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Autore: Crystal Rose    16/12/2018    2 recensioni
Ho provato ad immaginare cosa accadrebbe se una ragazza con un succoso segreto dovesse incappare nei Germa 66 e nell'armata rivoluzionaria, quanto caos potrebbe creare una ragazzina con straordinarie e improbabili capacità nascoste?
"Tutte le storie cominciano con “C’era una volta in un regno lontano lontano“ e prevedono una bella fanciulla che sta passando un gran brutto momento e resta in attesa di un uomo grande e forte che la salvi e la porti via in sella al suo cavallo bianco verso il loro “vissero per sempre felici e contenti”. La mia storia è esattamente il contrario. Inizia in un piccolo paesino assolutamente di nessuna rilevanza, su di un’isola piuttosto tranquilla e banale, una di quelle che, nonostante fossimo nell’epoca d’oro della pirateria, non veniva visitata né da pirati, né da uomini del governo. Talmente insignificante che non ne veniva dimenticata l’esistenza solo perché comparivamo ancora nelle mappe. Eravamo lontani dalle rotte più battute ed il clima non era mai tanto avverso da spingere qui una nave, neanche per sfortuna."
Genere: Avventura, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Emporio Ivankov, Famiglia Vinsmoke, Sabo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non so per quanto tempo rimasi a fissare quella meraviglia, dovevo sembrare proprio ridicola ad emozionarmi così per un laboratorio. Yonji rimase tutto il tempo appoggiato con la schiena ad uno strumento, ad osservarmi sorridente con le braccia incrociate sul petto ma io neanche mi accorgevo più della sua presenza. Le mie fantasie furono interrotte dallo spalancarsi delle porte che mi riportarono bruscamente alla realtà del mio stomaco brontolante.
 
- Signorino Yonji, la colazione è servita. Faccio entrare la domestica? – Era un uomo con l’uniforme dei Germa ed un camice bianco sopra.
 
- Davvero vuoi far colazione qui dentro? – si stava rivolgendo a me. Annuì come una bambina, non volevo assolutamente lasciare quel posto fantastico. Non credo che lui riuscisse a capire il mio entusiasmo, per lui quella era solo una stanza. – Va bene. - sospirò rassegnato e diede ordine di far entrare la domestica.
 
Per quanto mi riguardava potevamo anche mangiare a terra ma lui era pur sempre un principe, non credo che il suggerimento gli sarebbe andato a genio, quindi tenni la bocca chiusa e lasciai che preparassero un tavolino appositamente portato lì per servire la colazione. Tavolo bianco, sedie bianche, tovaglia bianca, laboratorio bianco… in quel posto erano fissati con il bianco. Mi sentivo in imbarazzo, non ero abituata a farmi servire, non sapevo cosa fare, da quando avevo incontrato Niji quella mattina non facevo che sentirmi inadeguata, una paesana in un palazzo reale.
 
Però dovevo ammettere che il laboratorio mi tranquillizzava parecchio, dopotutto, da quando ero arrivata avevo dovuto cenare in presenza di un cadavere e guardare Judge far tranquillamente colazione mentre pestavano Yonji, per non parlare che nei giorni precedenti ero stata incosciente, chiusa in qualche capsula. Quello era il primo pasto “normale” in quel regno ed avevo una fame pazzesca. Il mio stomaco brontolò di nuovo ed io tentai di calmarlo premendovi una mano sopra.
 
- Se hai fame perché non mangi? – stava girando il cucchiaino in una tazza di the e mi fissava aumentando il mio senso di inadeguatezza. – Stai facendo un’espressione strana. Che cosa significa? – Imbarazzo. Significava imbarazzo.
 
- Non sono una nobile. –
 
- Poco ma sicuro. I nobili non girano impiastricciati come lo eri tu quando ti ho incontrata. – Odioso!
 
- Volevo dire che non conosco le vostre buone maniere. –
 
- Buone maniere? – scoppiò a ridere di gusto e si mise a sedere tutto scomposto.
 
- Credevo che i principi ne avessero. – ero piuttosto risentita e offesa, mi prendeva in giro per quello che non sapevo e non era una sensazione familiare.
 
- All’occorrenza. – Tornò a fissarmi ma io non lo guardavo, ero indispettita. – Ce le hanno insegnate ma personalmente le trovo noiose. I miei fratelli e mia sorella sono più portati di me per queste cose. – per forza, lui era un gorilla! – Allora ti decidi a mangiare o faccio portare via tutto? –
 
Avevo fame. Mi decisi ad afferrare un biscotto, era delizioso! Assaggiai il thè ed anche quello era sublime. Forse era colpa della fame o era merito della cuoca, ma quell’assaggio mi fece prendere abbastanza coraggio da sbloccarmi. Anche lui mangiò ma passò buona parte del tempo a fissarmi, anche adesso, si stava tenendo la testa su di una mano chiusa a pugno e mi fissava. Mi metteva a disagio.
 
- Si può sapere perché continui a guardarmi? – mi faceva sentire come un animaletto domestico.
 
- Fai espressioni strane. Alcune non le capisco. –
 
- Smettila! –
 
- Di fare cosa? –
 
- Di continuare a leggermi il viso! –
 
- Bhè tu non parli molto ed io mi annoio a far colazione con una mummia. –
 
- Altro che buone maniere, sei un gran maleducato! – rise.
 
- Te lo avevo detto che non sono molto incline alle buone maniere. Però tu forse confondi le smancerie con le buone maniere. – lo guardai confusa. – Qui nessuno ti farà delle smancerie. Su Germa non esistono la gentilezza, l’altruismo, la bontà e sciocchezze simili. Queste sono cose da deboli. Se ti aspetti gentilezza hai decisamente sbagliato posto. –
 
A volte dimenticavo chi fossero in realtà e dove mi trovassi. È che a vedere lui o Reiju mi sembravano ragazzi normali, un po’ stronzi certo ma tutto sommato normali. Ma le cose non stavano proprio così e non dovevo dimenticarlo.
 
