Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: heliodor    12/12/2018    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il duello

 
Bleva tracciò un cerchio nel terreno aiutandosi con la punta della spada dopo averne misurato il raggio contando trenta passi.
Oren andò in casa e prese la spada dal baule. Dopo anni di pratica, non solo era capace di brandirla, ma con pochi sforzi riusciva a eseguire fendenti e affondi.
Ne saggiò il bilanciamento e poi tornò di fuori.
Suo zio Haren e gli altri lo stavano aspettando e con loro alcuni abitanti del villaggio.
Tra di essi notò Bidza e la moglie, Haki.
La donna corse subito da lui. "Cos'è questa follia?"
"Io..." iniziò a dire Oren.
"Non lo fare" disse la donna. "Questi sono veri guerrieri. Chissà quante battaglie hanno combattuto."
"Non sarà un vero duello. Devo resistere un minuto nel cerchio e potrò tenermi sia la spada che mille monete."
"E ti fidi di loro?"
"Haren ha dato la sua parola." Oren guardò lo zio.
Il guerriero prese una sacca tintinnante e la lanciò nel cerchio. "Il premio per il vincitore" dichiarò ad alta voce. "Se mio nipote resiste per un minuto nel cerchio, vince e si tiene la spada e quella sacca piena di monete. Se invece vince Arok, a lui andranno i soldi e a me la spada. È tutto chiaro?"
Oren annuì. Alzò la spada con entrambe le mani.
Haki lo afferrò per le spalle. "Ripensaci. Sei ancora in tempo."
Oren l'allontanò con un gesto delicato. "Con quelle monete risolveremo tutti i nostri problemi."
"I soldi non hanno mai risolto alcun problema" disse la donna. "Semmai li causano."
Oren avanzò deciso verso il cerchio. Quando lo superò la folla sembrò trattenere il fiato.
Dalla parte opposta, Arok lo aspettava con la sua spada sguainata. Era una lama di metallo scuro, lunga quanto quella che lui stava usando.
"Pronti?" urlò Haren. "Contiamo tutti insieme allora. Uno."
Arok avanzò verso il centro del cerchio.
Oren decise di avanzare a sua volta. Non voleva tenersi troppo vicino alla riga per non rischiare di finire fuori senza volerlo.
Arok mulinò la spada nell'aria.
Oren decise di attenderlo. Toccava all'avversario fare la prima mossa. A lui bastava attendere che il minuto passasse.
"Quattro" urlò la folla.
Solo quattro? Pensò Oren. Gli sembrava passato molto più tempo.
Al "sei" Arok avanzò deciso mulinando la spada.
Oren alzò la sua e intercettò il colpo, che riverberò nelle sue braccia e nel resto del corpo. Le sue ossa sembrarono sul punto di spezzarsi sotto quell'urto tremendo. Riuscì a tenersi in piedi per un soffio mentre si allontanava per guadagnare un po' di spazio.
Arok lo incalzò ruotando la spada prima di tentare un nuovo fendente dall'alto.
Oren alzò la sua e intercettò di nuovo il colpo e l'impatto sembrò più tremendo del primo, se possibile.
"Dodici."
Oren si mosse cercando di girare attorno all'avversario.
Non devo farmi colpire o mi spezzerà le braccia, si disse.
La spada sembrava pesare il doppio e dubitava di riuscire a sollevarla un'altra volta.
"Quindici."
Arok si rivolse alla folla. "Non ha nessun controllo, né equilibrio. Non è un avversario degno di me."
"Allora finiscilo, che aspetti?" urlò Haren divertito.
Arok scrollò le spalle e avanzò deciso verso l'avversario.
Oren si preparò al fendente alzando la spada sopra la testa con uno sforzo sovrumano.
Arok invece abbassò la sua e col piatto lo colpì alle gambe, costringendolo a inginocchiarsi.
Oren perse la presa sulla spada che cadde al suolo con un tonfo sinistro.
"Venti."
Arok lo afferrò per il bavero. "Non sei un avversario degno. Ti sembra questo il modo di duellare?"
