare quel libro di quiddich che Nott era riuscito a procurargli sottobanco. Sentì qualcosa di rettangolare e vi strinse attorno la mano, tirando fuori vittorioso l'involto.
Il sorriso soddisfatto si perse quando vide il colore di quella carta: grigio come l'acciaio ma satinato, con un nastro verde scuro a chiudere il tutto in un fiocco a coccarda.
Rimase a fissarlo per un po' e poi lo poggiò a terra vicino agli altri, rimettendosi a cercare quello di sua madre.
Avrebbe consegnato il dannato regalo anche a lui, glielo aveva fatto mesi prima, allora incredulo dell'enorme fortuna avuta, non se lo sarebbe tenuto a prender polvere, non se ne faceva nulla, lui. Dopo di quello avrebbe ripreso a non rivolgergli la parola e questo era quanto.

Marciò fuori dalla stanza, lungo i corridoi petrosi e la sua amata Sala Comune che ultimamente lo vedeva sempre più spesso, ospitandolo ed aiutandolo ad evitare la propria camera. Oltrepassò l'arco e si diresse sicuro verso la Sala Grande dove sapeva che di solito Scorpius si fermava a studiare, perché non sopportava il silenzio opprimente della biblioteca ma aveva anche bisogno di non aver troppa gente attorno. Gli serviva il giusto quantitativo di rumori di sottofondo e di solitudine, Scorpius. Chissà se Rose se n'era mai accorta o se lui glielo aveva detto, sua cugina, da brava so-tutto-io qual'era studiava sempre in biblioteca e odiava la gente che ragionava a voce alta mentre studiava.
Era quasi arrivato al primo piano quando delle voci concitate e conosciute lo fecero bloccare ed appiattire contro la parete, al sicuro nell'ombra delle scale.

 

<< Davvero, Scorpius? Ti rendi conto di che cosa ridicola sia?>>
<< È una passione, un passatempo, tutti ne hanno, che problema ti da?>>
<< Non potresti avere un passatempo un po' più costruttivo? Se invece di leggere quella roba ti applicassi di più ai libri di testo potresti avere i giusti voti per entrare all'accademia. Scorp, io lo dico per te, se non ottieni almeno una O in ogni materia non ti prenderanno e allora dovrai ripiegare su altro.>>
<< Merlino, Rosie, è solo un modo per svagarmi. Lo sai che studio tantissimo, lo vedi.>>
<< Certo che lo vedo, ma quei cosi non ti aiuteranno a diventare Auror. >> sentenziò la ragazza.
<< Anche tu leggi dei giornaletti di tanto in tanto.>> ribatté Scorpius piccato.
<< Di tanto in tanto, non tutti i pomeriggi subito dopo pranzo.>>
Quella sola frase chiarì immediatamente tutta la situazione ad Albus che, inconsciamente, strinse al petto i regali che portava con sé.
<< Penso solo che ognuno impegni il suo tempo libero come più preferisce. Tu chiacchieri con le tue amiche, io leggo. Non posso studiare in continuazione o impazzirò.>>
Dei rumori indistinti riempirono l'ambiente ed Albus si appiattì ancor di più contro il muro.
<< Va bene, va bene! Fai come vuoi. Ma quando poi ti renderai conto che se invece di leggere quella robaccia avessi studiato di più il manuale base saresti stato sicuramente preso in accademia, non venire a lamentarti da me.>>
La sentì girare sui tacchi, il rumore delle suole che stridevano sul marmo era inconfondibile, e poi allontanarsi. Non vide il volto di Malfoy, né il suo sguardo stanco, ma sentì perfettamente il suo sospiro e a quel punto si disse che era inutile rimanere nascosti lì.
Aspettò una manciata di secondi, giusto per fargli credere che fosse appena arrivato e non che li avesse bellamente spiati e poi uscì dalla scalinata, riemergendo al sole basso e debole del sole di Dicembre.
Scorpius girò a mala pena la testa per poi farla scattare di colpo verso di lui. Al neanche lo guardò in viso e si fermò solo quando se lo ritrovò davanti, bloccati entrambi in uno stato di stallo in cui, era palese, ognuno dei due avrebbe voluto dir qualcosa ma nessuno voleva cedere per primo.
Alla fine però fu Scorpius a parlare, dopo aver posato lo sguardo sui pacchetti tra le braccia di Al, tutti rigorosamente verdi con il nastro argento, tutti tranne uno.
<< Hai invertito la cromaticità.>> disse a bassa voce, il tono incerto di chi sta tastando il terreno, cercando di camminare in punta di piedi dove prima entrava ad occhi chiusi.
Albus strinse di più il pacchetto. << Già. Per irritare James.>> rispose.
<< Sì, lo infastidirà di sicuro.>>
<< Già.>> magnifico, pareva l'unica frase che fosse in grado di dire. << Allora, vado a spedirli.>>
<< Sì, certo.>>
<< Ciao.>>
<< Ciao.>>
Al svoltò verso le altre scale, quelle che portavano alla torre della gufiera, a testa bassa.
Il regalo di Scorpius gli pesava così tanto in mano che dubitò di riuscire ad arrivare in cima.