- Ti ho turbata? – non risposi. – Reiju ha ragione, voi umani siete così delicati, bastano poche parole per ferirvi, con una come te forse non sarebbero necessari neanche i miei muscoli e le mie capacità per distruggerti. – continuava a fissarmi ed io arricciai il labbro, mi veniva di nuovo da piangere. Quando avevo visto il laboratorio, per un attimo, avevo smesso di sentirmi sola, ma ora quella brutta sensazione stava tornando.
 
- E allora perché non lo fai?... – glielo stavo suggerendo più che chiedendo.
 
- Perché non sono questi gli ordini. – ecco di nuovo quel ghigno.
 
- E se tu potessi scegliere? – volevo capire se fosse il caso di darmela a gambe quando gli ordini fossero cambiati.
 
- Vuoi sapere se, potendo scegliere, ti farei del male in questo momento? – lo guardai e come sempre il mio sguardo parlava per me. - Tra le tante cose, oltre ad essere un principe di Germa ed uno scienziato sono un mercenario ed un soldato. Il mio compito è fare alle persone quello che ho fatto alla tua isola e di solito non ci sono superstiti, ma non giro per le strade o per i corridoi ad ammazzare gente senza motivo. –
 
- Vuoi dire senza che ti venga ordinato. –
 
- No. Voglio dire che se qualcosa mi interessa sopravvive. – continuava a fissarmi. – E dovresti ringraziarmi per averti portata qui invece di ucciderti. –
 
“È il mio congegno che devo ringraziare e non te, stupido bestione!”
 
Comunque le sue parole sottolineavano la mia posizione in quel palazzo. Per il re ero un mezzo per potenziare le sue armi, per Reiju una palla al piede che avrebbe fatto meglio a gettarsi da una torre, per Niji un giocattolo, e non volevo neanche immaginare in quale modo disgustoso avrebbe voluto giocare con me, e per Yonji un buffo animaletto trovato per strada che fa le facce buffe. E poi c’era Ichiji, il rosso, non ero ancora riuscita a capire per lui cosa rappresentassi e non ero sicura di volerlo sapere. C’era di evidente che per nessuno di loro rappresentassi un essere umano con dei sentimenti ed una propria volontà.
 
Lui mi osservava incuriosito e stavolta ero io a leggere la sua espressione, si stava chiedendo che sentimento stesse mostrando la mia faccia.
 
- Tristezza. – gli dissi e lui sollevò un sopracciglio. – Questa è tristezza. –
 
- Tristezza. – ripetè la parola accentuando la somiglianza ad uno scimmione. – No. Non mi dice niente. –
 
- Non puoi non aver mai provato tristezza in vita tua. –
 
- Mai. –
 
- Non hai mai perso qualcuno a cui volevi bene o non ti sei sentito amato o apprezzato? – rise, come se avessi detto qualcosa di divertente.
 
- Sei divertente. Ma la risposta è no, non ho mai provato tristezza. –
 
- È come la rabbia. La conosci? –
 
- Si, questa la conosco. - 
 
- Ma la rabbia ti infiamma, invece la tristezza ti fa spezzare qualcosa dentro, in senso metaforico. – mi affrettai ad aggiungere, con lui non si sapeva mai.
 
- No, mai provata. – mi sorrise compiaciuto. – Che ne dici adesso di dare un’occhiata alla mia tuta? – era senza speranza. – Se fai la brava magari posso lasciarti usare qualcuno di questi giochini. – indicò le apparecchiature che ci circondavano. – Sempre che per te non siano troppo complessi. –
 
“Troppo complessi un corno!”
 
Sorrise divertito e si alzò mentre io guardavo la tavola in disordine.
 
- Lascia perdere. Se ne occuperanno i domestici, sono stati assunti per questo. Andiamo. -
Posai il tovagliolo e mi decisi a seguirlo. Era più forte di me, mi sentivo come quando da bambina mi portavano alla festa di paese, era tutto terribilmente fantastico, tutto così nuovo eppure tutto così ignoto al tempo stesso. Quel laboratorio era immenso e si sviluppava su tre piani. Raggiungemmo l’ultimo piano, quello adibito allo sviluppo della Raid Suit numero 4.
 
C’erano diverse teche, ciascuna contenente una diversa versione della tuta verde e numerosi scaffali contenenti i diversi accessori.
 
- Questi sono i modelli obsoleti sviluppati nel corso degli anni. – mi spiegò vedendomi affacciare ad una teca. Lo guardai chiedendomi cosa diavolo se ne facesse di tecnologia ormai superata e lui mi lesse la domanda sul viso. – Sono uno a cui non piace buttare le cose. – avevo il naso incollato al vetro per tentare di sbirciare anche il minimo dettaglio del guanto che avevo di fronte. – Guarda che non sono sigillate, puoi prendere quello che vuoi e osservare da vicino.
 
- Davvero? –
 
- Si, ma questi sono modelli vecchi, è inutile sprecare tempo con loro, sarebbe meglio concentrarci su quella che hai distrutto. – si avviò verso una porta ed iniziò a trafficare con un congegno per poterla aprire. – In questa parte del laboratorio si lavora sull’ultima versione della Raid Suit, per cui l’accesso è consentito solo a personale autorizzato. La porta ha un sistema di scansione per cui se non c’è qualcuno autorizzato ad accompagnarti non puoi entrare. Darti l’accesso sarebbe inutile, tanto non arriveresti allo scanner. – mi stava prendendo in giro per la mia statura. L’espressione di risentimento che gli rivolsi lo fece ridere.
 
- Non capisco cosa ci trovi di divertente. –
 
– Mi chiedo come sia possibile essere così microscopici. –
 
- Non sono microscopica! Siete voi Vinsmoke ad essere esageratamente grossi. – suo padre in realtà era davvero un colosso, persino Yonji che rispetto a me somigliava ad un armadio a due ante sembrava essere piccolo se confrontato al padre. – Smettila di prendermi in giro per la mia altezza! – Sapevo bene di essere minuta, era inutile continuare a rinfacciarmelo. E comunque non avrei avuto chance contro di loro neanche se fossi stata il doppio di ciò che ero. Loro erano spaventosamente forti e pericolosi.
 
