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Autore: heliodor    14/12/2018    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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I Tiranni

 
Adler era un uomo sulla quarantina, alto e attempato. Indossava abiti sontuosi ricamati con sete preziose e il mantello dell'ordine di Berger gli calzava addosso come una seconda pelle.
A parte questo e l'indubbia eleganza, Joyce non lo trovava imponente come Tamarys glielo aveva descritto. Era piuttosto basso, tanto che a stento la superava.
"Porta i tacchi" le sussurrò Tamarys mentre attendevano nella sala, circondate da guardie e stregoni del circolo.
Voltando la testa, Joyce notò che vi erano anche degli eruditi. In fondo quella era l'accademia di Berger ed era normale che presenziassero a quella riunione. Eppure al cospetto dei Trenta sembravano dei semplici invitati e nemmeno tanto entusiasti di trovarsi lì.
"Adler" disse uno dei più anziani. "Che ne diresti di spiegarci il motivo di tutto questo?"
Il tiranno sorrise. "È presto detto, sapiente Atin. Ho bisogno del vostro parere su di una scoperta che ho fatto."
"Di che scoperta parli?" chiese Atin.
"Presto lo saprai. Stiamo attendendo l'arrivo degli altri."
I trenta tiranni in realtà erano nove, come le aveva spiegato Tamarys. Erano loro i veri padroni di Berger e l'amministravano come se fosse un loro feudo privato. Ognuno controllava una parte dell'esercito cittadino e aveva streghe e stregoni di fiducia nel circolo.
"In passato ci sono state diverse alleanze" le aveva spiegato Tamarys. "E col tempo i trenta tiranni si sono ridotti di numero fino a diventare solo nove."
"E gli altri ventuno?"
"Uccisi, esiliati, imprigionati fino alla morte per stenti" rispose la ragazza con un'alzata di spalle.
"Ma è terribile" esclamò Joyce indignata.
"Da voi le congiure non avvengono mai?"
Joyce aveva studiato la storia di Valonde e sapeva che di congiure e tradimenti ce n'erano stati molti. Uno dei suoi antenati, Garren, era salito al trono grazie alla morte sospetta del fratello maggiore ed erede al trono. Un altro, Jorda, aveva fatto sparire i suoi genitori dopo averli esiliati a Krikor con l'accusa di tradimento. E la lista era molto lunga. A nessuno piaceva parlare dei propri antenati e Joyce ne aveva alcuni dei quali non poteva andare fiera.
La porta della sala si aprì. Scortati dai soldati e dalle loro guardie del corpo, gli otto tiranni marciarono verso il fondo della sala, dove Adler li attendeva in una posa impettita.
Gli otto erano un gruppo eterogeneo composto da sei uomini e due donne. Joyce fu sorpresa di vederle marciare insieme agli altri.
"Ci sono anche due donne" disse a Tamarys.
La ragazza annuì. "Ci sono sempre state. I trenta tiranni originali erano divisi in ventidue maschi e otto femmine, tanto per fare un esempio, ma ci sono stati periodi in cui il loro numero era più vicino e in almeno un caso le donne superarono gli uomini, anche se per un breve periodo di tempo."
Da una porticina attigua alla sala vennero fatte transitare quattro figure. Tre vestivano il mantello bianco degli eruditi. Erano due uomini e una donna anziana che Joyce riconobbe quasi subito.
Era Talita.
Dietro di loro avanzava un'altra faccia a lei nota. Era quella di Frant.
L'uomo portava tra le braccia un fagotto avvolto in tessuti ricamati che reggeva come un neonato.
"Frant" esclamò stupita Tamarys. "Che ci fa lì?"
Quando erano state prelevate a casa di Talita i soldati non avevano dato molte spiegazioni. Joyce era stata tentata di usare i suoi poteri, ma il rischio che Tamarys e Talita venissero ferite era troppo alto e aveva rinunciato.
I soldati le avevano scortate fino all'accademia, un palazzo imponente che sorgeva nella piazza principale di Berger.
All'ingresso erano state separate: Tamarys e Joyce da una parte e Talita dall'altra.
Tamarys aveva accennato a una protesta, ma a un segno deciso di Talita aveva taciuto.
"Andrà tutto bene" disse l'anziana seguendo i soldati. "Non date a queste persone una scusa per usare la violenza."
