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Autore: Damarwen    16/12/2018    2 recensioni
Perché, ogni tanto, esiste ben poco che sappia essere più romantico di un albero di Natale.
Una piccola fotografia dell’amore tra Severus ed Hermione in pieno spirito natalizio.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Questa è una piccola one-shot che ho immaginato incastrarsi nella nuova vita costruita da Severus ed Hermione.
Da leggere dopo “Senza Maschera” e “Attimi” se volete avere un quadro più preciso della storia.
Come sempre grazie a chiunque vorrà dedicare una piccola parte del proprio tempo a queste righe.
Sperando che questa brevissima storia possa regalarvi qualche emozione vi auguro buona lettura.


Buon Natale Hermione

Io non l’ho mai fatto.
Neanche da bambino.
Prigioniero in una casa satura di paure e di fumi dell’alcol.
Io che ho passato una vita a scappare dalla felicità.
A rifuggirla con ogni briciolo di forza.
Per paura di dover soffrire di nuovo.
Per paura di perdere tutto.
Di essere io stesso ad uccidere tutto.
Io che ho passato la vita con il sopracciglio alzato e lo sguardo schifato.
Costretto in un angolo dai miei demoni.
Terrorizzato dalla spensieratezza.
Dal calore.
E minacciato dai ricordi.
Perché niente mi intimoriva di più.
E perché non ero capace.
Io, l’uomo dalla maschera di ghiaccio e dallo sguardo impenetrabile.
Io, il mangiamorte.
L’assassino.
La spia.
Il traditore.
L’occlumante.
Io, Severus Piton.
Quello di cui tutti hanno sempre avuto paura.
Quello di cui io stesso ho avuto paura per tutta la vita.
E adesso mi trovo qui.
Con un cesto di palline cangianti tra le mani.
Di fronte ad un albero che con un incantesimo ho fatto profumare di resina e di bosco.
Con il mio cuore da lasciar guardare.
E il mio essere uomo da lasciar conoscere.
Aggrovigliato ad un filo di lucine che continuano a lampeggiare.
Magicamente alimentate da una corrente elettrica di cui questo strano mondo non ha mai sentito la necessità.
Mi scappa da ridere.
Da solo.
Nella mia stanza.
Piena di inutili e ridicole decorazioni babbane.
Le stesse che hai trascinato quassù, chiuse in uno scatolone che portava incisa la scrittura di tuo padre.
Davanti al quale per un impercettibile istante hai fatto scendere una lacrima.
E non avresti voluto che io la vedessi.
Lo so.
Ma ho passato l’esistenza a notare ogni più piccola incongruenza.
Ad intercettare ogni più piccola anomalia.
E malgrado la nostra vita.
La pace e la felicità, non sono ancora riuscito a scrollarmi di dosso l’istinto che mi ha permesso di sopravvivere.
E adesso mi scopro impacciato.
Ed incapace.
A cercare di prepararti una sorpresa.
Perché niente nella vita mi ha riempito l’anima quanto vedere i tuoi occhi illuminarsi di gioia.
E quasi certamente questo albero farà schifo, Hermione.
Sicuramente avrò montato male i pezzi.
Senza ombra di dubbio qualcuno di questi babbo natale dalla faccia paffuta penzolerà storto dai suoi rami.
E con ogni probabilità non riuscirai mai più a snodare questo maledetto filo di luci che continua a farmi imprecare.
Ma non importa.
Non mi importa più.
Perché vorrei vederti entrare in questa stanza, questa sera.
Vorrei vederti spalancare le labbra.
E gli occhi.
Vorrei vederti portate le mani davanti alla bocca.
E sospirare.
Vorrei vederti sorridere.
Perché io lo so, Hermione.
So quanto ti manca casa tua, quanto ti mancano i tuoi genitori che non hanno saputo riconoscerti.
Anche se ti ostini a non volermelo dire.
Terrorizzata all’idea di risultare la stupida ragazzina al cospetto dell’uomo che ha visto tutto.
Ma se solo sapessi, ragazzina, che è stata proprio la tua innocenza a salvarmi la vita.
A farmela conoscere, la vita.
Quella vera.
Fatta di piccole cose.
Di felicità.
E di paure alle quali permettere di uscire.
Se solo sapessi quanto amo quella ragazzina impaurita.