Oren sollevò il pugno, ma l'alto lo anticipò dandogli una testata sul naso. Il dolore lo accecò per un istante, svuotandolo di ogni forza. Barcollò all'indietro, restando in piedi solo grazie alla sua volontà.
"Mi fai vergognare" disse Arok dandogli una spinta decisa all'indietro.
Oren atterrò con le spalle nel terreno.
"In piedi" urlò Arok sollevandolo senza alcuno sforzo.
Oren non cercò di opporsi. Voleva solo che tutto quello finisse e alla svelta.
"Venticinque."
Arok gli diede un'atra testata, stavolta allo zigomo.
Oren sentì il dolore ardere, ma non riuscì a far altro che barcollare su gambe molli.
L'altro gli diede un calcio alla schiena e lo lanciò fuori dal cerchio.
Oren atterrò sul fianco e rotolò per una mezza dozzina di passi prima di fermarsi ai piedi di un uomo che aveva il viso paonazzo per le risate.
Sollevò la testa per guardare cosa stava accadendo all'interno del cerchio.
Arok si era chinato sulla spada e l'aveva raccolta. Poi la porse a Haren.
"Ben fatto figliolo."
"Grazie, padre" rispose il ragazzo.
Haren si diresse verso di lui e si fermò a un passo dal suo fianco, la punta della spada rivolta verso i suoi occhi.
Oren pensò che era giunta la sua ora.
Haren avrebbe preso la sua vita dopo la spada.
Suo zio rise. "Guardala bene, ragazzo. È l'ultima volta che la vedi così da vicino."
Poi sparì dalla sua vista e Oren si sentì più leggero.
 
Haki gli passò il panno imbevuto sul labbro spaccato facendolo trasalire per il dolore. Sedevano uno di fronte all'altro nel retro della bottega di Bidza, tra vecchie armature arrugginite appese al muro e la puzza di muffa che si insinuava ovunque.
"Fermo" disse la donna tamponando la ferita con dei colpi veloci. "Guarda come ti ha conciato quello lì."
Oren le allontanò la mano in modo brusco.
"Non ho ancora finito" disse la donna.
"Io sì." Oren si alzò di scatto.
Bidza, grosso e massiccio, si piazzò davanti all'unica porta. "Dove vai?"
"Fammi passare" disse Oren scuro in viso.
"Ti ho chiesto dove vai."
"Non sono affari tuoi."
Bidza non si mosse. "Se vuoi andare al porto, perdi il tuo tempo. A quest'ora saranno già sulla nave pronti a partire."
"Per favore, ti ho chiesto di farti da parte" disse Oren dominandosi a stento. Sentiva la rabbia montare e non era sicuro di riuscire a rimanere calmo. Non voleva colpire il fabbro, ma se non si fosse mosso...
"E io ti ho chiesto che cosa vuoi fare. E non dirmi che non mi riguarda. Per cinque anni ti ho cresciuto come un figlio e ne ho tutto il diritto."
Oren scosse la testa. "Voglio parlare con Haren. Mio zio."
"Niente che gli dirai potrà convincerlo a restituirti quella spada" disse il fabbro con tono serio. "E, se proprio vuoi saperlo, spero proprio che non lo faccia."
"Era di mio padre" protestò Oren.
"E lui l'aveva messa in un baule, dimenticandosene. Per Stern non significava poi molto."
"Ma era la sua eredità."
Bidza emise un profondo sospiro. "Sei tu la sua eredità, idiota. Per Stern quella spada non era niente."
"Non è giusto" disse Oren voltandosi. "Non può venire qui e prendersi quello che vuole."
"È un guerriero nero. Quelli fanno così" disse Haki. "È per questo che tua madre non lo ha mai apprezzato."
Bidza annuì deciso. "Lasciagli quella dannata spada. Hai le capacità di fartene una da solo e di gran lunga migliore."
Oren tornò a sedersi. "Era la spada del nonno."
