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Autore: heliodor    17/12/2018    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Una storia lunga

 
"Questo posto non mi piace, amico Roge" disse Malbeth con tono lamentoso.
Roge sollevò gli occhi al cielo velato di grigio. "È solo la terza volta che me lo dici oggi" rispose con tono esasperato.
"Amico Roge..." iniziò a dire Malbeth.
Stavano percorrendo a cavallo una strada brulla che tagliava in due una foresta dagli alberi alti e sottili.
Non aveva mai visto piante simili. Sul continente grande erano sconosciute.
"Come si chiama questa?" chiese Roge a Malbeth per cambiare discorso.
L'uomo lo fissò con espressione incerta. Faceva sempre così quando si concentrava su qualcosa.
"Quello è un albero-spina" rispose dopo qualche secondo.
"Albero-spina" gli fece eco Roge. "Che strano nome."
"È per via delle sue foglie" disse Malbeth.
Roge guardò meglio. L'albero sembrava spelacchiato e a tutta prima aveva pensato che avesse perso le foglie a causa dell'autunno rigido. I rami erano ricoperti come da una rada peluria.
Si avvicinò per toccarne uno. Non erano peli, ma piccoli aghi di colore verde che ricoprivano la corteccia dei rami.
Ed erano duri e setosi.
Ritrasse la mano. "Albero-spina" ripeté. "Sembri conoscerli bene."
Malbeth non rispose.
Il sentiero divenne ancora più desolato e dall'aspetto poco battuto.
Il priore di Azgamoor aveva fatto loro dono di quelle cavalcature e Roge non intendeva perderle in maniera sciocca.
Le strade secondarie erano più sicure in quei tempi. I sentieri principali erano territori di caccia per le bande di predoni che infestavano quella regione.
Non ne avevano ancora incontrata nessuna e sperava di poterle evitare per quanto possibile, ma sapeva che più si allontanava dalla città santa più aumentava il pericolo.
Per questo si era spostato sulle vie secondarie.
"Perché non usi un portale per raggiungere subito Ta-Hara?" chiese Malbeth.
Anche quella era diventata una domanda ricorrente. Tuttavia, il solo pronunciare quel nome gli riportò alla mente i dieci giorni passati ad Azgamoor a consultare vecchi tomi polverosi nelle segrete della cittadella.
In compagnia del monaco Deham e della lama d'argento Giray avevano esaminato decine di libri, spingendosi fin negli archivi più remoti, dove i volumi cedevano il passo alle pergamene raccolte in rotoli ammonticchiati alla rinfusa.
"Qual è il passo successivo?" aveva chiesto Roge in uno dei rari momenti di pausa.
Deham gli aveva rivolto un'occhiata interrogativa.
"Cosa facciamo se non troviamo niente nemmeno qui?"
"Abbiamo anche altri archivi" aveva risposto il monaco.
"Quanti? E dove?"
Deham non aveva risposto.
Malbeth aveva dato loro una mano, per quanto potesse. Sfogliava i libri con fare svogliato, come se non capisse quello che stava facendo.
Alla fine, esasperato, Roge gli aveva detto di andare a prendere un po' d'aria.
Malbeth aveva ubbidito e non era tornato più.
Quando era risalito nei livelli superiori, lo aveva trovato in uno dei giardini, seduto sotto un gazebo, intento a osservare il cielo.
"Dovevi prendere solo un po' d'aria" aveva detto Roge. "Invece ne hai approfittato per prenderti una giornata di riposo."
"Domani farò di più" aveva risposto Malbeth.
"Lascia perdere. Hai fatto bene."
"Avete trovato qualcosa di utile?"
"Solo qualche frammento" aveva detto Roge. "Niente di veramente utile, ma Deham dice di poter rimettere insieme i pezzi."
Quella sera stessa il monaco li aveva convocati nelle sue stanze.
"Ho trovato qualcosa" aveva detto indicando un mucchio di fogli sui quali aveva scribacchiato qualcosa in una grafia minuta e regolare.
Roge aveva gettato un'occhiata distratta. "Cosa?"
Deham aveva preso i fogli. "Qui, vedi? È descritta una città molto famosa, ai tempi dei maghi supremi."
"Ta-Hara?" aveva letto Roge tra le frasi.
Deham aveva annuito con vigore. "Secondo le cronache, era la capitale di Ukran."