 

 

 

 

 

V

 

 

4,30 Ore a Natale.

 

 

Si erano materializzati su una grande collina che gettava le sue pendici verso un boschetto ed una grande strada illuminata da lampioni solitari.
Hermione strinse gli occhi fissando il nastro d'asfalto e corrugò le sopracciglia.
<< Saremo dovuti arrivare sulla strada.>> disse voltandosi verso gli altri.
Albus si strinse nelle spalle. << Così avremmo dovuto risalire tutta la collina. Malfoy Manor è poco più avanti, ci siamo smaterializzati a circa venti metri dalla prima barriera protettiva.>>
James guardò il fratello con un sorrisetto divertito stampato in faccia ed avanzò nella direzione indicata dall'altro con un braccio teso, sino ad incontrare una barriera invisibile che vibrò appena a contatto con una fonte latente di magia sopita.
<< Di qua, giusto?>> chiese per pura forma.
Al annuì e tirò fuori la bacchetta, picchiettò sulla barriera e la alzò verso l'alto: un arco fluido, come quello di una cascata d'acqua interrotta, s'aprì per dargli libero accesso ad un viale lastricato e adornato di sequoie.
<< Benvenuti a Malfoy Manor.>>

 

 

Ad attenderli al grande portone, ben oltre il cancello che si era magicamente aperto al loro passaggio, c'erano Scorpius e Rose. La ragazza sembrava abbastanza infreddolita e dai rimasugli di neve che le si stavano sciogliendo sui capelli doveva esser stata fuori all'aperto sino a quel momento.
Lanciò uno sguardo di puro astio verso Albus e si avvicinò a grandi falcate verso i suoi genitori.
<< Vi avevo detto di aspettarci sulla strada, vi avremmo accompagnati sino a qui.>> disse abbracciando sua madre.
<< Non ti preoccupare, Al ci ha risparmiato la sfacchinata, ci ha portati direttamente davanti alla barriera e ci ha fatti entrare subito.>> sogghignò James ricevendo una gomitata dalla madre, che lo ammonì silenziosamente prima di abbracciare la nipote.
Scorpius intanto si era avvicinato lentamente, porgendo la mano a Ron e ad Hermione con educazione, prima di passare a dar una pacca sulla spalla ad Hugo e salutare anche i Potter.
Quando però Rose ebbe finito di salutare fratello e cugini e si ritrovò faccia a faccia con Albus ci fu un lungo attimo di silenzio in cui la tentazione si sarebbe potuta tagliare con un coltello.
Probabilmente sarebbero rimasti così per sempre se solo un rumore di passi non li avesse richiamati all'ordine.
Arrivando di gran carriera, con un sorriso dolcissimo stampato in volto, la veste blu svolazzante ed i capelli scuri acconciati ad arte, Astoria Greengrass in Malfoy superò tutti, cognata, suoceri, figlio ed ospiti vari per dirigersi a braccia aperte verso l'ultimo della fila.
<< Albus! Caro! Che piacere rivederti dopo tutto questo tempo! Quanto sei cresciuto!>> disse stritolandolo in un abbraccio materno.
