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Autore: Anonima Italiana    16/12/2018    5 recensioni
La mia versione della storia di Ade e Persefone, una storia dark con molti momenti di luce.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Demetra, Persefone, Zeus
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Negli Inferi cominciò così un periodo di frenetici “lavori in corso” (come li definiremmo oggi),in particolare per quanto riguarda il Giardino dei Frutti.
Dopo che Ade le ebbe fatto avere tutto il necessario richiesto, Persefone si mise all’opera con grande entusiasmo: ogni giorno si recava nel vasto Giardino assieme alle tre fedeli ancelle, alle quali si era ripromessa di insegnare almeno in parte come prendersi cura di fiori, frutti e terreno (proprio come faceva sua madre Demetra con i mortali), e lavorava con impegno e senza risparmiarsi per molte ore. Come le aveva detto Ade, l’impresa non era semplice: per quanto simile, un Giardino dell’Oltretomba non poteva certo essere identico a uno sulla Terra, dove abbondano aria, acqua e sole. Le sfere donate da Apollo riflettevano sì la luce del sole, ma erano molto più piccole e quindi la luce era minore; l’acqua non mancava dato che il fiume Cocito costeggiava il Giardino, ma certamente non era una fonte pura e limpida come i fiumi terreni; l’aria poi, effettivamente era un grande problema, in quanto quella degli Inferi oltre a essere insufficiente era anche molto più pesante.
Ma una Dea ha sempre dei rimedi segreti contro qualunque inconveniente, e con qualche sforzo in più rispetto a quanto ci metteva sulla Terra, in poco tempo Persefone vide letteralmente sbocciare i frutti del proprio duro lavoro: finalmente meli, peri, melograni, pruni, e molti altri frutti avrebbero potuto essere gustati anche dagli altri abitanti dell’ Averno…o meglio, dagli altri abitanti divini. Ade aveva infatti spiegato a Persefone che oltre a lui nelgli Inferi risiedevano anche la Dea Ecate, i tre giudici infernali, le tre Parche e Thanatos, il vero e proprio Dio della morte.
Certo non era molto, ma ormai Persefone aveva capito come funzionava il mondo di sotto, e che le varie brutture che aveva sempre sentito dire su Ade erano false: non era assetato di sangue e uccisioni, le anime arrivavano da lui quando erano già morte.
Se le giornate passavano lavorando, le serate trascorrevano in compagnia di Ade, sempre interessato ad ascoltare i progressi del suo lavoro, e sempre generoso di doni: sete preziose e gioielli ormai non mancavano nel guardaroba della giovane Dea, che essendo abituata a uno stile molto più semplice a dire la verità non sapeva bene cosa farne; unica concessione, l’aveva fatta per un anello che Ade le aveva descritto come speciale. Un bell’anello d’argento con una pietra viola incastonata nel centro, che Ade le aveva donato raccontandole che, in caso di bisogno, ovunque si trovasse, le sarebbe bastato toccarlo e pronunciare il suo nome, e lui sarebbe immediatamente accorso in suo aiuto. Ma Persefone ormai non aveva più paura, laggiù; al massimo poteva capitarle di perdersi nei meandri dell’Averno, in questo caso l’anello sarebbe stato utile.
 
Un giorno, Ade decise di fare una sorpresa alla giovane e di recarsi di sua iniziativa nel Giardino per vedere a che punto erano i lavori. Non era sicurissimo che a Persefone avrebbe fatto piacere la cosa, forse l’avrebbe vissuta come un’intrusione, d’altra parte lui lì era il Padrone e quindi poteva andare dove voleva. Inoltre era molto curioso di vedere i risultati dell’abilità e dei poteri della fanciulla.
Quando arrivò Persefone e le sue ancelle si erano da poco sedute sotto un albero a riposare un poco; la giovane Dea si alzò andandogli incontro felice, con la luce della gioia negli occhi, identica a quel giorno dove si erano incontrati nel prato. Ade l’ammirò incantato e mentre lei avanzava sentiva il cuore battergli in petto quasi come se stesse per uscirne. Prima di lei non sapeva nemmeno di averne uno, di cuore…
 
- Allora- disse Persefone con una punta di orgoglio- che ne dite del Giardino del vostro Regno?-

- E’ semplicemente stupefacente. Quasi non lo riconoscevo, pari ai più bei giardini della Terra e dell’Olimpo. Ed è tutto merito tuo, mia Regina. – disse Ade senza dissimulare la nota di orgoglio che provava nella voce.

- Sono felice  che vi piaccia. Ma oggi non chiamatemi Regina, non ne ho proprio l’aspetto- disse ridendo e alludendo al fatto che, a causa del duro lavoro, i capelli erano scarmigliati, la tunica sgualcita, le mani un poco rovinate ed era anche un poco sudata.

- Nulla mi impedirà mai di considerarti come la più bella e nobile delle Regine, più bella ancora di tutte le donne del mondo- ribattè con calore Ade, il quale non riuscì assolutamente a trattenersi; stupendo perfino sé stesso, l’afferrò per la vita e la prese fra le braccia, stringendola a sé e baciandola con passione.