- Non vedo perché dovrei. Trovo divertente l’espressione che fai quando si parla di quanto sei piccola e fragile. -  Trovava divertente tutto ciò che non lo era.
 
La porta finalmente si aprì, il livello di tecnologia che c’era in quella stanza era a dir poco abbagliante. C’erano diversi uomini Germa in divisa e camice che lavoravano nei vari punti del piccolo laboratorio. Alcuni stavano testando la resistenza della tuta a proiettili e fuoco, altri si stavano occupando di quelle orribili scarpe a propulsione, altri ancora della comparsa e scomparsa della tuta. Dalla dimostrazione della mattina avevo capito che la Raid Suit in realtà era fatta di una lega a memoria di forma che riusciva ad essere incapsulata e che una volta rilasciata si avvolgeva sul corpo dell’utilizzatore riacquistando la forma con cui era stata modellata.
 
Credo che rimasi a bocca aperta perché lui tirò su un angolo della bocca davvero soddisfatto. Dinanzi a noi c’era un enorme tavolo di metallo su cui galleggiava sospesa la tuta che avevo distrutto. Essendo fatta di una lega a memoria di forma, non veniva manipolata direttamente ma attraverso un software olografico. Mi veniva da piangere per l’emozione, quello era decisamente il mio punto debole.
 
- Non ho mai visto una donna così felice per una cosa simile. – non poteva capire, lui era vissuto circondato da questa roba io invece ero stata cresciuta con il mito di tutto questo e con la paura che potessi essere scoperta. – Sei un tipetto un bel pò strano tu. –
 
- Stavolta non posso darti torto. – Non ero affatto come le altre ragazze, poco ma sicuro.
 
- Puoi muoverti liberamente in questo laboratorio, i tecnici sono ai tuoi ordini ma, inutile dirlo, dovrò essere messo al corrente di tutto quello che fai. – mi ero già avvicinata al tavolo e stavo trafficando con i comandi olografici, neanche lo ascoltavo. Misi le mani su di una sfera e questa prese vita consentendomi di spostare ed ingrandire il punto su cui stavo operando.
 
Sebbene ormai inutilizzabile, la tecnologia con cui era realizzata quella Raid Suit era avanzatissima, era stato un vero e proprio miracolo il fatto che avesse un punto debole.
 
- Questa tuta è fantastica! Ha un livello tecnologico impressionante… -
 
- Sono in molti a voler mettere le mani su questa roba. – mi stava fissando, ma non era il solito sguardo curioso, stavolta c’era altro.
 
- Credi che sia qui per rubarvela? –
 
- È così? –
 
- Mi hai trascinata tu qui. Contro la mia volontà tra l’altro. –
 
- Potrebbe essere quello che volevi fin dall’inizio. –
 
- Se non ti fidi di me allora perché sono qui? –
 
- I miei fratelli non si fidano di te. Secondo loro non è credibile la storia di una ragazzina in possesso di questo livello di competenze tecnologiche su di un’isola di contadini e pescatori. –
 
- E chi sarei allora? –
 
- Una spia, senza dubbio. Magari ingaggiata da qualcuno che vuole la nostra tecnologia o da qualcuno che vuole distruggerci, magari potresti far parte dell’Armata Rivoluzionaria o del Governo. –
 
- E tu cosa pensi? – non gli staccavo gli occhi di dosso. La stanza non aveva punti in cui potersi nascondere e l’unica uscita era alle sue spalle. Mi osservò per qualche attimo poi tirò fuori il suo solito sorriso, quello che mostrava quando mi prendeva in giro o quando facevo qualcosa di buffo.
 
- Che nascondi qualcosa, ma non credo tu sia una spia o una Rivoluzionaria. –
 
- E come fai a saperlo? –
 
- Tanto per cominciare le tue competenze sono al pari di quelle Germa, quindi non vedo perché dovresti rischiare la vita per rubare qualcosa che puoi fare da sola. – si mise le mani in tasca e si avvicinò a dove ero, lentamente, mentre io continuavo a fissarlo. – E per finire… perché solo un idiota manderebbe contro i Germa 66 una ragazzina rachitica e terrorizzata. – si era chinato verso di me e sghignazzava.
 
- Scimmione… - borbottai risentita dandogli le spalle, atteggiamento che lo fece scoppiare a ridere.
 
“Aspetta e vedrai chi è la ragazzina rachitica e spaventata!”
 
- Allora credi di poter rimettere in sesto la mia tuta? –
 
- Se ti riferisci a questo catorcio qui sopra, no. Puoi indossarlo se vuoi ma oltre ad essere brutta non ha nessun’altra caratteristica al momento. – ero indispettita e lo ammetto speravo di fargli del male con le mie parole, ma purtroppo ci contavo poco, quel bestione era indistruttibile sotto tutti i punti di vista.
 
- Vacci piano ragazzina, la mia tuta è stupenda. – incrociò le braccia sul petto, emanava orgoglio da tutti i pori.
 
- Certamente. – ero sarcastica, stavo trafficando con l’ingrandimento per esplorare alcuni nano-circuiti, davvero interessanti e decisamente bruciati.
 
- Devo forse ricordarti le condizioni in cui ti ho trovata? –
 
- Intendi libera e spensierata? –
 
- Intendo impiastricciata e logora. – lo guardai male.
 
- Non ero così abitualmente. –
 
- Allora sono stato fortunato. –
 
- Non volevo essere riconosciuta se fossi riuscita a scappare. – stavolta si piegò dalle risate.
 
- Credevi di riuscire a scappare, questa si che è divertente. –
 
“Stronzo!”
 
- Dovevo approfittarne quando sei finito con la faccia nel fango… - borbottavo.
 
- Non ho affatto apprezzato quello scherzetto. – aveva anche il super udito adesso?! – Ma in effetti è così che ti sei salvata la vita. – mi fermai ed alzai lo sguardo su di lui.
 
