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Autore: Lau33    16/12/2018    1 recensioni
Tutti abbiamo paura. Tutti fuggiamo da qualcosa che non abbiamo il coraggio di affrontare.
La storia di una famiglia devastata dal dolore e dalla paura, che cerca di ricomporsi senza mai riparare le crepe.
---> Seconda classificata al contest 'Only daily life', indetto da 6Mikaki sul Forum di Efp
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ORO BORDEAUX




 

Non ricordo più dove mi sto dirigendo, forse verso il bar o la locanda. È notte?

Nelle mie mani sento il volante, lo sto stringendo; credo di stare guidando, ma non riesco a distinguere la linea di mezzeria dalla bianca luna. Com’è candida la luna, stanotte, come in quella poesia di Leopardi.

Ma devo stare attento, sto guidando. Forse mi dovrei fermare.

Penso di aver già sentito questa frase. Forse mi dovrei fermare.

Forse dovrei smetterla di fare questa vita, di sprecare la mia precaria esistenza nell’alcool. Quante volte me l’ero ripetuto, quante lo avevano urlato loro.

Se solo non fosse così confortante.

Mi trovo davanti alla solita locanda, la mia unica casa ormai. Con un corpo morto che non riesco più a sentire, mi butto sulla sedia in legno davanti al bancone e le parole vino, vino mi escono dalle labbra, solo apparentemente serrate.

«Mauri, ormai non ti aspettavo più. È quasi l’una.» penso sia Nick, davanti a me. All’incirca. La sua figura è confusa, come ogni altro pensiero nella mia testa.

Finalmente arriva, in un bicchiere di vetro trasparente, fine, così differente dal mio aspetto trasandato. Le mani subito si lanciano a capofitto per aggrapparsi a quel vetro cristallino, e la bocca ingurgita quel liquido, senza lasciar passare aria. Perché è questa la mia aria adesso.

Il bicchiere si riempie di altro oro rosso scuro. Il vino. Bordeaux*, appunto, meravigliosa illusione in una vita di fallimenti. Un colore elegante, nobile; violento come il rosso, freddo come il viola.

Quando avevo iniziato? Forse sei o sette anni fa, non ricordo. Non ricordo quasi nulla, a dire il vero. Se non il motivo per cui cominciai e la sensazione inebriante della prima volta.

Non sempre le persone sono abbastanza forti da affrontare a mani nude i mostri della vita; io non sono una di quelle. 

Ho perso mia madre, il lavoro e poi tutto il resto. Avevo paura. Avevo bisogno di qualcosa che mi desse la forza di vivere, quel poco che bastava per non suicidarsi. Ma non era mai abbastanza.

I singoli bicchieri diventarono bottiglie, le bottiglie casse intere. Non ero mai sazio di quel prezioso aiuto bordeaux, che era capace come nessun altro di farmi sentire in un mondo differente, ovattato, cullato dalla leggerezza dell’ebbrezza, invece di essere devastato da sofferenze e ingiustizie.

Ho perso mia madre, il lavoro e poi tutto il resto. Avevo bisogno di qualcosa per non pensare al mio dolore e al mio essere patetico. Il vino sembrava cancellare tutti i vorticosi pensieri. Sembrava dissimulare la mia paura nei confronti della vita, congelandola con le sue sfumature blu, per poi incendiarla con il suo rosso.

 

Ma anche quello, dopo alcuni anni, sembrava sfuggire dal mio controllo. Così come tutta la mia vita. La violenza iniziò ad impossessarsi di me, le mani si muovevano più velocemente dei pensieri e non riuscivo a fermarle. O forse non volevo.

Iniziai a provare un sentimento simile all’astio verso Rachele, che credeva tanto nel suo Dio e aiutava più i parrocchiani che me. Quell’astio si tramutò in odio, furente ed aggressivo, non mi trattenni più. Iniziai a usarla come sfogo. Mi chiesi perché non fosse morta lei, invece di mia madre. Poi l’odio diventò qualcosa di più simile all’indifferenza. Come se tutti quei comportamenti, quegli sfoghi, fossero ormai entrati a far parte dell’abitudine, della normalità. Come se non mi importasse più nulla di lei.

Non so descrivere la sensazione che provo quando mi accanisco su di lei… So solo che è in qualche modo appagante. Forse perché testimonia realmente che sono in grado di fare qualcosa. Qualcosa di giusto, perché è lei ad aver sbagliato.

Ma anche questo non è abbastanza per me. Posso percuoterla quanto voglio, ma non riporterà indietro mia madre, né la mia dignità. E tutta questa spirale genera altro odio, altra aggressività, altra violenza.

Tutto ciò che rimane è il mio alcool. Non mi importa nemmeno più di mia figlia, che un tempo amavo così tanto. Nemmeno lei è stata in grado di aiutarmi, considerandomi come se fossi io il colpevole. Non mi importa?

 

Mamma che cosa dovrei fare? Ma chi sta sbagliando? Dove sono…?

La testa è più confusa del solito, sento un forte dolore in mezzo alla fronte, penetrante. Cosa succede?

Faccio inavvertitamente cadere il bicchiere ancora colmo, urtandolo con il gomito, mentre mi sto alzando dalla sedia. Non mi importa che sia caduto. Non mi importa?

Barcollo verso la macchina, incurante delle urla di Nick che mi richiamano dentro il locale. 

 

Non permettere tutto questo. Non hai perso tutto.

 

Quelle parole risuonano nella mia mente con la voce di mia madre. Non l’avevo più sentita dal giorno della sua morte. Mai mi era apparsa in sogno. Perché adesso?

Metto in moto e con quello che sembra il mio piede spingo più forse che posso, per andare più veloce, più veloce. Come lei.

Forse non è ancora tutto perduto, vero mamma? Ho ancora lei. Io non voglio che Anna mi odi. Nella fotografia nel nostro salotto, sembravamo così felici di stare insieme. Sembrava così felice, non mi odiava ancora. Ora invece non fa altro che accanirsi contro di me, eppure non posso togliermi dalla testa che non se n’è ancora andata. 

Mamma, non ho perso tutto.



 

 


*Il nome bordeaux deriva dall’omonimo vino francese.

 
  
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