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Autore: Tenue    18/12/2018    3 recensioni
[Taekook] [AU]
Taehyung si ritrova in cura in una clinica psichiatrica a causa della sua eccessiva empatia, che lo porta ad immedesimarsi fin troppo in ogni persona gli stia accanto, specie nei momenti peggiori. Proprio per questa sua caratteristica che non riesce a controllare, cerca di stare il più solo possibile e soprattutto chiede esplicitamente di non avere compagni di stanza. Tuttavia un giorno si ritrova in camera un ragazzo che non riesce a parlare a causa di qualcosa che lo blocca e i medici vogliono che sia proprio Taehyung, vista la sua bravura nel comprendere le persone, ad aiutarli a capire cosa c'è che non va.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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La prima cosa che Taehyung notò l’indomani mattina, fu l’enorme bozzolo di coperte nel letto accanto al suo. Rimase fermo a fissarlo per un paio di secondi, con espressione piuttosto confusa, ma dovette aspettare che il suo cervello riprendesse a funzionare del tutto prima di ricordarsi di avere un compagno di stanza.
Con ancora gli occhi semi chiusi, scostò le pesanti coperte a quadri e si mise seduto sul letto stiracchiandosi. Il suo sguardo ricadde sulla finestra con le inferiate, da cui riusciva appena scorgere il profilo degli alberi del cortile e un pezzo del padiglione femminile, ma dovette strizzare le palpebre più volte per mettere bene a fuoco le immagini. Ultimamente si sentiva più stanco del solito, forse avrebbe fatto bene a mettere gli occhiali che da settimane stavano sopra al suo comodino.
 
Passandosi stancamente una mano a strofinarsi l’occhio destro, si alzò e rabbrividì non appena i suoi piedi toccarono le piastrelle fredde del pavimento. Dato che l’infermiera non era ancora passata per loro camera dedusse che fosse ancora presto, tuttavia la luce filtrava incessantemente dalla finestra, anche per il fatto che si fossero dimenticati di abbassare le tapparelle la sera prima; perciò Taehyung ormai era bello sveglio, anche se il suo compagno di stanza era ancora totalmente addormentato nel suo bozzolo di coperte. Avvicinandosi al vetro e premendo la testa contro ad esso, Tae guardò curioso il cortile; osservò le foglie degli alberi che ormai stavano perdendo il loro verde brillante e prendevano invece a tingersi di giallo e alcune di rosso, nonostante fosse ancora settembre e l’autunno non fosse di fatto ancora cominciato. Sentiva dentro di sé una certa tranquillità, quel periodo dell’anno gli era sempre piaciuto. Ora che si era alzato dal letto e non aveva più le coperte addosso notò che faceva quasi freddo nella loro camera, così si affrettò a cambiarsi e ad indossare una felpa, inoltre doveva cercare le sue ciabatte che erano finite sotto al letto. Imprecò a bassa voce per il pavimento freddo e si chiese come mai non potessero avere il parquet nelle camere, come nella saletta ricreativa, ma venne distratto da un frusciare di lenzuola.
 
Si avvicinò a Jungkook e notò subito la posizione rannicchiata che aveva adottato durante il sonno; poco dopo lo vide aprire piano gli occhi che ben presto presero a fissarlo.
-Buongiorno.-
Jungkook fece un piccolo cenno della testa e si sistemò meglio nel letto.  Mentre Taehyung si cambiava, lui sonnecchiò per ancora qualche minuto fino a che l’infermiera non entrò nella loro stanza. Tae lo vide alzarsi dal letto solo a quel punto, ma la sua espressione  era diventata stranamente cupa.
“Detesta così tanto alzarsi presto la mattina?” si chiese Tae guardandolo con la coda dell’occhio. Spostò poi lo sguardo sul paio di occhiali poggiato lì vicino, mentre l’altro si cambiava.
Si riscosse dai suoi pensieri quando si accorse che Jungkook lo stava fissando interrogativo.
-Andiamo a fare colazione?- Chiese Tae, alzandosi,  prendendo gli occhiali e sistemandoseli incerto sul naso. Jungkook alzò le spalle e aspettò che Tae uscisse dalla stanza per seguirlo.
 
Per tutto il tragitto non gli staccò gli occhi di dosso e Taehyung non potè fare a meno di chiedersi se quel ragazzo potesse davvero essere così tanto diffidente con gli estranei. Continuava ad analizzarlo e questo comincia ad innervosirlo un po’.
 