- Vuoi dirmi che mi avresti uccisa davvero? –
 
- Si. Ti stavo per spezzare il collo. – una freddezza che metteva i brividi. – Ammetto di essere “sensibile” al fascino delle belle ragazze ma ciò non mi ferma certo dall’eseguire gli ordini e tra l’altro non sembravi neanche una ragazza in quel momento. Se non avessi avuto tra le mani quel dispositivo ti avrei spezzato il collo come un fuscello e sarebbe stato così semplice da non essere neanche divertente. – credo che impallidì in quel momento.
 
Da quando ero al palazzo mi era sembrato il meno pericoloso, forse il fatto di essere stato pestato dai fratelli me lo aveva fatto rivalutare, ma era solo un’illusione. Lui era proprio come i suoi fratelli, crudele e senza cuore e terribilmente pericoloso. Mi avrebbe ucciso e per questo non ci avrebbe perso il sonno, non avrebbe avuto il minimo dubbio o rimorso. Ero viva perché ero utile e nel momento in cui avesse deciso che la mia utilità si fosse esaurita l’avrebbe fatta finita con me. Non aveva fatto una piega mentre mi diceva queste cose. Ero una sciocca ingenua, non potevo fidarmi di nessuno, ero sola, circondata dal nemico e non dovevo dimenticarlo.
 
- Si può sapere cosa ti prende adesso? – fece per avvicinarsi ed io indietreggiai d’istinto. Stava diventando logorante entrare e uscire da questo stato di paura. Lui mi osservò e capì di doversi fermare e non provare ad avvicinarsi ulteriormente.
 
- Guarda che non ti faccio niente. – la mia espressione non cambiò, sapevo che ci fosse un “per ora” sottinteso in quella frase.
 
Espirò spazientito e si allontanò di un paio di passi fingendo di appoggiarsi al muro. Lo so che tutto questo era irrazionale, non sarebbero stati un paio di passi a tenermi al sicuro, ero in pericolo, ovunque mi trovassi in quel dannato regno, ma vederlo allontanarsi da me mi fece comunque sentire meglio.
 
- Che ne dici di raccontarmi cosa hai fatto di preciso alla mia tuta sulla tua isola? – lo guardai senza rispondere, ero sicura lo sapesse. – Voglio vedere se ho capito. – non aveva senso ostinarmi a tacere e farlo arrabbiare.
 
- La tua tuta è composta da una lega particolare, una lega a memoria di forma. – iniziai a spiegare ma ero ancora sul chi vive. - Questo significa che viene progettata legandola al codice genetico di chi la indossa ed al suo corpo. Nel momento in cui la tecnologia si stabilizza memorizza la forma di chi l’ha indossata attraverso la sequenza genetica. Riesce ad essere attivata solo da quella precisa sequenza genetica e solo se messa in una determinata posizione che funge da attivatore. Motivo per cui avete bisogno di impugnare le lattine, portarle all’altezza della vita, quindi del baricentro, perché è da lì che si irradiano, e di girare la confezione, perché le particelle all’interno hanno bisogno di avere un’orientazione particolare per essere attivate. -
 
Iniziavo a sentirmi meglio parlando di quelle cose. Forse lo aveva fatto per farmi distrarre.
 
- Questo tipo di tecnologia è formato da minuscole particelle che memorizzano la loro sequenza di aggregazione. Ogni volta che vengono attivate sono capaci di riaggregarsi tra di loro e, nel momento in cui vengono disattivate, di disaggregarsi in un processo che è comunque sempre reversibile. -
 
Da come mi osservava ne deducevo che avevo indovinato, eppure continuavo a notare una nota di curiosità nel suo sguardo.
 
- Queste particelle vibrano ad una determinata lunghezza d’onda, hanno una vibrazione diversa rispetto ad una tuta statica, ma diversa anche rispetto ad un’armatura o ad un congegno elettronico. Hanno una vibrazione tutta loro che è diversa da persona a persona, quindi, con ogni probabilità, la tua tuta vibrerà ad una lunghezza d’onda diversa da quella dei tuoi fratelli o di tua sorella rendendola quindi tua perché fondamentalmente vibra seguendo il tuo codice genetico. –
 
- È così che l’hai inattivata? –
 
- Non ho fatto altro che recepire questa vibrazione, leggerla ed inviare un’onda che mandasse in overload le tue particelle e che quindi le stabilizzasse definitivamente in una semplice tuta. Visto che i circuiti sono dei nano-circuiti costruiti ad hoc per funzionare con una tuta di questo genere, nel momento in cui la Raid Suit ha smesso di vibrare e si è stabilizzata, c’è stato un corto circuito e si sono bruciati tutti i circuiti. Su per giù è quello che è successo, il mio congegno non ha fatto altro che mandarti una leggera onda elettromagnetica con una particolare frequenza. Non è stato molto difficile una volta capito cos’era. In realtà non ero proprio convinta fossero particelle a memoria di forma ma avevo intuito che c’era un qualcosa del genere sotto. –
 
- Quindi sei in grado di aggiustarla? –
 
- No. È diventata una normalissima tuta. –
 
- E cosa consigli di fare? –
 
- Buttarla. –
 
- Buttarla?! E dovrei restare senza tuta? –
 
- No. Dovresti costruirne un’altra. Va bene anche uguale a quella però dovresti inserire uno schermo, una specie di barriera elettromagnetica che consenta di rispedire al mittente le onde che ti vengono inviate. Magari in questo modo avresti fritto il mio congegno piuttosto che la tuta. –
 
-Basterebbe una cosa del genere? –
 
- Bhè si. Per questo problema qui si.-
 
- E per gli altri? –
 
- Bhè non so che altri problemi abbia, non ho mai analizzato nel dettaglio questa tuta. Ha un altissimo livello tecnologico, questo è certo, però non ti so dire così, su due piedi, avrei bisogno di studiarla, smontarla fino all’osso, capirla per bene e cercare i suoi punti deboli. Questo era facile, era immediato, era palese, quasi strano che ci fosse. Lo schermo elettromagnetico è la prima cosa a cui si pensa, per l’amor del cielo! Perché mi guardi così? –
 
- È davvero strano per una contadina sapere tutte queste cose, lo sai? –
 
- Ho studiato. –
 
- Questo lo vedo. Dove? –
 
- Sulla mia isola. – questo potevo dirglielo.
 