"Mai sentito nominare."
"Era un mago minore" aveva spiegato il monaco. "Ma partecipò alla guerra contro i colossi. Lo sappiamo perché è citato insieme ad altri in diversi frammenti."
"E allora?"
"È un punto di partenza."
Roge aveva cercato di non mostrare tutta la sua delusione. "Dove si trova Ta-Hara?"
"A nord, nel territorio di Nergathel."
"Brutto posto" aveva detto Malbeth.
Deham gli aveva scoccato un'occhiata dubbiosa. "Al tuo amico non piace?"
"A chi piace la terra delle ombre?" aveva risposto Roge. "Dicono che sia infestata dagli spettri, creature mostruose e i succhiasangue."
"Sciocchezze" aveva risposto il monaco con un gesto vago della mano. "Non dirmi che hai paura di quelle chiacchiere, dopo quello che hai visto a Krikor."
"Quello che ho passato a Krikor mi basterà per un'intera vita" aveva detto Roge. "Non voglio mettermi in altri guai."
"Ormai sai troppe cose" aveva detto Deham.
Mi sta minacciando? Aveva pensato Roge.
"Puoi aprire un portale per Ta-Hara?"
"Non ne ho idea, ma più il luogo d'arrivo è lontano, più fatica devo fare per tenerlo aperto e stabile. Se riuscissi ad avvicinarmi sarebbe meglio."
"Quanto vicino?"
"Meno di dieci miglia, credo." Per entrare nella cittadella si era avvicinato a meno di tre miglia, ma era sicuro di potercela fare.
"E se non ci sono portali a quella distanza?"
"Mi avvicinerò di più. Lascia fare a me" aveva risposto cercando di ostentare una sicurezza che non aveva.
Deham aveva annuito. "Allora partite subito per Ta-Hara."
"E una volta che la troviamo che faccio?"
"Cercherai indizi sui Colossi."
"Mi sembra un po' troppo vago" aveva risposto Roge. "La città sarà in rovina e chissà quali trappole troveremo ad attenderci."
"Se vuoi darci una mano, dovrai correre il rischio."
"Amico Roge, quello è un brutto posto" aveva ripetuto Malbeth.
Roge lo aveva fissato severo. "Non vuoi venire? Se non te la senti puoi restare qui."
Malbeth aveva sospirato affranto. "Io ti debbo la vita. Non posso lasciarti andare da solo."
"Ti dispenso dai tuoi obblighi" gli aveva detto Roge. "Da questo momento non sei più obbligato a seguirmi." Ci aveva riflettuto a lungo e aveva deciso che quella era la soluzione migliore.
Malbeth era una brava persona. Era strano e di poche parole e ne avevano passate tante assieme, ma per la maggior parte del tempo era stato un peso per lui.
Era il momento di riprendere il cammino. Da solo.
"Io devo venire" aveva risposto Malbeth.
"Il tuo amico ha ragione" aveva detto Deham. "Deve venire con te, principe Roge."
Lui gli aveva rivolto un'occhiataccia. "Non ne vedo il motivo."
Il monaco aveva indicato le carte. "Sappiamo che è necessario un rituale basato sul sangue per risvegliare i Colossi. Tu l'hai descritto molto bene."
Era vero. Malbeth aveva usato il suo sangue in uno strano rituale e quei mostri si erano risvegliati. O forse era stato solo un caso e si erano trovati nel posto giusto al momento giusto.
No, non è stato un caso, si disse. È stato Malbeth a risvegliare quei mostri perché Sanzir e la Strega Nera gli avevano detto come fare.
"Malbeth deve venire con te" aveva proseguito Deham. "Se, come penso, lui è stato il tramite grazie al quale i colossi sono stati risvegliati, allora potrebbe essere la chiave per farli tornare nel loro sonno eterno."
"Sì" aveva risposto Roge. "È vero. Tu hai idea di come possa aver fatto?"
Deham chinò la testa. "Solo la necromanzia può riportare in vita una creatura morta."
Necromanzia, aveva pensato Roge. Se Malbeth era un necromante, la loro sola presenza nella cittadella poteva essere una condanna a morte.
"Nessuno deve sapere questa cosa" lo aveva ammonito Deham. "Il Priore è potente e rispettato, ma se si venisse a sapere che sta dando rifugio a uno stregone e a un necromante nemmeno lui potrebbe proteggervi."