Dopo aver fatto colazione nel più totale silenzio, Jungkook se ne andò e sparì per tutta la mattina.
Tae si ritrovò a girare tutto l’edificio, nei limiti in cui gli era concesso, cercando qualcosa da fare, dato che quel giorno non aveva nulla in particolare in programma, a parte la visita dei suoi genitori nel pomeriggio.
Alla fine si era fermato di fronte al mobiletto del salotto nel quale tenevano i film; teneva le braccia incrociate e il busto leggermente ricurvo, mentre con aria annoiata scorreva uno ad uno i dvd con lo sguardo  “Questo no… questo neanche… questo potrebbe farmi piangere per due ore buone… da questo non mi sono ancora ripreso…”. Li scartava uno ad uno sospirando, molti erano film drammatici e li scartava a priori, alcuni gli mettevano ansia ed altri ancora lo facevano comunque scoppiare a piangere senza apparente motivo.
Si ritrovò di nuovo a vagare per i corridoi; si sedette sul davanzale di una delle finestre lasciò che la sua attenzione venisse catturata dall’architettura dell’edificio,  che probabilmente risaliva all’800; le pareti e tutte le porte in quell’ala erano state verniciate di bianco, le finestre erano altissime e curve nella parte alta, avevano un motivo che a Taehyung ricordava molto lo stile liberty. Un’ altra cosa che adorava di quell’ala dell’istituto era che solo da quella parte i cespugli del cortile che si erano allungati fino a toccare le finestre e lui restava spesso lì fermo ad osservarli, di solito durante la pioggia quando poteva guardare le gocce d’acqua scivolare giù dalle foglie.
Rimase seduto contro al vetro fino all’ora di pranzo; non appena si alzò diretto in mensa si ripromise di andare a cercare qualcuno che gli facesse compagnia almeno fino all’orario di visita.
 
 
Taehyung poggiò il vassoio sul tavolo della mensa e si sedette accanto a Namjoon, che appena lo notò cominciò a fissarlo interrogativo.
 –Allora?- chiese mentre ancora masticava il riso.
-Allora cosa?- ribattè Tae distrattamente mentre afferrava le bacchette e cominciava a mangiare.
-Come va con il nuovo compagno di “cella”-
Tae  alzò le spalle –Non mi parla, ma in compenso mi fissa.- raccontò, mentre allungava il braccio e rubava un pezzetto di carne dal piatto di Namjoon, che finse di non vedere. –Però ci sono delle volte in cui… mi fissa in modo diverso, e quando vede che me ne accorgo subito si gira e inizia a fare altro. È strano.-
-Anche tu sei strano.- Ribattè Namjoon.
-Bhe, allora formiamo proprio una bella coppia.-
 
Dopo un paio di minuti in cui mangiarono in silenzio Namjoon riprese il discorso –Perciò niente progressi, eh?- chiese, sinceramente incuriosito.
-Difficile entrare in empatia con una persona che non manifesta in alcun modo come si sente.-
-Ma tu ci riesci, no?- chiese il ragazzo poco prima di portarsi il bicchiere alle labbra.
-A volte… riesco a percepire una strana aura intorno a lui, quando è inquieto. E inoltre credo che molti dei suoi atteggiamenti rivelino in realtà come si sente, ma per ora non sono sicuro di niente. Per quello che so, non si fida ancora di me. Tu hai visto com’è, no?-
Namjoon annuì –Vi ho visti sta mattina a colazione.-
 
-Tu come stai?- chiese Taehyung poco dopo.
-Bene. Altrimenti non ti avrei mai permesso di sederti accanto a me.-
Taehyung sorrise e scosse la testa –Mi sei mancato.-
-Lo so. Tu non sei fatto per stare da solo.-
 Namjoon finì il suo pranzo e si alzò, portando via il vassoio. Quando poco dopo tornò al tavolo dove Tae stava mordicchiando distratto una mela, si chinò su di lui e gli pizzicò una guancia –Comunque con quegli occhiali sei proprio carino.-
Taehyung lo spinse via scherzosamente –Almeno adesso ci vedo da lontano. Pensa che la faccia dell’infermiere Hoseok laggiù, non mi sembra più una massa sfocata di colore.-
Namjoon ridacchiò tra sé e sé –Già, ma che ora ci vedi meglio, perché non presti più attenzione al come ti guarda quel ragazzino?-
Taehyung si voltò di confuso verso di lui -Ti ho detto che sto facendo del mio meglio per capirlo, ma non sono onnisciente.-
-Allora sei proprio cieco.- Alzò le spalle Namjoon -Empatico o no, io ho ci ho capito qualcosa a differenza tua.-
-Che cosa hai capito? Dai dimmelo, ti pregooo.- Chiese supplicante, avvolgendo le braccia attorno alla vita di Namjoon, che scoppiò a ridere.
-Col cavolo che te lo dico, arrivaci da solo.- Disse scollandoselo di dosso.
-Sei proprio cattivo.- Sbuffo Tae, ma l’amico si stava già allontanando facendogli un cenno col la mano per salutarlo.
 