- Sulla tua isola?! –
 
- Certo! Libri, hai presente? Libri, giraviti, bulloni… Leggevo, costruivo, montavo, smontavo. –
 
- Lo hai fatto da sola? –
 
- Si. L’ho fatto da sola. – fin dove potevo arrivare a rispondere perché non farlo?! Il miglior modo per mentire era mantenersi vicino alla verità, Marla me lo diceva sempre.
 
- Dove hai preso quei libri? –
 
- Me li hanno regalati. –
 
- Chi? –
 
- Qualcuno che mi voleva bene e che non voleva diventassi una contadinella. – cercavo di sostenere il suo sguardo indagatore.
 
- E non hai intenzione di dirmi chi è, vero? – scossi la testa. – Perché mantieni questo segreto? –
 
- Perché non sarebbe più un segreto se te lo dicessi. –
 
- Lo sai che stai nascondendo l’unica cosa che potrebbe tenerti al sicuro su quest’isola? Davvero al sicuro. –
 
- Potrebbe anche essere il contrario. Non lo sapremo mai. –
 
- Quindi devo dare ordine di ricominciare tutto da capo? – teneva le mani in tasca.
 
- Si, devi dare ordine di ricominciare tutto da capo e questa la smontiamo. Ho bisogno di studiarla. – indicai la Raid Suit distrutta.
 
- E quanto occorrerà per fare tutto questo? –
 
- Un mese. –
 
- Un mese?! Ed io dovrei restare un mese senza la mia tuta? Tu sei impazzita. –
 
- Mettine una vecchia allora. –
 
- Quelle vecchie hanno una tecnologia sorpassata. Ti do una settimana –
 
- Una settimana?! In una settimana non smonto neanche questa. –
 
- Hai disattivato un congegno esplosivo in un minuto. Riuscirai a rifare la tuta in una settimana. –
 
- Si ma al massimo riesco a farla uguale, non posso apportare migliorie in così poco tempo. Posso metterci al massimo lo schermo elettromagnetico. Non faccio i miracoli! –
 
- Cerca di farlo. Hai un’equipe a tua disposizione, un laboratorio super attrezzato, datti da fare. Sei qui per questo, no? –
 
- È impossibile, in una settimana non posso farcela. – Alla fine della settimana mi avrebbero uccisa ed era troppo poco tempo per poter lavorare ed elaborare un piano di fuga.
 
- Anche le tute dei miei fratelli hanno bisogno di qualche miglioria e poi devi passare in rassegna il resto della nostra tecnologia. Non hai solo una settimana di vita, se è questo che ti spaventa. – ma come cavolo faceva a leggermi in quel modo? Era davvero tanto palese la mia paura? – Ti consiglio di non perdere tempo ed iniziare subito. – ribellarmi in quel momento era piuttosto inutile. La cosa migliore era darmi da fare e velocizzarmi quanto più possibile in modo da ritagliarmi del tempo per mettere a punto il piano di fuga. Inoltre, se avessi lavorato bene, probabilmente sarei riuscita anche a conquistarmi un po’ della loro fiducia ed avere libertà di movimento.
 
Mi misi subito a lavoro e ce la misi davvero tutta. Ad essere onesta non fu questo gran sacrificio che pensavo, adoravo quel laboratorio e quello che facevo. Stavo vedendo ed imparando così tanto, mai avrei pensato di poter avere un’occasione simile nella vita. Stavo lavorando a quella tuta già da una settimana e devo dire che fu una settimana piuttosto tranquilla, anche perché non avevo dovuto avere a che fare con una gran parte dei Vinsmoke. Praticamente passavo tutto il mio tempo nel laboratorio di Yonji, tornavo in camera mia solo per cambiarmi, lavarmi e dormire. Ero pur sempre una prigioniera, ma poteva andarmi decisamente peggio, tutto sommato le invisibili catene che portavo non erano male.
 
Yonji si assentava spesso, io non chiedevo e lui non si giustificava, non era difficile capire che si trattasse di affari della famiglia Vinsmoke e allenamenti. Quando era presente mi osservava lavorare o lavorava a sua volta. Spesso anticipava i miei movimenti passandomi qualcosa che mi serviva e che non trovavo, facendomi così capire che mi teneva d’occhio e che sapeva cosa stessi facendo. Spendeva anche parecchio tempo a prendermi in giro e deridermi perché non arrivavo a qualche oggetto o facevo qualche faccia buffa o imprecavo sprofondata in qualche macchinario o inciampavo in qualcosa. Però lo ammetto, come cane da guardia non era male, prese in giro a parte non mi aveva mai fatto del male e non mi aveva minacciata, non consciamente almeno. Ovviamente mi rendevo conto che quella tregua nei miei confronti era solo il risultato degli ordini di suo padre, ma per ora andava bene.
 
Avevo trovato qualche piccolo bug nella Raid Suit e stavo lavorando per potenziarla, in quella settimana avevo lavorato in particolare sulla lega a memoria di forma, avevo eseguito diversi test mentre lui non c’era ed il risultato non era affatto male. Dovevo programmarla con il suo codice genetico, per cui stavo aspettando il suo ritorno già da diverse ore, quel giorno era parecchio in ritardo. Finalmente la porta si aprì ed il bestione fece il suo regale ingresso degnandoci della sua presenza.
 
- Finalmente! Sono ore che ti aspetto! Si può sapere dove eri finito? – mi avvicinai a passo di carica, consapevole che più che minacciosa dovevo sembrare ridicola, tant’è che mi aspettavo una risata in faccia da un momento all’altro e invece restò piuttosto serio e del solito sorriso canzonatorio neppure l’ombra.
 
- Avevo da fare. – non era intenzionato a darmi spiegazioni.
 