Tamarys aveva annuito e si era accodata a Joyce e ai soldati.
Adler accolse gli eruditi e i tiranni con lo stesso sorriso mellifluo. "Benvenuti" disse. "E perdonate questa convocazione improvvisa, ma gli eventi lo hanno richiesto."
"Spero che tu abbia un motivo più che valido per tutto questo" disse con tono severo una delle donne.
"Lo è, onorevole Heba" rispose Adler.
La donna gli rivolse una smorfia e si sistemò sul palco, in modo che tutti la vedessero.
Adler accolse uno a uno i tre eruditi, compresa Talita che non lo degnò di un'occhiata. Lui non diede l'impressione di essersela presa e passò a Frant, che aiutò a salire sul palco e che sistemò al suo fianco.
Lo stregone appoggiò con cura il fagotto sul tavolo di legno massiccio che dominava il palco.
Adler si schiarì la gola e disse: "Ora che siamo tutti riuniti, posso spiegarvi finalmente perché vi ho convocati con tanta urgenza. Alcuni di voi già sanno e faticano a mantenere il silenzio, come io gli ho chiesto di fare e..."
"Vieni al dunque, Adler" disse uno dei tiranni con voce gracchiante. Era uno di quelli più anziani, curvo e dalla pelle rugosa.
Adler mantenne il sorriso. "Ci arriverò subito, onorevole Rossmaz" disse con tono deferente. "Prima permettimi di introdurre i venerabili eruditi che ho riunito per l'occasione."
Rossmaz fece una smorfia infastidita e sussurrò qualcosa al tiranno che era alla sua destra. Questi annuì e mosse le labbra.
Adler indicò uno degli eruditi, un uomo di mezza età dal viso rotondo e le guance paffute. Era quasi calvo tranne che per una coroncina di capelli castani e radi che gli circondava la testa.
"Il venerabile Atah Kubo" disse Adler. "Penso lo conosciate tutti per i suoi studi sull'antica storia delle armi e della metallurgia. Nessuno è più esperto di lui in questo campo."
Gli eruditi annuirono.
Adler indicò l'altro uomo. Questi era alto e massiccio, con una folta zazzera di capelli brizzolati e il naso schiacciato. "Il venerabile Ratan Thavaz. Famoso per le sue ricerche sulle antiche leggende e i miti."
Ratan si esibì in un leggero inchino.
"E infine" disse Adler indicando l'ultimo erudito. "La venerabile Talita Haro. Non esagero se la definisco la massima esperta dell'epoca successiva alla riforma dell'onorevole Zechaia Rosslib."
"È il periodo successivo alla caduta della prima tirannide" le sussurrò Tamarys. "I Trenta a quel tempo rischiarono di sparire, così Rosslib diede il via a numerose riforme che presero il suo nome. Fu lui a salvare la tirannide. Tutto ciò accadde circa duecentocinquanta anni fa."
"Io credevo che Talita fosse un'esperta della storia di Bellir."
"Quello è solo il suo passatempo" disse Tamarys.
"Vi starete chiedendo" proseguì Adler. "Il motivo per cui ho radunato in questa sala alcuni tra i maggiori eruditi dell'accademia." Si avvicinò al tavolo e indicò il fagotto. "Il motivo è che volevo mostrarvi questo." Fece un cenno a Frant.
Lo stregone spiegò le bende che avvolgevano l'oggetto, fino a rivelarne il contenuto. Adler allungò la mano verso il fagotto e con un gesto lento e solenne sollevò la spada sopra la sua testa, mostrandola al pubblico riunito nella sala.
"Oggi vi ho riuniti qui" disse con espressione raggiante. "Per mostrarvi l'arma una volta appartenuta al grande Bellir."
La sala esplose in un unico vociare. Tutti sembravano avere un motivo per urlare. Chi verso il palco, chi verso le persone che gli stavano accanto e chi verso nessuno in particolare.
Alcuni eruditi scuotevano la testa, altri ridevano e pestavano i piedi per terra. Altri invece erano seri e sembravano chiedere ai primi di ascoltare le ragioni di Adler.
Lo stesso stava accadendo tra i tiranni, con Rossmaz e altri due, tra i quali una donna, a scuotere la testa con maggior vigore.