A Persefone era la prima volta che accadeva qualcosa del genere. Sentì le labbra morbide e calde di lui posarsi sulle sue e la sua lingua che tentava piano di schiuderle la bocca, sollevata sulle punte, gli arrivava alla spalla e mentre si godeva la meravigliosa sensazione che le dava l’essere avvolta dalle sue forti braccia, d’istinto oltre a poggiare entrambe le mani contro il suo petto premendole, schiuse a sua volta le labbra accogliendo la lingua di lui che le esplorava piano la bocca.
Tutto questo, completamente indifferenti a qualunque cosa, persino alle tre esterrefatte ninfe che però, nonostante l’imbarazzo, non poterono trattenere un sorrisetto davanti a questa versione sconosciuta del loro temibile Signore.

Improvvisamente, tornando in sé, Ade si staccò da Persefone scusandosi e cercando di ricomporsi e riprendere il suo abituale freddo cipiglio, mentre la giovane arrossiva consapevole non solo della presenza delle ninfe che cercavano invano  di fare finta di nulla, ma soprattutto dall’apprendere, come nuova consapevolezza, l’effetto reciproco che ognuno di loro due aveva sull’altro. Abituata com’era alla rigida educazione materna, prima di allora non aveva mai pensato a sé stessa come a una creatura che potesse suscitare desideri e sentimenti che comunque vedeva negli altri.  E non aveva mai pensato nemmeno che potesse accadere il contrario, cioè che qualcuno suscitasse le medesime cose in lei.
In imbarazzo, Ade si voltò e se ne andò, e poco dopo anche Persefone e le ninfe decisero di tornare alla reggia, e di fare come se nulla fosse accaduto. Finora era andato tutto così bene, forse era il caso di fare in modo che le cose continuassero così… 


Ma il tutto non poteva durare a lungo. Improvvisamente, Persefone cominciò a deperire misteriosamente, giorno dopo giorno.
Il suo colorito diventava sempre più pallido, l’appetito cominciò a mancarle, e piano piano cominciarono ad abbandonarla anche le forze: lei tentava di dedicarsi alle quotidiane occupazioni, Giardino compreso, ma la fatica e lo sforzo erano sempre più insopportabili. I suoi poteri di Dea si ridussero al lumicino…finchè un giorno fu trovata completamente esanime su un pavimento del palazzo, e non ci fu modo di farla rialzare.
Dopo averla messa a letto con ogni premura, venne convocato Asclepio, il figlio di Apollo e medico degli Dei, il quale sottopose la paziente ad un’accurata visita, utilizzando al meglio le sue doti mediche.

- Allora?- chiese preoccupato Ade appena lo vide uscire dalla stanza di Persefone. 

- Nulla di anomalo, in realtà caro Ade. Vedi, per chi vive in superficie la luce e il calore del sole sono fondamentali per la sopravvivenza. Chi ne viene privato, inizialmente vive comunque, ma  poco a poco deperisce ed è come se venisse privato della sua forza e della linfa vitale, esattamente come una pianta. Si chiama “malattia del dolore” o anche, se preferisci “dolore dell’anima”. –

- Quindi….Persefone rischia di morire?- chiese Ade con la voce mozzata dal dolore e dall’incredulità.Asclepio si strinse nelle spalle.

- Persefone, essendo figlia di un mortale e di una Dea, non è ancora una divinità consacrata quindi mantiene intatte alcune caratteristiche dei mortali. Quindi la risposta è sì, purtroppo rischia di morire.-

- NO! - gridò Ade sopraffatto dal dolore.

- Allora non vi è che una cosa da fare,  e tu sai qual è- disse Asclepio congedandosi e raggiungendo Ecate, che silenziosa aveva assistito alla scena e che lo avrebbe guidato con la sua torcia verso l’uscita degli inferi, dove lo attendeva Ermes per ricondurlo sull’Olimpo.

Rimasto solo, Ade entrò nella stanza dove Persefone giaceva nel letto dormendo profondamente. Ordinò a una delle ancelle di portargli il suo mantello, e una volta che lo ebbe indossato, indugiò ancora un poco sulla figura amata. Poi si chinò su di lei, e dopo averla dolcemente baciata in fronte la avvolse con cura nel mantello, sollevandola tra le sue braccia e sparendo alla vista di tutti.
Si trasportò così davanti alla casa di Demetra, dove posò con cura Persefone sull’uscio, bussando con energia alla porta; pochi secondi dopo, Demetra aprì  e vedendovi rannicchiata la figlia che credeva rapita, gridò con gioia “Persefone, tesoro mio!”, sollevandola da terra felice e portandola dentro, per sistemarla e curarla a dovere.
 
Non c’erano testimoni a questa scena, ma se vi fossero stati avrebbero forse notato, nascosto dietro un albero nei pressi della casa della Dea, una figura alta e scura che osservava la scena, e sul cui volto, non appena Persefone sparì alla vista venendo portata in casa, cadde una lunga e silenziosa lacrima….
 
(fine ottava parte)

N.B: conosco perfettamente i legami parentali che univano tutti i protagonisti della storia, dato che nel mito Persefone è figlia di Demetra e Zeus (anche se ho trovato che in altri miti il padre è il fiume Stige). Ma dato che, come ho detto, la base della storia era stata ideata per dei bambini, ho voluto mantenerla così e quindi ho scelto di fare questa piccola digressione, dove attribuisco a Persefone uno sconosciuto  padre mortale, e dove accenno a una presunta "consacrazione" che l'avrebbe resa Dea a tutti gli effetti (che presumo inserirò più avanti nella storia, anche se non ne sono sicura). 
   
 
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