- Questo lo avevo capito. – se lui non voleva dirmelo io di certo non volevo saperlo, la mia era stata solo una domanda retorica. – Però qui c’è bisogno di te per andare avanti con la Raid Suit. Poi non ti lamentare se non sarà pronta in tempo. – incrociai le braccia sul petto, meglio che capisse che non doveva prendersela con me se sforavo i tempi.
 
- Hai un’equipe a tua disposizione. Puoi lavorare anche senza di me. –
 
- E dove lo prendo il tuo codice genetico? Dalla tua equipe? – ero sarcastica ed insolente, una cosa pericolosa con qualunque Vinsmoke, fatta eccezione per Yonji, lui mi considerava talmente poco da non trovare irritante ma divertente il mio tono. Un po’ come quando un gattino arruffa il pelo per essere minaccioso, più che paura fa tenerezza, più o meno era lo stesso effetto che avevo sul bestione. Con i suoi fratelli sarebbe stato tutto diverso, se mi fossi azzardata a rispondere in quel modo forse mi avrebbero tagliato la lingua, con loro era meglio tenere la bocca chiusa e aggrapparsi alla vecchia e sana paura.
 
- Vuoi dire che la Raid Suit è pronta? – ritrovò il sorriso.
 
- No. Mancano ancora parecchi dettagli, ma il corpo della tuta è pronto, devo adattarlo a te per completarla. –
 
- Cosa ti serve? –
 
- Qualcosa di tuo, ma suppongo sia abbastanza difficile prendere il tuo sangue. – assottigliai gli occhi fingendo un sadismo che non mi apparteneva e lui allargò il sorriso.
 
- Infatti. Dovrai accontentarti di altro. –
 
- Va bene, allora prenderò un paio di capelli. – In realtà stavo facendo il doppio gioco. Di sicuro mi serviva per la tuta, ma ero intenzionata anche ad analizzare il suo codice genetico per capirci qualcosa sulle modifiche al fattore di linea a cui era stato sottoposto. Ma questo non era necessario che lo sapesse.
 
Lo guardai spazientita a braccia incrociate battendo un piede a terra.
 
- Che c’è? –
 
- Come credi che possa arrivare lì su per tagliarteli? Devi abbassarti. –
 
- Che sei una nana non ci sono dubbi, ma tu le forbici sui miei capelli non le metti. –
 
- Tu comportati bene e non ti raserò a zero. –
 
- Ti prendi troppe libertà lo sai? Forse dovrei usare di più il pugno di ferro con te. –
 
- Hai un taglio orrendo, sono certa di non poter peggiorare la situazione. – assottigliò lo sguardo.
 
- Stai attenta ragazzina, oggi non sono in vena di scherzi. – espirai spazientita e gli porsi le forbici.
 
- Prego, accomodati. – Se voleva farlo da solo non avevo niente in contrario, tanto avrei mentito a prescindere sul quantitativo di capelli necessari. Mi osservò per un po’, riflettendo sulle mie intenzioni ed alla fine espirò rassegnato e si sedette su di una sedia dandomi le spalle.
 
- Spero tu sappia ciò che fai, perché se quando avrai finito sarò rimasto senza capelli i Germa 66 dovranno fare a meno dei tuoi servigi. – mi avvicinai ignorando la minaccia.
 
- Tieni molto a questo taglio? –
 
- No, ma di certo non voglio diventare lo zimbello di Germa. –
 
- Non preoccuparti. Mi servono solo pochi capelli, non ti cambierò il taglio, neanche ti accorgerai della differenza, sebbene io sia convinta che un taglio diverso ti starebbe meglio, a prescindere dalla Raid Suit. –
 
- E cosa suggeriresti? – era sarcastico, non credo degnasse di considerazione consigli di stile provenienti da una che si aggirava sulla propria isola tutta sporca di fango e con abiti laceri.
 
- Fossi in te li accorcerei un po’ e non li terrei tutti tirati all’indietro. –
 
- Dovrei avere il ciuffo come i miei fratelli? –
 
- No. Io li spettinerei. Credo ti starebbero meglio. – Tagliai una minuscola ciocca e la raccolsi in una provetta tappata, era sufficiente per far tutto. – Fatto, sei esattamente lo stesso scimmione di sempre. – gli diedi una pacca sulla spalla per fargli capire che potesse alzarsi. – Devo programmare le microparticelle secondo il tuo fattore di linea, poi modellerò la tuta sul tuo corpo, quindi per un po’ sei libero. – mi bloccò la mano senza voltarsi ed io sbiancai, per un attimo ebbi il terrore che avesse capito cosa stavo tramando.
 
- E tu saresti in grado di sistemarmi i capelli? –
 
- Cosa? – non capivo.
 
- Saresti in grado di sistemarli senza farmi apparire un idiota? –
 
- Credo di si… - continuavo a non capire. Mi lasciò la mano.
 
- Voglio vedere che faccia faranno gli altri quando mi vedranno con il nuovo taglio e la tuta nuova. – sghignazzava divertito ed io ero piuttosto perplessa.
 
- Fai sul serio? –
 
- Certo. – era davvero gasato. – Ma guai a te se combini qualche pasticcio. – ormai mi ero abituata, la maggior parte delle loro frasi terminava con una minaccia nei miei riguardi.
 
Misi la provetta nella tasca del camice, al sicuro, presi un bel respiro e feci del mio meglio per togliergli quell’orribile ciuffo da dietro e dargli un aspetto decente. Glieli accorciai un po’ e glieli spettinai lasciando che qualche ciocca gli coprisse la fronte. Mi misi davanti a lui per fare gli ultimi ritocchi e sperai che non mi uccidesse per il risultato. Stava davvero bene, già era un ben ragazzo di suo, tutti e tre lo erano, ma con i capelli sistemati lo era di più. Lo guardai per qualche attimo godendomi il risultato che avevo ottenuto, adesso sembrava davvero un principe delle favole.
 
- Perché mi stai fissando? Si può sapere che hai combinato? Ti avviso, se sembro un idiota sei morta, completo il lavoro iniziato sulla tua isola. – mi riscossi, era il solito gorilla maleducato.
 