Il tiranno li osservava con sguardo raggiante, come un lupo pronto a saltare alla gola della preda alla minima distrazione.
"Frant" disse Tamarys. "Che cosa hai combinato?"
"È la spada che ha trovato nelle rovine?" domandò Joyce.
"Deve essere impazzito."
Adler attese che la sala si calmasse prima di riprendere a parlare. "Quest'arma" disse brandendo la spada. "Appartenne al grande eroe di nome Bellir. Io ne ho le prove e oggi ve lo dimostrerò."
"È una menzogna" urlò Rossmaz. "E le tue affermazioni sono blasfeme."
"Nobile Rossmaz, se mi concederai un attimo del tuo tempo..." iniziò a dire Adler.
"Ti concederò di lasciare questa sala senza farti assaggiare la mia collera."
"Lascialo parlare" disse un altro tiranno. Era più giovane di Rossmaz. Indossava una tunica dai colori accesi e i capelli lunghi e impomatati erano pettinati all'indietro.
Rossmaz rispose con un gesto spazientito.
"Di cosa hai paura?" gli chiese il tiranno che aveva difeso Adler.
Rossmaz divenne paonazzo. "Io non ho paura di niente" gridò stizzito. "Sei tu quello che è terrorizzato, Silbo."
Silbo mostrò i pugni in segno di sfida. "Io voglio conoscere la verità."
"La verità" disse Rossmaz. "È quella che sappiamo dalla storia. Bellir affrontò Malag e lo sconfisse, ma perse la sua arma e l'armatura nel terribile duello che dovette sostenere. Ecco perché tutte le cronache parlano dell'eroe che torna in superficie disarmato e moribondo. È corretto, Atin?"
L'erudito annuì solenne. "Questo dice la storia."
"La storia è molto bella" disse Adler. "Ma è scritta dagli uomini e, come questi, può sbagliare. Io vi chiedo solo di mettere da parte la vostra incredulità per un istante e accettare questo semplice concetto. Qui abbiamo la vera spada che Bellir usò per sconfiggere Malag e io ve lo dimostrerò."
Rossmaz incrociò le braccia sul petto. "E allora procedi, per gli inferi. Non sarò certo io a impedirti di metterti in ridicolo."
Atin si fece avanti. "Come intendi procedere? Tu non sei un erudito e non vedo perché dovrei fidarmi del tuo giudizio su una cosa di tale importanza."
"Non ti chiedo di fidarti di me" disse Adler. "Ma dei tuoi confratelli." Indicò i tre eruditi che si erano avvicinati al tavolo e stavano studiando da vicino la spada.
Talita era quella che sembrava più interessata al manufatto. Ogni tanto scambiava una parola con gli altri due, che annuivano alle sue osservazioni.
Kubo fu il primo a parlare. "Indubbiamente questa spada è stata forgiata con le tecniche usate all'incirca cento anni fa. Vedete queste scanalature? Sono tipiche di quel periodo, non c'è alcun dubbio."
Adler accolse quelle parole con aria soddisfatta. "È una prova a favore della sua autenticità."
"Non basta questo" disse Atin. "Chi ci dice che provenga dal luogo in cui Bellir sconfisse Malag? Quel nascondiglio non è mai stato trovato."
Adler sorrise. "Di questo non sarei totalmente sicuro, non è vero venerabile Talita?"
La donna gli rivolse un'occhiata di traverso.
"Per favore" disse Adler con tono mellifluo. "Racconta a questi signori come sei riuscita a identificare quel luogo. Frant ha usato le tue indicazioni per ritrovare il nascondiglio di Malag,"
Nella sala piombò un brusio sommesso.
"Dove?" chiese Rossmaz.
"Perché non siamo stati informati?" domandò uno dei tiranni.
"Questa informazione doveva essere condivisa" disse uno degli eruditi.
Atin si avvicinò al palco. "È vero ciò che dice, Talita? Tu lo sapevi?"
L'anziana annuì. "Io conoscevo quel luogo" disse rivolgendo gli occhi altrove.
Atin scosse la testa. "Perché non me lo hai detto?"
"Mi avreste creduto?" chiese Talita.
"Ti avrei accompagnato io stesso in quel luogo, per vedere di persona."
"Io volevo che restasse segreto."
"Perché?" domandò Atin perplesso.
Talita indicò il palco. "Per evitare tutto questo."

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