Al ricambiò felice quel gesto, gli era mancata la posata ma affettuosa signora Malfoy. Non si sarebbe mai aspettato di provare così tanto sollievo nell'essere accolto come una volta da quella donna e non si sprecò neanche a sbirciare l'espressione basita – o soddisfatta nel caso dei suoi fratelli- dei suoi famigliari, non ci pensò, si godette quell'abbraccio come non faceva dall'autunno del suo settimo anno.
<< Oh, non mentire Astoria, lo so che non mi sono alzato di un centimetro, sei troppo buona con me.>>
Il singulto scioccato che Rose si lasciò sfuggire, coperto prontamente dalla mano, provocò un brivido di sadico piacere in Albus: si tesoro, io la chiamo per nome, tu puoi?
Con quella nota felice nel cuore decise di osare ancora un po' e discostandosi dalla donna chiese innocente come un peccatore: << Draco? È dentro o ha già tentato la fuga?>>
Sua madre lo guardò con tanto d'occhi, pronta a riprenderlo, ma la risata cristallina di Astoria la stroncò sul nascere.
<< Assolutamente, lo sai com'è fatto. Credo che stesse progettando di far saltare in aria il Manor.>>
<< Questa non mi è nuova! Visto zio? Avrai di certo di che parlare questa sera!>> disse allegro voltandosi verso Ron.
Rimase un po' interdetto nel vedere lo strano e sinistro avrebbe aggiunto, sorriso che era spuntato sul volto di suo zio. L'uomo lo fissava neanche fosse un'apparizione divina e di certo questo significava che aveva qualcosa in mente.
<< A quanto pare sì.>> convenne. << Mi sembra maleducato allora farlo aspettare, giusto?>>
 

Probabilmente tutti capirono che qualcosa non quadrava con quell'unica frase.
Da quanto Ronald Weasley fremeva per incontrare Draco Malfoy?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

VI

Natale

 

Un disastro. Una tragedia. La terza guerra magica.
Albus si sarebbe aspettato di tutto da quella sera catastrofica ma nulla sarebbe mai stato a livello di ciò che invece successe.
Rose ribollì d'invidia da quando mise piede in quella casa sino alla cena.
Draco gli andò incontro personalmente per stringerli la mano e dirgli quanto fosse felice di rivederlo, come lo trovasse maturato. Lo monopolizzò per almeno due ore, assieme a Lucius che, sorpresa delle sorprese, si azzardò anche a dirgli quanto si sentisse la sua mancanza in quella casa.
James gli fece ben notare come lo stessero trattando, ovvero alla stregua di un figliol prodigo che da troppi anni non torna all'ovile, un po' come nonna Molly trattava da sempre zio Charlie.
Ma la cosa che forse inquietò tutti in maggior modo fu la chiacchierata “privata” che Draco e Ron fecero in veranda, mentre sorseggiavano dell'ottimo vino elfico.
Il fatto che avessero concluso l'incontro con una stretta di mano era a dir poco terrificante.
 

Lo capirono bene quando alla sua destra Lucius, a cui il figlio lasciava sempre il posto a capotavola durante le feste, volle a tutti i costi Albus. Mentre, parallelamente, Ron decise di voler al proprio fianco la figlia e costrinse così Scorpius a sedersi tra Rose e Albus.
L'imbarazzo palpabile che aleggiava tra i tre era pari solo alla confusione degli altri commensali e alla felicità quasi fuori luogo dei due futuri suoceri.
 