- Ho finito. Guardati allo specchio e se vorrai ammazzarmi mi troverai qui a lavorare alle micro-particelle della Raid Suit. – mi spostai dal suo campo visivo e tornai a lavoro. Lui si alzò, diede uno sguardo a tutte le ciocche verdi che ricoprivano il pavimento e le ne andò senza aggiungere una parola.
 
Tornò un paio d’ore dopo, lo avevo fatto mandare a chiamare per fare la prova della tuta, era il momento per le microparticelle di esercitare la memoria di forma per cui erano state progettate. Già il fatto che non si fosse fatto vivo in tutto quel tempo mi faceva sospettare che non avesse intenzione di uccidermi. Fece il suo ingresso in laboratorio e dovetti confermare la mia prima ipotesi, stava dannatamente meglio con quel taglio, prima sembrava che qualche animale gli avesse leccato i capelli. Si avvicinò al tavolo di lavoro con le mani in tasca senza dire niente e quando fu abbastanza vicino mi interrogò con un’alzata di sopracciglio. Non disse niente ed io non mi azzardai a chiedere cosa ne pensasse del suo nuovo taglio.
 
- Le micro-particelle sono pronte per memorizzare la forma del tuo corpo. –
 
- Questo sarà divertente. – sghignazzò. Non era arrabbiato, buon segno. – Cosa devo fare? –
 
- Spogliati, entra in quel cilindro e resta fermo, al resto ci penso io. –
 
- Questo è davvero interessante. – si stava divertendo. C’erano alcune cose per cui non riusciva proprio ad essere serio.
 
Iniziò a slacciarsi la camicia senza staccarmi gli occhi di dosso, lo sapeva bene che mi dava fastidio essere fissata e che quella situazione mi metteva a disagio e sembrava piuttosto intenzionato ad aumentare il mio disagio quanto più possibile. Lasciò cadere la camicia ed uno dei suoi uomini in camice si affrettò ad afferrarla al volo, poi iniziò a trafficare con la fibbia della cintura e con i pantaloni, sempre senza smettere di guardarmi.
 
- Esattamente cosa devo togliermi? –
 
- Camicia e pantalone andranno benissimo. –
 
- Sei sicura? – sghignazzava del mio imbarazzo ed io mi sentì arrossire.
 
- SI! Sono sicura! – risposi con un po’ troppa veemenza.
 
- Stavo solo chiedendo, non c’è bisogno di agitarsi. – Neanche a dirlo si tirò giù anche la biancheria ed io mi voltai di scatto con le mani sul viso. Le sue risate mi giunsero chiarissime nonostante le orecchie mi pulsassero per l’imbarazzo.
 
- Ti avevo detto che non era necessario togliersi tutto! – lo rimproverai senza voltarmi.
 
- Credo sia meglio se non ci siano ostacoli tra me e la Raid Suit mentre memorizza la forma del mio corpo. – si era avvicinato e la sua voce proveniva proprio dalle mie spalle. Ero tesa come una corda di violino e con le mani ben premute sul volto. Lo sentì ridere e sorpassarmi. Riaprì gli occhi e spostai appena le dita solo quando sentì chiudersi la porta del cilindro. Assicuratami che fosse all’interno tolsi le mani dal viso e mi misi a trafficare con i comandi. Non si vedeva niente, ovviamente, le sue parti basse erano coperte dal dispositivo di emissione delle microparticelle, ma ero ancora terribilmente rossa e non volevo dargli soddisfazione. Già mi stava prendendo abbastanza in giro.
 
Feci partire la sequenza di rilascio delle particelle che iniziarono a ricoprirlo attratte dal suo codice genetico. Usai delle onde elettromagnetiche a frequenza controllata per stabilizzarle sul suo corpo e quando fui soddisfatta del risultato feci memorizzare alle particelle la posizione.
 
- Va bene. Puoi uscire da lì dentro. – il ragazzo obbedì e venne fuori con la sua nuova tuta, ovviamente mancavano ancora guanti, stivali e mantello. – Prova a muoverti un po’, vediamo come te la senti. -
 
Provò a stiracchiarsi e a flettersi per testarla e sembrava soddisfatto.
 
- È più aderente di quella che avevo prima. –
 
- Si, ma a differenza di quella, questa segue meglio i tuoi movimenti, come una seconda pelle. –
 
- Lo hai fatto di proposito a renderla più aderente, non è vero? – ghignava ed io decisi di ignorarlo.
 
- L’ho munita di schermo elettromagnetico, non c’è più probabilità di friggerne i circuiti. È resistente al fuoco, ai proiettili, all’elettricità, alle sostanze corrosive, è un perfetto isolante termico, puoi camminare nel fuoco o nuotare in un lago ghiacciato per alcuni minuti prima di iniziare a risentirne e da ultimo, l’ho dotata di un effetto specchio. –
 
- Un effetto specchio? –
 
- Le micro-particelle possono assorbire i colpi, che siano fisici o energetici. Dopodiché puoi usare l’energia assorbita per rendere più potenti i tuoi colpi. Considerala una specie di serbatoio per potenziare i tuoi attacchi. Inoltre è piuttosto leggera e traspirante, non trovi? – stavolta sorrisi io, avevo fatto un bel lavoro ed era esteticamente meravigliosa, verde, nera ed un verde talmente chiaro da sembrare bianco. Ero davvero soddisfatta e ancora non aveva visto cosa stavo realizzando con guanti, stivali e mantello.
 
- Devo ammetterlo, hai fatto davvero un ottimo lavoro. Non credevo fossi così brava. Già era curioso vedere una donna esperta di tecnologia, ma a questo livello è sorprendente. –
 
- Che vuoi dire? Secondo te le donne non possono essere brave? –
 
- Di solito sono brave a fare altro. – mi sorrise arrogante.
 