 
Due ore dopo Taehyung, seduto ad uno dei tavoli bianchi della saletta per le visite, finì di raccontare gli avvenimenti dell’ultima settimana a sua madre e suo padre, per poi alzarsi e salutarli con un forte abbraccio. Sua madre sembrava sull’orlo delle lacrime, ma le ricacciò velocemente indietro; Taehyung la prendeva spesso in giro scherzosamente per il fatto che piangesse sempre e che non si fosse ancora abituata alla lontananza.
-Mamma, ci rivediamo tra una settimana, stai tranquilla- le diceva ogni volta –e poi lo sai che se piangi tu piango anch’io.- Si sentiva sempre male quando le doveva dire cose del genere, ma cercava di far finta che in realtà non fosse nulla di che, forse più per proteggere sé stesso.
Sua madre alla fine si ricomponeva sempre e rideva leggermente, e Tae si ritrovava a pensare che l’emotività dovesse averla ereditata da lei.
 
Non appena i suoi genitori si allontanarono si avviò verso l’uscita della saletta, ma si fermò non appena incrociò lo sguardo di Jungkook a pochi tavoli di distanza. Insieme a lui c’era una donna di circa quarant’anni che parlava a voce alta e gesticolava con fare arrabbiato.
Jungkook distolse lo sguardo e tornò a fissare il tavolo  e Tae si avvicinò di poco per sentire la conversazione.
-Sto cominciando davvero a perdere la pazienza, quest’assurdità deve finire.- la sentì dire –Non so con quale faccia tosta tu ti permetta di non rispondermi, ma devi dare un taglio a questo tuo atteggiamento insolente all’istante.-
Jungkook aveva lo sguardo totalmente peso nel vuoto, Taehyung si chiese se sentisse effettivamente qualcosa di quello che la donna stava dicendo.
-Tuo padre ha insistito perché ti portassimo qui, crede che tu abbia un qualche problema così grave da farci buttare via i soldi in questo dannato posto. Io non sono tua madre e non ho certo intenzione di stare dietro ai tuoi dannati capricci, perciò smettila con questa stupidaggine del non parlare e torna a casa. Perché che ti piaccia o no io e tuo padre ora viviamo insieme.- Detto questo la donna si alzò, seguita lentamente da Jungkook. Prima di andarsene però, la donna lo afferrò per un bracciò –E vedi di smetterla di mancarmi di rispetto.- Sibilò. Poi si dileguò tra i tavoli, mormorando un –inconcepibile- tra i denti.
 
Rimasto solo, Jungkook fece per uscire dalla sala, ma si ritrovò Tae davanti –Jungkook…-
Il ragazzo lo superò velocemente, diretto in camera.
-Aspetta Jung_- Tae lo raggiunse e gli afferrò delicatamente il polso; sentì Jungkook irrigidirsi ma con sua sorpresa il ragazzo si era fermato e voltato verso di lui. Sembrava combattuto, era indeciso se scappare via o restare con lui. Taehyung, ricordandosi della parole di Namjoon provò a studiare la sua espressione, ma il moro girò subito la testa. All’inizio Tae lo scambiò per un gesto automatico, di una persona timida che non vuole essere guardata, ma notò poi che gli occhi del ragazzo si erano fatti lucidi. Prima che potesse rendersene conto Jungkook aveva cominciato a piangere silenziosamente, con la testa abbassata e i capelli a coprirgli il viso.
Tae, confuso e senza la più pallida idea di cosa stesse facendo, lo attirò a sé in un abbraccio. Con sua enorme sorpresa sentì Jungkook stringersi a lui e cominciare a tremare leggermente, e si accorse poco dopo che stava soffocando i gemiti premendo il viso nella sua felpa.
Non appena i tremiti sparirono e Tae sentì che Jungkook si stava calmando, gli passò una mano tra i capelli.
–So che molte persone ti stanno stressando per il fatto che non parli, ma io credo che sia tu il primo a non volerlo fare. Sappi che io non voglio metterti  fretta, possiamo fare con calma, quando te la sentirai.-
E Tae capì di aver scelto le parole giuste quando sentì il suo stesso corpo rilasciare la tensione e rilassarsi.
 
  
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