<< Quindi sei ancora il miglior pozionista della tua età?>> chiese Draco tra il primo ed il secondo, rivolto palesemente ad Albus e stroncando così la conversazione che Rose aveva intavolato con sua madre e Lady Astoria.
Al annuì sogghignando. << Non direi il migliore, posso sempre diventare più bravo.>>
<< Questo è lo spirito giusto, non bisogna accontentarsi di dove si è arrivati.>>
<< Sta facendo molte collaborazioni con il Ministero.>> s'intromise Ron a sorpresa. << Ultimamente lo si vede girare di più all'Ufficio Misteri che nei laboratori di Pozioni del San Mungo.>>
<< Davvero? Sei arrivato ad un così alto livello? Beh, non potevo aspettarmi di più da te.>>
Annuì Malfoy ricevendo uno sguardo curioso da sua moglie: va bene che Albus lo aveva preso in simpatia sin da quando era piccolo, ma non era da lui sciogliersi in tutti quei complimenti.
Ma forse, vista la faccia verde di Rose, quello era proprio l'intento del marito.
A quel pensiero un collegamento vacuo prese forma nella mente di Lady Malfoy, che ricordatasi di qualcosa visto di sfuggita, s'apprestò a squadrare meglio l'abbigliamento del più giovane dei Potter.
<< Albus!>> lo chiamò sorridendo. << Ma indossi la cravatta che ti abbiamo regalato noi.>>
L'attenzione di tutti fu subito sul ragazzo che, sorpreso, si rese conto di quanto effettivamente la donna avesse ragione.
<< Se è per questo è anche la stessa che indossa Scorpisu, siete perfettamente abitati questa sera, è un piacere per gli occhi guardarvi.>> disse Narcissa sorridendo leggera all'indirizzo del ragazzo per poi tornare a tener conversazione con Lily sulla migliore stoffa per gli abiti da sera, un fronte su cui entrambe erano molto ferrate.
Al non riuscì a far a meno di controllare la veridicità di quelle parole, abbassando lo sguardo sulla cravatta smeraldo che il biondo teneva legata al collo ed intercettando il suo sguardo intento a fare lo stesso.
Con un moto d'imbarazzo improvviso Al sorrise incerto a Scorpius, ricevendo di rimando lo stesso identico tirarsi di labbra tremulo.
<< Non pensavo la indossassi ancora.>> disse sincero, a bassa voce.
Quelle cravatte Astoria le aveva regalate loro per i Gufo, asserendo che da quel momento in poi non sarebbero più stati bambini e che quindi necessitavano di un capo da adulti.
Probabilmente Scorpius aveva pensato la stessa cosa perché, rilassandosi un poco, ampliò il suo sorriso.
<< Te lo ricordi? Adrian ci ha preso in giro per tutta la settimana.>>
<< E noi abbiamo preso in giro lui perché sua madre l'ha chiamato “il mio bambino grande” quando è sceso dal treno.>>
I due ragazzi ridacchiarono tra di loro, divertiti da quell'aneddoto, senza rendersi conto che nel frattempo gli altri si erano completamente estraniati da loro, impedendo pressoché a chiunque – leggasi Rose- di interrompere quella piccola bolla di felicità che si era andata creando attorno a loro.

 

Dovettero arrivare al dolce per rendersi conto di cosa fosse successo, quando Scorpius gli chiese se gli piaceva ancora tutta quella cannella sulla panna e si era voltato per chiedere ad un cameriere - per quella sera niente elfi vista la presenza di Hermione- di portare la spezia.
Aveva così incontrato lo sguardo furioso della sua fidanzata ed in un attimo tutta la tranquillità, la rilassatezza e il piacevole tepore che l'avevano scaldato sino a quel momento erano scivolati via.
Albus aveva sentito la temperatura cambiare, non era stato difficile, così com'era stato lampante lo sguardo allarmato dei padre dei fidanzati che si erano distratti troppo e non avevano controllato abbastanza la situazione.