- Forse quelle che frequenti tu! Tra l’altro anche tua sorella è una scienziata. –
 
- Reiju è una Vinsmoke, doveva essere perfetta per forza, tutti i Vinsmoke lo sono. Ma tu, una ragazzina proveniente da un’isoletta sperduta, con queste capacità… è sorprendente. Non so chi diavolo tu sia, ma credo sia stata una fortuna per il regno di Germa il fatto che io ti abbia trovata. –
 
“È stata una fortuna solo per voi.”
 
- Puoi toglierti la tuta. –
 
- Come faccio a toglierla? – mi avvicinai a lui.
 
- Dammi il braccio. – lo allungò verso di me ed io gli appuntai un braccialetto, una catenella con le maglie vuote. – Avvicinalo alla fibbia della cintura e la tuta si disaggregherà. – stava per farlo. – Non adesso! – arrossì violentemente. – Non sei vestito! – mi guardò perplesso e poi sorrise arrogante.
 
- E con questo? – niente non c’era verso, avvicinò il bracciale alla cintura e la catena da vuota iniziò a riempirsi a mano a mano che le particelle si spostavano dal suo corpo al suo polso. Mi voltai e mi allontanai a passo svelto mentre lui mi sghignazzava alle spalle.
 
Mi misi a trafficare istericamente con un macchinario per distrarmi e far scemare il rossore. Quando lui entrò nella sala dove mi trovavo ormai era rivestito ed io avevo di nuovo la situazione sotto controllo.
 
- La tua faccia è davvero buffa quando mi spoglio. Si può sapere che problema hai? –
 
- NON SONO AFFARI TUOI! – gli sbraitai contro risentita e di nuovo rossa e lui mi rise in faccia senza ritegno, fino a farsi scendere le lacrime dagli occhi. – SMETTILA! TI HO DETTO DI SMETTERLA! – gli allungai un pugno e lui mi bloccò il polso senza stringere, continuando a ridere e asciugandosi le lacrime con l’altra mano.
 
- Hai la faccia tutta impiastricciata. – non riusciva a smettere di ridere anche se ci stava provando.
 
- Cosa? – mi passai una mano sul viso e si macchiò di nero, dovevo essermi sporcata mentre stavo lavorando poco prima. Mi strofinai il viso per toglierla ma credo che peggiorai solo la situazione perché ricominciò a ridere. –Ho capito, ho capito! Smettila! Vado a lavarmi! – Ritirai il braccio di scatto e mi avviai alla porta, per oggi potevano andarsene al diavolo, lui, la Raid Suit e tutto il dannato regno di Germa!
 
- Buona idea! E renditi presentabile, stasera abbiamo ospiti. – mi bloccai e mi voltai a guardarlo.
 
- Ospiti? E devo esserci anche io? –
 
- Si. Mio padre vuole vantarsi del nuovo acquisto ed in contemporanea non vuole perderti d’occhio. – ovviamente, peccato, poteva essere una buona occasione per andarmene in giro a curiosare. – Stasera a cena avremo un vice-ammiraglio della Marina, quindi cerca di essere all’altezza. –
 
“Marina! No! No! No! No! Tutto ma non la Marina!”
 
Sbiancai come se avessi visto il diavolo in persona.
 
- Che ci fa qui la Marina? Credevo che foste dei criminali. –
 
- Siamo prima di tutto dei reali ed i reali hanno privilegi, non andiamo solo al Reverie, possiamo contare anche sull’appoggio del Governo e, tanto più perché siamo anche dei criminali, è necessario intrattenere buoni rapporti con le forze dell’ordine. – Dovevo immaginarlo! La storia dell’eroe della Marina che nel fumetto si oppone all’esercito Germa era solo una facciata, nella realtà le cose stavano diversamente, i Vinsmoke erano potenti e potere e ricchezza sono in grado di comprare parecchie cose, anche la stessa Marina, per far si che si volti a guardare da un’altra parte.
 
 Ero terrorizzata, ero stata cresciuta con lo spauracchio della Marina, non dovevano trovarmi, non dovevano portarmi via. Non volevo stare con i Germa 66 ma se l’alternativa era in governo non c’era neanche da pensarci su. Qui potevo essere piuttosto “libera” fintanto che mi fossi resa utile, avevo una stanza, bei vestiti, quasi tutto quello che chiedevo. Con la Marina il quadro sarebbe stato ben diverso: mi avrebbero trascinata via ed avrei passato il resto della mia vita in una segreta con ai polsi e alle caviglie manette di agalmatolite, obbligata a lavorare per loro fino al mio ultimo giorno. Mi stavo sentendo male ed anche Yonji poteva vederlo.
 
- Si può sapere cosa ti prende? –
 
- Non posso venire. –
 
- Di che diavolo stai parlando? –
 
- Stasera. Non posso venire. –
 
- Guarda che non te lo ha chiesto nessuno se la cosa ti andasse oppure no. –
 
- Tu non capisci, io non posso venire. Ti prego! – Mi aggrappai al suo braccio, pallida come un fantasma mentre i suoi occhi scandagliavano il mio viso. Non mi importava, poteva tranquillamente leggere tutto il mio terrore.
 
- Tu hai paura di loro. – era piuttosto confuso dalla mia reazione. – Come è possibile che ti spaventino più di noi?! Potrebbe essere la tua occasione per fuggire, convincerli che sei una ragazza tenuta in ostaggio e farti salvare. Perché non vuoi venire? – Non pensavo mi avrebbero salvata, neanche se non fossi stata chi ero, non si sarebbero messi contro i Germa per una qualunque ragazzina. Ma qui era anche peggio perché non ero una qualunque e forse ero un motivo sufficiente per mettersi contro Germa.
 
- Ti prego! Non voglio che mi portino via. Passerò tutta la vita in una cella con le catene di agalmatolite a lavorare per loro. Ti prego non permettere che mi portino via! – Non si scappava dalla Marina, se avevo qualche speranza di scappare dai Vinsmoke di sicuro non ne avrei avuto di scappare da una struttura del governo.
 
- Chi diavolo sei tu? –
 
Lo guardai con uno sguardo di supplica e crollai in ginocchio aggrappata al suo braccio muscoloso, mi veniva da piangere.
   
 
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