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Autore: piccina    18/12/2018    3 recensioni
"Non era mai stato un padre tradizionale, ma a quel figlio voleva bene e sentiva che in questo momento aveva bisogno di lui"
Brian alle prese con la difficile adolescenza di Gus fa i conti con il suo essere padre. Justin è al suo fianco.
Idealmente circa una decina di anni dopo la 5X13
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Kinney, Gus Kinney, Justin Taylor, Lindsay 'Linz' Peterson, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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La caccia al tesoro era stata mitica, Susan aveva riso così tanto che aveva contagiato tutti, compresi JR, le nonne e gli zii che erano stati invitati per il pranzo pasquale.
Come previsto Brian aveva giocato come un pazzo, facendo opera di depistaggio per renderle la vita più difficile e la ricerca più lunga, quando stava per trovare un uovo la distraeva e la dirottava e quando poi lei tornava sui suoi passi per scoprire che c’era andata molto vicina anche in precedenza, lo guardava storto e scoppiava a ridere. “Sei una pinola!” le diceva il padre e ricominciavano ognuno impegnato nel suo ruolo, lei della cercatrice e lui del disturbatore. Justin era il tesoriere, teneva un cestino dove venivano depositate le uova trovate, piccole, grandi, di cioccolata, di zucchero, alle mandorle. Gus e JR facevano finta di rubarle, ma Justin le difendeva eroicamente guadagnandosi gli sguardi fieri di Susan.
“Quando pensano di dare una risposta definitiva sti giudici del cazzo?” Debbie si era avvicinata ed era entrata in argomento senza giri di parole. Osservava Justin che osservava marito, Gus e JR che facevano i matti nel giardino. Il resto della truppa era sparpagliato qua e là, chi spiluccava, chi beveva qualcosa. Guardavano la caccia al tesoro e chiacchieravano, Justin no, era ipnotizzato dai ricciolini marroni e dalla risata squillante di Susan, che sembrava sprizzare gioia da ogni poro.
“Non lo so Debbie, non lo so, Patterson dice abbastanza presto e pensa che andrà bene. Io sono terrorizzato. Brian sostiene che non devo neppure pensare che non lascino a noi e quanto mi becca mi cazzia. Io so solo che non credo che ce la faremo se ce la portano via”
La donna aveva appoggiato il capo sulla sua spalla “Non succederà Sunshine, lo sanno tutti che Brian ha sempre ragione, no?!”
Durante il pranzo Susan era praticamente crollata addormentata con la faccia nel piatto. Brian aveva estratto il cellulare, veloce come un lampo e aveva immortalato la scena. Il capino appoggiato sul tavolo, le braccia lungo il piatto e un’espressione serena e soddisfatta sul viso rilassato. Justin si era alzato e l’aveva presa delicatamente in braccio “la porto sopra a letto, torno subito” e nell’allontanarsi aveva mandato un bacio al volo al marito. Quando faceva queste cose, come fotografare la bambina per avere ricordi di momenti teneri, buffi, comunque loro, sentiva di amarlo, non di più, era impossibile, ma in modo nuovo.
Nel pomeriggio aveva dormito meno delle due ore che solitamente si sparava, era troppo eccitata, dalla confusione in casa, dalle uova, dai giochi che aveva trovato dentro, infatti le prime parole che aveva detto a Justin quando era andato a tirarla su al risveglio erano state: ”Volo uovi”
E uovi erano stati, senza ritegno, per una volta sia Justin che Brian erano d’accordo a non frenarla, aveva mangiato tanti di quei dolciumi e cioccolata che sarebbero bastati per un mese. Era felice, sporca e appiccicosa, saltava, rideva e parlava a raffica con tutti, anche da sola mentre si baloccava con qualche nuovo gioco.  Il braccio di Brian sulla spalla era leggero, la mano di Justin nella tasca retro dei jeans a strizzargli un po’ la chiappa sapeva di casa e di amore. “Come fate a essere sempre più belli?” era stata l’esclamazione di Emm mentre li immortalava, in un lampo di flash. “Più belli? Impossibile, siamo sempre stati inarrivabili”
“È la vita da padre di famiglia, Brian” l’aveva schernito Linds
“Se non stai attento vincerai il premio per il padre dell’anno” aveva riso soffocandosi con un sorso di limonata, Ted.
“Te lo ricordi l’aumento che hai chiesto? Scordatelo”
Verso le diciotto Gus aveva salutato l’allegra compagnia per andare al cinema, JR aveva piantato un po’ il muso quando non l’aveva portata con sé, ma il film non era adatto alla sua età.
“Gus è grande, Jr, esce con i suoi amici e non può portarti sempre dietro, su, non fare la rompi” cercava di rabbonirla Mel.