"Un motivo in più per andare a Ta-Hara" aveva detto Roge.
"Vedo che comprendi."
"Malbeth" disse Roge spezzando il filo dei ricordi. "Tu sei un necromante?"
Gli occhi di Malbeth fissarono il suolo.
"Se non vuoi rispondermi lo capirò" disse Roge. "Ma credo di avere il diritto di saperlo, visto quello che abbiamo passato insieme."
Silenzio.
"Andiamo, anche io uso una magia proibita" disse Roge esasperato.
"Amico Roge..."
"Non ricominciare."
"Amico Roge io..."
"Dico sul serio."
"Sì" disse Malbeth. "Sono un necromante."
Roge lo fissò in silenzio. "È per questo che sei stato esiliato a Krikor?"
Malbeth annuì.
"Hai resuscitato qualcosa? Qualcuno?"
L'altro scosse la testa.
"E allora perché ti hanno condannato?"
"È una storia lunga."
Roge indicò il sentiero. "Abbiamo tempo."
Malbeth aprì la bocca, ma quando l'urlo squarciò il silenzio che li circondava, la richiuse subito.
Roge si voltò di scatto verso il sentiero. "Lo hai sentito? Era un grido d'aiuto o di dolore?"
"Amico Malbeth, se devo essere sincero, non mi sembrava né l'uno né l'altro."
"Andiamo a vedere" disse Roge stringendo le redini.
"Amico Roge, non sarebbe il caso di essere prudenti?"
"È sulla nostra strada e non possiamo deviare dal percorso senza perdere altri due giorni di marcia. E io ne ho abbastanza di questo luogo. Andiamo a vedere."
Malbeth sospirò e lo seguì.
Cavalcarono lungo la strada addentrandosi nel folto della boscaglia. Gli alberi erano così fitti che per un attimo perse di vista il sentiero. Lo ritrovò qualche decina di metri dopo, quando gli alberi si diradarono un poco permettendogli di vedere che cosa c'era oltre.
Fu allora che li vide.
Erano due uomini vestiti di stracci. Erano chini sopra un corpo, come se lo stessero esaminando.
Un cavallo giaceva nelle vicinanze.
Roge fu subito all'erta. "Predoni" disse a Malbeth a bassa voce. Nella mano apparve un dardo magico.
"Amico Roge" fece Malbeth con voce esitante.
"Non ora. Quei due devono avere aggredito quel cavaliere e ora lo stanno spogliando di tutti i suoi averi."
"Amico Roge..."
"Il cavaliere doveva provenire dalla direzione opposta. Se non ci fossimo attardati lungo la strada, avrebbero assalito noi. Ma ci saremmo difesi facilmente contro quei due banditi."
"Amico Roge, non hai notato che..."
"Quella persona è morta a causa nostra. Noi ne siamo responsabili. È nostro dovere fare in modo che quei due predoni abbiano quello che si meritano. Non sei d'accordo?"
"Amico Roge, non lo senti anche tu?"
Roge lo fissò con espressione interrogativa. "Cosa dovrei sentire?"
Malbeth annusò l'aria come un cane.
Roge inspirò col naso e si tappò la bocca. L'odore che pervadeva l'aria era nauseabondo e sembrava provenire dal punto in cui il cavaliere era stato assalito.
Possibile che fosse morto da così tanto tempo? Eppure il cadavere sembrava fresco, pensò.
Se non era il cavaliere a emanare quel tanfo, allora chi?
Malbeth balbettò qualcosa di incomprensibile.
Roge voltò la testa di scatto e guardò nella direzione dell'agguato. I due predoni si erano alzati e guardavano verso di loro.
A tutta prima non comprese quello che stava vedendo. Il suo cervello faticò a mettere insieme le cose.
I due assalitori erano vestiti di stracci che cadevano a brandelli e coprivano a stento membra emaciate e dal colorito brunastro.
Ma quella non era la cosa più strana.
I loro volti sembravano scavati dalla fame più cupa, tanto che poteva vedere le ossa sotto la pelle distesa al massimo.
Uno di loro aveva un'orbita vuota e nera mentre all'altro mancava un braccio dal quale si vedeva sporgere il bianco di un osso.
Roge si stava ancora chiedendo chi e cosa fossero quelle persone, quando all'unisono spalancarono le fauci e si lanciarono verso di loro.

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