Proprio quella di cui ogni tanto ti vergogni.
Quella che cerchi di nascondere.
Di trasformare in una donna che pensi degna di me.
Come stai sbagliando, Hermione!
Sono io, il vecchio mago potente, quello che ha visto tutto.
Quello che può vantare l’esperienza degli anni.
Che, invece, mi vergogno di non saper afferrare la spensieratezza.
Non come vorrei.
Che pagherei per assomigliare un po’ di più a quella ragazzina e un po’ meno a quest’uomo pieno di tormenti.
E queste stupide lucine continuano ad aggrovigliarsi.
E io sento salire l’ansia di non essere pronto per il tuo arrivo.
Io che non ho tremato di fronte alla morte.
E che tremo all’idea di non essere capace di farti una sorpresa.
Giro intorno a questo enorme albero di plastica.
Che ho montato imprecando e tagliandomi le mani.
Custode dei tuoi ricordi di bambina.
Mentre la mia impeccabile casacca nera, irrimediabilmente piena di porporina, sembra ormai addobbata a festa.
E appendo renne dalle corna luccicanti.
Cuori di plastica.
E finti bastoncini di zucchero colorato.
E sono felice.
Perché io un albero di Natale non l’avevo mai fatto.
E farlo per te mi riempie il respiro di gioia.
Ringrazio Merlino quando capisco di essere arrivato alla fine di questo maledetto cavo lampeggiante.
Rendendomi finalmente conto di aver vinto una battaglia per la quale non mi credevo pronto.
Mi allontano dalla mia opera.
Porto una mano sotto il mento.
Socchiudo gli occhi.
La osservo.
Mentre si staglia imponente sulla vetrata appannata dal freddo e adornata dalla neve.
Ed è bellissimo, Hermione.
Questa stanza non è mai stata tanto calda.
Sorrido.
Da solo.
Di nuovo.
Io che per anni non ho saputo farlo.
Sento i tuoi passi impercettibili dietro la porta.
La mia vita mi ha rubato il piacere di poter essere colto di sorpresa.
Io sento tutto.
Prevedo quasi tutto.
Tranne te.
Tranne questo amore assurdo e magnifico.
No Hermione, non ti avevo prevista.
Piccolo, sublime uragano della mia vita.
La maniglia si abbassa.
Lancio un’ultima occhiata a questa mia assurda fatica.
Per un attimo sento l’istinto di andare a raddrizzare una stella rossa che è sfuggita al mio controllo maniacale.
Mi trattengo.
Resto immobile.
Le braccia incrociate sul petto.
I miei occhi pronti a registrare ogni più piccola inflessione dei tuoi.
La porta si apre.
E tu entri nella stanza.
Una pila di libri traballante tra le mani.
Un quaderno trattenuto tra i denti.
La testa bassa per permettere al mento di puntellare la torre di sapere che ti porti irrimediabilmente appiccicata addosso.
I tuoi ricci ribelli ad impedirti di guardare oltre la copertina dello spesso volume posto in cima.
Ti giri nuovamente verso la porta senza notare nulla.
Con un piede la chiudi, facendola vibrare per un attimo sui cardini, prima di sbattere sonoramente contro uno stipite tarlato.
Guadagni goffamente il centro della stanza.
E finalmente alzi lo sguardo.
Il tonfo dei libri sul pavimento fa da colonna sonora al tuo stupore.
Sgrani gli occhi.
Sorridi.
Poi ti porti una mano davanti alla bocca.
Quasi tutto.
Prevedo quasi tutto.
Sorrido soddisfatto.
Ti giri.
Cerchi frettolosamente il mio sguardo.
Lo trovi ad attenderti.
Velato di gioia e da un pizzico di eccitazione.
-    “Severus è…è bellissimo!”
Inarco un sopracciglio.
Sollevo leggermente le spalle.
Le braccia sempre incrociate sul petto.
E la mia famosa incapacità di parlare come vorrei, sempre a cercare di nascondermi.
Ti avvicini.
Mi prendi la mano.
Mi trascini verso la nostra finestra, al cospetto del grande albero che cela gli ultimi raggi di sole.
Sfiori con le dita le palline e le luci che hanno accompagnato la tua vita.
E forse cerchi una tristezza che ti scopri incapace di trovare.
Sorridi ancora.
Stringo un braccio attorno alle tue spalle.
Ti sfioro la fronte con un bacio.
-    “Buon Natale, Hermione…”



 
   
 
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