“Sempre? Mai vorrai dire, doveva tornare a Toronto dopo un anno ed è ancora qua, quando scendo a Pittsburgh potrebbe considerarmi un po’ di più - aveva piagnucolato. - Adesso poi c’è Susan, figurati non mi cagherà più per niente”
“C’è aria di gelosia… Good luck” era stato il commento stronzetto che Brian aveva ridacchiato alla volta di Linds, mentre Justin stava intervenendo in soccorso di Mel.
Di lì a poco, alla spicciolata erano andati via tutti e Justin aveva preso Susan per lavarla. “Ehi Topolina che ne dici di un bel tuffo nella vasca?”
“Faccimo bolle?”
“Certo facciamo le bolle”
“Jus, ma secondo te stasera cena, con tutte le schifezze che ha mangiato?”
“Io le farei un biberon di latte e a nanna presto, è stravolta”
“Buona idea, tu disinfestala che io lo preparo. Noi ci chiamiamo una pizza?”
Susan si era addormentata sulla poltrona appena deglutito l’ultimo sorso di biberon, se ne erano accorti perché le era caduto dalle manine, rimbalzando sul pavimento. Justin l’aveva messa già in pigiama dopo il bagno, per cui non c’era stato altro da fare che portarla nel lettino. Due bottiglie di birra da bere a canna e una sola pizza da dividersi, non avevano molta fame neppure loro e presto le maglie erano volate via. Mentre raccoglieva gli indumenti, risalendo in camera, Brian aveva convenuto che avevano culo, Susan era piccola, ma molto regolare e quindi non invadeva ogni spazio di intimità. “Anche perché se voglio molestarti devo aspettare che dorma, se no mi mena” aveva concluso ridendo e spingendo il marito sul letto.
“Che fai?”
“Niente, dormi”
Si era alzato e gli aveva sfilato la sigaretta dalle dita, dando un tiro.
“È in ritardo”
Solo a quel punto si era voltato a guardare l’ora sulla sveglia del comodino: mezzanotte passata.
“Starà per arrivare”
“Non è per questo, non sono preoccupato: mi fa incazzare. Se diciamo entro mezzanotte a casa, così deve essere”
“Magari ha avuto un contrattempo, dai non è incosciente, né disubbidiente di solito”
“Se hai un contrattempo avverti, no?” neppure il tempo di dirlo che il cellulare, silenzioso, si era illuminato “Sono in stazione, ho perso il treno, il prossimo parte fra mezz’ora. Non l’ho fatto apposta, non ti incazzare”
“Sei solo?”
“Sì …”
“Chiama un taxi, coglione”  
“Ha perso il treno, torna in taxi, scendo che quanto arriva devo pagare la corsa e portarlo dentro. Aveva la voce di uno che ha bevuto. Deficiente!”
“Urca! Bevuto tanto?”
“Voce impastata, ma ancora abbastanza lucido da dirmi di non incazzarmi …”
“E tu? Sei incazzato?”
“Un po’, ma non so se posso permettermelo, con tutte le sbronze che mi sono preso io …”
“Vado a preparare del caffè, io adesso non mi metterei a discutere, aspetta domani, se mai”
Aveva acceso la luce e si era infilato le braghe mentre Brian entrava in bagno, lo aveva seguito e da dietro, mentre il marito pisciava gli aveva detto: “Puoi permettertelo, secondo me puoi permettertelo eccome. Non avrebbero neppure dovuto venderglieli gli alcolici ”
Nel giro di venti minuti il rumore di pneumatici sulla ghiaia del viale aveva rotto il silenzio. Brian era uscito, aveva pagato, ringraziato il taxista e tirato fuori dall’abitacolo il figlio abbandonato in un sonno etilico.  “Gus, sveglia! Coraggio figliolo, andiamo dentro.”
Gus si era tirato in piedi, stropicciato gli occhi e lo guardava con occhi leggermente liquidi.
“Ho bevuto…” aveva confessato senza pudore. L’aveva accompagnato dentro, sorreggendone i passi incerti. “Vedi di non vomitarmi addosso e vieni in cucina a bere un caffè, idiota!”  Poi gli aveva sostenuto il capo mentre rimetteva anche la prima comunione e infine gli aveva sfilato le scarpe, tolto il jeans e messo sotto le coperte.
“Lascia stare, ci penso io” ma Justin stava già pulendo. “Do solo una botta, domani finisce Naty. Come sta?” “Dorme”
“La prima sbronza, è un po’ un rito di passaggio” aveva cercato di alleggerire la tensione sul viso di Brian.
“Sbronzo, da solo in una stazione, ti rendi conto sto coglione? E se fosse inciampato e caduto sui binari? Se l’avessero aggredito? Io non lo faccio più uscire la sera, sto cretino!”
“Però ha chiamato te, non si è accasciato su una panca, non ha fatto il deficiente era in difficoltà e ha chiamato suo padre, anche se sapeva che l’avrebbe scontata. Un coglioncello di quasi diciotto anni, che si fida di te, più di quanto noi ci siamo mai fidati di nostro padre. Sgridalo, mettilo in punizione, ma non esagerare”
  
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