Scorpius fece un sorriso dispiaciuto al vecchio amico, chiese della cannella al cameriere e poi si dedicò completamente alla fidanzata, sempre più inviperita.
Quando l'uomo in divisa gli porse il barattolo della cannella, Albus scosse la testa.
<< Grazie, ma sono troppo pieno per il dolce.>>

 

 

La serata era stata una vera altalena. Dall'ansia iniziale alla felicità nel ritrovare qualcosa di vecchio ed amato. Dal timido riscoprire un amico alla brutale sferzata di vento freddo della notte.
Albus si era rintanato sul divano del salone ed aveva continuato a conversare con i coniugi Malfoy, godendo della loro compagnia e riuscendo a coinvolgere anche il fratello.
Alla mezzanotte, allo scartare dei regali, si era quasi maledetto per aver azzeccato in modo così schifosamente perfetto ogni presente.
Neanche lo sguardo scettico e soddisfatto di Rose quando Draco aveva aperto la sua penna stilografica babbana era durato tanto, specie quando l'uomo aveva asserito che la trovava magnifica e finalmente non avrebbe più avuto piume a sparger polvere. Come se uno come lui potesse aver delle piume polverose.

Albus aveva consegnato i regali ai suoi fratelli, ridendo come un deficiente nello scoprire il regalo che James aveva fatto a lui e nell'accusarsi a vicenda di essersi copiati quando dalle scatole erano emerse due identiche papere di gomma.
 

<< Questo vino è davvero raro Albus, hai un gusto impeccabile.>> lo ringraziò Lucius Malfoy porgendogli un pacchetto da cui Al tirò fuori una pipa in legno ed avorio.
<< Dell grandissimo gusto del vostro di regalo invece non mi sorprendo minimamente.>> disse baciando le guance a Narcissa e stringendo la mano all'uomo.
<< Ce ne sono ancora tre da scartare!>>
Lily, piccola, dolce e neanche lontanamente ingenua Lily, indicò tre pacchetti posti sulla mensola del camino.
Uno dalla carta verde ed il nastro argento. Uno dalla carta blu ed il fiocco rosso - << Terribilmente americano Scorpius, ma chi l'ha scelto questo abbinamento di colori?>>- ed uno dalla carta grigia ed il fiocco verde, un po' spenti come se avessero molti anni.
<< Oh, quello blu è il regalo mio e di Scorpius per Albus.>> chiosò Rose alzandosi per andarlo a prendere e portarlo di persona al cugino. << Io volevo farti altro, ma Scorpius si è impuntato su questo.>> gli disse a mo' di giustificazione.
Al sorrise comunque alla cugina, in modo terribilmente forzato, e ringraziando flebilmente scartò il regalo.
<< Quello verde invece è il mio per Scor- … pius… >>
La voce gli morì in gola quando aperta la scatola se ne trovò un'altra davanti.
Un rettangolo di latta dal tappo stondato, azzurro-violetto con delle piume disegnate sopra in celestino, che si muovevano come in una perpetua caduta.
<< Visto, Scorp? Regalare delle piume di zucchero per Natale non era assolutamente adatto.>>
Ma Albus non la pensava decisamente così.
<< N-no. No, non è vero. È perfetto Rose, anzi, Scorp, è perfetto, grazie. In vetrina le piume non si muovevano.>> ammise cercando con lo sguardo quello dell'altro.
Scorpius sorrise imbarazzato, segretamente sorpreso nel sentirsi apostrofare di nuovo con quel soprannome da lui.
<< Non lo facevano infatti, ma mi è parsa una buona idea. L'ho incanta io la scatola.>>
<< È perfetta.>>
<< È un'edizione limitata.>> convenne sorridendo più sicuro.
Al strinse la scatola tra le mani, dimentico del pubblico che lo circondava, ed incitò l'altro ad aprire il suo di regalo.
<< Su, guarda un po' se ti piace.>> disse euforico come un bambino.
Scorpius scoppiò a ridere divertito. << Merlino Al, non ne hai mangiata ancora neanche una, come fai ad essere già iperattivo?>> chiese indicandogli la scatola ed ignorando del tutto il resto dei presenti, che seguivano con attenzione lo scambio di battute.
<< Lo sai che mi basta stare nella stessa stanza con una grande fonte di zucchero, l'assorbo per osmosi.>>
<< Non ho la più pallida idea di cosa tu stia dicendo ma mi fido.>> ridacchiò scartando il suo di regalo.
Il biondo alzò lo sguardo divertito e sorrise tirando fuori dal pacchetto un spilla meteorologica magica, di quelle in grado di dirti che tempo farà, con il piccolo particolare che, tra tutti i vari stadi, c'era anche quello di “catastrofe”, su cui la lancetta nera stava vibbrando piano.
Il ragazzo si appuntò subito la spilla sul gilè nero e vi batté sopra la mano.
<< Ti ricordi ancora il mio vizio di non controllare le previsioni?>>
<< Certo che sì, io mi ricordo tutto di te, non sei forse il mio miglior amico?>>
Quando lo disse anche il vago brusio di sottofondo cessò.
Hugo, che se ne stava stravaccato in poltrona vicino al Lily saltò come una molla quando la cugina gli rifilò una gomitata e lo guardò con fare allusivo, indicando con la testa la sorella che sembrava sul punto di scoppiare.
Rose guardava con occhi di fuoco Albus e Scorpius, alternandosi da un all'altro, forse nell'indecisione di chi uccidere prima. O forse avrebbe prima ucciso suo padre, che aveva avuto la brillante idea di portarsi appresso la famiglia Potter al completo.
Suo fratello stava giusto per alzarsi e chiederle di accompagnarlo da qualche parte, quando invece fu Albus a farlo.
<< Scusate.> disse solo. << Esco a prendere una boccata d'aria, mi manca un po' l'ossigeno.>>