Bidza grugnì qualcosa. "Io l'ho conosciuto, il vecchio Braken. Ero più giovane di te quando venne al villaggio e comprò la casa dove ha abitato per anni. Non gli piaceva parlare della guerra e delle battaglie che aveva combattuto e quando qualcuno insisteva, lui attaccava a parlare dei posti che aveva visto, della gente che aveva incontrato. I ragazzini gli chiedevano quanti ne avesse ammazzati, ma lui non lo diceva mai. Solo dopo anni ho scoperto che era uno dei comandanti dei guerrieri neri. Uno dei più forti e rispettati."
"Mio padre non mi ha mai detto di queste cose" disse Oren. "Diceva che il nonno era solo stanco di combattere ed era venuto qui per riposarsi dopo tante battaglie."
"Penso che il vecchio Braken avesse visto troppo sangue nella sua vita e qualcosa dentro di lui si fosse spezzato, a un certo punto. Capita, sai. La storia è piena di guerrieri grandi e grossi che dopo la centesima battaglia buttano via spada e armatura e si mettono a zappare la terra."
"O a forgiare armi" disse Haki.
Bidza abbassò gli occhi per un istante. Quando li rialzò, Oren vide che erano lucidi. Si spostò dalla porta, lasciando lo spazio sufficiente per passare. "Se vuoi andare, vai. Io non ti trattengo."
Oren esitò. "Credi davvero che potrei forgiare una spada migliore di quella?"
"Io potrei di sicuro" disse il fabbro. "Ma tu, debole come sei, ne dubito."
"Forgerò la spada migliore che tu abbia mai visto."
La nave di Haren ripartì il giorno dopo senza che nessuno ne fosse sceso per salutare gli abitanti del villaggio.
Poco prima della partenza, un ragazzino dall'aria smunta si presentò alla porta della bottega.
Oren lo conosceva, era il figlio di un pescatore. "Ryni?" domandò vedendolo fermo sulla soglia. Nella mano destra stringeva qualcosa.
"Haren il nero mi ha detto di consegnarti questa" disse il ragazzo allungandogli un rotolo di pergamena chiuso da un sigillo in ceralacca.
Oren la prese e se la rigirò tra le mani. Per un attimo sperò che fosse una lettera di scuse che suo zio gli aveva scritto, ma guardando il sigillo vide che vi era impresso un simbolo che non aveva mai visto: una stella a quattro punte.
Rientrò con la pergamena tra le mani, indeciso su cosa farne. Nella forgia ardeva il fuoco che aveva appena acceso e fu tentato di scaraventarvi dentro la pergamena, ma ci rifletté sopra e decise di non farlo.
La mise su di una mensola e se ne dimenticò per tutto il giorno. Solo a sera, quando la nave era ripartita e nel villaggio non si faceva altro che parlare di quell'evento, si ricordò della lettera.
Molti speravano che l'arrivo di quella nave precedesse il ritorno del commercio su quelle coste. Il suo villaggio, come le altre città della regione, avevano risentito dell'epidemia e delle sue conseguenze.
Con le navi sarebbero tornati gli affari. Tutti ne erano sicuri.
Bidza pensava addirittura di prendere un altro aiutante nel caso fosse servito un aiuto nella forgia. Oren tornò nella bottega e prese la pergamena. Senza pensarci oltre ruppe il sigillo di ceralacca e la dispiegò.
Era vergata con una scrittura regolare e ampia che non ebbe alcuna difficoltà a comprendere.La prima lettura lo lasciò meravigliato, soprattutto quando vide la firma alla fine della lettera.
Rilesse due volte per essere sicuro di non aver frainteso il significato del messaggio.
Quando Bidza tornò e lo vide chino sulla lettera, disse: "Chi è che ti scrive, ragazzo?"
Oren sollevò la testa. "È mio zio Mythey. Vuole che vada a Valonde per prendere il suo posto come guardia del corpo di una principessa."
Bidza scoppiò a ridere. "È uno scherzo?"
Oren gli porse la lettera.
"Lo sai che non so leggere." Guardò il sigillo di ceralacca. "È quello di Valonde, senza dubbio. Tuo zio Mythey deve essere impazzito o cosa?"
"Non lo so" disse Oren. "Vuole che vada da lui il prima possibile."
"E tu che vuoi fare?"
"Non lo so."

Prossimo Capitolo Giovedì 13 Dicembre
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: heliodor