Come sempre la sfortuna non lo abbandonava per molto. Stupido lui che aveva creduto il contrario.

 

 

 

 






Il patio di Malfoy Manor era enorme ma Al ancora ricordava quale fosse il posto migliore in cui rintanarsi per poter stare al caldo e ammirare la neve scendere lenta e leggera.
Aveva fatto la figura del coglione, poco ma sicuro. Di tutte le cose che poteva dire la sua dannata boccaccia aveva dovuto sputar fuori proprio quello. Doveva esser sembrato patetico e stupido, un vero idiota e chissà cosa aveva pensato Scorpius.
Probabilmente in quel momento era a ridere imbarazzato con i suoi e a farsi stritolare da Rose.

 

<< Avevi detto che era il regalo di James.>>
Albus quasi cadde dalla sedia a sentire quelle parole.
Si voltò verso Scorpius e lui gli mostrò il pacchetto, aperto, che aveva lasciato sul camino. Lo stesso che anni prima lui aveva detto di dover spedire al fratello.
Dannata Lily, doveva esser stata di certo lei
<< C'era scritto il mio nome, mi perdonerai se l'ho aperto senza di te. Rose ha detto che è una cosa infantile e potrei averla mandata al diavolo.>>
Albus non credeva di poter sgranare gli occhi più di quanto non stesse facendo in quello stesso istante, il sorriso divertito di Scorpius, le guance arrossate dall'imbarazzo o dal freddo o forse dall'affetto trapelato da quel dono, gli parevano luminose come candele.
<< Io… >> provò prima di schiarirsi la voce. << Te l'avevo comprato prima che litigassimo, ma poi ti ho sentito parlare con Rose e lei che ti diceva che erano una cosa stupida… davvero l'hai mandata al diavolo?>>
Scorpius lasciò cadere la carta, tenendo saldamente in mano i fumetti di Batman che Albus aveva comprato per lui anni e anni fa.
Si sedette vicino a lui, spalla contro spalla, e poi scosse la testa.
<< Ha insultato il Pinguino. Batman lo insultano tutti, lui c'è abituato, ma Pinguino è sensibile sotto questo punto di vista.>>
<< Scorpius? Ma ti senti? Hai davvero litigato con la tua ragazza il giorno di Natale?>>
<< Sì.>> disse secco. Poi sospirò. << Non faccio altro che litigare con lei, non è una novità… solo, mi sono reso conto di aver fatto una marea di cazzate nella vita. Davvero troppe. Rose forse è stata al più grande… ma quando ho saputo che saresti venuto a ceda da noi e ho visto la scatola di piume… non lo so, per un attimo mi sono dimenticato che mi odiavi e- >>
<< Io non ti odio. Sei tu il coglione che ha detto che non aveva bisogno di me.>>
<< Certo che ho bisogno di te, sei il mio migliore amico.>> disse flebile.
Albus lo guardò in silenzio, un'amicizia che un tempo era stata tanto forte e sincera poteva essere cancellata da quattro anni di freddi saluti e parole non dette? Ed una sola serata, una scatola di piume di zucchero all'acqua viola e dei fumetti di Batman potevano risanare una ferita aperta dall'orgoglio?
Al non lo sapeva, non lo sapeva davvero ma forse neanche gli importava. Quanto valeva un'attimo se paragonato ad una vita intera? Quanto poteva cancellare il tempo senza il consenso delle persone, senza che glielo si lasciasse fare?
La verità era che gli erano bastate una manciata d'ore per dimenticare il freddo di quegli anni, per ricordare com'era star vicino a lui, camminare al fianco di un amico, per ritrovare l'affiatamento che forse tutti credevano perduto ma che in realtà era solo sopito in attesa che tornasse il bel tempo.
Albus allungò lentamente la mano e prese un volumetto dalle mani dell'altro, un sorriso mesto a tirargli le labbra. Era questa la sua scelta?
<< Batman ha bisogno di Robin, quando è solo è troppo trite e fa schifo.>>
<< Vero.>> concesse Scorpius sorridendo furbo, ogni traccia di imbarazzo scomparsa dal suo volto. << Mi sei mancato Robin.>>
Il rumore del pugno che Al gli diede sulla spalla venne attutito dalla neve.
<< Tu sei Robin. Io sono Batman.>>
<< Sono io quello ricco di famiglia, figlio unico e con fidanzate opinabili. Tu sei quello con la famiglia numerosa che vive in un circo. >>
<< Mano male che te lo dici da solo, bello. La tua ragazza opinabile sa che definisci la sua famiglia "da circo"?>> domandò ridacchiando
<< La verità è dura ma va detta e poi, no, non lo sa e non c'è bisogno che lo sappia.>>
<< Questa non è molto da Cavaliere Oscuro.>>
<< Da grandi poteri derivano grandi responsabilità? Che te ne pare di questa?>>
<< No, questo è Stean Lee e non ci prende niente.>>
<< Sei davvero puntiglioso.>>
<< Te lo eri dimenticato forse?>>
<< No, non mi sono dimenticano niente di te, sei il mio migliore amico.>>

 

 

Se non fossero stati così intenti a scambiarsi battute stupide come non facevano da troppo, a riscoprire una coordinazione mai persa e raccontarsi una vita in cui non avevano camminato assieme, spalla a spalla come avevano sempre fatto, si sarebbero resi conto che la spilla meteorologica era rotta.
Anche se era notte e nevicava, la lancetta indicava Sole.






 





















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Ultimi aggiornamenti dal fronte.
Questa storia è stata scritta praticamente in un giorno, perché l’autostima non è mai con me tranne quando decido di imbarcarmi in cosa del genere. Aggiungiamoci che non è bedata, perciò chiedo venia per gli strafalcioni, un giorno la correggerò, credo.
Come scritto in alto fa parte del Calendario dell'Avvento di Farwriterit e non credo ci sia altro da aggiungere, se non un'altra mea culpa per la gentile signorina che è stata disturbata ad orari improbabili per colpa della mia connessione e della mia ansia: Pardon e grazie.
   
 
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